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Il gioco come modalità di conduzione delle simulazioni

1. LA GIOCO/SIMULAZIONE URBANA

1.1.3 Il gioco come modalità di conduzione delle simulazioni

Nella introduzione si è affermato che la Gioco/Simulazione può essere definita come «una tecnica di simulazione per apprendere e agire sulla realtà attraverso l’uso delle dinamiche interattive tipiche del “giocare”». Sono state discusse le questioni relative alle dinamiche interattive in funzione delle due componenti fondamentali:

empirici. (Cfr. Von Bertalanfy (2004), Teoria generale dei sistemi. Fondamenti, sviluppo, applicazioni, Mondadori, Milano)

22 SIMCITY è un videogioco di simulazione urbana sviluppato dalla Maxis nel quale il giocatore

assumendo il ruolo di sindaco e pianificatore urbano ha il compito di assegnare le destinazioni d’uso ai vari lotti di terreno sui quali la città virtuale si espande bilanciando gli interventi edificatori pubblici con quelli privati e decidendo di anno in anno il peso dell’imposizione fiscale. Il modello di tipo deterministico alla base del gioco reagisce rispetto alle scelte del giocatore e restituisce gli effetti sotto forma di consenso da parte dei cittadini che decidono di restare nella città oppure di trasferirsi altrove. Il caso viene simulato con il verificarsi di eventi catastrofici. (Cfr. M. Bittanti (2004), Sim City. Mappando le città virtuali, Unicopli, Milano)

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la simulazione come metodo ed i modelli come rappresentazione della realtà. Rimane da affrontare la questione più spinosa ossia la dimensione del «gioco» la cui trattazione porta con sé tutta una serie di problematiche ad iniziare da quella linguistica. Nella lingua Inglese, a differenza di quella Italiana, esistono due termini che se da un lato permettono di fare una distinzione più rigorosa tra gli aspetti “seri” del gioco (game) e quelli più ludici e legati alla dinamica del gioco (play), dall’altro complicano di molto il discorso. La distinzione che di solito viene posta ha due connotazioni: il gioco inteso come esperienza di interazione più o meno ludica (play) ed il gioco come schema più o meno rigido rappresentato da un’insieme di regole e finalità dichiarate (game)23

come la competizione o la collaborazione. Da un punto di vista pratico, una delle evidenti limitazioni che l’uso del termine “gioco” pone è la stessa messa in evidenza da Taylor (1976) quando riconosceva che esso “....è poco adatto ad ispirare rispetto [e dunque] per evitare ogni confusione con i giochi da salotto o con i passatempi sportivi [...] si potrebbe tralasciare questo termine preferendo attributi migliori alla parola simulazione” (pp.33, 34) pur non essendo l’autore convinto che l’uso di termini più “roboanti” possano portare maggior attenzione e rispetto. E questo è ancora più vero nella cultura italiana specie se poi consideriamo i giochi di simulazione applicati all’urbanistica. Pur essendo chiaro che “[...] il gioco semplifica soltanto le complessità della situazione, permettendo di maneggiare facilmente meccanismi altrimenti complicati [esso fornisce] una struttura atta a organizzare ed a razionalizzare dati e teorie sullo sviluppo urbano varie e discordanti.” (p.37)

Dalla lettura degli atti dei convegni organizzati dalla Fondazione Macy24

sui processi di gruppo ai quali partecipava anche Gregory

23 Numerose rassegne esaustive ed approfondite analisi sono state proposte da vari autori nel

campo della Gioco/Simulazione che, per lo scopo di questa ricerca, non si ritiene necessario riproporre e discutere nei particolari. Questi studi, piuttosto, vengono assunti come ottimi punti di riflessione. Si sommano alle pubblicazioni sugli aspetti culturali, linguistici e antropologici quali quelle di Huizinga (1938; 1946 ed. it); Bateson (1955, 1996 ed. it.; 1972; 1976 ed. it.); Taylor (1971; 1976 ed. it.); Caillois (1958, 1981 ed. it.); Cecchini (1988), e Croockall et. al. (1987), solo per citarne alcuni, alcune più recenti che riprendono il discorso alla luce delle riflessioni rese possibili dall’applicazione della tecnica negli ultimi vent’anni. Tra queste: Klabbers (2006), Loveluck (2005), Oerter (2004), Globus (2004), Rizzi (2004);

24 La Josiah Macy, Jr. Foundation prende il nome dal discendente di una delle prime famiglie

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Bateson emergono trame interessanti ed in verità poco trattate rispetto all’argomento gioco almeno nella letteratura relativa alla

Gioco/Simulazione. Nel 1955 si svolgeva il secondo convegno al quale prendevano parte, insieme a Bateson, altri ventitré scienziati di varia provenienza disciplinare (antropologi, psicologi, biologi) interessati a sviluppare il tema dell’interazione fra organismi viventi. In quella occasione, Bateson, in veste di coordinatore, sposta il fuoco della discussione sui significati che assume il gioco nell’interazione umana. La sua posizione si chiarisce fin dall’inizio quando afferma che

“quando si parla di gioco, si tende di solito a dire che esso non è – “non è reale” o “non è serio” – salvo poi restare un po’ sul vago, non appena ci si rende conto di quanto il gioco sia una cosa seria” (1996 ed. it.; p.29)

E il quanto Bateson consideri il gioco una cosa seria è testimoniato dalla sua concezione del gioco come un processo biologico necessario senza il quale gli altri aspetti della vita perdono di significato arrivando a qualificarli come “antibiologici” (op. cit.; p.49). Uno dei bisogni primari degli esseri umani è quello di comunicare con i propri simili e Bateson inizia ad interessarsi al problema del gioco in quanto inizia a riconoscerlo come

“un passo avanti straordinario nell’evoluzione della comunicazione, il momento in cui alcuni esseri viventi avevano scoperto, o si erano trovati ad avere fin dalla nascita, la consapevolezza innata [...] che un messaggio o un atto significativo poteva essere emesso come un messaggio per influenzare un altro essere vivente” (op. cit.; p.49)

commerci marittimi. Josiah Macy. Sr, trasferendo la famiglia a New York fondò una ditta di spedizioni e nel 1860 diede vita alla prima raffineria di petrolio di New York. Suo nipote Josiah Macy, Jr. si distinse per la sua filantropia ma non ebbe vita lunga morendo nel 1876 per aver contratto la febbre gialla. Sua figlia Kate decise di continuare la tradizione filantropica della propria famiglia creando nel 1930 la fondazione intitolata alla memoria di suo padre. (Cfr. http://www.josiahmacyfoundation.org).

La particolarità dei convegni organizzati dalla Fondazione consisteva nel fatto che in base al particolare tema da trattare veniva invitato un relatore a illustrare informalmente lo stato di avanzamento della propria ricerca di fronte ad un uditorio composto da circa venti scienziati selezionati al fine di favorire un approccio di tipo multidisciplinare. Gli incontri venivano scandenzati con regolarità annuale in base a cicli di circa cinque anni. Oltre al ciclo qui considerato e dedicato ai processi di gruppo, il più famoso è senz’altro quello tenutosi tra il 1946 e il 1952 e dedicato alla Cibernetica al quale anche Bateson prese parte. (Cfr. http://www.asc- cybernetics.org/foundations/history2.htm)

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La funzione del gioco può essere di puro intrattenimento, volta all’educazione o funzionale all’esplorazione e all’auto scoperta, ma l’aspetto più importante della funzione del gioco è quella comunicativa la quale, a sua volta, fornisce lo spazio e la libertà necessaria per mettere in discussione le stesse regole della comunicazione. Un modo per ridisegnare le «cornici» (frames)25

all’interno delle quali le relazioni interpersonali e la comunicazione hanno luogo. Per Bateson tali cornici rappresentano le interfacce attraverso cui gli esseri viventi entrano in relazione con la realtà.

Bateson utilizza il gioco come modello interpretativo delle dinamiche di interazione tra esseri viventi distinguendo tra gioco come elemento relazionale o play, e gioco inteso come game nella quale i comportamenti assumono una finalità ben precisa, prevalere o vincere sull’altro, guidata da un set di regole predefinite.

Da questo punto di vista per Bateson la Teoria dei Giochi di von Neumann da un lato fornisce un riferimento per la formalizzazione e la modellizzazione efficacie della questione, dall’altro vi ravvisa “[...] una serie di errori di concretezza mal posta, dovuti a scarsa sensibilità epistemologica nei confronti delle scienze umane, soprattutto in riferimento al concetto di "regola"”. La nozione di frame venne approfondita anche dal sociologo Erving Goffman nelle sue analisi del gioco e del comportamento in pubblico (Goffman, 1971). In Frame Analysis Goffman (1974) definisce i

frames come "i principi di organizzazione che regolano gli eventi e il nostro coinvolgimento soggettivo al loro interno". Il frame diventa l’elemento base della situazione e l’analisi del frame il mezzo per comprendere e rappresentare la società. (Zoletto, 2001)

Per Goffman (1969, 1971) si instaura tra gli attori un processo quasi automatico ed inconsapevole nel quale ciascuno dispiega le proprie conoscenze e aspettative esplicite e tacite,

25

Il concetto di frame,introdotto da Bateson nell'ambito delle scienze sociali, riveste importanza soprattutto rispetto ai suoi sviluppi successivi. Infatti la nozione di frame è alla base della formulazione della teoria sulla psicoterapia sistemica e famigliare sviluppata alla Scuola di Palo Alto basata sulla rottura e la modifica intenzionale dei frames. Tale teoria costruita su cinque assiomi della comunicazione, viene utilizzata come riferimento negli studi sulla comunicazione e sulle relazioni interpersonali. (Cfr. Watzlawick, Beavin, Jackson, (1972), La pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma)

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pregiudizi, presupposizioni. Tutti gli attori sociali dunque incorniciano la situazione in una categoria nota che ne caratterizza successivamente il comportamento. Inoltre, il frame costituire una cornice di senso non del tutto rigida che permette agli individui di agire all’interno di uno spazio di alternative che possono determinare il mutare del frame stesso. Così come pure il coinvolgimento è considerabile come uno stato di equilibrio precario in continuo divenire e funzione dell’interazione reciproca.

Dunque, in questa sede si ritiene che uno sguardo più attento alle posizioni che partono da Bateson passando per Goffmann rivesta un’importanza fondamentale per lo studio e l’inquadramento della natura intrinseca della Gioco/Simulazione in quanto fondanti per delle corrette riflessioni sulle sfumature e connotazioni che emergono evidenti dall’interazione «faccia-a-faccia» (face-to-face) tra gli attori.

1.1.4 La Gioco/Simulazione come linguaggio naturale