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Freire e la critica post-moderna

Educazione e multiculturalismo in prospettiva freireana

5.2 Freire e la critica post-moderna

Una tra le interpretazioni possibili del pensiero del Freire degli ultimi scritti fa riferimento alla corrente filosofica del post-moderno: questa interpretazione prende le mosse in particolare dal testo del 1992 Pedagogia della speranza e dall’interpretazione che ne hanno fatto alcuni studiosi brasiliani, nell’ultimo decennio continuatori dell’opera del pedagogista nel Nordeste, quali João Francisco de Souza e Afonso Celso Scocuglia.

La corrente del post-moderno si è affermata a partire dalla fine degli anni Settanta del Novecento in ambito nordamericano, per poi diffondersi anche in ambito europeo negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso.

Fra gli assunti principali di questa corrente culturale – che a partire dalle arti ha raggiunto e influenzato le filosofie, la letteratura, le scienze sociali e anche le discipline scientifiche degli ultimi tre decenni – ne vanno messi in risalto alcuni particolarmente importanti, ossia:

l’argomentazione della fine delle grandi narrazioni e dell’attuale crisi dei paradigmi: secondo questa idea, con il Novecento – in particolare con la caduta del Muro di Berlino e il crollo del socialismo reale – è finita la possibilità di interpretare il mondo secondo una di quelle “narrazioni” comprensive, che nel secolo scorso sono state il marxismo, la psicanalisi, lo strutturalismo. Qualsiasi interpretazione del mondo, sebbene si possano trovare orientamenti culturali differenti e anche piani di incontro e di condivisione,

diventa inevitabilmente e in ultima istanza soggettiva e opinabile, non inquadrabile cioè all’interno di un “paradigma”;

l’argomentazione della morte delle ideologie: con la fine del mondo bipolare e la vittoria globale del capitalismo, si introduce l’idea che qualsiasi sistema politico ideologico – facendo riferimento agli esempi del socialismo reale e dei totalitarismi di estrema destra nel Novecento – non sia più valido come forma di governo negli stati- nazione contemporanei. Venendo a morire le ideologie, si afferma anche l’idea di una pacificazione planetaria, da perseguire però attraverso alcune “guerre culturali” per l’affermazione della cultura occidentale su tutte le altre culture del pianeta, che sostituiranno via via i conflitti ideologici, sociali e di classe, ritenuti non più attuali e fondamentali;

l’argomentazione della perdita di importanza di Marx e Freud come riferimenti basilari della cultura contemporanea, come lo erano stati fino agli anni Settanta, e del recupero di Nietzsche e di Heidegger quali figure che meglio esprimono la contemporaneità: di Nietzsche si riprende il nichilismo, l’idea cioè dell’impossibilità per l’individuo di comprendere il mondo, ma in una versione moderata che non ne contempla il “tragico eroismo”; di Heidegger, invece, si riprende l’idea della fondamentale linguisticità del mondo, ossia del primato del linguaggio sull’essere, ma estremizzandola fino a giungere alle idee del mondo come universo simbolico (o ludico) e della smaterializzazione di tutto ciò che è materiale.

In Italia il principale teorico del post-moderno è stato il filosofo Gianni Vattimo, che in diverse opere degli anni Ottanta ha parlato di “pensiero debole”, intendendo con questa espressione un pensiero svuotato da ogni riferimento ideologico a fondamentalismi e totalitarismi politici, ma anche a teorie strutturali sul reale, che secondo la sua opinione avrebbe contribuito a creare finalmente un uomo più “umano”283.

Il critico letterario e saggista Romano Luperini in questi ultimi anni ha espresso alcune posizioni molto critiche nei confronti della diffusione della corrente del post-

moderno, rilevando in essa la principale causa del decadimento culturale e della perdita di importanza del ruolo dell’intellettuale nell’Italia dell’ultimo trentennio.

Secondo Luperini, l’intellettuale in Italia sta perdendo di importanza e attualmente si sta rasentando il livello della non necessità di questa figura. L’estremo specialismo disciplinare e la diffusione dell’industria culturale di massa – due fenomeni riscontrabili a partire dalla fine degli anni Settanta – hanno sancito il passaggio del ruolo dell’intellettuale da critico dei fenomeni culturali a tutto tondo a specialista di un settore, al quale non è dato di esprimere pareri su tutto quanto al di fuori del suo particolare. Ne viene fuori un indiscutibile ridimensionamento del ruolo e della funzione intellettuale, che oggi si limita ad essere parte integrante, nella maggioranza dei casi, dei fenomeni commerciali e industriali di massa.

Il post-moderno ha preso piede anche nella letteratura, dove in ambito critico e in diversi manuali scolastici si nota il progressivo mutamento del tradizionale “canone”, basato sulla ripartizione delle opere per periodi storici e dunque anche per contesti sociali, in una semplice ripartizione per generi: si tratta, in sostanza, di un processo di progressiva destoricizzazione degli autori e di sradicamento dai contesti in cui essi hanno vissuto.

Luperini, comunque, sostiene che i nuovi eventi conflittuali a livello mondiale che hanno aperto il XXI secolo – quali la caduta delle Torri gemelle e le guerre in Afghanistan e in Iraq – stanno determinando la caduta degli assunti su cui si reggeva lo stesso post-moderno e l’apertura e a nuove possibili correnti culturali e di pensiero: “sta nascendo una generazione nuova di intellettuali. Hanno fra i 25 e i 30 anni, si formano nel clima dell’11 settembre e delle guerre preventive e non ne possono più dell’ilare nichilismo dei padri, del loro narcisismo vuoto e soddisfatto. Sanno di essere a una soglia estrema. Vogliono nuove responsabilità, chiedono punti di riferimento, esigono progetti. Nel frattempo gli immigrati provenienti dall’Est e dal Sud del mondo entrano nelle nostre scuole, imparano la nostra lingua, mescolano i loro figli ai nostri, portano nel nostro mondo la memoria e la coscienza di imprese tragiche e incancellabili, e si apprestano a farle vivere all’interno della nostra cultura, della nostra letteratura, della nostra filosofia. Forse sono solo piccoli segnali di un possibile rinnovamento. Ma possono essere un appiglio per poter ripartire”284.

Per quanto concerne l’interpretazione post-moderna di Freire, questa si basa su alcune idee ed affermazioni che ricorrono negli scritti degli anni Novanta del pedagogista,

come ad esempio: la critica a qualsiasi forma di determinismo storico, incluso quello di matrice marxista; l’idea conseguente della storia come possibilità e non-necessità, sogno, utopia e speranza; l’importanza riconosciuta alla soggettività all’interno della storia e l’idea dell’essere umano come essere in ultima istanza inconcluso.

A tutto ciò vanno aggiunti alcuni richiami all’essere “post-modernamente progressisti” che Freire fa a varie riprese negli ultimi scritti.

De Souza e Scocuglia, a partire da questi assunti, traggono alcune conclusioni sull’attualità di Paulo Freire nella società post-moderna di oggi, che evidenzierebbero il profilo di un pensatore post-ideologico, che ha superato l’ottica marxista e addirittura scettico sulla possibilità di una rivoluzione socialista della società brasiliana285.

Si tratta, alla luce di quanto affermato e sulla base di una comparazione svolta con i testi di Freire in questione, di interpretazioni che in questa sede si ritengono quanto meno forzate, se non fuorvianti.

La concezione della storia come possibilità e l’idea del peso della soggettività nella storia - unitamente alla concezione dell’essere umano come essere inconcluso, quindi portatore di libero arbitrio e di cambiamenti che nelle sue stesse scelte influenzano la storia – non significa affatto rinuncia a una rivoluzione complessiva della società e delle relazioni umane.

Anzi,

“sognare non è solo un atto politico necessario, ma anche una caratteristica della forma concreta storico- sociale di essere donne e uomini. Fa parte della natura umana che, al di dentro della storia, si trova in permanente processo di divenire…

La comprensione della storia come possibilità e non determinismo, a cui ho fatto riferimento in questo saggio, sarebbe inintelligibile senza il sogno, così come la concezione determinista non può che negarlo, considerandosi incompatibile con esso”286.

Va poi considerato che lo sguardo del pedagogista proviene da un Paese che è stato da sempre annoverato fra i giganti del Terzo mondo, alla periferia del sistema capitalistico mondiale, in cui si sono affermate categorie politiche in larga misura differenti da quelle degli stati-nazione europei e anche della democrazia multiculturale nordamericana.

285 Cfr. De Souza J.F., Atualidade de Paulo Freire, già cit.; Scocuglia A.C., A história das idéias de

Paulo Freire e a atual crise de paradigmas, Editora Universitaria João Pessoa, 1999.