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La Relación auténtica sobre las idolatrías di Gonzalo de Balalobre

2 Le fonti seicentesche

2.1 La Relación auténtica sobre las idolatrías di Gonzalo de Balalobre

Scarsissime sono le notizie biobibliografiche relative a Balsalobre. Infatti, né Beristain né Nicolás Antonio, lo annoverano fra gli autori da loro censiti. In effetti, la Relación auténtica sobre las idolatrías del Obispado de Oaxaca, pubblicata a Oaxaca, nel 1656, è un trattato molto breve e a carattere specificamente regionale, elementi che forse giustificano l’omissione dei bibliografi. L’unico a fornire informazioni sull’autore e la sua opera è Berlin27, la cui ricostruzione seguiremo da vicino.

Incentrato sulla religiosità e le credenze magiche zapoteche, le quali sono ricostruite in maniera piuttosto sommaria, questo scritto offre non di meno un panorama assai interessante e vario rispetto alle credenze indigene. Il testo fu redatto dal bachiller Gonzalo de Balsalobre, curato di San Miguel de Sola (paese situato a 80 km al sudovest della città di Oaxaca) dal 1634 al 1665, il quale, accortosi della reincidenza idolatrica degli indios della sua dottrina, istruì un processo, dalle testimonianze e atti processuali del quale desunse le informazioni che riversò poi nella Relación auténtica.

La genesi dell’opera è piuttosto chiara, infatti, è il frutto di un’indagine inquisitoriale condotta dal sacerdote, nel 1653. Egli fu aiutato nell’impresa, secondo Berlin28 durata cinque anni, dal frate Pedro de Trujillo e da due notai che stilarono una gran quantità di fogli con le dichiarazioni degli accusati. Una volta raggiunto un numero cospicuo di pagine e di testimonianze, il bachiller decise di unificarne il contenuto in un solo testo, dato poi alle stampe, che offrisse un quadro di tutti

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Heinrich Berlin, Idolatría y superstición entre los indios de Oaxaca, México, Ediciones Toledo, 1988, pp. 9-17. D’ora in poi ci si riferirà a questo testo col titolo abbreviato Idolatría y superstición.

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i rituali, le credenze e le superstizioni costituenti la metafisica zapoteca ancora vigente nonostante il lungo processo di evangelizzazione. Come si vedrà nel capitolo dedicato alla religione (Parte II, Capitolo III), uno dei fattori di maggiore importanza di questo scritto consiste nel fatto di riportare, oltre alla descrizione dei rituali pagani ancora in uso, un elenco succinto, ma dettagliato delle tredici divinità principali del panteon zapoteco, nel primo periodo coloniale.

L’utilità dell’opera risiedeva, nelle intenzioni dell’autore, proprio nell’offrire un vademecum per i missionari, affinché fossero a conoscenza delle pratiche indigene che dovevano continuare a essere estirpate.

L’allora vescovo di Oaxaca, il domenicano Diego de Hevia y Valdés, approvò in toto il libro di Balsalobre e aggiunse alcune istruzioni relative alle formalità che dovevano essere osservate dai sacerdoti della diocesi in merito a future indagini. Una volta stampato, come si è detto nel 1656, la Relación auténtica cominciò a circolare e ad avere ripercussioni pratiche, in quanto altri sacerdoti si diedero a istruire nuovi processi per idolatria avvalendosi della procedura in essa delineata.

Ma il testo fu presto ritirato dalle autorità dell’Inquisizione, poiché il vescovo commise l’errore nell’istruzione dei processi da lui condotti di autoproclamarsi inquisitore ordinario.

La gravità del gesto, apparentemente innocuo, è dovuta al fatto che, di norma, tutti gli indigeni del Messico erano espressamente esclusi dal foro inquisitoriale, dal momento che, in qualità di nuove anime guadagnate al gregge del Signore, non potevano essere giudicati con lo stesso rigore di chi era cristiano battezzato fin dalla nascita. Quindi, per conoscere i loro peccati si riteneva fosse sufficiente la giustizia ecclesiastica ordinaria. Di conseguenza il Tribunale della Santa Inquisizione, geloso delle proprie prerogative, non permise che qualcuno, per quanto si trattasse di un vescovo, invadesse il campo di propria giurisdizione. Ragion per cui il Tribunale del Messico, il 22 marzo 1659, sancì che “dicho papel”, ovvero il libro di Balsalobre, dovesse essere ritirato dalla circolazione, insieme a tutti gli atti processuali delle cause per idolatria condotte abusivamente.

Fu così che cominciarono a confluire nel Tribunale dell’Inquisizione di Città del Messico moltissimi esemplari della relazione e le carte di vari processi. In realtà, l’Inquisizione stessa si rese conto che in questa maniera stava ostacolando la persecuzione delle idolatrie e pochi mesi dopo l’emissione dell’editto di confisca, ne fu promulgato un altro con lo scopo di restituire i documenti requisiti ai legittimi proprietari. Tuttavia, questo secondo provvedimento non fu messo in pratica se non con un ritardo di due anni, nel 1661. Inoltre, per ragioni probabilmente di carattere amministrativo o burocratico, non tutti i documenti furono restituiti e per questo restarono fino ai giorni nostri conservati in parte nell’Archivio del Tribunale dell’Inquisizione a Città del Messico e

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in parte nell’Archivo General de la Nación de México, nel Ramo de Inquisición, dove furono trovati, a metà del XX secolo,da Heinrich Berlin che ne cominciò lo studio sistematico.

Leggendo attentamente tutti questi documenti, si trovano riferimenti e rinvii ad altri processi che non figurano nelle liste di quelli censiti dallo studioso, né negli elenchi stilati dallo stesso Blasalobre. Se ne deduce che tali processi o non furono mai inviati a Città del Messico, oppure furono distrutti o, nella migliore delle ipotesi, sono conservati nell’AGN, ma non sono ancora stati trovati.

In ogni caso, il contenuto di tutti questi atti, insieme a quello della Relación auténtica, è più che sufficiente per ricostruire in maniera piuttosto dettagliata, anche se frammentaria, le credenze degli abitanti di Sola intorno alla metà del XVII.

È difficile mettere in dubbio la loro autenticità e veridicità, in quanto si tratta di testimonianze dirette degli indigeni, i quali confessarono con sorprendente franchezza le colpe di cui erano accusati – fatto dovuto probabilmente alle pene piuttosto blande che venivano inflitte ai rei confessi. A quanto pare, infatti, rarissime furono le condanne a morte emesse dal sacerdote di Sola, che generalmente conduceva le indagini con estrema premura, nel rispetto dei diritti degli imputati. È noto, per esempio, che a essi concedeva il diritto di avvalersi di avvocati difensori di propria fiducia e, qualora ne fossero privi, ne affidava loro uno d’ufficio. Inoltre, in alcune occasioni, Balsalobre concesse ai condannati la libertà vigilata per poter adempiere alle mansioni agricole dei loro campi. E ancora, per rispetto alla loro carica, gli interrogatori dei caciques e dei governatori si svolsero sempre in forma segreta e il bachiller li si sanzionò con pene molto lievi, per lo più pecuniarie o addirittura solo spirituali (assistere alla messa, recitare il rosario, pronunciare ripetutamente particolari preghiere, etc.).

Da notare è anche il fatto che gli interrogatori furono condotti, nella maggior parte dei casi, per mezzo di interpreti, poiché, seppure Balsalobre e Trujillo dovevano conoscere perfettamente il solteco (dialetto dello zapoteco), dopo tanti anni di residenza nella regione, i loro notai e scrivani capivano solo lo spagnolo o al massimo il messicano, lingua franca in tutta la Nuova Spagna. Cosicché le dichiarazioni passarono almeno attraverso un livello di traduzione, se furono pronunciate direttamente in messicano, quando non addirittura due (solteco-messicano e poi messicano spagnolo). Tuttavia, non sembra che queste ambage linguistiche abbiano potuto inficiare la chiarezza delle esposizioni, né la loro attendibilità.

Nonostante le attenzioni e la scrupolosità nel rispettare i diritti degli indagati che sembra aver seguito Balsalobre, dopo un’iniziale remissività da parte dei nativi, cominciò il malcontento e gli indios riuscirono a mettere in dubbio presso le autorità la competenza di Balsalobre nel condurre le indagini e nell’istruire i processi. I caciques ottennero che la questione fosse presa in

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considerazione dalla Real Audiencia di Città del Messico, costringendo così il sacerdote a cercare testimoni che sostenessero la sua parte. Alla fine però egli ne uscì illeso, visto che testimoniarono per lui notevoli figure del potere civile ed ecclesiastico, di modo che gli indios videro vanificato quest’estremo tentativo di far valere i propri diritti in materia di libertà di culto. Tuttavia, a causa di tale processo ai propri danni, Balsalobre dovette abbandonare la propria carica dal 1654 al 1656, sostituito a interim da Pedro de Trujillo. Una volta tornato a Sola e recuperato il pieno possesso delle sue funzioni, approvò i processi condotti dal collega ed emise nuove sentenze.