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R AFFAELE Z OTT

Nel documento Studi di storia trentina (pagine 71-89)

DALLA V ALLAGARINA ERUDITA ALLE SOGLIE DEL XXI SECOLO

4. R AFFAELE Z OTT

E LA «STORIA DELLA VALLE LAGARINA»(1862-63)*

1. In quanto ricostruzione complessiva delle vicende di un terri- torio – dalle origini sino alla contemporaneità –, la Storia della

Valle Lagarina di Raffaele Zotti appartiene a una tipologia non molto diffusa nella pubblicistica trentina dell’Ottocento. Essa ha un punto di riferimento piuttosto nella settecentesca Idea di una storia

della Valle Lagarina del marchese Clemente Baroni Cavalcabò. Dal punto di vista delle metodologie di ricerca, questa ampia com- pilazione si colloca infatti a monte del profondo rinnovamento che interessò gli studi storici sul territorio trentino e lagarino nell’ulti- mo ventennio dell’Ottocento: un rinnovamento che portò sì gli sto- rici locali all’adozione progressivamente sempre più convinta di metodologie di ricerca filologicamente attendibili, ma che determi- nò anche una notevole dispersione delle indagini, e mise a nudo la loro incapacità di operare una sintesi storica efficace.1

Qual è la struttura e quali sono le caratteristiche fondamentali dell’opera, che resta senza ombra di dubbio la maggiore dello stu- dioso roveretano, l’unica alla quale resta affidata la sua pur mode- sta notorietà? In quale contesto culturale essa nasce, e sotto lo sti- molo di quali sollecitazioni? Scopo delle presenti note è di rispon- dere a queste domande. Il compito è facilitato dal fatto che allo Zotti sono stati dedicati di recente, dopo un più che secolare oblio,2

due contributi significativi, molto diversi tra di loro ma per certi aspetti complementari. Da un lato Thomas Götz ha riesaminato la

* Sono debitore a Marcello Bonazza di una serie di acuti suggerimenti, dei

quali lo ringrazio.

1 È interessante notare che anche a fine Ottocento, nella nuova temperie cultu-

rale del positivismo storiografico, è più facile trovare nella produzione locale rico- struzioni di sintesi che hanno come punto di riferimento le vecchie ‘identità’ di valle (si pensi alla ricerca dell’Inama – che pure era un dilettante, in quanto stori- co – sulle valli di Non e di Sole, oppure alle ricerche sulla valle di Fiemme).

2 Sino a pochissimo tempo fa la bibliografia sullo Zotti era limitata a qualche

modesto necrologio, o a interventi di circostanza estremamente limitati. Si vedano fra gli altri Francescatti, Zotti Raffaele; Zieger, Il centenario della Storia della Val

Lagarina; Benvenuti, Raffaele Zotti, ma si veda per un elenco completo Petrolli,

sua attività pubblicistica e storiografica – con particolare riferimen- to proprio alla Storia della Valle Lagarina – sullo scenario ampio del dibattito culturale e politico trentino dell’Ottocento, indivi- duando le coordinate fondamentali entro le quali si muove lo Zotti in un generico ‘storicismo’ ottocentesco e in un articolato riferi- mento al contesto liberale e ‘nazionale’ (visto però attraverso il pri- sma della piccola patria lagarina e trentina).3 Su un altro versante,

ancor più di recente (1998) Alberto Petrolli ha dedicato allo Zotti un informato cenno bio-bibliografico, nel quale oltre a ricostruire le vicende familiari e private egli segnala utilmente epistolari e ma- teriale inedito relativi allo Zotti, conservati nelle biblioteche di Ro- vereto e Trento. In ambedue le città infatti lo Zotti operò professio- nalmente durante la sua non lunghissima vita (nacque nel 1824 a Sacco – il paese presso Rovereto che aveva ancora, a quell’epoca, una sua identità – e morì a Trento nel 1873).4

2. Per inquadrare, sia pur sommariamente, la figura dello Zotti, è utile partire da alcune considerazioni di carattere molto generale legate in primo luogo all’estrazione sociale dei cultori di storia pa- tria nei decenni centrali dell’Ottocento, e poi alla diffusione a livel- lo locale di nuove e più aggiornate metodologie di ricerca.

Per ciò che concerne il primo aspetto, in tutta Italia, come han- no mostrato ad esempio le ricerche di Moretti, Artifoni e altri,5 è

questo il momento nel quale alle tradizionali componenti del patri- ziato e del clero che da sempre egemonizzavano l’erudizione locale e le accademie iniziano ad affiancarsi esponenti di ceti socialmente più modesti, di piccola borghesia, spesso legati alla cultura liberale e nazionale. In misura crescente, inoltre, i cultori di storia risultano orientati professionalmente alla ricerca, in quanto archivisti o bi- bliotecari o uomini di scuola. La ‘sociologia dell’erudizione’ in- somma si articola maggiormente, attraverso un processo i cui li- neamenti sono negli ultimi decenni del secolo sempre meglio rico- noscibili. Queste diverse componenti, la cui presenza è riscontrabi- le in tutte le regioni e le città italiane con una ‘chimica’ diversa da

3 Götz, Città, patria, nazione, pp. 124-129. 4 Petrolli, Raffaele Zotti.

5 Artifoni, Salvemini e il medioevo; Irace, De officiis (per un esempio specifi-

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luogo a luogo, convivono nelle vecchie istituzioni (le accademie) e ne creano o ne creeranno in tempi relativamente brevi di nuove (le società di storia patria, a livello regionale e locale).

Per alcuni aspetti – ad esempio per quello che concerne l’estra- zione sociale dei cultori di storia – questi parametri, che ho esposto molto schematicamente, possono essere applicati anche al contesto locale trentino, e roveretano/lagarino in specifico. Zotti stesso in- carna, in fondo, questa transizione, che interessa più in generale il ceto colto roveretano dell’Ottocento, erede della grande tradizione aristocratica settecentesca ma pronto a cooptare (nell’Accademia e negli altri luoghi – più o meno formali – tipici della sociabilità cul- turale ottocentesca) personalità provenienti da altri ‘mondi’, purché allineate ai valori dominanti (la piccola patria, l’idea nazionale, l’apertura alle novità liberali).

Senza affrontare nel loro complesso questi problemi, si può os- servare che Zotti lascia trapelare qualche indizio di questa trasfor- mazione nell’indirizzo Ai cortesi lettori della sua Storia (steso nel 1862). Egli svolge infatti una breve rassegna della storiografia lo- cale e contrappone ai Tartarotti, al «conte Adamo Chiusole», al «marchese Clemente dei Baroni Cavalcabò» – dunque ad alcuni protagonisti settecenteschi della cultura roveretana, partecipi del dibattito culturale europeo – nonché al «conte Carlo Martini» di Calliano6 (che di quella tradizione può essere considerato un epi-

gono) e a Bartolomeo Giuseppe Stoffella dalla Croce, l’attività di un Maurizio Moschini di Brentonico, «rarissimo popolano, maestro di se medesimo, tanto amato e compianto da due gran cuori italia- ni, Rosmini e Tommaseo». E di se stesso dice del resto d’aver «preso ardimento di sortir dalla mia oscurità».7 Dunque, Zotti ha

consapevolezza del fatto che nuove forze, provenienti da ceti so- cialmente più modesti che solo allora si affacciavano all’attività intellettuale (e lui stesso, come egli afferma e come si avrà modo di confermare, era di questo novero), si venivano affiancando agli ari- stocratici, al notabilato delle professioni (e delle imprese, nel caso roveretano), al clero erudito.

6 A proposito del quale si veda il Discorso intorno alla vita e alle opere

dell’autore di Tommaso Gar in Martini, Scritti di storia.

A proposito, invece, dei problemi di metodo – il secondo aspet- to cui sopra si accennava –, è pacifico che tra gli storici locali l’as- similazione dei metodi della ricerca storica ‘positiva’, di stampo tedesco, che si vennero progressivamente diffondendo in Italia nel corso dell’Ottocento, fu molto lenta; e va subito detto che alla compilazione storica dello Zotti – sostanzialmente un autodidatta, la cui vita e le cui esperienze culturali si svolgono tutte tra Rovere- to e Trento – non si può certo chiedere consapevolezza nell’uso critico delle fonti, e di conseguenza egli resta al di qua dello spar- tiacque della storiografia ‘scientifica’. Persino un osservatore be- nevolo, come l’estensore delle biografie degli accademici rovereta- ni, riconobbe ai primi del Novecento, che si tratta di uno «storico che [...] non ha grandi meriti scientifici» anche se è «encomiabile sotto molti aspetti».8

A questa altezza cronologica questo è un dato non sorprendente, anche se nella situazione trentina – rispetto all’evoluzione generale – alcune varianti significative vanno ricordate, per quanto si tratti di circostanze relativamente note. La più importante di queste varianti è costituita dal più facile e diretto rapporto che la cultura trentina poteva avere con la metodologia storica tedesca e con le istituzioni di ricerca che la applicavano anche alla storia locale. In effetti già in quegli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento almeno un paio di intellettuali lagarini coetanei dello Zotti (e di modesta estrazione sociale) presero quella strada dell’emigrazione, per la formazione e per la professione del ricercatore storico, che doveva poi esser tanto frequentemente battuta nei decenni successivi (verso l’Italia piuttosto che verso la Germania, in tempi di crescente nazionali- smo) dai roveretani o lagarini Arnaldo Segarizzi, Paolo Orsi, Fe- derico Halbherr, Giuseppe Gerola.9 Piuttosto che a Innsbruck –

ove ancor prima dell’avvento di Julius Ficker si era ben consoli- data una scuola importante10 – essi si rivolsero alle università te-

desche. Un primo caso è quello di Bartolomeo Malfatti – nato nel 1828, originario di Ala –, che studiò negli anni Cinquanta in

8 Il giudizio (dovuto a un modesto erudito locale, Silvio Battelli) è menzionato

da Vettori, L’Accademia, p. 37.

9 Si veda rispettivamente Arnaldo Segarizzi. Un intellettuale trentino a Vene-

zia; La ricerca archeologica nel Mediterraneo; Varanini, Formazione e percorsi (relativamente a Gerola, ma con considerazioni d’insieme).

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Germania e a Praga: dopo varie e ricche esperienze (a Milano, nel- l’ambiente del Politecnico), sarebbe diventato in seguito storico au- torevole (anche del territorio trentino) nonché docente di geografia all’Istituto superiore di Firenze.11 Non meno interessante è la figura

del roveretano Silvio Andreis, negli anni Sessanta si formò in Germania con il Giesebrecht e con lo Jaffé – cioè con due grandi numi della tedesca ‘scienza del documento’ –: nel 1868-69 egli sa- rebbe stato (peraltro per un solo anno, dato che morì a poco più di 30 anni d’età) docente di paleografia all’Istituto fiorentino, per vo- lontà di Pasquale Villari.

Si tratta tuttavia, negli anni Cinquanta e Sessanta, di eccezioni. In generale i cultori di storia locale, se condivisero con costoro l’impegno e la tensione politica, si mossero al livello più modesto di una compilazione priva di quell’approccio critico alle fonti che sarebbe divenuto un patrimonio comune soltanto per la generazio- ne successiva, e che personaggi come Malfatti venivano progressi- vamente e parzialmente acquisendo. Più che figure sorpassate, ap- partenenti a generazioni precedenti pur se ancora attive fino alla metà del secolo,12 possono rientrare nello schema sopra indicato il

professore ginnasiale originario di Ala Guglielmo Frapporti, che pubblicò tra l’altro (nel 1840) il saggio Della storia e della condi-

zione del Trentino nell’antico e nel medio evo, oppure il già ricor- dato Maurizio Moschini di Brentonico, che (come ricorda lo Zotti) stese una memoria Intorno ai castelli della Valle Lagarina e si oc- cupò della vexatissima quaestio dei confini tra il territorio veronese e il territorio trentino, o ancora Giuseppe Telani con le sue ricerche su Rovereto sotto il governo austriaco e sull’età veneziana (ricor- date anche dallo Zotti). Ma il quadro è davvero di estrema mode- stia, tanto più che – come è stato osservato con specifico riferimen- to alle ricerche svolte a Rovereto – «tra il 1840 e il 1850 l’interesse per la storiografia erudita, per l’illustrazione precisa ed obiettiva dei fatti vien meno, sostituita da ricerche di ordine filosofico»13 e

di filosofia della storia.

11 Varanini, Bartolomeo Malfatti.

12 Come il sacerdote Gioseffo Pinamonti, nato nel 1783, autore delle Istorie

trentine (1847), ma anche di Domande intorno alla passata e futura condizione (1848).

13 Il giudizio è di Vettori, L’Accademia, pp. 38-39; si veda ovviamente anche

Ma l’elemento nuovo, che gradatamente emerge nel contesto locale nei decenni centrali del secolo, è l’intreccio via via più stret- to fra attività pubblicistico-politica e riflessione storiografica. Que- sti temi sono stati egregiamente approfonditi dal Götz, che ha mes- so in evidenza ad esempio come già nel biennio rivoluzionario una concezione della storia roveretana e lagarina ispirata a principi di separatezza e di opposizione rispetto a Trento (perché legata all’antico, diretto rapporto fra Rovereto e il Tirolo) venisse in qual- che modo superata dal progressivo consolidarsi del concetto di ‘Trentino’ e di storia trentina. Lo storico tedesco ha ancora eviden- ziato come successivamente si facesse strada – soprattutto negli anni Cinquanta (anche in connessione con le vicende amministrati- ve di quegli anni, che portarono al riconoscimento dell’autonomia urbana – la tematica della città e delle sue istituzioni comunali, uno dei nodi fondamentali della rilettura in chiave ‘italiana’ della storia trentina soprattutto medievale;14 e in questa prospettiva egli legge

nell’opera dello Zotti anche il riconoscimento di una ‘centralità’ di Trento come città capitale. Si tornerà in sede di conclusione sulla valutazione d’insieme che Götz dà della Storia della Valle Lagari-

na: qui importa sottolineare che il contesto sul quale collocare l’opera appare ben delineato dalle sue osservazioni.15

3. I dati essenziali della biografia dello Zotti sono quelli di un borghese ottocentesco, dalle vicende abbastanza travagliate.16 Nato

nel 1824 a Sacco presso Rovereto da una famiglia di condizioni sociali ed economiche abbastanza modeste, rimasto orfano a 15 anni e affidato a un tutore, Zotti dovette occuparsi negli anni Qua- ranta e Cinquanta dell’attività commerciale ereditata dal padre: senza fortuna, visto che l’azienda fallì (e ciò accadde in conse- guenza delle sue mattane culturali, secondo il giudizio di un paren- te molto asburgico e molto perbene, il conte Gaspare Crivelli, suo zio). Carico di figlie com’era – aveva sposato un’esponente della piccola nobiltà locale, Corona Caracristi di Brassburg: il che gli procurò relazioni sociali di qualche prestigio –, sbarcò il lunario

14 Superfluo è qui il rinvio alla tematica statutaria (e in particolare alle opere

di Gar) e alla tematica della cittadinanza.

15 Götz, Città, patria, nazione, pp. 113-124. 16 Petrolli, Raffaele Zotti.

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mettendo a frutto le sue competenze di ragioniere dapprima in va- rie istituzioni roveretane, poi al comune di Riva del Garda. Dal 1864 lavorò presso il municipio di Trento, ove fu assunto appunto come ragioniere contabile, per trasferirsi poi (dal 1869) alla fun- zione di vicebibliotecario della Biblioteca Popolare di Trento, sino alla morte nel 1874. Questo passaggio dello Zotti a una pur subor- dinata attività in un’istituzione culturale è una piccola conferma della trasformazione generale, riscontrabile in molte città, cui sopra si accennava: protagonisti della ricerca a livello locale sono via via più spesso bibliotecari, professori, archivisti. Del resto, egli non mancò di avanzare proposte interessanti: fu sua, nel 1872, in occa- sione del trasferimento del Museo di Scienze Naturali e di Antichi- tà in via Belenzani, l’idea di costituire un museo lapidario trenti- no.17

Costretto presto – dalle vicende sopra evocate – ad abbandonare gli studi, Zotti iniziò la sua carriera di giornalista e di ricercatore storico negli anni Cinquanta; la sua attività pubblicistica si inscrive infatti in un interesse complessivo per la vita politica e amministra- tiva trentina che risale agli anni attorno al 1848. Prima giornalista e

poi ricercatore: e credo che una ricostruzione più complessiva della sua attività giovi poi a spiegare anche alcune caratteristiche dell’opera maggiore. Con l’eccezione della Storia della Valle La-

garina, in effetti, la produzione a stampa dello Zotti è costituita es- senzialmente di articoli di giornale, o di opuscoli e volumi che rac- colgono articoli; e anche il suo metodo di lavoro rivela una grande attenzione per l’attualità politica. La Biblioteca comunale di Trento – che si divide il suo materiale d’archivio con la Biblioteca comu- nale di Rovereto – conserva infatti numerosi faldoni18 di materiale

a stampa, distinto per argomenti, pazientemente messo insieme con burocratica regolarità, giorno dopo giorno dal «travetto municipa- le» Raffaele Zotti, com’egli stesso si definisce.19 Talvolta si tratta

di deliberati dei consigli comunali, o della camera di commercio di Trento; ma il più delle volte lo Zotti scheda ritagli dei giornali di

17 Predelli, Il Museo civico, p. 120. Per gli interessi epigrafici dello Zotti, già

manifestati da un opuscolo del 1863, si veda qui oltre, nota 27 e testo corrispon- dente.

18 BCTn, BCT1-2437, Regesti di storia patria trentina.

19 L’espressione figura anche nel titolo di un breve testo dello Zotti, steso a

tutta l’Italia settentrionale – a partire dalla «Perseveranza» al «Di- ritto» alla «Gazzetta del popolo» (e dunque da alcune delle princi- pali testate milanesi e piemontesi), per finire ovviamente coi gior- nali trentini (la «Gazzetta», il «Messaggere Tirolese») e con quelli veneti. Oggetto del suo interesse è logicamente la Questione del

Trentino – s’intende la questione politica. Vengono così distinti gli articoli relativi al 1848, da quelli relativi alla Questione del Trenti-

no sviluppata all’estero; vengono evidenziate (certo anche per la competenza professionale dello Zotti) le tematiche dell’autonomia politico-amministrativa della città e della regione; vengono scheda- ti a parte gli articoli dedicati alla storia trentina o ai Necrologi di

trentini illustri. Non è necessario in questa sede dare conto analiti- camente di questa attività, che lo Zotti continuò a lungo, intrec- ciandola con la stesura delle sue compilazioni storiche più impe- gnative, che proprio da questa sua costante attenzione per la con- temporaneità venivano alimentate. Ovviamente campeggiano i nomi degli uomini di cultura e dei politici a lui vicini come convin- zioni, come Giovanni a Prato o Francesco Antonio Marsilli, già deputati al parlamento di Francoforte, o il già citato storico locale Gioseffo Pinamonti, o altri nomi noti della pubblicistica liberale. A questi massicci dossiers di articoli di giornale da lui raccolti Zotti fa più volte riferimento anche nei suoi lavori a stampa: molti dei quali del resto – già lo osservava il Petrolli20 – sono costituiti ap-

punto da raccolte di suoi articoli, comparsi nelle appendici del «Messaggere» o dalla «Gazzetta di Trento» o dal «Trentino».

La costante attenzione all’attualità politica porta Zotti di quando in quando a polemizzare con questo o quell’esponente politico: come l’imperial regio consigliere d’appello Celestino Leonardi, rappresentante italiano al Landtag tirolese.21 Di questa attenzione, è

prova anche la stesura e/o la pubblicazione di opuscoli come Colle-

zione di documenti inediti o rari relativi alla quistione del Trentino in aggiunta e ad integrazione della raccolta pubblicata dall’avvo- cato dr. Iacopo Baisini raccolti per mia cura ed uso privato

20 Petrolli, Raffaele Zotti, p. 70.

21 Si veda l’articolo Della dipendenza del Trentino dal Tirolo negli ultimi se-

coli (nel «Messaggere Tirolese», 22 febbraio 1863) e il successivo Sugli scritti

pubblicati dal sig. Celestino Leonardi nella Gazzetta di Trento. Conclusioni (nello stesso giornale, 15 maggio 1863).

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(1867)22 oppure Il Trentino dopo la secolarizzazione del Principa-

to. Cenni storico-documentari o Cenni sul progresso industriale e

delle arti nel Trentino (1868), o Storia contemporanea delle ele-

zioni dei deputati trentini alla dieta tirolese dal 1864 (1871); e an- cora testi inediti come l’abbozzo di un lavoro d’insieme su Il Tren-

tino dal 1848 in poi, un grosso zibaldone risalente pure al 1871.23

In questa indefessa operosità, appare del tutto naturale e conse- quenziale che negli anni Sessanta e Settanta lo Zotti abbordi o sfio- ri molti tra i temi di storia trentina destinati a diventare nei decenni successivi cavalli di battaglia o topoi della cultura storico-politica del Trentino sotto il profilo ‘nazionale’, e destinati quindi ad attrar- re l’attenzione di storici più agguerriti sotto il profilo della metodo- logia di ricerca (e non meno militanti di lui). Si trattava come s’è detto di ‘costruire’ la memoria storica del Trentino italiano; i mate- riali erano sotto gli occhi, e Zotti fra i primi li sbozza o li abbozza. Egli è pertanto all’avanguardia, per quanto consta, a proporre nel- l’opuscolo del 1864 Sulla visita e dimora di Dante Alighieri nel

Trentino, dissertazione storico-critica,24 o nell’altro – prolisso e

verboso – testo Sulla visita e la dimora di Dante Alighieri nel

Trentino, che è l’esito di articoli pubblicati in appendice al «Mes- saggere di Rovereto», l’erezione di un monumento a Dante in Trento:

se in questa estrema delle cento città italiane ove tutto parla della nostra nazionalità, l’età nostra alzasse un monumento a quel por- tento che fu l’Alighieri, se l’immagine del divino poeta si estolesse nel mezzo della piazza rimpetto al municipale edificio a guardare e

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