LA MISURA COERCITIVA IN ARBITRATO
3. Partendo dall’assunto per cui, ancora oggi, gli arbitri sono privi di poteri esecutivi e cautelari, è evidente, dunque, che la
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legislatore abbia avuto presente il carattere alquanto illogico del divieto, così da tenersi aperta la porta a future evoluzioni369, che del resto sono state già anticipate dall’art. 35 predetto.
La predetta conclusione, a ben vedere, si traduce in una ingiustificata preclusione per gli arbitri di emettere pronunce di condanna, conclusione che, come già evidenziato, non corrisponde al vero, in quanto gli arbitri possono emettere decisioni di condanna, salvo poi riservare al giudice il suggello dell’esecutività del lodo370.
È stato, pertanto, ritenuto che dalla disciplina contenuta nell’art. 818 c.p.c. si debba ricavare un principio generale, ovverosia una ostilità del legislatore, salvo tassative eccezioni (come accade nel caso dell’art. 35 cit.), “verso forme private di tutela incentrata non
sull’accertamento, bensì sul suo risultato pratico con riferimento all’attuazione sulla realtà materiale”371. In altre parole, nel predetto divieto non dovrebbe vedersi tanto una impossibilità di pronunciare ordini che implichino una modifica della realtà materiale, quanto, al più, una preclusione nel pronunciare decisioni senza un previo accertamento. Ed infatti, la tutela cautelare e quella esecutiva risponderebbero a quelle esigenze dove la priorità è proprio quella di intervenire sulla realtà concreta.
3. Partendo dall’assunto per cui, ancora oggi, gli arbitri sono privi di poteri esecutivi e cautelari, è evidente, dunque, che la
369 in questo senso, BOVE,CECCHELLA,Il nuovo processo civile, 2006, p. 78; G.F.RICCI,Arbitrato, cit., 482.
370 Cfr., CARPI, L’arbitrato rituale tra autonomia e aiuto giudiziale, CeI, 1990, pp. 929 ss; LUISO,Arbitrato e tutela cautelare nella riforma del processo civile, in Riv. Arb., 1991, pp. 253 ss.;
371 Cfr., ZUCCONI GALLI FONSECA,Misure coercitive e arbitrato, cit., 1022. In questo senso, V., G.F.RICCI,Arbitrato, CARPI (a cura di), 2007, p. 482; TISCINI,I provvedimenti decisori senza accertamento, 2009, pp. 59 ss.
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risposta all’interrogativo iniziale - ovverosia la praticabilità dello strumento disciplinato al nuovo art. 614 bis c.p.c. anche nel giudizio arbitrale – dipende, dunque, dalla qualificazione data alla misura coercitiva in parola.
Orbene, come più nel dettaglio esaminato nei capitoli che
precedono, alcuni studiosi hanno voluto individuare nell’art. 614 bis c.p.c. la creazione di vero e proprio diritto soggettivo ad una prestazione aggiuntiva372. Le ragioni di questa scelta sono state esaminate in precedenza e risiedono, essenzialmente, nell’esigenza di accordare ai privati il potere di disciplinare in via negoziale almeno quanto viene riconosciuto all’interno di un processo. Da ciò deriverebbe la possibilità di qualificare l’astreinte come diritto soggettivo.
È stato, altresì, sostenuto che la misura coercitiva si configuri come una obbligazione a formazione giudiziale 373. Da questa
prospettiva si pone chiaramente il problema della più ampia questione della possibilità per i privati di disporre e irrogare sanzioni civili e, in particolare, dell’assimilabilità alla clausola penale374.
372 PROTO PISANI,La riforma del processo civile: ancora una legge a costo zero, in FI, 2009, V, 221 ss.; AMADEI, Una misura coercitiva generale per l’esecuzione degli obblighi infungibili, in Riv. Trim. proc. Civ., 2010, 351.
373 CHIZZINI,sub Art. 614 bis c.p.c., cit., 149. In questo senso, cfr. BESSO, L’art. 614-bis c.p.c. e l’arbitrato, cit., p. 893.
374 Questa tesi parte dal presupposto che è escluso che la suddetta penalità possa qualificarsi come obbligazione a carattere risarcitorio374, in quanto il danno, come si è cercato di dimostrare in precedenza, non è il referente esclusivo della misura, ma è soltanto uno dei criteri della sua definizione, peraltro, in funzione di esclusione dell’iniquità della misura. Cfr. sul punto, MAZZAMUTO,La comminatoria di cui all’art. 614 bis c.p.c. e il concetto di infungibilità processuale, cit., 956. A ben vedere, l’astreinte italiana è sprovvista di qualsivoglia finalità risarcitoria ed, anzi, concettualmente contrapposta al risarcimento. Per tali ragioni, coloro che hanno voluto vedere nella misura coercitiva nostrana una obbligazione, anche se di matrice processuale, priva di qualsiasi carattere risarcitorio, hanno dunque fatto rientrare la stessa nella categoria delle “pene private”, accostandola, dunque, all’istituto della clausola penale di cui agli artt. 1382 c.c. e ss.. Questo perché, come è noto, l’art.
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Si è visto che, di là da questa facile identificazione sulla sola ed incerta base dell’idoneità ad esercitare una pressione psicologica sul destinatario, i due istituti – la misura coercitiva ex art. 614 bis c.p.c. e la clausola penale – sono eterogenei, e si distinguono sia per funzione (in quanto la clausola penale non svolge una funzione compulsoria375) che per collocazione sistematica376 (poiché la clausola penale, a differenza della misura coercitiva, concorre a determinare l’assetto di interessi che viene cristallizzato nel contratto, con una evidente funzione sanzionatoria).
Come si è tentato di chiarire in precedenza, la astreinte nostrana non è una sanzione, e tale conclusione si trae dal contesto della disposizione che induce ad escludere qualsivoglia finalità afflittiva - in particolare dal richiamo all’equità -, conclusione confermata altresì dalla circostanza, di per sé non risolutiva, che non è determinato un minimo ed un massimo edittale377.
Orbene, alla luce di questi brevi richiami, è evidente che qualora nella figura in esame avessimo potuto individuare un diritto 1382 c.c. conferisce alle parti la possibilità di disporre una penale per l’inadempimento o per il ritardo nell’adempimento. In tema di clausola penale, tra gli altri, vedi DE NOVA, voce Clausola penale, in Dig. Disc. priv. Sez. civ., II, Torino, 1988, 377 ss; GABRIELLI, Clausola penale e sanzioni private nell’autonomia contrattuale, in Rass. Dir. Civ., 1984, pp. 901 ss; MAGAZZÙ, voce Clausola penale, in Enc. Dir., VII, Milano, 1960, p. 186 ss; MARINI, La clausola penale, Napoli, 1984; MAZZARESE, Clausola penale, Milano, 1999; RUSSO, Il patto penale tra funzione novativa e principio di equità, Napoli, 2010; TATARANO, L’adeguamento della penale tra clausola e rapporto, Napoli, 2002; TRIMARCHI, La clausola penale, Milano, 1954, p. 153; ZOPPINI, La pena contrattuale, Milano, 1991.
375 Sul punto, ex multis, cfr., TRIMARCHI,La clausola penale, cit., p. 1 s.; MARINI,La clausola penale, 1984; MAZZARESE,Le obbligazioni penali, 1990; ID., Clausola penale, in Comm. Schlesinger, artt. 1382- 1384, 1999; ZOPPINI,La pena contrattuale, 1991, p. 164 ss; CHIARLONI,Misure coercitive, cit., p. 161.
376 MAZZAMUTO,La comminatoria di cui all’art. 614 bis c.p.c. e il concetto di infungibilità processuale, cit., 970.
377 Ex multis, MAZZAMUTO,La comminatoria di cui all’art. 614 bis c.p.c. e il concetto di infungibilità processuale, cit., 967.
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soggettivo, puro o di matrice processuale, non si sarebbe riscontrato alcuno ostacolo teorico alla ammissibilità della misura ex art. 614 bis c.p.c. in arbitrato, data la fungibilità di quest’ultimo rispetto all’attività giurisdizionale statuale378.
Diversa invece sarebbe stata la conclusione laddove si fosse praticata la tesi della sanzione privata diversa dalla clausola penale.
In tale caso, “se si ritenga che il potere dispositivo dei privati
sia incompatibile con forme di sanzioni civili diverse dalla clausola penale, la previsione normativa del diritto all’astreinte ben potrebbe essere suscettibile di interpretazione restrittiva, come attribuzione al solo giudice statuale del relativo potere; mentre all’arbitrato sarebbe riservato unicamente ciò che appartiene alla sfera di autonomia negoziale, riconducibile alla disciplina dell’art. 1382 c.c.”379.
In altre parole, se (i) qualifichiamo la misura ex art. 614 bis c.p.c. quale obbligazione, seppure di matrice processuale e (ii) riconosciamo la diversità di quest’ultima dalla clausola penale, il divieto di creare pene private atipiche ci conduce ad escludere che gli arbitri possano comminare misure coercitive del tipo dell’astreinte. A meno che tale potere non sia espressamente loro attribuito attraverso una specifica previsione nella convenzione arbitrale, nel qual caso non si tratterebbe più propriamente di una misura coercitiva.
Tuttavia, è stato affermato che tale ricostruzione riecheggerebbe la ormai superata concezione di diritto compromettibile come diritto
disponibile380. E siccome può ben accadere che un diritto sia
378 ZUCCONI GALLI FONSECA, Misure coercitive e arbitrato, in CAPPONI, SASSANI, STORTO,TISCINI (a cura di), Il processo esecutivo, 2014, 1019. Per un approfondimento della questione della fungibilità del processo ordinario con l’arbitrato vedi infra.
379 ZUCCONI GALLI FONSECA,Misure coercitive e arbitrato, cit., 1020.
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arbitrabile, benché su di esso non possa esercitarsi il potere, ad esempio, di transazione o di rinuncia dei privati, dovrebbe concludersi, una volta riconosciuta la natura di obbligazione dell’astreinte, per la possibilità degli arbitri di comminare la predetta misura, a prescindere della espressa attribuzione, nella clausola arbitrale o nel compromesso, ad opera delle parti di un siffatto potere.
4. Posto quanto sopra, a parere di chi scrive, non è questa