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U NO SGUARDO AI PRIMORDI DELL ’ INSEGNAMENTO SUPERIORE DELLA PALEOGRAFIA IN I TALIA S ILVIO A NDREIS (1837-1869)

Nel documento Studi di storia trentina (pagine 119-143)

DALLA V ALLAGARINA ERUDITA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO

6. U NO SGUARDO AI PRIMORDI DELL ’ INSEGNAMENTO SUPERIORE DELLA PALEOGRAFIA IN I TALIA S ILVIO A NDREIS (1837-1869)

FRA ROVERETO,BERLINO E FIRENZE*

Nella seconda metà dell’Ottocento, nell’arco di pochi decenni Rovereto (l’«Atene del Trentino», come i roveretani stessi amava- no definirla, in polemica col capoluogo) espresse personalità di ri- lievo della cultura nazionale: tutte proiettate, a differenza dell’in- tellettualità trentina divisa tra il nord e il sud, verso il regno e la nazione italiana. Figurano tra costoro in primo luogo archeologi di grande prestigio, come Federico Halbherr e Paolo Orsi (lo scoprito- re della Magna Grecia e di Siracusa);1 ma anche, nella generazione

successiva, storici dell’arte, archivisti, soprintendenti e organizza- tori culturali di importanza talvolta più che regionale come Giu- seppe Gerola, Arnaldo Segarizzi, Gino Fogolari, tutti formatisi nel- l’ultimo decennio dell’Ottocento tra Firenze, Venezia e la Germa- nia.

Rientra in questo novero di intellettuali e studiosi aperti a espe- rienze internazionali (tutti quelli citati ebbero infatti momenti for- mazione in Germania), anche uno studioso della generazione pre- cedente, certo di inferiore spessore: Silvio Andreis,2 nato a Rovere-

to nel 1837, scolaro molto stimato di Philipp Jaffé a Berlino nel 1864-65 e per un breve periodo, tra il 1868 e il 1869 – quando morì

*Pubblico in questa occasione i risultati di una ricerca svolta molti anni or so-

no, esposti parzialmente in una relazione dal titolo Alle origini della paleografia e

della diplomatica in Italia. Silvio Andreis tra Rovereto, Berlino e Firenze tenuta presso la Biblioteca Civica di Verona (26 maggio 2008) in occasione della III Set- timana di studi medievali organizzata dall’Istituto storico italiano per il medioevo e svoltasi a Verona, Padova e Venezia. Ringrazio anche Roberto Pertici e Mauro Moretti, che nel 1999 mi segnalarono il materiale concernente Silvio Andreis con- servato nell’archivio della Soprintendenza archivistica fiorentina.

1 La bibliografia su costoro è ampia, ma in ragione dell’attenzione al contesto

locale basti qui il rinvio a La ricerca archeologica nel Mediterraneo.

2 La forma semplice del cognome, priva del ‘De’ che le fonti fiorentine (e di

conseguenza gli studi fiorentini anche recenti) inseriscono, è preferibile, sulla base dell’archivio personale di Andreis e delle testimonianze bibliografiche. Peraltro, anche nell’opuscolo del Regio Istituto di studi superiori e di perfezionamento in Firenze, Orario e programmi delle lezioni per l’a.a. 1868-69, Firenze 1868, pp. 7- 8, è adottata la forma ‘de Andreis’.

a soli 32 anni, l’8 giugno –, docente di paleografia e diplomatica presso l’Istituto di studi superiori di Firenze.

Nei due corsi che egli tenne nella primavera del 1868 e nell’au- tunno-inverno 1868-69, egli espose forse per la prima volta in una università italiana l’aggiornata dottrina di un illustre maestro della tradizione tedesca. Andreis fu in quella circostanza un diligente ri- petitore e diffusore, e nulla più; e non ha lasciato lavori di polso. È impossibile dunque anche soltanto ipotizzare quali avrebbero potu- to essere gli sviluppi del suo insegnamento, le vicende del quale sono state anche di recente ricostruite, in modo rapido ma preciso.3

Ma la sua figura è pressoché ignota, se si fa eccezione per fuggevo- li accenni,4 e merita un approfondimento, per un verso valorizzan-

do le carte da lui lasciate alla Biblioteca Civica di Rovereto e pre- cisando qualche aspetto del suo rapporto con Jaffé, e per l’altro il- lustrando alcuni non irrilevanti retroscena del rapporto con Bonaini e con l’ambiente fiorentino (e a quanto si intravede anche ministe- riale).

1. Paleografia (e diplomatica) in Italia fra gli anni Sessanta e

gli anni Ottanta: cenni

È ben noto che le scienze del documento sono uno dei terreni nei quali la dipendenza dell’Italia dalla cultura storica tedesca5 è

più evidente, nei decenni centrali dell’Ottocento, prima e dopo la nascita del regno d’Italia; per ragioni storiche e culturali, gli stu- diosi radicati nei territori che Ascoli definì proprio a partire dagli anni Sessanta «Tre Venezie» svolgono naturalmente la funzione di

3 Si veda in particolare Capannelli, La Scuola di Paleografia, pp. 717-752, che

ricostruisce le vicende dell’insegnamento di Andreis a pp. 722-724; e ora Nicolò, Pace, «Vuolsi pensare all’avvenire», specie testo corrispondente a note 30-35. Un cenno rapidissimo anche in Soldani, Dall’assenza all’eccellenza, p. 23.

4 Si veda Traube, Geschichte der Palaographie, pp. 66, 73. Traube ricollega il

soggiorno berlinese di Andreis alla mancata chiamata di Jaffé sulla cattedra fio- rentina; le pratiche al riguardo erano iniziate sin dal 1860. ASFi, Soprintendenza

vecchia, f. 73, Affare 16 [1860-1868 aprile, «Trattative concernenti il prof. Filip- po Jaffé e la cattedra di Paleografia e diplomatica»].

5 Si veda in generale la bibliografia citata nel breve saggio di Matheus, Uni-

versitari provenienti dall’area germanica, a p. 381; ma in particolare Marin, Die

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passeurs culturali, di tramite rispetto alla ricerca storica svolta nell’area di lingua tedesca, tanto più avanti sul piano della rifles- sione epistemologica e su quello dell’organizzazione della ricerca storica.

Ciò poté avvenire anche grazie alla circolazione, nelle province dell’Impero multietnico, di studiosi formatisi a Vienna. Limitando il nostro sguardo alle discipline storiche e documentarie, basterà ricordare che già dagli anni Cinquanta insegnava a Padova Storia universale, Storia austriaca e Scienza storico-ausiliaria Giuseppe De Leva, un dalmata formatosi a Vienna.6 E restando al campo

specifico della paleografia e diplomatica, del resto, data allo stesso decennio il rapporto fra il grande Theodor von Sickel e l’archivista municipale (e dal 1855 docente universitario) Andrea Gloria, che nel 1857 pubblicò l’Album ad uso della scuola di Paleografia

dell’Università di Padova (mentre il Compendio di lezioni teorico-

pratiche di Paleografia e diplomatica, corredato da un atlante, è del 1870).7 Non sarà inutile ricordare che un’altra disciplina ‘in ge-

stazione’ in Italia, la filologia romanza, fu promossa da uno studio- so veneto – il trevigiano Ugo Angelo Canello – negli anni imme- diatamente successivi all’annessione del Veneto al regno; in modo perfettamente parallelo a quanto aveva fatto pochissimi anni prima il suddito asburgico Andreis, Canello peregrinò in Germania (a Bonn, presso Friedrich Diez), e fu poi il capostipite della scuola universitaria padovana.8

Tornando alla paleografia e alla diplomatica, si trattava tuttavia solo di timidi inizi, privi (anche nel caso del compendio del Gloria) di spessore teorico. E va detto con chiarezza, proprio per eviden- ziare il significato dell’esperienza di Andreis, che nei luoghi della pratica paleografica e diplomatistica in Italia – giacché di pratica piuttosto che di ricerca si deve parlare –, vale a dire nelle scuole

6 La bibliografia su di lui è amplissima; mi limito a rinviare per le titolature

degli insegnamenti a Prospetto degli studii dell’I.R. Università di Padova per

l’anno scolastico MDCCCLV-MDCCCLVI, Venezia, Giuseppe Antonelli, 1856, p. 9.

7 Su Gloria il contributo più recente è Boaretto, Dall’Archivio civico antico,

con completa bibliografia.

8 Si veda Ugo Angelo Canello e gli inizi della Filologia, e in particolare Li-

mentani, Canello: «Il metodo, soltanto il metodo»; Limentani, Cento anni di Filo-

degli archivi ancor più che nelle Università, i primi risultati diffusi della sedimentazione di un interesse e di un rinnovamento non so- no anteriori alla fine degli anni Settanta e agli inizi degli Ottanta: Petrucci riconobbe senza giri di parole che in Italia «negli anni at- torno al 1870 la condizione della paleografia non è brillante».

Qualche riferimento cronologico puntuale può essere utile. Nel 1871 Wattenbach rimproverò severamente a Cesare Paoli provin- cialismo e localismo nella sua recensione al Compendio del Gloria; e il diplomatista fiorentino, allora in procinto di passare all’Istituto superiore di Firenze ove fu successore di Andreis, farà tesoro di queste indicazioni negli anni successivi, elaborando nell’arco di un decennio il suo Programma scolastico di paleografia latina e di

diplomatica.9 Il manuale di Paleografia delle carte del Lupi, che

Petrucci considera uno dei migliori di questi anni, è del 1875.10

Ancora nel 1877 un altro studioso trentino, anzi della Vallagarina, come Bartolomeo Malfatti, era chiamato da Ernesto Monaci a illu- strare sull’«Archivio Storico Italiano» il nuovo ordinamento dei

Monumenta Germaniae Historica e l’organizzazione della ricerca storica in Germania. Nelle università, veri segnali di rinnovamento si colgono solo nei primi anni Ottanta. A Torino, mentre ancora si pubblicavano da parte del Vayra documenti scelti con mera ottica sabaudistica, il veronese Carlo Cipolla – il massimo protagonista della ricezione in Italia delle più aggiornate ricerche della diploma- tistica tedesca – iniziava un privato insegnamento di Paleografia (1883), anche se non si trattava di un vero e proprio corso universi- tario.11 Nel 1882 Ernesto Monaci aveva inaugurato la pubblicazio-

9 Villari affidò a Paoli l’insegnamento della Paleografia e Diplomatica nella

scuola di Paleografia e Diplomatica recentemente istituita entro la Facoltà di Let- tere dell’Istituto di studi superiori solo nel 1874, e la gestazione del manuale fu lenta; il Programma scolastico di Paleografia latina e di diplomatica, di sole 67 pagine, uscì soltanto nel 1883. Ebbe un immediato successo, dato che fu tradotto quasi in contemporanea in tedesco, dal Lohmeyer, con titolo Grundriss der latei-

nischen Paläographie und der Urkundenlehre, a Innsbruck nel 1885, anche se nell’introduzione alla sua Urkundenlehre Redlich ne segnalò la natura meramente propedeutica, strumentale. Il testo del Paoli poi crevit eundo, articolandosi nel ventennio successivo in tre volumi, rispettivamente di Paleografia latina, Materie

scrittorie e librarie, e Diplomatica. Moretti, Paoli, Cesare, p. 68.

10 Petrucci, La paleografia latina, p. 22. 11 Frioli, Varanini, Insegnare paleografia.

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ne dell’«Archivio paleografico italiano».12 Ma se passiamo ad altre

aree culturali italiane, la Paleografia e diplomatica dei documenti

delle provincie napoletane di Michele Russi non è anteriore al 1883 e si configura ancora come un tipico manuale d’uso pratico regionale.13 Attorno alla metà degli anni Ottanta Sickel giudicherà

Isidoro Carini, docente di paleografia presso l’Archivio Vaticano, «inadatto e non preparato» (sono parole testuali) all’insegnamen- to,14 valutando severamente il Sommario brevissimo delle lezioni di

paleografia tenute nella nuova Scuola Vaticana l’anno 1885. In effetti solo allora cominciava dentro l’Archivio Vaticano l’accu- mulazione di competenze alle quali il veronese Carlo Cipolla avrebbe poi fornito buon alimento coi suoi allievi piemontesi, co- me Marco Vattasso, grazie anche alle relazioni con Franz Ehrle.15

E solo negli inoltrati anni Novanta tutto sarebbe cambiato grazie alla rapidissima ascesa di un altro allievo di Cipolla, l’astro nascen- te Luigi Schiaparelli.16

Ben si comprende dunque come le esperienze di Andreis – una frequenza diretta a Berlino nel 1864-65, e qualche anno dopo l’in- segnamento a Firenze – si inscrivessero in un contesto italiano po- polato da archivisti e dilettanti, nel quale un reale rinnovamento metodologico era ancora di là da venire.17

12 Petrucci, La scrittura riprodotta, pp. 263-267.

13 Spadaccino, Il Museo storico; Barone, Gli studi paleografici; Barone, Storia

degli studi paleografici; Salvati, La Scuola di archivistica. Per un inquadramento:

Bartolommeo Capasso. Storia, filologia, erudizione.

14 Battelli, L’istituzione della scuola. 15 Varanini, Carlo Cipolla.

16 Pratesi, Un secolo di diplomatica, pp. 84-85. Qualche ulteriore dato, con bi-

bliografia, in Varanini, L’Istituto storico italiano, pp. 82-83.

17 Può essere utile una panoramica degli insegnamenti di paleografia (e di-

plomatica) negli archivi – assai più raramente nelle Università – per gli anni esatti della formazione di Andreis in Germania. A Milano era attivo Giuseppe Cossa, del quale si veda Tre prelezioni (che contiene tre prolusioni, rispettivamente del 1857-58, 1860-61 e 1861-62; la seconda ha il titolo Dei servigii che la diplomati-

ca presta alle scienze letterarie e storiche. Prelezione di Giuseppe Cossa profes- sore di Paleografia e Diplomatica in Milano al suo insegnamento per l’anno 1860-1861). A Firenze insegnò dal 1860 al 1865 Carlo Milanesi, «scrupoloso ma antiquato docente» nella valutazione di Petrucci; a Torino nel 1863-64 fu attivo come libero docente non pareggiato di «Scienza paleografica in Italia» l’archivista veneziano Cesare Foucard, già docente di paleografia ai Frari, esule in Piemonte perché inviso al governo asburgico; a Genova dal 1860 al 1863 svolge un corso

I tentativi che sin dal 1860 il soprintendente agli archivi toscani Francesco Bonaini attraverso Reumont (che aveva avuto favorevoli referenze da Mommsen e Giesebrecht) aveva compiuto, per una collocazione stabile di Jaffé a Firenze, presso l’Archivio di Stato, erano falliti.18 Bonaini aveva puntato sul fatto che la collocazione

professionale di Jaffé a Berlino presso i Monumenta Germaniae Hi-

storica non era stabile. Ancora il 3 gennaio 1863 Bonaini, scrivendo ad Amari, aveva ricordato l’opportunità di chiamare l’ar-chivista fio- rentino: «essendo ebreo, e non avendo voluto cambiare religione, ciò in Prussia gli è stato d’ostacolo al suo stabile collocamento».19 Un

nuovo tentativo fu compiuto nel 1865, attraverso Mommsen; ma anche in questa occasione Jaffé rifiutò, avendo recentemente im- postato la collana della «Bibliotheca rerum germanicarum», una creatura alla quale molto teneva, come disse a Mommsen e scris- se a Bonaini stesso.20 Ma a quell’epoca Andreis era già stato suo

allievo, e poco dopo doveva iniziare la sua attività di docente, co- sì presto abortita che fu peraltro – come si vedrà in seguito – la conseguenza di un ulteriore tentativo del pervicace Bonaini di in- gaggiare Jaffé (in sostituzione del defunto Carlo Milanesi).21

libero di lezioni di paleografia e di diplomatica «in pro dei giovani che si vogliono dedicare allo studio della storia» Agostino Olivieri bibliotecario dell’Università; a Bologna negli stessi anni opera l’archeologo Gennarelli, a Palermo l’arabista Sal- vatore Cusa. Per il contesto si veda Cencetti, Archivi e scuole d’archivio, ove si citano diversi tra i personaggi sopra menzionati, tutti degni di approfondimento. Su Foucard (le carte del quale si conservano alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze) si veda ad esempio Varanini, Fonti documentarie.

18 ASFi, Soprintendenza vecchia, f. 73, Affare 16 [1860-1868 aprile, «Tratta-

tive concernenti il prof. Filippo Jaffé e la cattedra di Paleografia e diplomatica»], lettera di Reumont a Bonaini del 22 maggio 1860; Scalfati, Francesco Bonaini, p. 333. Si veda anche Klein, Martelli, Lo «stato maggiore» (ove a p. 361 si menzio- na erroneamente Andreis come «Andrei, promettente allievo di Jaffé»).

19 ASFi, Soprintendenza vecchia, f. 73, Affare 16 [1860-1868 aprile, «Tratta-

tive concernenti il prof. Filippo Jaffé e la cattedra di Paleografia e diplomatica»], lettera del 3 gennaio 1863.

20 ASFi, Soprintendenza vecchia, f. 73, Affare 16, lettera di Bonaini a Momm-

sen del 26 ottobre 1865, e risposte di Mommsen (10 novembre) e Jaffé (19 no- vembre).

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2. L’attività letteraria e storico-culturale di Andreis e lo studio

della paleografia (e della diplomatica) in Germania

Verso la fine degli anni Cinquanta Andreis, ancora studente, fu arrestato per ragioni politiche, e stette al confino per quasi un anno in Moravia a Uherské Hradištĕ (Ungarisch-Hradisch). Come molti fuorusciti politici trentini, nei primissimi anni Sessanta riparò poi a Milano, ove entrò in contatto con gli ambienti del «Politecnico», mentre si laureava in legge a Modena.22

L’attività di saggista e di traduttore di poesia, oltre che di poeta «in proprio» e di scrittore di testi narrativi, accompagnò Andreis lungo tutto il decennio successivo, l’ultimo della sua vita, intrec- ciandosi con la formazione scientifica di paleografo e di studioso del medioevo. Emerge innanzitutto una perfetta familiarità col mondo culturale e letterario tedesco contemporaneo, una capacità notevole di cogliere la complessità dei processi culturali in atto, e anche una sicurezza di giudizio assai apprezzabile in rapporto al- l’età. La prima fase della sua produzione, anteriormente al sog- giorno berlinese del 1864-65, si concretizza in una serie discreta- mente lunga di interventi, firmati in qualche caso insieme con il fratello Carlo, sugli organi a stampa del progressismo milanese, cioè il quotidiano «La Perseveranza» e il mensile «Il Politecnico». Particolarmente significativo al riguardo è un ampio saggio di un centinaio di pagine, uscito sul «Politecnico» nel 1862 e 1863 col titolo Cenni sul movimento letterario in Germania negli ultimi

tempi.23 Al centro c’è ovviamente il problema delle «lettere che si

pongono all’avanguardia dell’incivilimento», «la parte presa dalle lettere a dignità di magistero civile nei rivolgimenti politici e nelle questioni sociali che scossero questo secolo», che «in verun altro paese assunse per avventura dimensioni più vaste e fisionomia più spiccata che nella Germania, ove non di rado letteratura e politica

22 Per queste notizie biografiche su Silvio Andreis, sono utili i suoi necrologi:

quello sulla «Perseveranza» di Milano (11 giugno 1869), e quelli usciti sul «Poli- tecnico», sull’«Archivio Storico Italiano» e sulla «Nuova antologia»; li ho consul- tati nella raccolta conservata presso BCTn, BCT1-3020.

23 «Il Politecnico», n. XVIII, 1862 e n. XIX, 1863, rispettivamente pp. 291-

206, e pp. 5-50 e 202-233. Si veda anche il cospicuo (cc. 722) manoscritto Tradu-

andarono siffattamente congiunte da commutare a vicenda gli aspetti, e da confondere le loro contese».

Si parte dunque da Lessing e Winckelmann, e attraverso Goethe e Schiller si analizza l’intera parabola del romanticismo tedesco sino ai contemporanei e alla «calma apparente che successe alla febbrile agitazione dei decenni posteriori alla rivoluzione di lu- glio», dopo la morte di Platen, di Heine, di Uhland. Ma Andreis menziona anche la saggistica filosofica neohegeliana, da Feuerbach a Bauer, e non trascura gli storici, da Mommsen a Holtzmann, per passare poi agli studiosi all’Italia e alle città lombarde come Beth- mann-Hollweg e Carl Hegel.

Altri scritti un po’ più tardi temporalmente s’incrociano con l’addestramento medievistico di Andreis. Si tratta anche di compo- sizioni poetiche e di traduzioni letterarie; non vi fu dunque in nes- sun modo una conversione, una propensione allo specialismo di- sciplinare.24 Così come per la Germania, Andreis è ovviamente at-

tento alla funzione civile della letteratura in Italia, perché il tempo nel quale le opere di Dante e Machiavelli «servivano di subbietto a dispute vane ad una casta di accademici, oppure d’ammaestramen- to ai principi, è passato, e giova sperarlo per sempre».25 Il confron-

to tra i due mondi è sempre presente ed è il filo conduttore di tutta la sua attività culturale: ad esempio la percezione della maturità della ricerca storico-filologica in Germania emerge dalla recensio- ne di un testo su Manuzio, nella quale si precisa che «in Germania i libri simili a questo non appartengono tanto alla letteratura quanto alla scienza».26 Si potrebbe continuare, con la pronta segnalazione

24 Si veda ad esempio Andreis, Versioni poetiche (68 pagine); Andreis, Varie

versioni poetiche (22 pagine). Tra i manoscritti, tutti conservati alla BCR, si veda:

Rime. Foglie d’autunno, ms. 51.16 (4), cc. 24; Rime. I ritorni, ms. 51.16 (3), cc. 13; Le ore dell’esilio. Libro I-II, ms. 51.16 (5-6), cc. 40, cc. 56. Inoltre lo scritto in prosa La signora di Montelmo, ms. 51.14 (1); Scritti e note varie, ms. 51.16 (8) e 51.17.

25 Si veda, al riguardo, una serie di contributi usciti nel corso degli anni Ses-

santa sulla «Perseveranza»: Di alcuni giudizi di moderni scrittori tedeschi intorno

a Niccolò Machiavelli; Difesa del machiavellismo per Carlo Bollmann. Recensio-

ne; Il libro del Principe di Machiavelli, e l’Antimachiavelli di Federico il Grande

per Teodoro Bernhard. Recensione.

26 Aldo Manuzio e i suoi coetanei in Italia e in Germania, coll’appendice «La

famiglia d’Aldo», opera del dott. Giulio Schück. Anche questo contributo fu pub- blicato sul quotidiano milanese.

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in Italia di testi capitali per la storia del Rinascimento come quelli di Voigt (1859) e di Burckhardt (1860), oltre che di Vahlen su Lo- renzo Valla, e quindi la rivalutazione del Petrarca latino, e altro.

Nella stessa chiave, anch’essa ovviamente comparativa, con l’occhio attento a quanto succedeva in Italia, va posta un’altra am- pia corrispondenza da Berlino, dedicata al sistema scolastico prus- siano.27 Non mancano poi nelle carte di Andreis appunti manoscrit-

ti nei quali egli mostra un giudizio sicuro sullo storicismo tedesco e sui suoi limiti, un giudizio fondato su letture di Droysen, di Ger- vinus, di Sybel e di molti altri autori.28

Ma veniamo finalmente allo specifico apprendistato del giovane roveretano. Secondo il necrologio uscito sulla «Perseveranza», Andreis nel 1864 si recò a Berlino «a studiarvi la paleografia sotto il Jaffé, il primo paleografo della Germania», «sovvenuto dal no- stro governo»; e solo alla paleografia, per «studiarla come sussidio alla storia letteraria cui attendevo e alla storia civile cui attesi sem- pre da poi» si riferisce Andreis stesso, in uno scritto forse del 1867.29

Da un anno lo Jaffé aveva abbandonato i Monumenta Germa-

niae Historica anche per i suoi cattivi rapporti col Pertz, che non amava gli ebrei e che poi lo perseguitò al punto di indurlo al suici- dio;30 e aveva ottenuto per impulso del Ranke la cattedra di Histo-

rische Hilfswissenschaften. Va segnalato il fatto che a quella altez- za cronologica non esisteva neppure in Germania un manuale di avviamento alla paleografia. Nel 1864 non era stata ancora pubbli-

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