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Francisco de Burgoa, evangelizzatore criollo

2 Le fonti seicentesche

2.2 Francisco de Burgoa, evangelizzatore criollo

Per ricostruire le tappe salienti della vita del frate domenicano mi sono rifatta a diverse fonti, per quanto non esista una vera e propria opera biografica a esclusione del breve testo di Esteban Arroyo29, pure frate dell’ordine dei predicatori. Si tratta dell’opera più recente, dal momento che tutti gli altri dati utili, ai fini di una ricostruzione biografica, risalgono alla prima metà del ‘900 o, addirittura, al secolo precedente. Informazioni su Burgoa, utili a delinearne una biografia, si trovano nella Biblioteca hispano-americana septentrional30 del bibliografo José Mariano Beristain31, a partire dalla quale prendono le mosse gli studi posteriori di altri eminenti storici messicani, come José Antonio Gay32, Manuel Martínez Gracida33 e Juan Bautista Carriedo34. Il biografo Arroyo, pur dimostrando di aver letto i suddetti autori, se ne discosta, attingendo a fonti documentali e proponendo in alcuni casi una diversa cronologia. Faccio, dunque, riferimento a tutti questi autori per cercare di ricostruire un profilo il più possibile corretto del frate storiografo, senza propormi di risolvere le incongruenze riscontrate, bensì limitandomi a segnalarle.

29

Esteban Arroyo, Fray Francisco de Burgoa O.P. (Cronista Oajaqueño del Siglo XVII), Oaxaca, Fondo Padre Burgoa, 1954.

30

José Mariano Beristain de Souza, Biblioteca hispano-americana septentrional, cit., 1947.

31

In realtà già Beristain si basa sull’opera latina del vescovo gesuita Juan José Eguiara y Eguren, intitolata Biblioteca

mexicana.

32

José Antonio Gay, Historia de Oaxaca, México, Porrúa, 1982.

33

Manuel Martínez Gracida, Los Indios Oaxaquenos y sus monumentos arqueológicos, Oaxaca, Gobierno del Estado de Oaxaca, 1986.

34

Juan Bautista Carriedo, Estudios Históricos y Estadísticos del Estado de Oaxaca, México, Talleres Gráficos de Adrián Morales, 1949.

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Francisco de Burgoa nacque a Oaxaca, da una famiglia benestante, discendente dei primi conquistatori della regione. Se sussiste piena concordia fra i biografi rispetto alla città natale, le divergenze tra Arroyo e il precedente gruppo di storiografi cominciano riguardo alla data di nascita. Infatti, tutte le fonti che si basano su Beristain attestano il 1600 come anno in cui Burgoa sarebbe nato, mentre Arroyo, secondo una deduzione derivata da testi documentali ecclesiastici e da affermazioni del domenicano stesso contenute nelle sue opere, è incline a stabilire come anno natale il 1604. La sua argomentazione si basa su alcuni calcoli cronologici: alcuni documenti attestano che, a principio di luglio del 1619, Burgoa non aveva ancora cominciato il noviziato, perché la giovane età non glielo consentiva. Non aveva, infatti, ancora compiuto i quindici anni, età canonica per poter essere novizio. Tuttavia, sappiamo che professò il 2 agosto del 1620 e, se per prendere i voti era necessario aver frequentato un anno di noviziato, si può dedurre che il giovane Francisco aveva raggiunto l’età consentita (ovvero i quindici anni) tra la fine di luglio e i primi di agosto del 1619. Eppure, lo stesso Burgoa nella Palestra historial afferma di aver preso l’abito nel maggio del 1619. Per Arroyo questo dato non costituisce una smentita della sua ricostruzione, in quanto Burgoa potè prendere l’abito senza cominciare il noviziato. Il biografo si spinge anzi oltre, motivando una tale particolare deroga dalla prassi usuale dell’ordine col fatto che l’inquieto Francisco, pur avendo promesso fin dall’età di sei anni di prendere l’abito domenicano, avrebbe nutrito il desiderio di andare a frequentare gli studi superiori nell’Università del Messico. La famiglia, nell’intento di farlo desistere, avrebbe accelerato le procedure, affinché entrasse nell’ordine.

Tuttavia, Beristain e gli storici che lo seguono affermano che Burgoa cominciò il noviziato all’età di diciotto anni nel convento di Santo Domingo di Oaxaca, concludendo nel 1625 gli studi superiori e ottenendo così il sacerdozio. Secondo Arroyo fu invece all’età di ventitre anni, ossia, secondo la sua ricostruzione, nel 1627 che terminò gli studi e cominciò la sua attività di lettore.

Comunque, qualunque sia la data in cui egli diventò sacerdote, a causa della dura realtà dello stato oaxachegno, la priorità principale, più che l’erudizione dei novizi, era l’evangelizzazione degli indiani. Fu così che l’anno seguente, il neo-frate Francisco cominciò l’opera missionaria prima a Teocamaxtlahuaca e due anni dopo a Almoloyas, distante trentacinque chilometri da Yanhuitlán, nella Mixteca Alta. Lo stretto contatto con gli indigeni e la necessità di evangelizzarli fecero sì che il frate apprendesse precocemente il mixteco. Alla fine del 1630 fu, però, costretto da una forte malattia a tornare a Oaxaca, dove, l’anno successivo, ancora giovanissimo diventò maestro di novizi.

È probabile, data la mancanza di dettagli che attestino altre attività, che nel decennio fra il 1633 e il 1643, si sia dedicato esclusivamente all’esercizio della docenza: sappiamo, infatti, che gli

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fu assegnata la cattedra di Teologia. Dal 1644 fino al 1649 svolse prima la carica di priore, poi quella di superiore nel convento di Yanhuitlán.

L’ascesa di Burgoa nella gerarchia ecclesiastica venne coronata dal provincialato, nel 1649, quando fu eletto Provinciale di San Hipólito di Antequera. Nel corso dei due anni in cui coprì questo ruolo di eminenza, con l’umiltà che lo aveva sempre contraddistinto, Burgoa colse l’occasione per visitare tutte le case e dottrine della provincia. Ebbe così modo di conoscere in persona la realtà (situazione, necessità e livello di sviluppo) di ogni singola comunità e di raccogliere de visu un’infinità di materiale che, anni più tardi, confluirà nelle sue due opere principali. La visita canonica fu, nondimeno, un’opportunità per stabilire un contatto diretto con la tradizione indigena – che apprendeva grazie agli anziani informatori –, per studiare gli usi, i costumi e la lingua degli indiani (dominò alla perfezione il mixteco e lo zapoteco) e per prendere nota del loro stile di vita.

In qualità di Provinciale, Burgoa compì, inoltre, varie opere di miglioramento e restauro di numerose chiese e dottrine della provincia. Ricordiamo quella di Nejapan e quella di Santa Ana Zegache, anche se dove più ripose la sua volontà di abbellire e ingrandire fu nella città stessa di Oaxaca. Qui si occupò della chiesa e del convento di Santo Domingo e dei lavori di restauro dell’antico convento domenicano di San Pablo, che due successivi terremoti, nel 1603 e nel 1608, avevano parzialmente deteriorato, a tal punto che, abbandonato dai frati, fu per cinquantanni un ostello per poveri.

Forte del suo ruolo ufficiale, in questi anni, anche Burgoa, come il suo illustre predecessore e confratello, padre Bartolomé de las Casas, prese le difese degli indios. Sono numerosi i passaggi delle sue opere in cui deplora la decimazione delle popolazioni native, sfruttate dagli encomenderos nelle miniere d’oro e nelle piantagioni. Si sa perfino di processi e azioni legali, dove perorò coraggiosamente la causa indigena. Quest’atteggiamento di difesa, tuttavia, non supera l’impostazione paternalista, per cui non sussiste contraddizione fra il riconoscimento della dignità degli indigeni e certa presunzione di superiorità. Gli indigeni erano, comunque, nell’ottica del religioso, popoli sottosviluppati, in gran misura barbari, che bisognava civilizzare e soprattutto risvegliare al vero credo.

Per le cariche svolte, Burgoa conosceva molto da vicino i gravi problemi che tormentavano l’ordine domenicano nella provincia. Alcuni anni prima, ovvero nel 1644, Burgoa andò a Città del Messico in qualità di Procuratore della Provincia per difendere i privilegi concessi all’ordine dai papi Pio V e Gregorio XVI e dal re Filippo II, contro le nuove disposizioni di Filippo IV, vicerè del Messico e del vescovo di Oaxaca Don Bartolomé de la Cerda Benavente y Benavides, i quali, facendo leva su antiche pretese, ordinavano che i parroci regolari si sottomettessero ai vescovi. I

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frati domenicani avevano ricevuto ordine dal loro padre generale di resistere alle aggressioni dei prelati, cosa che riuscirono a mettere in atto per ben tre anni fino a quando, con l’intercessione del re e del papa, non si videro costretti a piegarsi al volere vescovile. Tuttavia, siccome continuavano gli attacchi violenti all’ordine domenicano, Burgoa, già provinciale, decise di prendere provvedimenti drastici, ricorrendo al Tribunale dell’Inquisizione di Città del Messico, per sollecitare che ponesse fine alle lotte intestine che stavano affliggendo il potere ecclesiastico e per chiedere licenza di andare in Spagna e avere un colloquio diretto con il re. Nonostante il Tribunale concedesse al provinciale il permesso da questi richiesto nel 1649, per varie ragioni interne alla politica oaxachegna e all’organizzazione dell’ordine domenicano, Burgoa non partì e nel 1654 una disposizione virreinale riequilibrò la situazione a favore dei domenicani, per cui il viaggio alla metropoli non era più indispensabile.

Tuttavia, due anni più tardi, nel 1656, la Provincia nomina Burgoa come ambasciatore a Roma, per esporre al Santo Papa la situazione nuovamente sfavorevole in cui versava l’ordine domenicano nella regione oaxachegna. Giunto nella capitale dello Stato Pontificio, dove rimase a lungo, informò le autorità ecclesiastiche riguardo la situazione in cui versava la provincia di Oaxaca. È da ritenere che Burgoa riuscì a essere molto convincente, perché gli alti prelati vaticani presero subito seri provvedimenti contro gli avversari dell’ordine domenicano in Messico, che così poté permanere a capo delle proprie parrocchie un altro secolo, fino a che tutti gli ordini ecclesiastici del Nuovo Mondo non furono smantellati dai monarchi illuminati del secolo XVIII.

Burgoa tornò in Messico con il titolo di Vicario generale, membro del Tribunale della Santa Inquisizione di Spagna, Commissario e Ispettore delle Biblioteche della Nuova Spagna.

Stabilitosi a Oaxaca venne eletto, nuovamente provinciale, questa volta di Oaxaca, nel 1662. Durante questo secondo mandato fondò la confraternita di San Vicente Ferrer, con bolla del pontefice Alessandro VII.

Terminato il mandato, si ritirò definitivamente a Zaachila-Teozapotlán dove, dal 1669 fino alla morte, avvenuta nel 1681, risedette come vicario, dedicandosi umilmente all’attività di missionario. Fu qui, nella pace isolata dell’antica capitale zapoteca, che mise mano alla monumentale opera storiografica per cui ancora lo conosciamo.

Queste due opere furono, in realtà, pensate dal loro autore come le due parti di una stessa piano compositivo. Infatti, il proposito e la tematica di entrambi seguono un comune filo conduttore che è quello di commemorare e rendere noto l’esempio dei fratelli domenicani che nel XVI secolo giunsero nella Nuova Spagna e fondarono la Provincia di San Hipólito Mártir di Oaxaca, per evangelizzare la regione ed estirpare i culti indigeni.

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Bisogna riconoscere, tuttavia, che in certa misura i titoli attribuiti dall’autore alle sue due voluminosissime opere sono in qualche modo fuorvianti, in quanto solo parzialmente corrispondono al contenuto. Indicativamente, possiamo dire che, se la Palestra Historial narra la vita dei missionari più illustri, tanto spagnoli quanto criollos, che evangelizzarono l’attuale Stato di Oaxaca, la Geográfica Descripción parla delle dottrine e dei conventi che edificarono i domenicani. Ma ribadiamo che tale distinzione è solo indicativa, poiché il più delle volte l’autore mescola la vita dei missionari con la trattazione delle fondazioni.

Anche lo stile, barocco e tortuoso, è uniforme. Esso è, spesso, reso difficoltoso nella lettura da una serie di digressioni bibliche e dottrinali, incisi eruditi e chiose devozionali. L’autore è incline a trovare frequentemente paralleli fra l’operato dei domenicani e la storia ebraica, estratta dai libri del Vecchio e del Nuovo Testamento. In maniera affine, il cronista tende a riscontrare analogie fra ciò che gli veniva raccontato dagli informatori indiani, rispetto alla cultura nativa, e gli episodi delle Sacre Scritture.

La concezione storica, di cui si fa portavoce Burgoa, considera la storia umana come soggiacente a un disegno divino, finalizzato alla redenzione dell’umanità. In quest’ottica, i frati sono visti come gli strumenti che la divina provvidenza ha messo a disposizione della religione cattolica per salvare le anime degli uomini ancora ignari della Buona Novella.

In entrambe le opere, infatti, sono contenute ampie informazioni relative alla fondazione di conventi, chiese e dottrine, alla labor evangelizzatrice dei confratelli e alle loro “gesta” in difesa della propria religione, senza trascurare riferimenti a oggetti sacri e reliquie. Egli riferisce, inoltre, della fondazione della città di Antequera nel 1523 e parla delle comunità indigene, dello sfruttamento della manodopera nativa nelle miniere d’oro e d’argento, degli abusi delle autorità coloniali, delle epidemie e degli effetti della siccità. Le sue descrizioni rispetto alla conformazione del paese, le strade e le vie di comunicazione, la vegetazione e il clima sono estremamente ricche e dettagliate.

Sia nella Palestra Historial che nella Geográfica Descripción, poi, nonostante l’impianto dottrinale predominante, si trovano numerosissime informazioni circa la storia preispanica delle popolazioni indigene di Oaxaca, con dettagli relativi alla politica, alle guerre, alle rivalità fra etnie e città, notizie assai interessanti per conoscere le tradizioni degli indios, le loro usanze pre e postispaniche, la loro psicologia, le loro credenze pagane e i loro idiomi. Infatti, nonostante l’atteggiamento di biasimo costante assunto dall’autore verso i popoli amerindiani, per le loro tendenze idolatriche, i suoi scritti forniscono una vastissima messe di dati storici, etnostorici e culturali in genere.

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Da notare è inoltre il fatto che l’autore ha desunto tutte queste informazioni direttamente e personalmente da fonti indigene, avvalendosi della propria conoscenza del mixteco e dello zapoteco.

Va precisato, infine, che se il lettore moderno si sente fuorviato, è perché il proposito dell’autore ecclesiastico seicentesco era altro rispetto alla puntuale descrizione dei luoghi geografici e delle dottrine e conventi fondati. Più che la storiografia come oggi la intendiamo, a Burgoa interessava maggiormente esortare i futuri missionari a seguire il cammino tracciato dai loro virtuosi predecessori.

Si ha infine notizia di altre opere che ci limitiamo a elencare sommariamente, non essendo esse di interesse per il tema specifico della nostra ricerca:

- Formula y método de rezar el Oficio Parvo de la Virgen con meditaciones y Oraciones piadosas, edito a Città del Messico da Caledrón, 1651;

- Panegírico de Santo Domingo de Guzmán, edito a Città del Messico, formato 4°;

- Sermón de la Encarnación del Divino Verbo, edito a Città del Messico da Caledrón, 1651, formato 4°;

- Oración Eucarística por la felicidad de haberse salvado la Flota de España a Indias, edito a Città del Messico da Hipólita Ribera, 1654, formato 4°;

- Oración Panegírica del Doctor Augélico, Santo Tomás, predicado en Madrid de Orden del patriarca de las Indias, edito a Madrid, 1658, formato 4°.

2.2.1 Palestra Historial

Pubblicata nel 1670 a Città del Messico nella casa editrice di Juan Ribera, è in formato in folio e consta di 269 pagine, compresi la copertina e il colofone.

Alla fine della Palestra historial l’autore avverte il lettore che continuerà la sua opera “por el amor tan debido a mi madre la Provincia” e che, per quanto senta che gli vengono a mancare le forze, a causa di continui acciacchi di salute, espone il proposito di continuare a “narrar las vidas de los religiosísimos padres que nos vinieron de las Provincias y reinos de España, a cuyo celo debemos la emulación sagrada, que tanto supo despertar e inflamar los espíritus que acá encendió la gracia, y porque de unos y otros se se formó la suave armonía de voces que en dulce metro dieron glorias y alabanzas a Nuestro Señor […]”, nella seconda parte della sua opera, ovvero, nella Geográfica descripción.

46 2.2 Geográfica Descripción

I due volumi della Geográfica Descripción de la Parte Septentrional del Polo Ártico de la América y de la Nueva Iglesia de las Indias Occidentales y Sitio astronómico de la Provincia de Predicadores de Antequera Valle de Oaxaca, pubblicati (in formato in folio) in Messico, nel 1674, sono da considerarsi, dunque, come il seguito e l’ampliamento della precedente Palestra Historial.

Più precisamente si potrebbe spiegare il riferimento alla geografia presente nel titolo della seconda opera, per il fatto che essa contiene le descrizioni e le ubicazioni delle diverse case e dei vari conventi fondati dai domenicani nella regione di Oaxaca, nonché delle strade e dei cammini che portavano a essi, compendiati da annotazioni relative alla qualità del terreno, alle principali coltivazioni, alla prossimità di fonti idriche e all’abbondanza o alla scarsità di risorse naturali.

Tuttavia, l’opera non possiede una vera e propria organicità, in quanto l’autore si perde frequentemente in numerosissime digressioni di carattere dottrinale, che ne rendono difficoltosa la lettura. Inoltre, il gusto per l’aneddoto curioso, meraviglioso o prodigioso, conduce spesso l’autore per vie secondarie, che lo distolgono dall’obiettivo principale dichiarato nel titolo.

Senza dubbio, però, Burgoa non fu uno scrittore improvvisato e la varietà di argomenti introdotti nei suoi scritti è altresì una ricchezza di valore inestimabile per lo studio di svariati temi, cui si è accennato poco sopra.

Che si tratti di un’opera ben meditata e non estemporanea, lo testimonia il gran numero di fonti che lo stesso autore, nel suo Proemio, dichiara di aver consultato: Francisco López de Gómara (Historia de las Indias Occidentales, 1552), José de Acosta (Historia natural y moral de las Indias, 1590), Augustín Dávila Padilla (Historia de la Fundación y discurso de la Provincia de Santiago de México, 1595), Antonio de Herrera y Tordesillas (Historia general de los hechos de los castellanos… ovvero “Las Decadas”, 1601), Juan de Torquemada (Monarquía Indiana, 1615), Antonio Remesal (Historia general de las Indias Occidentales y particular de la Gobernación de Chiapa y Guatemala, 1619).

Oltre a tali fonti esplicite, è da supporre che Burgoa, avendo accesso alla biblioteca di Santo Domingo, abbia consultato altre opere, certo meno note, ma altrettanto fondamentali per la conoscenza del passato oaxachegno. Tra queste ricordiamo una Historia de la Provincia de San Hipólito Mártir de Oaxaca, composta tra il 1601 e il 1633 da fray Cristóbal Chaves de Castillejos; due opere attribuibili a uno stesso autore di cui però non ci è pervenuto il nome: Historia de Oaxaca e De las Primeras Colonias de los Indios y su Origen; un manoscritto dal titolo Vida de los Insignes Religiosos Predicadores de la Provincia de Oaxaca di fray Alonso Vaillo, pure databile alla prima metà del XVII secolo.

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