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Il genere nel linguaggio dei bambini e delle bambine

2.3 Il linguaggio di genere

2.3.1 Il genere nel linguaggio dei bambini e delle bambine

La pedagogista Margherita Cardellini, nell’anno scolastico 2015/2016, ha svolto una ricerca211 a Bologna nelle classi dell’ultimo biennio di cinque scuole primarie per

indagare le rappresentazioni che i bambini e le bambine fanno di due aspetti che caratterizzano le differenze individuali: il genere e il colore della pelle. Data la caratteristica culturale, sociale e relazionale degli stereotipi e dei pregiudizi, la ricercatrice ha scelto la metodologia del focus group perché più adatta a stimolare le conversazioni. Tale modalità, infatti, ha consentito di osservare le dinamiche reciproche di evoluzione e negoziazione nella conversazione organizzata e mediata dalla ricercatrice. Il focus group è stato attivato dopo «[…] la presentazione di quattro

208Giusti G-, Lingua italiana e parità di genere, ricerca e formazione linguistica a Ca’ Foscari, in: Cardinaletti A., Cerasi L. e Rigobon P. (a cura di), Le lingue occidentali nei 150 di storia di Ca’ Foscari, Venezia, Edizioni Ca’ Foscari, 2018, p. 361, <http://doi.org/10.30687/978-88-6969-262-8>, (ultima consultazione del 24/11/2019).

209Linee guida per il linguaggio di genere, in <https://www.unive.it/pag/fileadmin/user_upload/dipartimenti/DSLCC/documenti/sostenibilita/ Linee_guida_linguaggio_genere.pdf>; (consultazione del 25.11.2019).

210Corso MOOC, Università degli studi di Venezia Ca’ Foscari, in: <https://learn.eduopen.org/eduopenv2/course_details.php?courseid=373>; (ultima consultazione del 25/11/2019).

211Cardellini M., Il genere nelle parole di bambini e bambine di scuola primaria in Italia: tra stereotipi

ed esperienze, «AG About Gender. International Journal of gender studies», Bologna, Vol. 6, n. 12,

anno 2017, pp. 74-101. In: <https://doi.org/10.15167/2279-5057/AG2017.6.12.435>; (ultima consultazione del 25/11/2019).

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fotografie […] raffiguranti un uomo con pelle chiara, una donna con pelle scura, una donna con pelle chiara e un uomo con pelle scura»212. L’ipotesi era che queste immagini

avrebbero potuto stimolare l’emergere di stereotipi di genere. In effetti, senza che la studiosa sollecitasse in modo esplicito, sono emersi sia argomenti collegati agli stereotipi e alle identità di genere sia quelli riferiti all’identità e all’orientamento sessuale. I partecipanti al focus group sono stati invitati ad arricchire le riflessioni con argomentazioni e spiegazioni.

La prima criticità che ha dovuto affrontare la studiosa, è stata nel momento in cui ha dovuto chiedere l’autorizzazione alla realizzazione degli interventi. Alcuni genitori si sono mostrati diffidenti e preoccupati di fronte all’espressione “questioni di genere” che dava il titolo al progetto. In ogni caso, le loro ansie sono state contenute quando i docenti hanno chiarito gli obiettivi del progetto. Tuttavia, qualche genitore ha negato l’autorizzazione. Le difficoltà incontrate dalla studiosa, dimostrano come l’uso e talvolta l’abuso mediatico del termine “genere” abbia contribuito alla costruzione narrativa su un’ipotetica “teoria gender” alimentata da slogan e pregiudizi che non hanno nulla in comune con le ricerche condotte nell’ambito degli studi di genere.

Nella prima parte del focus group, veniva chiesto ai presenti di scrivere su alcuni fogli colorati parole o frasi associate alle quattro fotografie. Sin dal primo momento dell’esperimento, si sono potuti rilevare elementi riconducibili agli stereotipi di genere. Infatti, i termini più utilizzati per definire le due donne erano basati sulla dimensione estetica 213. Questo dimostrerebbe ancora una volta, come riportato da molti autori, che

tale aspetto è determinante in una donna e la sua rilevanza emerge anche dalle parole scritte dai partecipanti durante il focus group. Gli aggettivi usati per descrivere gli uomini, infatti, erano molteplici e attivi rispetto a quelli riferiti alle due donne. Un altro dato di rilievo è che solo per le femmine si è fatto riferimento ad aspetti relativi al loro status socio-familiare come se per le donne il ruolo e la posizione all’interno della famiglia avesse un peso maggiore.

Durante queste attività di gruppo, la ricercatrice ha posto quattro domande:

«Secondo voi, che lavoro fanno queste quattro persone?

212Ivi, p. 79. 213Ivi, p. 81.

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Chi è tra questi quattro la persona più bella e la persona più brutta? Se avessi la bacchetta magica e potessi scegliere di trasformarti in una di queste quattro persone, chi sceglieresti? Perché?»214.

In controtendenza con quanto riportato nel rapporto ISTAT del 2016 da cui si evince che l’aumento delle professioni qualificate ha riguardato soprattutto gli uomini, nei focus group la professione più prestigiosa è stata attribuita alla donna con la pelle chiara e di seguito quelle meno prestigiose all’uomo con la pelle chiara, poi alla donna con la pelle scura e infine all’uomo con la pelle scura215. I dati Istat mostrano anche che esiste

una reale disuguaglianza tra i generi in ambito lavorativo ma, negli ultimi anni, c’è stato un aumento dei modelli di riferimento femminili presenti soprattutto nei film per l’infanzia. Accanto ai personaggi femminili tradizionali, sono comparse figure forti, ribelli, anticonvenzionali e avventurose. Secondo Margherita Cardellini, esiste un rapporto di influenza tra questi modelli e le rappresentazioni che i bambini e le bambine hanno dell’identità di genere e della propria autostima.

Per quanto riguarda il risvolto professionale, l’indagine mostra un quadro più completo dei risultati rilevati in precedenza perché, anche se i dati quantitativi delineano una situazione in cui la figura femminile ricopre posizioni occupazionali qualificate, esse rimangono ancora legate a un’idea stereotipata (attrice, ballerina, cantante, presentatrice, maestra e professoressa sono le professioni più citate). Per quanto riguarda l’aspetto estetico è emerso che la donna con la pelle scura è considerata la più bella e l’uomo con la pelle scura il più brutto. Considerando separatamente le risposte dei bambini e delle bambine, si è rilevato che per i bambini è più bello l’uomo dalla pelle chiara mentre per le bambine la donna con la pelle scura216.

La domanda successiva ha sollevato molte discussioni e attivato luoghi comuni di genere, di identità sessuale e di orientamento sessuale. I bambini nell’88% e le bambine nell’87% dei casi hanno immaginato di essere un soggetto appartenente al proprio sesso biologico217. I pochi che hanno scelto il sesso diverso dal proprio sono stati oggetto di

risate e prese in giro che hanno richiesto l’intervento della moderatrice per far presente

214Ivi, p. 82. 215Ibidem. 216Ivi, p. 85. 217Ivi, p. 86.

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al gruppo l’importanza di rispettare le scelte degli altri. Questa fase ha permesso di attivare conversazioni e spiegazioni utili a stimolare nuove riflessioni. Durante la ricerca e le attività in gruppo, i bambini e le bambine hanno potuto discutere, esprimere opinioni sul significato di essere maschio/femmina o fare il maschio/la femmina. I risultati della ricerca hanno mostrato una buona capacità riflessiva degli alunni e delle alunne presenti sulle tematiche riguardanti il genere. Durante le conversazioni emergevano posizioni legate a stereotipi ma anche quelle connesse ai contro- stereotipi218 ovvero a idee contro-corrente, lontane dai luoghi comuni, narrazioni

diverse e possibili ma non per questo giuste o sbagliate. Di conseguenza, secondo la ricercatrice, si può dedurre che

«È proprio nel confine tra stereotipo e contro-stereotipo, […] che separa questi due ambienti, che l’educazione di genere può trovare uno spazio, con l’obiettivo di sfumare sempre più la divisione tra le due opposizioni, permettendo di passeggiare su entrambi i fronti […] senza per questo percepire stranezza, errore, imbarazzo e colpa. Si tratta di un impegno che prende forza dal presente e tende al futuro, contornato dalle difficoltà che oggi sembrano ostacolarne il percorso»219.

L’educazione, come ribadisce anche l’autrice di questa ricerca, può essere uno strumento potente per dimostrare che gli stereotipi non sono naturali ma limitano la libera espressione della propria personalità. Gli obiettivi educativi dovrebbero invece mirare a facilitare e accogliere i cambiamenti e ad aprire spazi di possibilità. Come precisa Cardellini, la finalità dell’educazione di genere non è quello di condurre obbligatoriamente verso i contro-stereotipi ma di liberare gli individui dagli automatismi che non consentono di esprimere completamente se stessi, i propri desideri e le preferenze ma indirizzano verso quelli che sono stati attribuiti in quanto maschi o femmine.

218Ivi, p. 94. 219Ibidem.

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