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FUTURBALLA ALLA FONDAZIONE FERRERO

Nel documento collegArti 1/2018 (pagine 41-45)

Incontro con Ester Coen Jacopo Suggi

Il 22 febbraio l’Aula Magna di Santa Cristina si è riempita per il nuovo e atte- sissimo appuntamento – coordinato dal Prof. Roberto Pinto – dei “Mercoledì di Santa Cristina”: “FuTurBalla alla Fondazione Ferrero”, che ha inaugurato il ciclo dedicato all’arte contemporanea. La relatrice, Ester Coen, è una per- sonalità di primo piano: si occupa, infatti, sin dagli anni ‘80 di arte italiana del primo ‘900 e ne è una delle massime studiose, con un particolare interesse per la Metafisica e il Futurismo. Professoressa all’Università dell’Aquila, nella sua prolifica carriera ha curato numerose mostre, tra cui quella monografica dedicata a Umberto Boccioni che si è tenuta al Met di New York nel 1988. Ester Coen è stata, inoltre, la curatrice della mostra “FuTurBalla”, da poco conclusa ad Alba negli spazi della Fondazione Ferrero (aperta dal 29 ottobre 2016 al 27 febbraio 2017).

Giacomo Balla è un artista forse meno conosciuto rispetto ad altri Futuristi come Boccioni e Severini, sebbene sia stato molto ammirato - come la Pro- fessoressa Coen ha ricordato in apertura della conferenza - anche da uno dei grandi maestri dell’arte del ‘900: Marcel Duchamp. Artista di indole schiva, in vita si sposta pochissimo: solo nei primi anni della sua carriera compie alcuni viaggi, rivelatisi tutti fondamentali per la sua formazione. Ma andiamo con ordine: Balla nasce a Torino e, dopo una prima formazione, quando si lascia tentare dalle istanze divisioniste, si sposta a Roma, città in cui - spiega Ester Coen - l’artista trova un clima estremamente effervescente. È la Roma da poco divenuta capitale d’Italia, dove sono moltissimi i cantieri di nuovi edifici e tanti gli interessi imprenditoriali in campo, eppure si respira un po’ anche

quell’aria di decadenza che Émile Zola ha saputo così ben rappresentare nel suo romanzo intitolato proprio Rome. È anche la città che stava lottizzando l’area intorno alla Villa Ludovisi e ai suoi giardini, nel cui Casino si è con- servato l’affresco dell’Aurora di Guercino. Dell’artista di Cento – ci svela la professoressa –Ballaebbe, verosimilmente, modo di ammirare La sepoltura di Santa Petronilla, conservata ai Musei Capitolini, in particolare i suoi maestosi chiaroscuri, di cui è lecito supporre una citazione nella tornitura di un braccio nel Dubbio, un ritratto della moglie Elisa.

In questo periodo, in cui l’artista attira intorno a sé giovani pittori come Umberto Boccioni e Gino Severini, l’interesse di Balla si rivolge a una pittura vicina ai temi sociali, al mondo del lavoro, alle tensioni politiche di ispirazione socialista, agli emarginati. E in mostra - sostiene la relatrice - ciò è stato ben rappresentato, benché della significativa opera La giornata dell’operaio, siano stati esposti solo alcuni disegni. Presenti anche quattro opere fondamentali del Polittico dei Viventi, le uniche realizzate nonostante nel progetto di Balla fosse- ro venti. Si tratta di figure quasi in scala 1:1, raffiguranti personaggi umili – gli emarginati dalla società – nei loro tratti espressivi più caratteristici: non è un caso che in questo periodo Balla sia rimasto affascinato e abbia seguito anche le lezioni di Cesare Lombroso.

La Coen ci tiene a sottolineare che nell’allestimento ha cercato di mettere a confronto La Pazza con Compenetrazione, un’opera non figurativa tutta in- centrata sullo studio della luce e sulla scomposizione cromatica che, tuttavia, richiama il naturalismo nei colori che la compongono. In mostra si è, infatti, cercato di evidenziare i momenti topici che portano al passaggio dal figurativo all’astratto.

Fondamentale fu, poi, l’adesione al Futurismo, sollecitata dall’entusiasmo dovuto all’invito dei suoi giovani allievi, movimento di cui firma, nel 1910, il “Manifesto dei Pittori Futuristi”. La sua pittura, fra il 1910 e il 1912, è tutta tesa nella direzione di nuove strade: dalla rappresentazione del dinamismo alla ricerca sulla luce, da cui nascono Le mani del violinista, Bambina che corre sul balcone e Dinamismo di un cane al guinzaglio, tutte opere inserite nella mostra e per alcune delle quali, in particolare l’ultima, è stato molto difficile ottenere il prestito.

Alcune delle pitture sono state realizzate al termine dei fondamentali sog- giorni a Düsseldorf e Colonia, dove Balla ha avuto modo di visitare l’esposi- zione d’arte Sonderbund e vedere, fra gli altri, Picasso, Kandinskij e Munch,

di cui scriverà, nonostante l’indubbia influenza che esercitarono su di lui, come di una pittura fatta di stracci colorati.

Nella penultima sala della mostra di Alba la curatrice ha cercato di riunire alcuni dipinti come le Velocità astratte, composizioni dove da un elemento reale, come la ruota – che si muove nello spazio e diffonde la sua energia, plasmandolo – si raggiungono soluzioni sempre più astratte, monocrome o dicrome; solo in seguito Balla tornerà a servirsi di una tavolozza dalle cromie più accese, confrontandosi con la rappresentazione del suono.

Chiudevano l’esposizione due opere realizzate alla metà degli anni ‘20, in- gombre di elementi volumetrici e meccanici da cui emergono numeri, come in Numeri Innamorati, la cui sequenza diventa la rappresentazione astratta di una dimensione concettuale, con l’intento di raffigurare l’infinito servendosi del finito.

In conclusione – ci spiega la Coen – la scelta effettuata, anche in conside- razione degli spazi limitati, è stata quella di non esporre le opere di periodi successivi in cui Balla si riavvicinò, come del resto quasi tutti gli artisti italiani, a composizioni figurative, suggerite anche dal nuovo clima culturale.

Un incontro appassionante che ha svelato alcuni aspetti di uno degli artisti italiani più importanti del primo Novecento.

EUPLOOS. COMPLESSITÀ ED ETICA DELLA RICERCA

Nel documento collegArti 1/2018 (pagine 41-45)