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Come già accennato sopra, il contenuto dell’inibitoria, sia

L’ESPERIENZA STRANIERA E QUELLA NOSTRANA

4. L’esperienza straniera dell’esecuzione forzata indiretta sin qui

4.1. Come già accennato sopra, il contenuto dell’inibitoria, sia

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che desta maggiore interesse, ai fini del presente lavoro, è la previsione contenuta nel secondo comma dell’art. 124 c.p.i, secondo cui “Pronunciando l’inibitoria, il giudice può fissare una somma

dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento”. Il legislatore,

quindi, di fronte all’evidente difficoltà di assicurare coattivamente l’altrui astensione, ha previsto la possibilità che l’efficacia dell’inibitoria possa essere garantita da misure indirette, ovvero da penalità di mora che servano a rafforzare la sanzione cautelare.

Tale ultima funzione, in particolare, viene attuata attraverso il ricorso alla tecnica delle misure coercitive, che vengono disposte al fine di inibire gli atti e i comportamenti lesivi. In tal modo, il giudice potrà condannare il soggetto, contro cui è intentata l’azione di contraffazione, anche al pagamento di una somma di danaro in modo da determinare un adempimento spontaneo tramite la minaccia di sanzioni pecuniarie distinte dall’eventuale risarcimento dei danni.

La necessità di prevedere misure coercitive in materia di tutela di marchi e brevetti nasce dall’evidente impossibilità che il relativo provvedimento di condanna, almeno nella parte in cui si limita a ordinare la cessazione dell’illecito, possa essere coattivamente eseguito secondo le forme dell’espropriazione forzata o dell’esecuzione degli obblighi di fare e non fare di cui al terzo libro del codice di rito.

4.1. Come già accennato sopra, il contenuto dell’inibitoria, sia

essa definitiva che cautelare, è un’obbligazione di non fare, posto che il giudice pronuncia il divieto di porre in essere il comportamento definito “illecito”. Vi è, quindi, un obbligo di astenersi dal reiterare il

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suddetto comportamento, inquadrabile nelle obbligazioni infungibili che non possono essere realizzate attraverso il ricorso all’esecuzione forzata.

Conseguentemente, il legislatore ha previsto che ai sensi del secondo comma dell’art. 124 c.p.i., il giudice, pronunciando l’inibitoria, può disporre il pagamento di una somma pecuniaria (obbligazione, perciò, forzosamente eseguibile ai sensi del libro terzo del c.p.c.) dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Trattasi di una misura di esecuzione indiretta attraverso la quale si vuole coartare la volontà dell’obbligato convincendolo ad assumere il comportamento per lui più economicamente conveniente145.

Funzione della penalità di mora in commento è, pertanto, quella di rafforzare l’inibitoria di merito cui accede146, in modo da scoraggiare la commissione o la continuazione o la ripetizione

145 Cfr. FLORIDIA, La tutela giurisdizionale dei diritti di proprietà industriale, in AA. VV., Diritto industriale, III ed., Torino 2009, 517; SCUFFI, Diritto processuale della proprietà industriale e intellettuale, cit., 362; SPOLIDORO, Le misure di prevenzione nel diritto industriale, cit. 138.

146 VANZETTI, Contributo allo studio delle misure correttive e delle sanzioni civili nel diritto industriale: i profili processuali dell’art. 124 c.p.i., cit. 43; VANZETTI –DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, cit. 549; SCUFFI, Diritto processuale della proprietà industriale e intellettuale, cit. 489; CAPPONI, Ma l’astreinte in materia brevettuale è titolo esecutivo?, cit., 780, il quale, forse più correttamente, chiarisce che “scopo della “penalità di mora” è quello di garantire la sollecita e spontanea esecuzione del provvedimento (rispettivamente, cautelare e di merito), pena il pagamento di “sanzioni” pecuniarie che non si confondono con il risarcimento del danno”; RICOLFI, Le misure compulsorie, in NIVARRA (a cura di), L’enforcement dei diritti di proprietà industriale. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2005, 100; UMBERTAZZI, Codice della proprietà industriale, Milano, 2009, 444. Ritiene che la penale de qua possa essere comminata anche a sostegno dell’ordine di ritiro dal commercio SPOLIDORO, Profili processuali del codice della proprietà industriale, in Dir. ind., 2008, n. 2, 180. Inoltre, è plausibile ritenere che la penalità possa essere disposta dal giudice a presidio della sola inibitoria, e non della sentenza di merito nel suo complesso, come, invece, avveniva prima. Così PICCARRETA TERRANO, Il nuovo diritto industriale. Guida alla disciplina introdotta dal D. Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, Codice della proprietà industriale, 2005, 310.

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dell’illecito, al pari delle astreintes francesi. È pacificamente superata, come del resto per queste ultime, la tesi che attribuiva alla stessa la funzione di determinare un’anticipazione della liquidazione del danno per violazioni future147, soprattutto in considerazione del fatto che anche l’inibitoria cautelare, provvisoria e non statuente sulla liquidazione del danno, può essere rafforzata con una penalità di mora148. La propensione verso la natura “risarcitoria” di tali misure compulsorie dipendeva dalla loro collocazione nella disposizione riguardante le modalità risarcitorie “alternative” comminate con la sentenza. Molto opportunamente l’art. 124 c.p.i. chiarisce definitivamente che la sanzione in commento è una forma di esecuzione indiretta dell’inibitoria, mentre il diritto al risarcimento del

147 In questo senso, cfr. AULETTA, Multe giudiziali e valutazione dei danni futuri in materia di marchi, in Giur. Compl. Cass. Civ., 1946, 741; MONTESANO, La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1985, 146; CORRADO, Opere dell’ingegno. Privative industriali, Milano, 1961. Cfr., anche, CHIAVEGATTI, La penalità di mora ex art. 124 C.P.I. come misura di rafforzamento dell’inibitoria, cit., 18 il quale sembra concludere per una duplice funzione di questa misura coercitiva , ad un tempo rafforzativa dell’inibitoria e risarcitoria per i danni futuri; in questo stesso senso, sembrerebbe anche FRANCESCHELLI, Sui marchi d’impresa, Milano, 1970, secondo il quale si sarebbe in presenza di una liquidazione del danno in via presuntiva. È interessante notare, infine, che FRIGNANI, L’injunction nella Common Law e l’inibitoria nel diritto italiano, cit., 588, in uno sforzo argomentativo volto ad avvicinarsi alla posizione della dottrina maggioritaria dell’epoca, che abbracciava la tesi risarcitoria, ha chiarito che la penale per ogni violazione successiva potrebbe pur essere, in limine litis, una sorta di liquidazione di danni futuri, ma tale certamente non sarebbe quella per il ritardo nell’esecuzione di comandi del giudice, nel qual caso si sarebbe “in piena astreinte”.

148 Così si esprime la sentenza Cass. Civ., sez. I, 24/3/2006 n. 6685, con nota di CHIAVEGATTI, La penalità di mora ex art. 124 C.P.I. come misura di rafforzamento dell’inibitoria, in Riv. dir. ind., 2007, I, 11-19, nella quale si precisa chiaramente che il giudice può stabilire l’adozione della penalità di mora a prescindere dalla liquidazione del danno. V. anche, SCUFFI –FRANZOSI-FITTANTE, Il codice della proprietà industriale, cit., 563. In generale, sull’argomento, cfr. FURNO, La sanzione in futuro di cui all’art. 66 legge marchi: misura risarcitoria o rafforzamento dell’inibitoria?, in Riv. Dir. ind., 2003. posizione opposta si rinviene nella sentenza Cass. civ., sez. I, 24/3/2006 n. 6685

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danno ha ricevuto un’autonoma disciplina nell’art. 125 c.p.i., mettendo così definitivamente fine ad ogni possibile dubbio.

Infatti, la penalità di mora prescinde da qualsiasi indagine circa l’effettiva sussistenza di un danno in capo al soggetto passivo e, per questo, può essere disposta anche da una sentenza che non quantifichi il danno realizzatosi, così come il contraffattore non può sottrarsi al pagamento della penale sulla base della prova dell’assenza di un danno149. Si tratta di due sanzioni pecuniarie (penalità di mora e risarcimento) nettamente distinte, integralmente autonome e soddisfacenti funzioni diverse. Il diritto al risarcimento nasce dalla violazione del diritto di proprietà industriale, mentre il diritto al pagamento della penalità di mora nasce dalla violazione del comando di astensione contenuto nella inibitoria. È questa una delle fondamentali distinzioni tra la misura speciale prevista dal secondo comma dell’art. 124 c.d.i. e la previsione generale del secondo comma del nuovo art. 614-bis c.p.c., secondo il quale la penalità ivi prevista deve essere commisurata anche al danno, quantificato o prevedibile.

La funzione deterrente potrà essere concretamente svolta allorché il giudice, nel fissare la penale, la quantifichi in modo da rendere sconveniente la violazione dell’inibitoria rispetto al profitto sperato dall’illecito150.

149 Cfr. VANZETTI – DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, cit. 548-549; SPOLIDORO, Le misure di prevenzione nel diritto industriale, cit., 161; Scuffi, Diritto processuale dei brevetti e dei marchi. Ordinamento amministrativo e tutela giurisdizionale della proprietà industriale, Milano, 2001, 328; FRIGNANI, L’injunction nella Common Law e l’inibitoria nel diritto italiano, cit., 407; CHIAVEGATTI, La penalità di mora ex art. 124 C.P.I. come misura di rafforzamento dell’inibitoria, cit., 17; SCUFFI –FRANZOSI -FRITTANTE, Il codice della proprietà industriale, cit. 562.

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La comminatoria della penalità di mora è senz’altro discrezionale151, tuttavia, la determinazione del quantum non è svincolata da qualsiasi parametro. Infatti, da un lato, deve essere rispettato il principio espresso all’art. 124, comma 6, c.p.i., secondo cui “nell’applicazione delle sanzioni l’autorità giudiziaria tiene conto

della necessaria proporzione tra la gravità delle violazioni e le sanzioni, nonché dell’interesse dei terzi”152. Dall’altro, data la genericità della formula utilizzata dalla norma, è necessario che il giudice, attraverso una precisa istanza della parte, chiarisca cosa debba intendersi per ogni futura violazione.

Allo stesso tempo, l’ampiezza della formula utilizzata dal secondo comma dell’art. 124 c.p.i. consente al giudice di adattare la penalità al caso concreto. Infatti, in alcuni casi sarà corretto conteggiare la penalità per ogni articolo contraffatto che sia messo in circolazione; il più delle volte, però, calcolare la penale in base agli articoli rinvenuti in commercio dopo l’inibitoria porterebbe alla violazione della suddetta regola della proporzionalità153.

Volgendo lo sguardo, invece, alla individuazione della natura di tale misura compulsoria, occorre sottolineare che la dottrina, ancora adesso, appare divisa154.

151 In quanto, a fronte dell’istanza del titolare del diritto di privativa, il giudice può, in ogni caso, decidere, valutate le caratteristiche e le condizioni del caso concreto, di non comminarla.

152 Vedi SPOLIDORO, Profili processuali del codice della proprietà industriale, cit., 184, secondo il quale questa violazione è denunciabile in Cassazione.

153 Ancora, SPOLIDORO, Profili processuali del codice della proprietà industriale, cit. 185, il quale, correttamente, mette in rilievo che per evitare penali “mostruose” è necessario che avvocati e giudici “prendano sul serio” il settimo comma dell’art. 124 c.p.i. realizzando un controllo preventivo sia delle domande che dei dispositivi.

154 Si rinvia a FRIGNANI, L’injunction nella Common Law e l’inibitoria nel diritto italiano, cit., 579 ss., per una esaustiva indagine sulle contrastanti posizioni,

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Per alcuni155, la penalità di mora è definibile come una condanna pro futuro 156 al pagamento di una somma, che il contraffattore dovrà versare al titolare del diritto nel caso di violazione dell’inibitoria. Tale definizione, invero, sembra data con un po’ di superficialità se si considera che la configurabilità di questo tipo di sentenza di condanna nel nostro ordinamento, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge157, è oggi ancora dubbia158.

Sembrerebbe preferibile definire la sentenza contenente una penalità di mora come una sentenza condizionale159, ovvero una di quelle sentenze di condanna la cui efficacia è subordinata al verificarsi di un evento futuro ed incerto, alla scadenza di un termine oppure ad ormai risalenti, della dottrina circa la natura della misura compulsoria analizzata, alternativamente, come clausola penale, pena privata, liquidazione dei danni futuri, la cui trattazione meriterebbe ben altra ampiezza di analisi di quella qui possibile.

155 Cfr. VANZETTI, Contributo allo studio delle misure correttive e delle sanzioni civili nel diritto industriale: i profili processuali dell’art. 124 c.p.i., cit., 43; VANZETTI –DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, cit., 549, in cui il secondo comma dell’art. 124 viene espressamente definito come una “condanna in futuro (…), cioè la liquidazione di una somma che il contraffattore dovrà versare al titolare per l’ipotesi di violazione dell'inibitoria”; RICOLFI, Le misure compulsorie, in NIVARRA (a cura di), L’enforcement dei diritti di proprietà industriale. Profili sostanziali e processuali, cit., 91; SCUFFI, Diritto processuale della proprietà industriale, cit., 489.

156 Per un’ampia trattazione dell’istituto cfr.MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, Torino, 2009, 80, il quale definisce l’ azione di condanna in futuro come la azione rivolta “ad ottenere la condanna attuale ad una prestazione soggetta ad un termine e perciò eseguibile solo dopo il decorso del temine”.

157 Come, ad es., la convalida dello sfratto per finita locazione prima della scadenza, ex art. 657, comma 1, c.p.c., in cui l’ordinamento consente, eccezionalmente, la pronuncia di condanna prima ed indipendentemente dalla violazione.

158 V. per riferimenti MANDRIOLI, Diritto processuale civile,cit. 80. Più in generale sul tema, cfr. ROGNONI, La condanna in futuro, Milano, 1958; MONTESANO, Critica della teoria della condanna in futuro, in Riv. dir. proc., 1954, II, 41, il quale ha poi superato la posizione negativa in La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1994, 203 spec. nota 280; PAOLINI, Note sulla condanna in futuro, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1976, 507 ss.; PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di condanna, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 1179 ss.

159 Sull’ammissibilità delle sentenze c.d. condizionate, cfr. VACCARELLA, Titolo esecutivo, precetto, opposizioni, in Giur. sist. dir. proc. civ., 2° ed., Torino, 1993, 144 ss.

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una controprestazione, purché l’evento dedotto in condizione non richieda, per il suo accertamento, ulteriori indagini di merito160.

L’elemento che distingue la sentenza di condanna condizionale da quella pro futuro sta nel fatto che per la prima l’obbligo della prestazione è attuale, mentre è la sua efficacia ad essere subordinata al verificarsi di un evento futuro ed incerto, che però non richiede un’apposita istruttoria, effettuabile anche in sede esecutiva161.

A parere di chi scrive, pare preferibile ritenere che la constatazione della violazione, inosservanza o ritardo nell’esecuzione dell’inibitoria operi come condizione sospensiva dell’efficacia della penalità di mora. Questo ragionamento convince soprattutto se si considera che l’inadempimento del contraffattore non si pone come fatto costitutivo dell’astreinte, ma come elemento estrinseco (condizione) di quest’ultima al cui verificarsi si produrrà l’ulteriore effetto condannatorio consistente nel pagamento di una somma di danaro. Fonte-atto della penalità di mora, d’altronde, è la sentenza di condanna, mentre l’interesse alla stessa è un interesse secondario e contrapposto a quello principale costituito dall’ottemperanza all’ordine del giudice. Di modo che sarebbe dimostrata la natura di elemento esterno dell’inadempimento rispetto alla fattispecie costitutiva dell’astreinte.