• Non ci sono risultati.

L A STORIA DELLA CITTÀ DI T RENTO NEL QUADRO DELLE RICERCHE DI D ESIDERIO R EICH

Nel documento Studi di storia trentina (pagine 169-189)

DALLA V ALLAGARINA ERUDITA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO

8. L A STORIA DELLA CITTÀ DI T RENTO NEL QUADRO DELLE RICERCHE DI D ESIDERIO R EICH

Negli anni Settanta dell’Ottocento, all’Università di Vienna De- siderio Reich (che era nato a Taio nel 1849)1 fu scolaro di Max

Büdinger, un allievo del Ranke che fu l’ultimo docente di Weltge-

schichte presso quell’ateneo.2 Già allora nell’Università della capi-

tale,3 come in altre Università austriache (segnatamente a Inns-

bruck), si era attuata una certa specializzazione degli insegnamenti storici: a fianco della storia generale si insegnavano la Storia au- striaca e le discipline storiche ausiliarie, professate spesso da do- centi di grande prestigio (a Vienna in quegli anni insegnava Storia austriaca Heinrich von Zeissberg, succeduto allo Jäger, e all’Insti- tut für österreichische Geschichtsforschung imperava Sickel).4 È lo

stesso ambiente scientifico nel quale di lì a poco si sarebbero robu- stamente formati due futuri protagonisti della storiografia tirolese fra Otto e Novecento, come Oswald Redlich e Hans von Voltelini,5

solo di una decina d’anni più giovani del Reich (che col secondo dei due ebbe ripetutamente a che fare).6 Ma il giovane studente

originario della val di Non non sembra avere approfittato di queste opportunità: e ne consegue che, dalla sua formazione universitaria, egli non acquisì la strumentazione filologica per accedere con sicu- rezza alle fonti, i ferri del mestiere storiografico. Come lui, ne fu-

1 Fra i necrologi si veda Cesarini Sforza, Desiderio Reich; ma il contributo più

significativo e acuto mi sembra Ciccolini, Le opere di Desiderio Reich. Elenca tutti gli altri interventi in mortem (Menestrina, Battisti, Perini, Tolomei, Schneller) l’informato profilo di Benvenuti, L’opera storiografica, p. 104.

2 Si veda per questa osservazione Bellabarba, Tra due mondi; inoltre Ciccoli-

ni, Desiderio Reich. Necrologia.

3 Dalla quale erano passati, nei decenni precedenti, altri intellettuali trentini,

come il bibliotecario Desiderio Chilovi (1835-1905), che completò poi la sua for- mazione a Firenze ove ricoprì ruoli direttivi alla Marucelliana e alla Nazionale.

4 Per notizie sull’Università di Vienna in questi anni e su Büdinger, Zeissberg

etc., basti qui rinviare alla bibliografia data dal repertorio di Weber, Priester der

Klio, pp. 594-595 e ad voces.

5 Si veda il pregevole capitolo di storia della storiografia tirolese che apre la

monografia di Albertoni, Le terre del vescovo, in particolare pp. 32-33.

rono privi altri intelligenti ed eclettici dilettanti che svolsero un ruolo non trascurabile negli studi sul territorio trentino nel corso dell’Ottocento, come il più anziano Bartolomeo Malfatti (nato nel 1829);7 quando già alcuni, come il roveretano Silvio Andreis (nato

nel 1824, precocemente scomparso nel 1869) andavano a cercarsi in Germania uno dei migliori maestri possibili della ‘scienza del documento’, Philipp Jaffé.

L’indicazione delle date di nascita di Reich, e degli altri perso- naggi citati, è importante: questi della seconda metà dell’Ottocento sono decenni decisivi per la nascita degli ‘specialismi’ storiografici e per la definizione di più precisi itinerari di formazione e avvia- mento alla ricerca nelle università tedesche e italiane. Basterà a confermarlo la solida preparazione professionale che i migliori eruditi trentini della generazione nata negli anni Settanta – come un Segarizzi (del 1872)8 o un Gerola (del 1878) – conseguirono in Ita-

lia e/o in Germania, ove ad esempio il Gerola studiò per un anno con lo Scheffer-Boichorst dopo essersi formato con Cesare Paoli a Firenze;9 ma col Paoli a Firenze si era già avviato alla ricerca, nei

primi anni Ottanta, anche Giuseppe Papaleoni, nato nel 1863 (e tra l’altro scolaro del Reich nel Ginnasio trentino).10 Di questa impre-

parazione tecnica del Reich fanno fede i suoi appunti personali: an- cora nel 1894, già con un discreto curriculum di pubblicazioni alle spalle, egli dimostra per esempio di non possedere i minimi rudi- menti a proposito di cronologia medioevale («cos’è questa diffe- renza? o questo costume veneto di contare gli anni?», annota a

7 Sia consentito rinviare a Varanini, Bartolomeo Malfatti. Malfatti peraltro –

che aveva anch’egli studiato in Germania – discusse sull’«Archivio Storico Italia- no» (precocemente [1877] e con grande competenza) dei «Monumenta Germaniae Historica» e della diplomatica tedesca e italiana.

8 Nell’esauriente volume Arnaldo Segarizzi si veda in particolare il bel contri-

buto di Recchia, Arnaldo Segarizzi, in specie pp. 17-20 per l’inquieto e vario pe- riodo di formazione (Vienna, Roma, Genova, e finalmente Padova). Segnalo qui due belle lettere del Segarizzi al Reich (1897 e 1898), conservate nel fascicolo citato qui sotto a nota 11 (c. 399).

9 Sia consentito rinviare a Varanini, Formazione e percorsi.

10 Sulla formazione di Papaleoni, che esplicitamente ricorda il Paoli come

«suo egregio maestro» (e menziona anche Alberto Del Vecchio; non invece il Vil- lari), si veda Di Seclì, Giuseppe Papaleoni, pp. 15-16 (e nota 16).

Desiderio Reich 161

proposito dello stile di datazione veneziano),11 per il che ricorre

all’aiuto di Giuseppe Papaleoni o di Luigi Rosati, e per la paleogra- fia, almeno agli inizi, ad altri.12 Anche in ambito diplomatistico

dimostra più di qualche incertezza. Reich praticò dunque l’indagi- ne storico-documentaria da artigiano, più o meno da autodidatta, supplendo con la pratica alle lacune della sua formazione; e tra l’altro si dedicò con intensità agli studi in età abbastanza avanzata (dopo i trent’anni), come mostrano con chiarezza le scansioni della sua attività già individuate dai suoi commemoratori.13 Egli non

concepì pertanto la ricerca storica come professione; lo spinse a praticarla una generica aspirazione al vero storico, mossa dall’im- pulso patriottico (della piccola patria trentina, s’intende) piuttosto che da meditate valutazioni epistemologiche. «Il mio scopo» ebbe a scrivere nel 1894 «è che il lavoro storico abbia l’impronta della verità e che io possa contribuire a farla dire e ad avere il maggiore possibile riguardo per il nostro povero paese».

In questo suo apprendistato faticoso e relativamente lungo, Reich non affrontò immediatamente quei temi della storia politica e istituzionale della città di Trento, che furono poi indubbiamente importanti nel suo percorso di ricerca e che sono oggetto specifico di questa comunicazione. Negli studi da lui pubblicati nei primi anni Ottanta sui «Programmi» dell’imperial regio ginnasio manca in effetti un filo conduttore preciso, una problematica chiaramente individuabile. Certo, il nòneso inurbato, asceso socialmente attra- verso il matrimonio con una esponente della piccola nobiltà di Mezzolombardo (non senza contrasti con la gretta mentalità della famiglia d’origine),14 il professore ginnasiale che come pochi si era

immedesimato nell’habitus di cittadino trentino, si volge da subito

11 BCTn, BCT12-3, fasc. 9, Studi su Rodolfo Belenzani, c. 149v. Sull’archivio

Reich si veda Inventario dell’archivio di Desiderio Reich.

12 Nel fascicolo citato alla nota precedente, si veda ad esempio c. 123v: «sì,

corrisponde a due lettere autografe di Pietro [Pietro Tomasi, corrispondente e amico di Rodolfo Belenzani]: confrontato con Ciani per l’autografia». Ciani è un erudito trentino.

13 Ciccolini, Le opere di Desiderio Reich, p. 143.

14 «solo dopo che il sangue blu entrò in casa ci si vuol ingrandire con un me-

stiere mai usato», gli scrive ad esempio la sorella Rachele Reich, in un contesto di tensioni per contrasti patrimoniali (BCTn, BCT12-1, fasc. 3/D, c. 228v, Corri-

spondenza colla famiglia dal 1883 al 1894 - fino all’agosto 1897, alla data 16 lu- glio 1888).

alle vicende di istituzioni assistenziali ed ecclesiastiche fondate nel basso medioevo che hanno una certa importanza per la storia della città di Trento: l’ospedale dei Crocigeri (1882), il convento delle clarisse di San Michele (1884). Si tratta peraltro di compilazioni, puntuali e documentate senza dubbio, ma che giungono sino alle soppressioni ottocentesche, che sono largamente costruite sulle tra- scrizioni settecentesche del Tovazzi e degli altri eruditi trentini, e che sono soprattutto aliene, nella loro impostazione di fondo, da una problematizzazione della storia della società urbana trentina nel medioevo. Non possono dunque essere riallacciate, come una premessa significativa, a quegli interessi di Verfassungsgeschichte trentina che Reich predilesse negli anni successivi. Analogamente, le modeste (in particolare la seconda, forse non per caso pubblicata anonima; mentre la prima ospitava se non altro l’edizione di una carta di regola cinquecentesca) cronistorie relative ai comuni di Coredo e di Besenello, del 1886 e 1887, non mostrano nessuna par- ticolare ampiezza di prospettive e di problemi.

È proprio in questi anni fra il 1885 e il 1888, nei quali – basta consultare la bibliografia compilata dal Ciccolini15 – Reich pubbli-

ca (non a caso) pochissimo, che va collocata la maturazione più si- gnificativa nel suo itinerario intellettuale e storiografico. Fu nel 1888, in particolare, che il Reich iniziò a schedare – a quanto con- sta senza ipotesi interpretative definite, in modo assolutamente empirico – il materiale dell’archivio del magistrato consolare del comune di Trento.16 Si manifesta per la prima volta l’interesse per

quei problemi di storia politica e istituzionale della città di Trento che – assenti dalle ricerche, sopra citate, su Santa Croce e su Santa Chiara dei primi anni Ottanta – attraverseranno poi tutta la sua car- riera, fino alla morte: a differenza di altri temi, consolidatisi più tardi (la storia dell’aristocrazia – un altro dei cavalli di battaglia del

15 Ciccolini, Le opere di Desiderio Reich; a p. 136 l’autore pone al 1882 la ce-

sura più significativa nella carriera scientifica del Reich, a mio avviso anticipan- dola eccessivamente.

16 Salvo errore, la data più antica riscontrata sul grosso fascicolo che raccoglie

il materiale accumulato da Reich su questi temi (BCTn, BCT12-3, fasc. 9, Studi su

Rodolfo Belenzani) è il 12 maggio 1888, e successivamente il luglio dello stesso anno (c. 198v). Non mancano date più risalenti, ma si tratta di trascrizioni effet- tuate a pagamento, nel 1876, non per impulso del Reich (cc. 386-387).

Desiderio Reich 163

Reich – che non ha esiti a stampa anteriori al 1896)17 anche perché

legati a sollecitazioni esterne di politica culturale (ad esempio l’at- tenzione agli archivi, circoscritta agli anni 1904-1911).

Le indagini iniziate dal Reich in quel torno di anni ebbero abba- stanza rapidamente un esito a stampa: il suo primo lavoro impor- tante sulla Verfassungsgeschichte trentina, il saggio Del più antico

statuto della città di Trento, uscì nel 1889 ancora sul «Programma dell’I.R. ginnasio superiore» (quando l’autore era giunto all’età non verdissima di quarant’anni).18 Come si è appena detto, si trattò

di una svolta nel suo itinerario. Da questo focus della sua indagine storiografica, consolidatosi come vedremo negli anni Novanta, di- pendono infatti anche diverse più tarde ricerche minori: anche con- tributi apparentemente incentrati, giudicando dal titolo, sulla storia del manufatto urbano (la casa della famiglia Belenzani, la sede comunale) – dai quali trapela la consueta puntualità, e una profon- da conoscenza della ‘città di pietra’ oltre che una dimestichezza notevole con le fonti iconografiche e catastali d’età moderna – ruo- tano in realtà attorno al tema principale, ne prendono spunto e ne approfondiscono questo o quell’aspetto. Nella evidente preminenza del tema politico non è d’altronde illegittimo leggere una proiezio- ne del Reich uomo pubblico, attento alle prospettive di autonomia del municipio trentino, da non molto tempo conquistate.

Prima di analizzare lo sviluppo delle ricerche di storia cittadina del Reich, è opportuno però dare qualche cenno sul contesto sto- riografico nel quale la sua produzione si collocò. Nel 1913, com- memorandolo su due riviste locali, due storici trentini (di diversa caratura) della nuova generazione, che erano stati suoi estimatori (se non amici), espressero nei loro non convenzionali necrologi giudizi alquanto critici, pur giudicando il defunto professore di gran lunga il migliore fra gli «storici paesani» (come allora usava dire). In una temperie culturale profondamente mutata rispetto a un quarto di secolo avanti, le convergenti osservazioni di Ciccolini e di Menestrina si appuntarono innanzitutto sullo stile espositivo del

17 Reich, Nobiliare trentino.

18 Su tutta la materia statutaria trentina, a partire proprio dai testi editi dal

Reich in questo e nei successivi saggi, si veda Welber, Stenico, Gli statuti dei sin-

Reich, uno stile «che ha del macigno» – giacché egli «scrisse ari- damente da erudito per eruditi», «con durezza di stile e di meto- do».19 Ma avanzarono anche critiche di sostanza, rilevando nel pro-

fessore trentino la mancanza di attitudini sintetiche e l’incapacità di superare l’erudizione.

Per quanto attiene allo stile, la critica potrebbe forse essere al- meno parzialmente attenuata, perché soprattutto a partire dalla fine degli anni Novanta non manca a taluni scritti reichiani una certa scioltezza (anche perché sedi editoriali come il periodico «Strenna Trentina», su cui Reich scrisse più volte, suggerivano la scelta di un ‘registro’ divulgativo). Quanto al giudizio d’insieme, va detto innanzitutto che osservazioni analoghe sono state fatte proprie an- che dalla storiografia del secondo Novecento, che ha rilevato in generale nella ricerca storica trentina fra Otto e Novecento oltre che una certa dispersività (che portò alla proliferazione – pur in- dubbiamente vivace – di riviste e periodici) anche mancanza di re- spiro e di problematicità.20 Ma qui interessa soprattutto rilevare che

anche fra i contemporanei chi si volgeva a considerare lo stato de- gli studi di storia politico-istituzionale sul Trentino medievale e moderno dopo aver fatto l’esperienza del rinnovamento metodolo- gico e problematico che la storiografia italiana attraversava in que- gli anni, percepiva un senso di disagio e l’esigenza di un rinnova- mento. Esplicite valutazioni in questo senso sono espresse negli anni Novanta, sia pure nella corrispondenza e non in lavori a stam- pa, da uno dei rari giovani storici del regno d’Italia che affrontò in prima persona tematiche di storia trentina, e che si confrontò con- cretamente con la produzione locale. Si tratta del veneto Pier Libe- rale Rambaldi,21 che nel contesto di ricerche preliminari per uno

studio sulla guerra fra la repubblica veneta e Massimiliano

19 Menestrina, Desiderio Reich, p. 367.

20 Si veda per una ricostruzione d’insieme Garbari, Storia e storiografia; cenni

e ulteriore bibliografia anche in Garbari, Storiografia e lotte nazionali, pp. 24-25.

21 BCVr, Carteggio Cipolla, b. 1134 (fasc. Rambaldi Pier Liberale, n. 4). Il

destinatario è lo storico veronese Carlo Cipolla (sul quale si veda Carlo Cipolla e

la storiografia italiana); il Rambaldi, storico di origine veneta laureatosi a Padova con De Leva e Mazzoni, scrive nel 1894 da Firenze, ove si sta perfezionando presso l’Istituto superiore. Su di lui si veda il necrologio di Augusto Lizier, Pier

Desiderio Reich 165

d’Asburgo alla fine del Quattrocento osservò senza mezzi termini che – a parte ovvie difficoltà logistiche22

d’altra parte [...] la letteratura tridentina ha un valore relativo – fat- te lodevoli eccezioni. O larghi disegni che il più delle volte sono compilazioni, o lavoretti speciali su un paesetto o una chiesa o una parrocchia che raccolgono notizie sparse, ma di rado dicono cose nuove. [...] Io credo anzi che in poche regioni come il Trentino av- venga il continuo ripetersi di notizie che finiscono per avere un va- lore classicamente tradizionale – ripeto, fatte sempre lodevoli ec- cezioni.23

Appena qualche anno più tardi, questo giudizio così severo del Rambaldi avrebbe potuto certamente essere attenuato. Certo, pro- blemi e periodi fondamentali, decisivi della storia istituzionale e politica del principato vescovile (si pensi ai secoli XII-XIII), conti- nuarono a essere trascurati o subordinati;24 mancò nel panorama

degli studiosi locali un medievista di polso, che avesse competenze anche diplomatistiche precise e prendesse in mano la storia ‘politi- ca’ della Chiesa vescovile trentina (mentre alcuni seri esponenti del clero erudito, come un Rosati e uno Zanolini, si limitavano alla ‘ri- serva di caccia’ della storia ecclesiastica strettamente intesa). D’altra parte, era lo spirito del tempo che portava inesorabilmente ad approfondire soprattutto le tematiche connesse al problema ‘na- zionale’. E fra il 1890 il 1900-1905 un indubbio rinnovamento e miglioramento vi fu, nelle ricerche trentine. Ad esempio, nelle nu- merose riviste storiche locali compaiono allora alcune fra le mi- gliori indagini sul Quattrocento trentino, dedicate appunto a un te- ma lato sensu ‘nazionale’, come il rapporto fra l’Impero e Venezia:

22 Giacché, afferma il Rambaldi, «studiar storia trentina nelle biblioteche no-

stre [cioè nel regno d’Italia] è una dannazione; mancano perfino libri fondamenta- li, e quasi tutti poi gli opuscoli che offrono larga messe di materiale».

23 Queste considerazioni d’insieme sono poi sostanziate di giudizi precisi, che

constatano sarcasticamente come «i gran fondamenti» della storiografia trentina siano tuttora i vecchi cinque-settecentisti (Pincio, Alberti, Baroni Cavalcabò [per la Vallagarina] ecc.), piuttosto che le opere più recenti: «lo Zotti è tutto sospetto, e poi per la valle Lagarina, non si va più in là. L’Ambrosi ordina il materiale classi- co, ma poco per gli anni che io studio aggiunge di nuovo».

24 Anche dal Reich, che ad esempio sul sistema delle relazioni feudali e delle

fedeltà personali, e sulle istituzioni che ne derivano a livello locale (come la casa

ricerche spesso ben documentate, filologicamente attendibili, ric- che di novità, come quella del Ravanelli. E anche le ricerche del Reich imperniate sul tema cruciale dello sviluppo delle autonomie cittadine e comunali di Trento, sulla genesi degli statuti trentini e sulla rivolta di Rodolfo Belenzani nel primo Quattrocento, possono essere collocate in questa categoria.

Da uomo estremamente parsimonioso (quale emerge anche dai duri rapporti patrimoniali coi familiari), Reich lavorava su schede di carta riciclata (utilizzando le convocazioni del consiglio comu- nale, ma anche la corrispondenza; non conservava dunque con re- golarità il carteggio),25 e alle trascrizioni o sunti di documenti e

brani di cronache affiancava spesso annotazioni occasionali, datan- dole (almeno per alcune ricerche da lui svolte): ciò permette di se- guire sia pure sommariamente l’evoluzione del suo pensiero in or- dine alla storia politica e istituzionale della città di Trento.26

Nei suoi primi appunti, egli sembra condividere nella sostanza diverse idee correnti sulla vitalità della società trentina in età co- munale sin dal XI-XII secolo, e sul parallelismo tra l’evoluzione sociale e istituzionale di Trento e quella delle città padane. Corrado II ed Enrico III per sostenere la loro influenza in Italia e in Germa- nia di fronte alla nobiltà e all’alto clero «furono costretti ad appog- giarsi agli uomini pacifici che formavano la massa della popola- zione, dei comuni e dirò del 3° stato»; terzo stato e comuni, «i qua- li poi sorsero come si disse a formale indipendenza sotto il Barba- rossa ed i cui moti ebbero influenza anche fra i nostri monti». Reich soggiunge: «non crediamo di andar errati se a questo tempo,

25 Fra queste lettere riciclate, una di Cesare Battisti dell’ottobre 1898 chiede

collaborazione per la «Tridentum», facendo riferimento al «vivo interesse per la coltura paesana» (BCTn, BCT12-3, fasc. 9, Studi su Rodolfo Belenzani, c. 35v per un frammento firmato dal Battisti). Il carteggio del Reich ci appare dunque, anche per questa abitudine, assai esiguo: ma va detto che molte lettere sono conservate all’interno dei fascicoli d’archivio relativi ai vari studi, ove le collocò il Reich stesso.

26 Trattandosi per l’appunto, nel caso relativo agli studi sul Belenzani, di fogli

sciolti (numerati a matita solo in occasione del recente riordinamento), non è pe- raltro possibile accertare se l’attuale disposizione delle schede reichiane risponda a scelte dell’autore, o se sia frutto di più tarde manipolazioni. Per gli attenti criteri seguiti nella recente risistemazione, si veda Inventario dell’archivio di Desiderio

Desiderio Reich 167

al fine del sec. XII, attribuiamo il formarsi delle costituzioni comu- nali nel nostro paese, di una certa autonomia colla quale incomin- ciarono i singoli comuni a reggersi allo interno per guarantirsi dalla potenza dei grandi feudatari sparsi per il paese sia a nome del ve- scovo sia a nome del conte del Tirolo». Nei decenni successivi Fe- derico Wanga avrebbe sì ripristinato il potere vescovile sopra la città e le valli, «non però» – cito – «in modo da soffocare la bal- danza dei vassalli e le aspirazioni dei comuni ridestati a nuova vita dopo la vittoria dei Lombardi». Da qui sarebbe nata la legislazione comunale, le carte di regola, che «ci appariscono d’improvviso come i funghi nell’autunno»: «anche i piccoli comuni si videro co- stretti ad ordinarsi i propri interessi di fronte agli ultimi tutelandoli con propri statuti o regole», le cui origini sono peraltro difficilmen- te riconoscibili.27

È interessante osservare che nei suoi spogli bibliografici il Reich, la cui formazione è sostanzialmente estranea agli sviluppi della storiografia italiana di fine Ottocento, acquisisce elementi di confronto fra il Trentino e i comuni padani su fonti anche banali relative ai comuni veneti28 (i cui statuti rurali «non sembrano più

vecchi dei nostri»), ma raggiunte attraverso la mediazione di un re-

Nel documento Studi di storia trentina (pagine 169-189)