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3. Discussione del dato e riflessioni cronologiche: gli elementi del paesaggio nel territorio

3.2. La gestione delle acque

Al di là della menzione dei fiumi principali – Secchia e Panaro – la documentazione nonantolana fornisce numerose attestazioni di corsi d’acqua verosimilmente artificiali, le cosiddette “fosse”. Se si trattasse di infrastrutture grosso modo coeve alla redazione dei documenti che le nominano o se, invece, rappresentassero persistenze del passato, non è dato sapere a questo livello della ricerca. Vale comunque la pena di ricordarle, in modo sintetico, per puntualizzarne la localizzazione, anche in vista delle riflessioni che proporremo nel paragrafo dedicato all’incontro tra fonti scritte e geoarcheologia.

Lo spoglio operato ai fini di questa ricerca ha portato a isolare 17 fossae, molte delle quali compaiono come elementi stabili nella documentazione già a partire dall’VIII secolo8. Tali canalizzazioni si incontrano in sinistra Secchia (fossa Cararia), in territorio di Solara (fossa Lavatura/Lavaturia e fossatum Finale), ma perlopiù tra Modena, Saliceto sul Panaro e Nonantola (fossa Mortua, fossa Quintana, fossa Munda, fossa Militaria/Minudaria).

Nel IX secolo si è registrata soltanto un’attestazione, tra l’altro riferita alla già citata fossa Lavatura/Lavaturia.

All’XI secolo risalgono, poi, sette riferimenti: ricompare la fossa Militaria/Minudaria, ma si registrano per la prima volta la fossa Nova, presso Solara, la Gena vecla, la fossa Currente, fossa Scura e la fossa que est ad locum ubi dicitur Pons Marinus tra Modena, Saliceto sul Panaro e Nonantola, e le fossae Navigatura e de Russi seu Duciolo tra Sant’Agata Bolognese e Crevalcore. Nel XII secolo si registrano quattro attestazioni, pertinenti a idrovie che non trovano, eccetto una, menzioni nei secoli precedenti: si tratta della fossa Lisignana, il cui nome dovrebbe collocarla, stando alla toponomastica attuale, in prossimità dell’abitato di Lesignana; la fossa Pudica e il fossatum de Cruce Sancti Sinesii in territorio di Solara; e la Genella, in territorio di Nonantola, probabilmente corrispondente al fluvio Gena della documentazione di VIII secolo e legata, in qualche modo, alla Gena vecla citata nell’XI secolo (v. supra).

8 Sempre considerando come affidabile il contenuto della donazione di Astolfo, documento che, come già ricordato altrove e discusso da molti, risale in realtà al XIII secolo (cfr. Capitolo 1, nota 12).

fig. 2: sintesi degli elementi del paesaggio di VIII secolo.

fig. 4: sintesi degli elementi del paesaggio di XII secolo.

Al XIII secolo afferiscono, infine, solo due attestazioni: la fossa Militaria/Minudaria, che dall’VIII secolo continua a rappresentare un punto di riferimento del paesaggio della destra Panaro, e la fossa Navigatura, già incontrata nell’XI secolo e, evidentemente, ancora attiva, nel territorio tra Crevalcore e Sant’Agata Bolognese.

3.2.2 Gli Statuti

Rimanendo sul tema della gestione della risorsa idrica, passiamo ora alla trattazione di tutte le informazioni ricavabili dalle rubriche degli statuti disponibili per il Comune di Modena. Come anticipato in apertura di Capitolo, per il quadrante modenese abbiamo potuto attingere agli statuti compilati nel XIII secolo, contenuti nell’edizione Respublica Mutinensis (VICINI E. P. 1929), e agli statuti compilati entro la prima metà del XIV secolo, gli Statuta Civitatis Mutine (CAMPORI C.1864). Le edizioni di questi testi sono state consultate per intero e sono stati isolati come di consueto una serie di temi afferenti agli argomenti di cui ci occupiamo in questo capitolo. Se lo spoglio degli Statuti composti nel XIII secolo ha portato a isolare non più di una decina di rubriche, particolarmente interessante è stato invece lo studio degli statuti di XIV. Nello specifico di questa raccolta, diverse rubriche del libro quarto e il libro quinto per intero si sono rivelati ricchissimi di informazioni sulla gestione delle acque.

Nella prima parte di questo paragrafo ci occuperemo quindi dell'analisi di tutti i principali argomenti concernenti la gestione della risorsa idrica per come emersi dallo spoglio della documentazione; nella seconda parte, invece, arricchiremo le informazioni già raccolte attraverso l’analisi della documentazione privata per quanto riguarda l'esistenza di canalizzazione artificiali nel territorio in esame. In generale, nella trattazione della prima tematica parleremo indistintamente di idrografia maggiore e di idrografia minore, di idrografia naturale e di idrografia artificiale. In assoluto, il primo tema da affrontare riguarda la manutenzione dei tracciati delle idrovie. Le rubriche che afferiscono a questo tema sono numerosissime e riguardano la manutenzione degli argini, l'escavazione o il riescavo di letti parzialmente o totalmente interriti, la chiusura di rotte e di canalizzazioni che per un motivo o per l'altro non sono più funzionali o anzi danneggiano per la loro stessa esistenza i terreni circostanti, il ripristino di corsi d'acqua caduti in disuso il cui letto si rivela, invece, ancora potenzialmente funzionale e dunque riutilizzabile per la circolazione delle acque, la costruzione di argini protettivi, anche in zone in cui non si segnala direttamente la vicinanza di un corso d'acqua, per il contenimento delle esondazioni.

In generale la preoccupazione che motiva la grande mole di provvedimenti che vengono presi in questa direzione è legata al pericolo delle esondazioni e alla necessità di mantenere perfettamente funzionante una rete di drenaggio che, in caso di piena, consenta di incanalare le acque e di proteggere le colture. A questo proposito si parla spesso nelle rubriche che vengono prese in considerazione della cadenza con cui questi interventi vanno effettuati (semel mense, annuatim o omni tercio anno).

Strettamente legato al problema della manutenzione degli argini e dei letti delle idrovie che solcano il territorio è il tema di tutti i divieti che vengono promulgati al fine di evitare rischi per il funzionamento e l’esistenza stessa di questi corsi d’acqua. I divieti riguardano l’apertura di brecce negli argini, la costruzione di chiuse private, l’occupazione delle aree golenali, la deviazione delle acque “private” nella rete “pubblica” e il prelevamento di acqua da quest’ultima a scopi privati. Parallelamente si registra, però, anche una serie di permessi, legati sia al prelevamento dell’acqua dalla rete drenante principale – sempre che tale operazione non comprometta le attività legate all’esistenza delle canalizzazioni in questione (ad esempio in un documento si parla della possibilità di prendere acqua da un canale ma soltanto nei giorni in cui il mulino costruito sulle sue sponde non sia in funzione) – che all’escavazione di fosse per migliorare il sistema di drenaggio. Un altro aspetto assolutamente complementare rispetto a tutti quelli che abbiamo affrontato finora concerne la pulizia dei corsi d'acqua, vale a dire la periodica rimozione di tutti gli ostacoli che possono essere finiti nel letto in occasione di piene oppure anche degli ostacoli rappresentati della vegetazione naturale cresciuta sulle sponde o sul fondo dei letti di questi corsi d'acqua. Anche in questo caso,

l'attività di manutenzione viene regolamentata secondo tempistiche molto precise. Si fa riferimento, inoltre, nella documentazione consultata, ad una serie di opere di ri-inalveamento di canali il cui tracciato si rivela poco funzionale o addirittura pericoloso rispetto alla libera circolazione dell'acqua: la rubrica 54 del libro V menziona, ad esempio, la necessità di inalveare il corso del Grizzaga da Formigine in direzione di Gaggio e Bagazzano, in territorio di Nonantola.

Su tutte queste attività presiede il Podestà di Modena cum sapientibus e con ingegneri tenuti, per norma statutaria, a compiere periodici sopralluoghi nelle zone interessate al passaggio di corsi d'acqua naturali o artificiali, stilare rapporti e prendere i dovuti provvedimenti riguardo alle aree in cui si ritenga necessario intervenire con opere di manutenzione. In generale, tali lavori vengono affidati direttamente alle comunità abitanti sui terreni interessati dai corsi d'acqua problematici.

Come anticipato, in conclusione di paragrafo dedichiamo un po' di spazio a una serie di canali sicuramente artificiali individuati nella documentazione e localizzati sul territorio. Il termine generalmente usato per designarli non è fossa, comune nelle fonti private, ma sdugarium (in cui si riconosce la radice del verbo ducere). Per una migliore esposizione dei dati si è deciso di dividere il quadrante in tre settori: sinistra Secchia, una fascia compresa tra Secchia e Panaro e destra Panaro. In sinistra Secchia vengono menzionati 7 canali: lo sdugarium Porusolus, nella zona di Campogalliano-Ganaceto, lo sdugarium Fossa nella zona di Villanova, la fossa Antiqua tra Solara e Roncaglia, uno sdugarium anonimo che si stabilisce di attivare tra Soliera e Villanova, il fossatum Gerardi più una fovea anonima nella zona di Cortile, uno sdugarium de Soleria (Soliera), una fovea de Roncalleis et Camurana, vale a dire una fossa passante tra le due omonime corti, localizzabili a N di Carpi, e una fovea de Mirandula. In destra Panaro, poi, si contano 5 attestazioni: lo sdugarium Pullixinum, tra Nonantola e Sant’Agata Bolognese, un canale anonimo tra Gaggio e Bagazzano, la fossa Muzza, citata anche nella documentazione privata e localizzabile al confine col persicetano, uno sdugarium qui dicitur Argine, genericamente nella zona di Nonantola, e il corso del Grizzaga tra Formigine e Gaggio. Da ultimo, il settore tra Secchia e Panaro vede l’attestazione di 6 canali artificiali: lo sdugarium inter confines Panzanelli et Campigalliani, immediatamente a NO di Modena, la fossa Munda, nella zona di Saliceto sul Panaro, la fovea Torrexella nella zona di Albareto, lo sdugarium de Citanova, localizzabile verosimilmente in prossimità dell’omonima località attuale, e il Navigium, cioè il Naviglio, cui si è dedicato ampio spazio nel Capitolo 2.

4. L’ANALISI DELLA CARTOGRAFIA: PERSISTENZE E “ANOMALIE” NEI SISTEMI DI