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G IUSEPPE G EROLA E IL CASTELLO DEL B UONCONSIGLIO I L DOCUMENTO E IL MONUMENTO *

Nel documento Studi di storia trentina (pagine 189-200)

DALLA V ALLAGARINA ERUDITA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO

9. G IUSEPPE G EROLA E IL CASTELLO DEL B UONCONSIGLIO I L DOCUMENTO E IL MONUMENTO *

Inizialmente centrate sulla sua attività di archeologo, storico, di- rettore dei musei civici di Bassano del Grappa e Verona,1 le ricer-

che dedicate negli anni recenti a Giuseppe Gerola (1877-1938) hanno ultimamente approfondito anche la sua attività di soprinten- dente ai beni artistici nelle sedi di Ravenna e Trento: in ambedue le quali egli lasciò tracce estremamente significative.2 Questi studi sul

Gerola si collocano in un contesto più generale di intenso ripensa- mento storiografico e di approfondimento di momenti e di figure chiave della storia della storiografia e della cultura italiana fra Otto e Novecento. È il momento in cui le specializzazioni disciplinari (compresa quella storico-artistica) si distaccano dal grande tronco del metodo e della scuola storica lato sensu intesa,3 ed è anche il

momento di una importante maturazione, da parte della cultura ita- liana fra Otto e Novecento, della coscienza delle esigenze di tutela e di restauro del patrimonio artistico e architettonico; nonché del definitivo consolidamento delle istituzioni a ciò preposte.4

In tale quadro il ruolo di Gerola è quello di un comprimario si- gnificativo, non di un protagonista di primissimo piano in ambito nazionale: né sul piano culturale, né su quello ‘politico’ egli può essere paragonato – per fare un esempio non scelto a caso – a un Corrado Ricci, che anzi nello sviluppo della carriera si qualifica

*Ringrazio la dott. Rita Romanelli, e inoltre Giacomo Agosti, Enrico Artifoni,

Ezio Chini, Francesca De Gramatica, Marco Girardi, Paola Marini.

1 Si veda Curuni, Giuseppe Gerola; Varanini, Formazione e percorsi (con bi-

bliografia e rinvio ai principali necrologi); Chini, Aspetti dell’attività. Ma vedi ora Chini, Giuseppe Gerola, pp. XIII-XXII, con bibliografia completa (pp. XXIII- LXXIX).

2 Si veda oltre per i rinvii specifici.

3 A proposito dell’opera di Adolfo Venturi, protagonista di questo processo,

basti qui rinviare a Moretti, Una cattedra per chiara fama, con ampia bibliografia. Si veda anche Aldi, Istituzione di una cattedra.

4 Ne è buona prova un recente convegno di studi dedicato a Corrado Ricci. Per

quanto riguarda la storia delle istituzioni di conservazione, si veda per la fase ini- ziale, cronologicamente precedente a quella che qui interessa, Bencivenni, Dalla Negra, Grifoni, Monumenti e istituzioni.

per lui, nell’ambito culturale ravennate così come a Roma, come punto di riferimento. Tuttavia, lo specifico di Gerola è proprio quello di avere alle spalle, e di mettere in campo nella sua attività di soprintendente, una formazione culturale complessa e ricca, e una varietà di interessi scientifici e di esperienze professionali as- solutamente fuori del comune.

Culturalmente parlando, egli è appunto un prodotto-tipo della scuola storica di fine Ottocento: la sua formazione giovanile si rea- lizza in anni nei quali gli ‘specialismi storiografici’ erano ancora in gestazione. Nel periodo universitario, fra il 1895 e il 1898-99 (comprendendo in esso anche i semestri di perfezionamento a Ber- lino, presso un solido positivista come Scheffer-Boichorst, e a Fri- burgo in Brisgovia), il Gerola impara da buoni maestri a maneggia- re con consapevolezza critica le fonti documentarie e le fonti croni- stiche medievali; e – circostanza significativa – non perde nel tem- po, neppure a decenni di distanza, come mostra la sua bibliografia, l’interesse e la consuetudine con questo tipo di documentazione. Negli anni immediatamente successivi, a Creta, egli pratica e ap- prende, forse più che le tecniche dello scavo archeologico, le me- todologie del rilievo di edifici monumentali diversissimi per carat- teristiche: a partire da queste esperienze, anche la sensibilità per la dimensione tecnico-pratica del lavoro artistico (dello scolpire, del costruire, del dipingere) non gli è estranea. Nel primo decennio del secolo, in particolare negli studi sulla pittura veronese del Rina- scimento, Gerola mostra poi una certa sicurezza nelle valutazioni stilistiche e nel giudizio estetico: salvo poi manifestare perplessità – ben comprensibili, vista la sua formazione – per gli eccessi di un attribuzionismo meramente basato su apprezzamenti di stile, e ab- bandonare sostanzialmente, a partire dal 1910 circa, questo campo di studi. Ma in quegli stessi anni egli si era espresso anche sui temi del restauro e della tutela, ad esempio in un intervento relativo alla storia urbana di Bassano del Grappa (la conferenza Bassano ca-

muffata, edita nel 1906) la cui importanza nella maturazione del pensiero del Gerola di fronte all’alternativa conservazione/comple- tamento in tema di restauro è stata anche di recente sottolineata.5

Il merito di Gerola, e in un certo senso anche il suo limite, fu proprio quello di non scegliere mai nessuna delle specializzazioni

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scientifiche sopra menzionate. Tutte queste competenze, e non po- che altre ancora (ad esempio l’araldica), egli fu in grado personal- mente di mettere in campo, anche nel lavoro di restauro. Il suo ap- proccio, il suo habitus mentale è ‘globalmente’ storico, e non si spiega in modo adeguato se non si considera – come accennavo – la sua formazione ‘pre-specialistica’. Questo nesso molto stretto fra ricerca storica e cantiere di restauro, fra fonte d’archivio ed esame obiettivo dell’edificio e delle sue stratificazioni nel tempo, resterà costantemente uno dei fili conduttori del suo lavoro.

Questo intervento ha il circoscritto scopo di fare il punto su una delle iniziative di restauro più impegnative alle quali il Gerola si sia dedicato nel corso della sua carriera, oggetto anche parecchi anni dopo la sua morte di osservazioni critiche e polemiche,6 ma

comunque punto di riferimento irreversibile nella storia dell’edifi- cio: il ripristino e la destinazione a museo del castello del Buon- consiglio a Trento. Si tratterà di un ‘punto’ assolutamente provvi- sorio: diverse ricerche sono state dedicate di recente al tema, anche se forse non è stata portata ancora alla luce tutta la documentazione d’archivio relativa a una impresa che fu lunga e complicata, e che si articolò anche in specifici interventi su singoli pezzi o su singoli ambienti. Tuttavia la buona conoscenza che oggi abbiamo del complessivo itinerario culturale del Gerola, nonché della sua attivi- tà di soprintendente e restauratore a Ravenna, può forse permettere qualche considerazione non inutile, inserendo l’intervento trentino in una pratica già lunga e valutandone la specificità.

1. Una lunga preparazione

L’intervento al Buonconsiglio, durato complessivamente un de- cennio circa (1920-1930), è la concretizzazione di un’aspirazione lungamente covata da Gerola, che aveva manifestato da tempo il suo interesse per questo edificio. Come è ovvio, il complesso edili- zio – durante l’Ottocento e sino al 1918 utilizzato come caserma e sede di uffici militari – aveva da tempo attirato l’interesse degli studiosi tirolesi e trentini. Dopo i rilievi dell’Essenwein alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento, la ricerca sulle fonti docu-

mentarie (quasi tutte, all’epoca, conservate a Innsbruck) prese quo- ta negli ultimi anni del secolo, soprattutto grazie allo storico dell’arte tirolese Hans Semper (poi amico e collaboratore del Gero- la),7 che nel 1895 e 1896 pubblicò sulla rivista di Adolfo Venturi

una parte significativa della documentazione contabile e ammini- strativa, specificamente relativa alla fabbrica clesiana. Non condot- ta a termine per la perdita (in redazione, a causa di un incendio) dell’ultima parte del manoscritto, l’edizione fu completata una ven- tina d’anni più tardi in occasione della ricorrenza centenaria del- l’inizio dell’episcopato clesiano (1914).8 Va osservato qui per inci-

so che la sede di pubblicazione (il supplemento della rivista «Pro Cultura», a Trento) e le modalità di questa nuova edizione (con la collaborazione di diversi studiosi locali, fra i quali il giurista Fran- cesco Menestrina, che curò a Innsbruck la revisione delle trascri- zioni) sono prova della perdurante vitalità e cordialità dei rapporti vigenti nell’ambito dell’internazionale erudita fra storici trentini e tirolesi, anche in anni segnati dal nazionalismo. Subito dopo la prima edizione del Semper, un altro studioso austriaco, il Wözl, aveva poi edito una monografia sul castello (1897), prontamente tradotta (e ampliata) dal roveretano Carlo Teodoro Postinger, e nel 1902 lo Schmölzer si era occupato degli affreschi. La ricerca aveva poi un po’ segnato il passo, negli anni immediatamente successivi. Ma questi anni a cavallo del secolo, nei quali intensamente si stu- diò la storia del Castello trentino sono anche gli anni della forma- zione e dell’inizio dell’attività erudita del Gerola, che ebbe dunque subito a disposizione un certo numero di dati oggettivi e affidabili per la storia dell’edificio.

Fu infatti proprio il Gerola – ‘emigrato’ trentino assai influente nelle istituzioni culturali italiane, legatissimo com’era a Corrado Ricci – a sottolineare per primo il valore simbolico del Castello,

7 I due furono in ripetuto e frequente contatto epistolare (per un cenno si veda

Varanini, Formazione e percorsi, pp. 91, 96) e il Semper collaborò nel decennio successivo ai periodici diretti dal Gerola (sin dalla prima annata della rivista vero- nese «Madonna Verona», nel 1907). Nel 1911 (Gerola, La sala trentina, p. 302, nota 2 = Gerola, Scritti, p. 256, nota 2) il Gerola è a conoscenza dell’intenzione di ripubblicare i documenti del Semper in un supplemento della rivista «Pro cultu- ra», ciò che avvenne con qualche anno di ritardo, nel 1914. Sul Semper si veda Oberkofler, Die geschichtlichen Fächer, pp. 202-205.

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scegliendo di ricostruire per l’esposizione nazionale del 1911 gli elementi più importanti della Sala grande, mostrando sin da allora grande attenzione anche ai particolari più minuti dell’arredo, con uno scrupolo nel giustificare le scelte dei tessuti, delle tappezzerie, dell’iconografia, che è rivelatore di una mentalità e di un approc- cio. Va peraltro sottolineato il fatto che nell’articolo steso in tale occasione, ove si dà conto dei criteri di scelta adottati, non v’è al- cun elemento di enfasi ‘nazionale’, ma una mera valutazione di da- ti oggettivi; e anche – non è fuori luogo ricordarlo qui – qualche dato nuovo, come l’importante identificazione di Vincenzo Grandi, il noto scultore veneto attivo al servizio del Clesio.9 Negli anni

successivi, ricerche personali del Gerola, o di suoi collaboratori e discepoli come il Cervellini, tennero viva l’attenzione su Bernardo Clesio.10 In questo stesso ambito di riflessioni, anche se non ap-

paiono espliciti riferimenti all’utilizzazione a fini museali del Ca- stello, va inserito il progetto di unificazione dei musei trentini e di redistribuzione delle collezioni, fra Trento (ove avrebbero dovuto restare le collezioni artistiche e archeologiche), Rovereto (ove era prevista la conservazione del materiale di storia naturale) e Riva del Garda (proposta come sede delle collezioni etnografiche).11

Sull’argomento si sviluppò negli anni immediatamente successivi, sulle riviste e sui giornali locali, un vivace dibattito nel quale il Ge- rola intervenne più volte.12

Dopo queste premesse, venne – alla fine della Prima guerra mondiale – il tempo e la possibilità delle realizzazioni concrete. Sin dall’agosto 1915 il Gerola riteneva «indispensabile la creazione a Trento di una speciale Soprintendenza così per i monumenti co- me per gli oggetti d’arte e gli scavi, anziché l’assegnazione del ter- ritorio nostro alle rispettive Soprintendenze dei monumenti di Ve-

9 Gerola, La unificazione, pp. 365-367 (= Gerola, Scritti, pp. 262-264). 10 Cervellini, Iconografia clesiana; Gerola, I sigilli, pp. 223-230 (= Gerola,

Scritti, pp. 275-280). Già nel 1909 il Cervellini aveva scritto di cose trentine sulla rivista veronese fondata dal Gerola (Cervellini, Per la storia dell’arte veronese).

11 Gerola, La unificazione, pp. 365-367 (= Gerola, Scritti, pp. 262-264). Il

progetto sembra tenere conto della esperienza fatta dal Gerola a Bassano e Verona – in due istituti che pure conservavano, in una sola sede, materiale eterogeneo.

12 Vedili riediti o schedati in Gerola, Scritti, pp. 264 (Una proposta per i no-

stri musei), 280 (Ancora il trasferimento del Museo), 283-284 (La questione del

Museo, con discussione dei problemi di collocazione del Museo nel palazzo Ge- remia). Sul tema si veda ora Sega, 1911-1914: un progetto.

rona, degli scavi di Padova e degli oggetti d’arte di Venezia», ad- ducendo vari motivi geografici e storici, fra i quali già figurava la restituzione del patrimonio culturale e artistico trentino conservato in Austria, oltre che

l’opportunità di studiare i mezzi migliori onde rimediare ai gravi danni recati finora in Trentino dalla antecedente legislazione spe- cie in materia dei restauri [...] e finalmente la convenienza di ac- cingersi subito al completo ripristino del monumento sommo dell’arte nostra, il castello del Buon Consiglio.13

E se queste erano le intenzioni, diversi lavori preparatori testi- moniano a partire dal 191714 la concreta volontà del Gerola di oc-

cuparsi nel dopoguerra dei beni culturali del Trentino, riallaccian- dosi anche a iniziative di schedatura che alcuni eruditi locali ave- vano intrapreso sin dal 1914,15 ma anche puntualizzando «per il

giorno del redde rationem»16 le vicende di singoli oggetti.

Due ricerche devono essere in particolare segnalate. L’una, l’Elenco degli edifici monumentali e degli oggetti d’arte del Tren-

tino,17 fu redatta in collaborazione con uno dei migliori eruditi tren-

13 Tali affermazioni figurano in una lettera dattiloscritta, indirizzata a un Co-

mitato non esattamente individuabile, conservata in una delle poche sezioni ordi- nate delle Carte Gerola (BSBT, busta intestata 1917-1921 Scritti e relazioni del

prof. Giuseppe Gerola. - Vienna; contiene tre incartamenti, i primi due dei quali conservano 44 documenti numerati e datati, dal 1915 al 1921). L’inventariazione risale sicuramente al Gerola stesso; del carteggio fanno parte alcune interessanti lettere intercorse tra il Gerola e varie personalità culturali (Ricci, Ojetti, Halbherr, Fogolari) oltre che con i rappresentanti italiani a Parigi (Ettore Modigliani) e con i capi-delegazione a Vienna in occasione degli accordi diplomatici relativi alla re- stituzione all’Italia delle opere d’arte e dei beni archivistici conservati in Austria, e della successiva concretizzazione di tali accordi.

14 Il primo spunto, secondo la recente riedizione degli scritti trentini del Gero-

la, si ricava da un articolo per il quotidiano «La Libertà» del 19 maggio 1917 (Ge- rola, Scritti, p. 319).

15 Vedili citati in Gerola, Materiale, p. 332 (= Gerola, Scritti, p. 339, nota 34).

L’originaria sede di pubblicazione fu la rivista «Alba trentina», ove altri contributi comparvero anche nel 1918.

16 Gerola, La fontanella, p. 295 (= Gerola, Scritti, p. 347). 17 Zippel, Gerola, Elenco.

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tini dell’ultima generazione, Giuseppe Zippel;18 l’altra, buttata giù

alla brava quando già le sorti della guerra volgevano in favore del- l’Italia (quindi forse agli inizi del 1918: «i tempi incalzano, e la Giustizia sta per trionfare dovunque!»),19 già disegnava, istituto per

istituto, a Innsbruck e Vienna, una mappa degli oggetti e dei do- cumenti dei quali chiedere la restituzione. Subito dopo la fine delle ostilità, sin dal novembre 1918 – giungendo a Trento assieme al- l’esercito italiano, come è stato osservato – il Gerola iniziò infatti nella veste ufficiale di delegato della Direzione Generale delle Bel- le Arti la sua attività per il recupero delle opere d’arte trentine ri- coverate oltralpe durante il conflitto, facendo la spola più volte fra la capitale tirolese e la metropoli asburgica. Dal 1° dicembre 1919, egli operò alla dipendenza del commissariato civile del Trentino e dell’Alto Adige, esercitando di fatto e da subito poteri pieni in tutti i settori del restauro e della conservazione, come osservò con una punta di malignità il Sandonà, incaricato della tutela del Castello nell’anteguerra.20 Un indizio particolarmente significativo dell’at-

tenzione e della lungimiranza con la quale il Gerola aveva pro- grammato l’inizio della sua attività a Trento – e probabilmente an- che della sua influenza e dei suoi solidi collegamenti romani – va

18 Una lettera del Gerola a Corrado Ricci, del 14 luglio 1917, chiede che il suo

lavoro sia coordinato con quello dello Zippel (BSBT, Carte Gerola, busta intesta- ta 1917-1921 Scritti e relazioni del prof. Giuseppe Gerola. - Vienna).

19 Gerola, Per la reintegrazione, p. 23 (il fascicolo della rivista è datato gen-

naio-giugno); si veda anche Gerola, Notiziario d’arte. Il recupero (= Gerola,

Scritti, pp. 397-400).

20 «Le condizioni ideali per il ripristino del Buon Consiglio si sono presentate

quando Dio volle, ovvero all’entrata in città dell’esercito liberatore, al cui seguito era appunto Giuseppe Gerola armato di molta dottrina, e con i quadri al completo di collaboratori specializzati in tutti i generi di lavori atti a salvare le cose vecchie, e occorrendo anche a truccare da vecchie le nuove» (Sandonà, Il castello del Buon

Consiglio, p. 12). Oltre a lamentare il silenzio sulle iniziative di restauro da lui assunte (fra le quali il restauro della loggetta pensile, nel 1911), il Sandonà sotto- lineava anche la necessità di giudicare con equilibrio l’operato dei conservatori della imperiale e regia Commissione centrale dei monumenti (della quale, com’egli ricorda, fecero parte personalità del calibro di Wickhoff e Riegl), e ri- vendicava la sostanziale manutenzione del monumento – polemizzando post fac-

tum (il suo scritto è del 1954) contro gli eccessi della retorica irredentistica. Egli non manca infine di sottolineare la pienezza dei poteri e la larghezza dei mezzi a disposizione del Gerola, grazie alle ottime relazioni con Corrado Ricci e al clima ‘nazionale’ postbellico; né omette di insinuare qualcosa riguardo alle compromis- sioni del Gerola col regime fascista.

individuato nel fatto che fra gli ufficiali dell’esercito suoi collabo- ratori compaiono funzionari dei musei delle città venete, già suoi dipendenti e in qualche modo allievi: il veronese sottotenente An- tonio Avena, direttore del Museo civico di Verona, è incaricato del trasporto delle casse depositate a Bolzano, mentre a Paolo Maria Tua, successore del Gerola alla direzione del Museo di Bassano, fu affidata la catalogazione e la restituzione ai legittimi proprietari.21

Anche se la soprintendenza trentina divenne autonoma, in quan- to ufficio, non prima del 1923, già da tempo il Gerola era dunque all’opera, nel castello e non solo in esso, circondandosi anche lì di collaboratori fidati.22 Con tale operazione, e con quella connessa

della riacquisizione dall’Austria della documentazione d’archivio, alla quale collaborò,23 Gerola ‘restaurò’ e risarcì prima di tutto la

memoria storica del Trentino, e assicurò a se stesso una autorevo- lezza e un prestigio inattaccabili: in un momento, fra l’altro, nel quale la cultura storiografica trentina – scomparsa o al tramonto la solidissima generazione entre deux siècles, quella dei Reich e dei Papaleoni – non esprimeva personalità significative, e nel quale dunque egli poté esercitare un’influenza notevole.

2. Fare e pensare il restauro: la ricerca erudita

L’inizio e lo svolgimento dei lavori al Buonconsiglio vanno in- seriti in questo contesto di rinnovamento postbellico della vita civi- le trentina, che non è mio compito qui evocare. Basterà ricordare che i risvolti ‘politici’ dell’operazione di recupero e valorizzazione del castello erano evidenti e delicati: Gerola stesso nel 1911 aveva sottolineato il significato simbolico del Castello per la storia di Trento e del Trentino, e la valenza ‘nazionale’ dell’edificio si era moltiplicata a seguito dell’esecuzione di Cesare Battisti. In genera- le, mi sembra che si possa dire che va riconosciuto in questa con-

21 Gerola, Notiziario d’arte. Il recupero, pp. 180-182 (= Gerola, Scritti, pp.

397-399).

22 Dal febbraio 1922 figurano in organico l’ispettrice Eva Tea (storica

dell’arte) e l’architetto Rusconi, più tardi successore del Gerola (BSBT, Carte Ge-

rola, fasc. «Corrispondenza ufficiosa 1918-1935», minuta di lettera al Ministero del 6 febbraio 1922).

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giuntura al Gerola di non avere ceduto, nel lavoro svolto al Castel- lo, a sollecitazioni di carattere direttamente ideologico e politico. Si può osservare qui per inciso che, se il Gerola fu tutt’altro che estraneo – né avrebbe potuto non esserlo, considerata la sua forma- zione culturale – a un orientamento genericamente definibile in senso nazionalistico, neppure della sua attività archeologica a Creta e nel Dodecaneso24 è lecita una lettura schematicamente riconduci-

bile a questo parametro. E del resto, per quello che sinora è noto, se nelle sue posizioni degli anni Venti sulle questioni etniche in ambi- to regionale emergono talvolta posizioni di sostanziale adesione alla concezione della ‘italianità di fondo’ dell’area altoatesina (con critiche alle erronee valutazioni del governo centrale e con inviti alla prudenza e alla gradualità da adottarsi nel fare emergere tali elementi, che nascono proprio da tale adesione),25 è altrettanto vero

che ancora negli anni Trenta non mancarono occasioni nelle quali egli oppose ragioni scientifiche (in non indolori questioni di topo- nomastica regionale, ad esempio) alle ragioni della politica di re- gime; pur nell’ambito, in quegli anni, di un indubbio irrigidimento di posizioni.26

Del recupero (anzi «redenzione») dell’edificio del Buonconsi- glio si era occupato forse per primo Ugo Ojetti, in un noto articolo sul «Corriere della Sera» del 13 gennaio 1920, sostenendone la ne- cessità ma manifestando tuttavia nel contempo la sua opposizione per una destinazione a museo (a causa della scarsezza e della mo-

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