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Percorsi intrecciati fra “Sud” e “Nord”

Riferimenti e affinità cultural

2.2 Gramsci e Freire: percorsi politico-pedagogici in dialogo

2.2.1 Percorsi intrecciati fra “Sud” e “Nord”

Le considerazioni fin qui svolte spingono a qualche ulteriore riflessione, inerente due “concetti-contesti” – solo apparentemente contrapposti - che paiono intrecciarsi e quasi rincorrersi vicendevolmente nei percorsi biografici e politici che hanno tracciato le parabole esistenziali di Antonio Gramsci e di Paulo Freire: il “Nord” e il “Sud”.

Gramsci proviene da un Sud disagiato e arretrato dal punto di vista sociale, culturale ed economico: il Sud Italia; Freire, invece, cresce e si forma in un Nord che costituisce la zona geografica più povera del territorio brasiliano: il Nordeste. Tanto il Sud dell’Italia quanto il Nord-Est del Brasile, all’epoca di Gramsci e di Freire, non rappresentavano due regioni povere e arretrate in senso assoluto, sia perché costituivano contesti diversificati e complessi dal punto di vista delle stratificazioni sociali, dei soggetti economici e delle formazioni culturali che popolavano il territorio – cosa peraltro scontata in qualsiasi contesto geo-politico di una certa estensione territoriale -, sia anche perché la povertà diffusa che li caratterizzava non era certo piovuta dall’alto, a segnare una realtà immutabile e quasi eterna, essendosi invece sedimentata progressivamente nel tessuto sociale a causa di precisi e circoscritti fattori storici e politici104.

103 Fortini F., Questioni di frontiera. Scritti di politica e di letteratura, 1965-1977, Einaudi, Torino 1977,

p.64.

104 Celso Furtado, a questo proposito, ha sviluppato un’interessante analisi che pone dinamicamente in

relazione i due contesti qui in questione. Egli, infatti, parlando del ruolo che il lavoro e lo spirito d’iniziativa degli emigrati italiani ebbero nei processi di sviluppo economico del Sud del Brasile – la zona economicamente più avanzata del Paese – sostiene che in questa dinamica un ruolo determinante fu giocato dal processo di unificazione politica dell’Italia, anche perchè quest’ultimo penalizzò moltissimo le regioni del Mezzogiorno. Secondo l’analisi socio-economica di Furtado, nel periodo che va dal 1860 alla fine del secolo molte piccole imprese da tempo radicate nel Sud Italia fallirono in quanto non ressero

Una prima riflessione, dunque, concerne il tentativo di relativizzare e di avvicinare due concetti-limite che a prima vista possono sembrare assolutamente contrapposti. Cosa c’è in comune fra il Sud di Gramsci e il Nordeste di Freire? La risposta non può che riferirsi all’idea che dietro ogni Sud e ogni Nordeste vi sono dei processi sociali e culturali e delle cause che li innescano, e non realtà monolitiche attraverso cui poter stigmatizzare un intero territorio. Si tratta, dunque, di riflettere e soffermarsi su tali processi e su tali cause, al fine di ipotizzare, non trascurando le specificità culturali e geofisiche di ogni territorio, un intervento integrato trasformativo.

Lo studioso palestinese-americano Edward Said, scomparso nel 2003, è stato il primo a cogliere un importante nesso tra l’analisi politica fornita da Gramsci della “questione meridionale” e le problematiche politiche, sociali ed economiche di molti Paesi - africani ed asiatici soprattutto - di recente decolonizzazione. Di questa intuizione, negli ultimi anni, si sono avvalsi diversi studiosi e teorici del post-colonialismo e della subalternità – anche non europei – che stanno tentando un recupero in ottica planetaria della lezione gramsciana. Viene a generarsi, in questo modo – per esprimersi in metafora –, un fecondo moto del pensiero che dal Sud Italia di alcuni decenni fa pervasivamente si estende verso molte realtà del Sud del mondo di oggi105.

Dall’inizio degli anni ’90, in seguito alla caduta del Muro di Berlino, al crollo dell’Unione Sovietica e alla conseguente unificazione del mondo sotto il segno del la concorrenza con i capitalisti del Nord, i quali ora, facendo parte dello stesso Paese, potevano competere sulla base di un’economia e di una moneta unificate. Ciò generò un processo di emigrazione di massa dei meridionali – ma anche di italiani provenienti da altre regioni povere, come ad esempio il Veneto – verso le regioni del Sud del Brasile, e in particolare verso lo stato di São Paulo. Cfr. Furtado C., La formazione

economica del Brasile, Einaudi, Torino 1970.

105 “Il concetto di subalternità fondato su termini geografici o meglio territoriali aveva già trovato spazio

in Gramsci, che aveva parlato di terreno comune ai contadini del Sud e al proletariato del Nord. In

Cultura e imperialismo Said si è soffermato a lungo su storie che si incontrano, territori che si sovrappongono, riferendosi all’inestricabilità della cultura del colonizzatore da quella del colonizzato. Ha

sottolineato l’importanza del territorio, della geografia della subalternità, la sua spazializzazione nelle vicende coloniali fondate sull’egemonia del potere materiale, ricordando che l’espansione degli imperi è avvenuta sempre su basi territoriali. Sud e Nord come Oriente e Occidente, che nel già citato programma televisivo (si tratta di un programma trasmesso dalla BBC nel 1994, ndr) egli ricorda come una dualità ispiratagli da Gramsci. In ambedue i casi, concetti non legati ad uno spazio fisso e immoto, ma riferiti a una geografia del dominio, a una egemonia culturale e linguistica, economica e istituzionale”. Curti L.,

Percorsi di subalternità: Gramsci, Said, Spivak, in Chambers I. (a cura di), Esercizi di potere. Gramsci, Said e il postcoloniale, Meltemi, Roma 2006, p.22.

Tra gli attuali studiosi del post-colonialismo e della subalternità è considerata una figura di spicco la filosofa di origine indiana Gayatri Chakravorty Spivak, di cui è stato recentemente pubblicato in Italia il volume Critica della ragione post-coloniale: verso una storia del presente in dissolvenza (Meltemi, Roma 2004).

capitalismo neoliberale, la ripartizione tradizionale delle sfere geo-politiche nei tre blocchi - rappresentanti i Paesi capitalisti, i Paesi socialisti e il cosiddetto Terzo mondo - si è bruscamente trasformata in una netta e impietosa divisione tra “Nord” e “Sud” del mondo, cioè tra Paesi ricchi (il 20% del pianeta) e Paesi poveri (il restante 80%).

Diversi studiosi, inoltre, hanno messo in risalto l’interdipendenza dei meccanismi economici che generano sviluppo, da una parte, e sottosviluppo, dall’altra. Il sottosviluppo dei Paesi del Sud del mondo, cioè, viene percepito come un processo almeno in buona parte funzionale allo sviluppo dei Paesi del Nord, attraverso processi costanti di sfruttamento economico e di invasione culturale che si sono perpetuati nel corso dei secoli e tuttora in atto.

Riferendoci all’ambito sudamericano, nel corso della seconda metà del ‘900 diversi economisti hanno contribuito ad elaborare la cosiddetta teoria della dependencia (“dipendenza”). In base a questa teoria, l’approccio dello sviluppo proveniente dall’esterno e proiettato verso l’esterno - imperniato su una politica di esportazione delle materie prime e di importazione dei prodotti lavorati - dovrebbe essere superato, a favorire processi di industrializzazione nazionale e di nazionalizzazione delle risorse, vantaggiosi per l’economia dei Paesi dell’America latina. In tal modo, i Paesi sudamericani avrebbero la possibilità di uscire dal sistema economico capitalista, che si è sempre sorretto su rigidi rapporti economici di gerarchia tra il “centro” – costituito dagli Stati Uniti e dai Paesi dell’Europa occidentale – e la “periferia” – costituita dai Paesi sudamericani, africani e asiatici -, smettendo la loro secolare posizione di Stati- satellite dell’economia mondiale106.

Un fenomeno su cui è opportuno riflettere, a proposito di queste rigide contrapposizioni territoriali, sta nel fatto che il Sud, la porzione più povera e maggioritaria della terra, non costituisce affatto un blocco monolitico uniforme, ma rappresenta una realtà assai composita e mobile – da diversificare opportunamente a seconda dei contesti continentali, nazionali, regionali, locali, ecc. -, peraltro in

106 Tra i maggiori economisti teorici della dependencia si annoverano Celso Furtado, Fernando Henrique

Cardoso e Andre Gunder Frank. Gunder Frank, inoltre, fu il primo a coniare la significativa definizione del sottosviluppo come “l’altra faccia dello sviluppo”. Sulla questione si veda Tognonato C., Sviluppo e

movimento proprio verso il Nord attraverso migrazioni e spostamenti di massa motivati dalla povertà e dalle più diverse ragioni107.

Come rileva Marta Cariello,

“molto più di un punto cardinale o di un’indicazione geografica, il concetto di Sud è un luogo della mente, dell’immaginario collettivo, occidentale e non, che si estende e pervade fisicamente tutto il globo ormai. La separazione nord e sud – intesa evidentemente come distinzione tra ricchi e poveri del mondo – esiste nelle funzioni sociali e politiche che la ricchezza e la povertà producono, esiste nella categorizzazione culturale funzionale alla legittimazione identitaria di chi nel mondo detiene più potere finanziario. La separazione verticale del mondo, però, non esiste e non regge dal punto di vista fisico: essa stessa, infatti, ha innescato un movimento di masse che migrano e disseminano il sud in giro per il mondo. Si dovrebbe parlare, in questo caso, non tanto di tragitto da sud, ma di tragitto del sud”108.

Nel XXI secolo il Nordeste brasiliano costituisce ancora la regione in senso assoluto più povera dell’emisfero occidentale; l’Italia meridionale, invece, può essere considerata un contesto geografico subalterno all’interno di un Paese che dal punto di vista economico figura tra i più sviluppati del mondo.

Le precedenti considerazioni, dunque, possono estendersi anche ai Paesi del cosiddetto Nord del mondo, e in particolare a quelli dell’Europa mediterranea, caratterizzati ancora oggi dalla coesistenza di realtà di sviluppo e realtà di degrado, come è proprio nel caso italiano della mai risolta “questione meridionale”.

A tale proposito, ancora Peter Mayo evidenzia che il Mediterraneo, oggi idealmente suddiviso tra una sponda ricca (europea) e una sponda povera (afro-asiatica), è tuttora globalmente considerato da certa storiografia di stampo fortemente eurocentrico come un “Sud”, ovverosia come un luogo soggetto a dominazioni e colonizzazioni, in cui le

107 Le recenti migrazioni dai Paesi del Sud del mondo, che negli ultimi decenni hanno riguardato diverse

nazioni europee - tra cui in particolar modo l’Italia e gli altri Paesi mediterranei - costituiscono un oggetto di studio assai complesso su cui in questa sede non è possibile soffermarsi. Sembra opportuno, però, rilevare un dato. Accanto alla ricerca di lavoro, che rimane la causa principale delle migrazioni, va aumentando di anno in anno l’esigenza di migrare per cause ambientali. Gruppi sempre più numerosi di persone fuggono da alcune zone rurali, specialmente africane, a causa di carestie, disastri ambientali, calamità naturali, improvvisi cambiamenti climatici, ecc. “Si stima che la metà dei 50 milioni di rifugiati ambientali previsti per il 2010 arriveranno dall’Africa subsahariana. Nel 2020 circa 60 milioni di rifugiati emigreranno dai territori desertificati del Sahel verso il Nord Africa e da lì in Europa mediterranea”. Zenobio M., “Eco-rifugiati, la nuova emergenza”, in il manifesto, 14 febbraio 2006.

108 Cariello M., Non arrivo a mani vuote. Tragitto da sud di Ahdaf Soueif, in Chambers I. (a cura di),

possibilità di sviluppo endogeno risultano, in diverse zone geografiche anche euro- mediterranee, fortemente compromesse109.

Oggi, dunque, le lezioni gramsciane e freireane ritornano nella società globale attraverso percorsi pedagogici, politici, storici e geografici intrecciati, complessi e molteplici, che si snodano fra il Sud di un Paese del cosiddetto Nord del mondo (l’Italia) e il Nord di un Paese del cosiddetto Sud del mondo (il Brasile). Se esiste un tratto che accomuna l’eredità di questi due importanti pensatori del Novecento, va ricercato nell’idea rivoluzionaria di considerare qualsiasi contesto territoriale - e la sua realtà sociale, politica e culturale di riferimento - come dinamica continua, in continuo mutamento e, proprio per questo, costantemente ri-negoziabile e ri-costruibile attraverso opportune azioni pedagogiche trasformative.

Ciò dovrebbe indurre a limitare, o quanto meno a riconsiderare, alcune schematizzazioni concettuali eccessive di cui si fa portatrice una certa corrente culturale globalizzante ed omologante, particolarmente in voga in larga parte dei mass media occidentali. Alcune fra le categorie concettuali più mediatizzate del nostro tempo, quindi, andrebbero costantemente ridefinite, o almeno messe in discussione.

Il cittadino della società globale - in conclusione -, sulla scorta dei richiami al “pensare mondialmente” di Antonio Gramsci e alla “coscientizzazione” di Paulo Freire, potrebbe essere alfabetizzato a un nuovo lessico globale, composto da concetti complessi ma la cui comprensione risulta fondamentale al fine di maturare una concezione del mondo critica e aderente alla realtà che stiamo attraversando. Andrebbero messi in discussione, quindi, diversi concetti che oggi i mass media e l’opinione pubblica considerano, con possibili effetti catastrofici sulla coscienza e sulla mentalità comuni, radicalmente contrapposti e conflittuali, ma che in realtà presentano interessanti e insospettati punti di intersezione.

Solo per fornire esempi e spunti di riflessione a partire dagli argomenti qui accennati:

Nord/Sud; Cristianesimo/Islam; Sviluppo/Sottosviluppo; Autoctoni/Immigrati.