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1. LA GIOCO/SIMULAZIONE URBANA

1.2 GIOCOSIMULAZIONI URBANE NEL XXI° SECOLO

1.2.3. Giochi Urbani a grande scala

Rispetto agli esempi precedenti esistono delle tendenze attuali inquadrabili in una delle tre classi proposte da Rizzi (2006) e più precisamente in quella che vede l’insieme delle azioni dei partecipanti volto alla “conquista della città”. Tali esperienze, che qui definiamo «giochi urbani a grande scala» sono delle applicazioni che derivano dall’incontro tra la ricerca nel campo della progettazione sperimentale di giochi di massa e quella branca della computer science, chiamato obiquitous computing, che si occupa di studiare l’impatto e le potenzialità della presenza distribuita e massiccia di apparati di calcolo e comunicazione all’interno dello spazio fisico e degli oggetti d’uso comune. Esse assumono rilievo in quanto allargano i confini spaziali e temporali delle simulazioni interattive

tradizionali.

McGonigal (2007) riconosce, in questo contesto, l’emergere di tre tendenze l’«obiquitous computer gaming», i «pervasive games» e gli «obiquitous games» che si differenziano in base alla finalità dichiarata e ai differenti significati attribuiti alla diffusione del gioco nella società. In particolare, l’obiquitous computer gaming viene introdotta con lo scopo di sviluppare la ricerca reciproca tra il mondo dei giochi digitali e quella relativa all’obiquitous computing per mezzo di una progressiva “colonizzazione” di oggetti, luoghi e utilizzatori da parte degli apparati utilizzati per i giochi. I pervasive games si distinguono per il loro obiettivo di criticare e sovvertire l’uso convenzionale degli spazi pubblici da parte della società introducendo delle «fratture tecnico-critiche» (techno-critical ruptures) all’interno del «cerchio magico» (magic circle of play) con l’uso delle nuove tecnologie. Gli obiquitous games32

, infine, sono dei veri e propri giochi multiplayer, anche di provenienza commerciale, che hanno lo scopo di sperimentate il trasferimento delle caratteristiche di giocabilità e semplicità di interazione (affordances)33

tipiche dei giochi per computer tradizionali al mondo

32 Esempi di questo tipo di gioco sono I LOVE BEES (2004) e PERPLEX CITY (2005)

33 Questo termine è stato introdotto per la prima volta da Donald Norman (1988) nel campo della

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reale insieme alla ricerca di più significative modalità di interazione nella vita quotidiana. Questi giochi vengono protratti per lunghi periodi di tempo in quanto non hanno una regola particolare che vi ponga fine, coinvolgono anche decina di migliaia di persone per volta e si caratterizzano per la loro natura distribuita che facilita l’emergere di comportamenti ed esperienze inaspettate. La componente fisica e materiale rappresentata dall’ambiente di gioco, fatto dei luoghi della vita di tutti i giorni, è accoppiata all’uso di software e dispositivi di comunicazione che favoriscono la creazione di reti distribuite di giocatori. Tali reti dimostrano la capacità di coinvolgere nuovi giocatori creando delle comunità all’interno delle quali i membri, consapevolmente, cercano di stabilire dei legami più profondi tra l’attività del gioco e la vita quotidiana.

Björk (2007) chiarisce meglio aspetti terminologiche e contenuti dei pervasive games. L’aggettivo pervasivo ha un senso differente rispetto a quello che assume nel contesto della computer science in quanto si riferisce non solo agli aspetti tecnologici del gioco ma soprattutto a quello spazio-temporale e sociale- interazionale. Rispetto a questi aspetti un pervasive game può essere definito come “[...] un gioco le cui caratteristiche spaziali, temporali, sociali o comunque collegate alle interfacce risultano ambigue”. (p.277)

percettivi coinvolti, l'interazione tra le persone ed in generale tutti quegli strumenti tecnologici al fine di elaborare nuove soluzioni per il miglioramento delle interfacce. Esso si riferisce alle caratteristiche percepite e a quelle che realmente un oggetto possiede ed in primo luogo a quelle fondamentali che determinano il possibile utilizzo dell’oggetto.

Si potrebbe dire che più vi è concordanza tra le caratteristiche percepite dell’oggetto da parte dell’utilizzatore e quelle che realmente il progettista gli aveva attribuito in base allo scopo di utilizzo e più alto è il grado di affordance tra oggetto e utilizzatore.

Successivamente alla prima pubblicazione questo termine si è diffuso velocemente nel campo della Human Computer Interaction (HCI) e cioè quella branca della computer science che si occupa di studiare l’interazione tra esseri umani e le interfacce dei computer.

(Cfr. D. A. Norman (1988), The psychology of everyday things. Basic Books, New York. Traduzione italiana: La caffettiera del masochista. Psicopatologia degli oggetti quotidiani, Giunti Editore, Firenze, 2005. E ancora D. A. Norman (1999) “Affordances, conventions, and design”, Interactions, 6, pp. 38-42)

Il termine non esiste sul dizionario della lingua inglese in quanto è stato coniato dallo studioso di psicologia James Gibson (1979) che lo ha derivato dal verbo to afford anche se il significato attribuito a tale termine da parte di Norman differisce dall’impostazione originale di Gibson che non era interessato all’interazione uomo-macchina, ma a quella tra esseri viventi ed il loro ambiente. (Cfr. J. J. Gibson (1979), The ecological approach to visual perception, Houghton Mifflin, Boston. Traduzione italiana: Un approccio ecologico alla percezione visiva, Il Mulino, Bologna, 1999)

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Altri autori (Benford et al., 2007) vedono nei pervasive games

delle esperienze di gioco estese al mondo reale riconoscibili per la sovrapposizione di tre componenti tecnologiche: la prima componente è rappresentata dall’insieme di display integrati in telefoni cellulari e computer palmari (che hanno lo scopo di rendere disponibili per i giocatori dei contenuti digitali mentre si muovono nello spazio fisico) ma anche cuffie, computer indossabili, proiezioni interattive e schermi integrati nell’ambiente che li circonda; la seconda componente è costituita dalle comunicazioni senza fili che permettono ai giocatori di collegarsi a dei server remoti per ottenere informazioni nonché con gli altri partecipanti; la terza componente è costituita dall’insieme di dispositivi muniti di sensori (per esempio GPS, macchine fotografiche, microfoni come pure sensori di tipo fisiologico) che hanno lo scopo di catturare e rendere noti posizione e contesto nei quali i giocatori si trovano. Sono riconoscibili all’interno di tali esperienze diversi filoni: alcuni cercano di trasferire dei giochi per computer adattandoli al mondo reale34

; altri sono fortemente focalizzati sull’interazione sociale35

; altri, chiamati «touring artistic games», cercano di fare interagire i giocatori che si trovano nelle vie di una città con quelli on-line immersi in una città virtuale parallela36

.

La schiera si allarga ulteriormente se si considerano una possibile ulteriore variante nei pervasive games ossia i cosiddetti «urban role-play» una sorta di trasposizione dei «live-action role-play» (LARP)37

.

Montola (2007) mette in evidenza come questo tipo di esperienze trascenda la classica nozione di gioco espandendo le

34 Un esempio famoso è PACMANHATTAN (2004) nel quale l'obiettivo dichiarato è di sperimentare

cosa possa accadere nel passaggio dal “piccolo mondo” di console, televisori e computer, al “grande mondo” della città. La squadra è composta da 5 giocatori che fisicamente competono usando la griglia urbana di New York come la scacchiera del videogioco PacMan.

35 Un esempio emblematico è sicuramente PIRATES! (2000)

36 Alcuni dei giochi più famosi sono CAN YOU SEE ME NOW? (2001) e UNCLE ROY ALL AROUND

YOU (2003) sviluppati in collaborazione dal gruppo di artisti Blast Theory ed il laboratorio Mixed Reality dell’Università di Nottingham e con il supporto di British Telecom.

In UNCLE ROY i giocatori di interagiscono attraverso cellulari con altri giocatori questipossono essere fisicamente nella stessa area di quartiere o di città, oppure intervenire dal proprio computer a casa. I livelli di interscambio seguono sequenze non lineari creando scenari che dagli autori sono definiti “di teatro. L’ultima evoluzione di UNCLE ROY è RIDER SPOKE (2007) (Cfr. http://www.blasttheory.co.uk)

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tradizionali limitazioni di spazio e di tempo. Secondo l'autore, inoltre, proiettare un LARP in un ambiente urbano reale permette di ridefinire l'ambiente stesso ponendo questioni relative ai codici e alle convenzioni sociali che sottendono architettura e spazio pubblico oltre a sperimentare nuovi tipi di interazione sociale. Lo spazio urbano diventa così uno spazio di interazione aperto all'esplorazione nel quale i partecipanti anziché inscenare delle finte battaglie, possono esplorare delle fabbriche in rovina, ospedali abbandonati o gallerie sotterranee. È proprio questa possibilità che rende consapevoli i partecipanti di essere al di fuori di quel cerchio magico

che normalmente li protegge. I LARP urbani diventano spesso un mezzo per riappropriarsi dello spazio urbano nei confronti degli usi tradizionali dello spazio pubblico in quanto danno la possibilità di vedere con occhi diversi la propria città e di capire meglio come la qualità degli spazi di influisce nelle loro relazioni con le altre persone.

Sembra emergere dunque una progressiva trasformazione delle concezioni tradizionali sia di spazio che di gioco. Lo spazio urbano si trasforma nella “scacchiera” su cui giocare ed interagire come una sorta di laboratorio in scala reale. In tale spazio allargato e non simulato l’interazione tra gli attori viene mediata e potenziata da un’ampia gamma di tecnologie della comunicazione quali telefoni cellulari, computer palmari, computer portatili, radio ma anche banali telefoni a gettone dislocati nei diversi punti dello spazio urbano.

Questo incremento di connettività insieme alla dimensione dell’avventura permette di esperire modalità interattive estremamente dinamiche trasformando la città in uno spazio in cui perdersi ed incontrarsi.

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