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4.2. La valutazione al fair value

4.2.2. La gerarchia del fair value

In base al grado di osservabilità degli input utilizzati per determinare il fair value, l’IFRS 13 individua tre diversi livelli gerarchici. I principi contabili internazionali impongono al redattore del bilancio l’obbligo di impiegare il massimo livello di informazione in modo da ottenere un valore il più possibile attendibile. Soltanto nel caso in cui gli input della classe superiore siano insufficienti per elaborare una stima ragionevole del fair value, allora il valutatore potrà passare a quelli collocati nelle classi gerarchiche inferiori. L’IFRS 13 non predispone al suo interno delle specifiche linee guida da seguire per quanto concerne la valutazione di significatività degli input non osservabili. Tale mancanza fornisce alle imprese la possibilità di progettare autonomamente dei sistemi interni volti a quantificare la rilevanza di specifici input, non osservabili sul mercato, nella misurazione del fair value. La metodologia implementata dall’azienda deve essere costante nel tempo. Queste tecniche possono prevedere un approccio qualitativo, quantitativo oppure una combinazione dei due. La scelta è effettuata in funzione della tipologia di input che si intende valutare.

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La classificazione gerarchica del fair value è riportata nella figura 4.1.

“Il fair value di livello 1 corrisponde al valore di mercato non rettificato degli strumenti oggetto di valutazione per i quali è facilmente identificabile un mercato attivo”76, ossia un mercato caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di compratori e venditori facilmente reperibili, nel quale sono collocati beni omogenei e le relative informazioni riguardanti i prezzi sono liberamente accessibili da parte di tutti i soggetti che operano in quel determinato business, senza che sia richiesta nessuna particolare autorizzazione. Tali prezzi, inoltre, rappresentano quelli normalmente praticati nelle transazioni dagli operatori del mercato al momento della valutazione. Questi input altro non sono che prezzi ufficiali di mercato dai quali viene direttamente elaborata una stima del fair value caratterizzata da un elevato grado di attendibilità. Ed è proprio per questo motivo che sono denominati anche inputs market-to-market.

Affinché uno strumento finanziario sia classificato all’interno del primo livello della gerarchia del fair value è necessaria la presenza congiunta di due requisiti. Il primo consiste nell’esistenza di un mercato attivo osservabile, dal quale possano essere reperiti,

76 A. Portalupi, “Tecniche di valutazione: l’attendibilità del fair value”, Amministrazione & Finanza, 2016,

fascicolo 6, pag.21.

Prezzi di mercato

Tecniche di valutazione alimentate da input osservati sul mercato

Tecniche di valutazione alimentate da input non osservati

sul mercato Livello 1

Livello 2

Livello 3

Figura 10 - La gerarchia di determinazione del fair value (Fonte: F. Dezzani, P. Biancone, D. Busso, IAS/IFRS, IPSOA Manuali, IV Edizione, 2016, pag. 2666).

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rapidamente e senza eccessi sforzi, i prezzi quotati attraverso, ad esempio, la presenza di listini, di un operatore, di un intermediario, ect. Il secondo requisito “è rappresentato dal termine unadjusted, cioè la quotazione dello strumento identico non deve subire alcun aggiustamento previa la perdita del requisito”77. È quindi necessario che i valori così determinati non siano sottoposti a successive rettifiche a meno che non ci troviamo in uno dei seguiti casi:

 quando l’entità, di cui si sta redigendo il bilancio consolidato o individuale, detiene un elevato quantitativo di attività o passività similari, non uguali, per le quali reperire l’infortiva relativa al prezzo quotato in un mercato attivo risulta altamente difficoltosa a causa appunto del loro elevato numero. Il valutatore può arginare questo problema determinando il fair value, di tali elementi patrimoniali, attraverso dei meccanismi di calcolo del prezzo alternativi che prendono in considerazione anche altri fattori e non utilizzano soltanto le informazioni derivanti dai prezzi quotati sul mercato. Ovviamente, questa valutazione del fair

value sarà collocata su di un gradino gerarchico inferiore rispetto a quelle che

costituiscono il livello 1;

 nel caso in cui si verifichino degli avvenimenti che influenzano l’ammontare del

fair value di determinate attività o passività, oggetto di valutazione, che però non

vengono rappresentati nel prezzo quotato in quanto hanno luogo dopo la chiusura di un mercato attivo ma prima della data di valutazione. In queste situazioni il valutare, nel contabilizzare gli elementi patrimoniali, deve tener presente che il prezzo quotato non rappresenta integramente il fair value, di conseguenza dovrà apportare delle rettifiche in funzione delle informazioni prodotte dal verificarsi di questi eventi significativi. Anche in questo caso, come in quello precedente, la valutazione al fair value sarà posta in un livello gerarchico inferiore;

 infine, quando nel determinare correttamente il fair value bisogna considerare anche delle caratteristiche specifiche di un particolare strumento finanziario che lo differenziano rispetto a quelli normalmente negoziati sul quel mercato attivo. Soltanto nel caso in cui, per rappresentare tali fattori, sia necessario effettuare delle rettifiche al prezzo quotato allora anche questa valutazione del fair value sarà

77 A. Portalupi, “Tecniche di valutazione: l’attendibilità del fair value”, Amministrazione & Finanza, 2016,

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classificata all’interno di un livello gerarchico inferiore. Se, invece, non sono richiesti aggiustamenti rientrerà comunque nel livello 1.

Le valutazioni sono, invece, collocate nel secondo livello gerarchico nel caso in cui il fair

value sia determinato attraverso input osservabili sul mercato attivo ma che si discostano

dai prezzi quotati che rientrano tra gli input di livello 1. Il paragrafo 82 dell’IFRS 13 propone un elenco, non completo, di quelli che vengono considerati come input di livello 2 e articolano in:

a) “prezzi quotati per attività e passività similari in mercati attivi;

b) prezzi quotati per attività e passività identiche o similari in mercati non attivi; c) dati diversi dai prezzi quotati osservabili per l’attività o passività, per esempio:

i) tassi di interesse e curve dei rendimenti osservabili a intervalli

comunemente quotati;

ii) volatilità implicite; e iii) spread creditizi;

d) input corroborati dal mercato”, ossia dati e informazioni che non derivano dall’osservazione del mercato ma sono il risultato di analisi statistiche e correlazioni.

Se per determinare il fair value di uno strumento finanziario vengono impiegati degli input classificati all’interno del livello 2 della scala gerarchica del fair value, il valutatore deve implementare delle tecniche di valutazione che “devono essere in grado di supportare l’ipotesi che l’input osservabile ha un valore predittivo con riferimento all’input non osservabile”78.

Infine, se nel processo di valutazione il fair value è determinato basandosi su input non osservabili sul mercato allora questo viene classificato all’interno del livello 3 della scala gerarchica. Per quanto concerna l’utilizzo dei fattori appena citati, l’IFRS 13 al paragrafo 87 chiarisce che questi “devono essere utilizzati per valutare il fair value nella misura in cui gli input osservabili rilevanti non siano disponibili, consentendo pertanto situazioni di scarsa attività del mercato per l'attività o passività alla data di valutazione. Tuttavia, la finalità della valutazione del fair value resta la stessa, ossia un prezzo di chiusura alla data di valutazione dal punto di vista di un operatore di mercato che possiede l'attività o la

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passività”. Come avviene per le stime di livello 2, anche quelle di livello 3 richiedono l’impiego di specifiche tecniche di valutazione che si basano sia su ipotesi soggettive del management (judgemental approach) ma anche su: dati derivanti da benchmark, informazioni storiche e prospettiche, proiezione di cash flow, what-if analysis, sensitivity analysis, ect.