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I L FUTURO DELL ’ AMMINISTRAZIONE ITALIANA : NUOVI STRUMENTI PER NUOVE FUNZION

«È evidente che questo fascio di specialità di strutture, quest’eterogeneità di funzioni, questa virtualità di conflitti permanenti e occasionali pongono problemi di teoria sia giuridica che politologica, sui quali si sta discutendo dall’inizio dello Stato borghese. Lo Stato è veramente un ‘ente’? che vuol dire fini dello Stato, se tutti e nessuno ne caratterizzano l’organizzazione? Che vogliono dire volontà dello Stato, senso dello Stato, obbligo o impegno dello Stato e così via? Per un qualsiasi ente pubblico lo sappiamo, per lo Stato no»121.

Già un grande Maestro del passato, come si può osservare, sottolineava che in realtà la validità teorica del concetto di Stato tramandato dalla dottrina giuspubblicistica classica, come di un ente unitario, superiore e quasi immanente, personificazione degli interessi generali della collettività ‘nazionale’ – in cui si identifica culturalmente, linguisticamente e ideologicamente un'intera comunità territoriale – viene sempre più perdendo terreno in considerazione del nuovo aspetto assunto non solo dalla società degli amministrati, ma anche dalle attività e dagli interessi di cui gli amministratori si fanno carico122.

L’incremento quantitativo oltre che l’espansione qualitativa di nuove conoscenze tecnico-specialistiche necessarie per l’erogazione di alcuni servizi alla comunità, inoltre, hanno fatto sì che la dottrina amministrativa si desse alla ricerca di nuovi moduli operativi e nuove strutture per il disimpegno dell’attività amministrativa

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Così M. S. GIANNINI, Trattato di diritto amministrativo, vol. I, L’amministrazione pubblica dello Stato contemporaneo, Padova, 1988, p. 82

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Vedi M.S. GIANNINI, Op. cit., Padova, 1988, p. 19, che – con grandissima lungimiranza – specifica: «oggi sono le stesse collettività di cui gli Stati sono esponenziali ad esprimere nel loro seno tutti gli altri pubblici poteri interni, allo stesso modo con cui esprimono non lo Stato, ma uno o più organi dello Stato […]. Non è quindi lo Stato che funge da connettivo, ma sono le amministrazioni dello Stato, e la centralità dello Stato, di cui si è detto, sussiste non perché vi sia al centro un governo o un parlamento, ma perché vi sono amministrazioni dello Stato. E difatti là ove queste non vi sono, governi e parlamenti recedono a simulacri», citando alcuni stati asiatici o sudamericani

pubblica, portando così alla nascita delle Autorità indipendenti123, derivate dall’esperienza inglese ed americana, organi che dal punto di vista dell’organizzazione non fanno capo all’esecutivo politico e non sono sotto ordinati ad altri organi, sicché hanno funzioni autonome di regolazione e sorveglianza in settori di particolare importanza come quello bancario ed assicurativo, quello dell’informazione o della tutela della riservatezza124.

L’introduzione delle Autorità indipendenti doveva segnare, nelle intenzioni del legislatore, un cambiamento di rotta radicale verso un graduale disimpegno dello Stato dai settori della produzione e dei servizi, ma questo risultato è stato effettivamente raggiunto solo negli ultimi decenni, quando alla creazione delle cd.

Authorities ha corrisposto un vasto programma di privatizzazioni di enti pubblici

economici, mentre negli anni ottanta l’esistenza di queste nuove realtà istituzionali – non accompagnata a nessun’altra seria iniziativa di arretramento dello Stato dall'’attività economica – significava solo con ancora maggiore vividezza un’ulteriore espansione delle funzioni statali125.

In epoca attuale, il ruolo e l’importanza delle Autorità indipendenti sono ormai comunemente accettati, ma ne sono stati messi invece in discussione il grado e la forma di indipendenza rispetto al Parlamento nonché i moduli procedurali126.

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Osserva correttamente S. LOMBARDO, Le Autorità amministrative indipendenti nella prospettiva dell’egovernment, su www.egov.federalismi.it che «Missione specifica delle Autorità che regolano e vigilano settori economici è poi l’affermazione del principio istituzionale del mercato: considerazione, questa, che giustifica l’impatto dirompente assunto dall’Unione Europea nel consolidamento delle stesse»

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La prima Autorità indipendente ad aver visto la luce nell’ordinamento italiano è la CONSOB (Commissione nazionale per le società e la borsa), istituita con D.L. 8 aprile 1974, n. 95 (poi convertito nella legge 7 giugno 1974, n. 216

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Vedi S. LOMBARDO, Op. cit., su www.egov.federalismi.it

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Vedi V. CERULLI IRELLI, Aspetti costituzionali e giuridici delle Autorità, in A. GRASSINI (a cura di), L’indipendenza delle Autorità, Bologna, 2001, p. 54, secondo cui il Parlamento, come sede della sovranità generale, è anche la sede delle Autorità indipendenti, e ciò implica sua che la legge ne ha piena disponibilità e sia che, attraverso la legge, il Parlamento potrebbe dettare indirizzi, obiettivi e criteri riguardanti l’attività delle Autorità. In particolare, secondo l’A., «indipendenza non significa però che le Autorità sono indipendenti anche dal Parlamento. Anzi, dobbiamo affermare proprio l’opposto, perché esse, come Autorità di governo di settore, rispondono in principio al Parlamento, come ne risponde il governo generale del Paese». Tesi contrapposta è quella di F. MERUSI, M. PASSARO, Le Autorità indipendenti, Bologna, 2003, p. 1 secondo i quali, invece, le «autorità amministrative indipendenti non hanno legami con nessun organo politico

L’ultima sfida cui si trova di fronte l’amministrazione pubblica, infine, è la digitalizzazione dei suoi apparati, oltre che delle modalità procedurali e delle competenza del personale burocratico127.

Il crescente utilizzo, nei rapporti tra amministrazione pubblica e cittadini, delle tecnologie telematiche sta riempiendo di contenuti nuovi la riflessione dottrinaria e (si auspica) la legislazione orientandole sempre più verso il nuovo concetto di ‘libertà telematica’. Allo stesso tempo, il fenomeno della digitalizzazione spinge sempre più la prassi amministrativa verso una maggiore trasparenza e sta favorendo anche la migliore interazione fra cittadini e potere autoritativo.

In relazione al primo aspetto, non può più prescindersi dalla presa d’atto che la comunicazione interpersonale passa al giorno d’oggi sempre più attraverso l’uso delle tecnologie digitali, il che porta numerosi problemi anche in tema di libertà d’espressione e di tutela della riservatezza, questioni con cui tanto il legislatore quanto l’amministrazione non possono non confrontarsi.

Il risvolto istituzionale di queste considerazioni si riflette poi sui rapporti tra i singoli128 e i pubblici poteri, ambito nel quale si registra una sempre crescente

costituzionale, non col governo, ma neppure col parlamento», la conferma del che arriverebbe dalle modalità di nomina dei componenti, la quale sarebbe finalizzata ad evitare che «i nominati abbiano qualche rapporto con centri di elaborazione dell’indirizzo politico, siano essi partitici, parlamentari o governativi». Dello stesso avviso anche S. CASSESE, La crisi dello Stato, Bari, 2001, p. 24

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La documentazione bibliografica disponibile, in rete e sulle riviste cartacee, in materia di amministrazione digitale sta assumendo dimensioni e proporzioni impressionanti. Non essendo questo il punto centrale della presente ricerca, si riporta qui unicamente qualche sparuta voce da cui si è tratto spunto nell’elaborazione dei pochi concetti che si esporranno, avendo cura di sottolineare che l’indicazione non è assolutamente esaustiva. In particolare, vedi A. PAPA, Il principio di uguaglianza (sostanziale) nell’accesso alle tecnologie digitali; M. TRIVELLIN, Riflessioni sulle prospettive e sui nuovi problemi dell’informazione elettronica assicurata tramite i siti istituzionali dell’amministrazione finanziaria; D. GALLIANI, L'accessibilità dei siti Internet delle pubbliche amministrazioni e la c.d. 'legge Stanca'; S. RICCI, Servizi online alle imprese: SUAP e registro informatico degli adempimenti amministrativi delle imprese fra attuazione e progetti di riforma; U. MINNECI, L'avvento della digitalizzazione nei rapporti tra pubblica amministrazione e imprese; E. DE MARCO, Introduzione alla uguaglianza digitale ; F. BAILO, E- government: la responsabilità della P.A. e dei propri agenti nel rapporto con gli amministrati; S. FEDETTO, La dichiarazione “telematica”: origine, presentazione, aspetti tecnici sull’invio e alcuni spunti critici, tutti su www.egov.federalismi.it

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Osserva bene A. PAPA, Il principio di uguaglianza (sostanziale) nell’accesso alle tecnologie digitali, cit. che nella categoria dei privati rientrano «in primo luogo i cittadini ma è evidente che

importanza della comunicazione tramite Internet ed il diffondersi (in realtà non troppo marcato, soprattutto nelle amministrazioni del Meridione) dell’erogazione di servizi in forma telematica da parte della Pubblica amministrazione.

Questi elementi di innovazione non vanno letti in chiave isolata, ma inducono ad una riflessione di respiro ben più ampio, non solo sulla ridefinizione della sfera pubblica, ma anche sulle loro potenzialità innovative nei confronti della società, destinata a subire (rectius, sperimentare) cambiamenti in prospettiva globale, verso una modifica della stessa forma delle democrazie occidentali (e-democracy).

per molti aspetti ad essere interessati sono anche i non cittadini», adombrando così tutto uno scenario giuridico di estremo interesse, e tuttavia non pertinente in questa sede

CAPITOLO II – DAL REGIONALISMO VERSO IL FEDERALISMO «A COSTITUZIONE INVARIATA»