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Giocosimulazioni urbane e modelli quantitativi a grande

1. LA GIOCO/SIMULAZIONE URBANA

1.2 GIOCOSIMULAZIONI URBANE NEL XXI° SECOLO

1.2.1 Giocosimulazioni urbane e modelli quantitativi a grande

Le giocosimulazioni urbane rappresentano una declinazione della grande famiglia delle giocosimulazioni. L'uso nella pratica pianificatoria della Gioco/Simulazione come tecnica di analisi e di ricerca risale a oltre quaranta anni fa e col passare del tempo è cresciuto l’interesse per il suo utilizzo a supporto dei processi di coinvolgimento di cittadini o gruppi di interesse coinvolti in processi di progettazione o gestione urbana. Tutto questo fino ad un punto di evidente crisi di efficacia e difficoltà di sviluppare una base di riferimento solida e coerente.

Si può sicuramente affermare che il più grosso impulso allo sviluppo empirico e teorico alla Gioco/Simulazione è stato dato da studiosi delle problematiche urbane e di rapporti all'interno di comunità. Tra i primi a progettare ed utilizzare delle giocosimulazioni

in ambito urbano si possono citare Nathan Grundstein e Richard Meier. Grundstein nel 1959 con William Kehl disegna il gioco

COMMUNITY GAME che prevede la simulazione di una città per un tempo di trent'anni; nello stesso periodo Meier lavora all'idea di progettare e usare giochi di simulazione per esplorare concetti e processi politici, sociali e culturali. Il risultato della ricerca è

WILDLIFE, una simulazione che seppur non focalizzata sull'ambiente urbano introduce il concetto di comunità. Però il capostipite delle giocosimulazioni urbane, intese come «giochi operazionali» (operational-games) è senz'altro POGE (Planning Operational Game Experiment) di Francis Hendricks giocato e monitorato alla Cornell University fonte di ispirazione per molti progettisti (Rizzi, 2004).

Nel 1958 Richard Duke sviluppa METROPOLIS che successivamente modificato, migliorato e ribattezzato METRO (Michigan Experimental Teaching and Researching Operation) viene utilizzato nella città di Lansing, nello Stato del Michigan. Grazie al

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successo ottenuto Duke sviluppa il suo primo progetto complesso di simulazione urbana, METRO/APEX nel quale viene utilizzata la simulazione computerizzata. Fa parte di questo filone anche CLUG

(Community Land Use Game) sviluppato da Allan Feldt in collaborazione con il geografo urbano Brian Berry. Si tratta di un gioco basato su un modello di uso del suolo ispirato da WILDLIFE e

SQUARE MILE. Quest'ultimo è un gioco che tenta di dare una descrizione semplificata dello sviluppo di una città e della pianificazione urbana. Sempre Feldt, ispirato della versione di Paul Goodman di INTER-NATION, forse il primo esempio di giocosimulazione in teleconferenza, diede un ulteriore impulso sviluppando una serie di esercizi di simulazione a grande scala adatti ad essere giocati da 50-100 giocatori interagenti in una teleconferenza e conosciuti con l'acronimo MAGG (Metropolitan Area Growth Games) (Feldt, 1995).

Le giocosimulazioni urbane (GSU) si caratterizzano, in quegli anni, per essere principalmente degli strumenti di addestramento per pianificatori e amministratori, strumenti di apprendimento per studenti, e strumenti di ricerca per scienziati, a prescindere dal grado di complessità dei modelli e delle simulazioni, supportate o meno da computers. In aggiunta, vi era fiducia che potessero essere degli utili strumenti di analisi, previsione e definizione di politiche per pianificazione urbanistica e la progettazione. Infatti, l'esigenza per gli studiosi di pianificazione urbana, era capire il comportamento dei sistemi urbani ormai regolati da un numero di variabili enormemente superiori al passato e il più delle volte sconosciute o non prevedibili e pertanto difficilmente descrivibili o controllabili mediante semplici o singoli algoritmi matematici (Cecchini, 1988). Ma a dispetto di ciò la tendenza diffusa era comunque quella di integrare all’interno della GSU dei modelli a grande scala. La estrema rigidità insieme alla necessità di un numero elevato di dati; la pervicacia nelle proprie idee errate; la progettazione complessa insieme agli alti costi di realizzazione, e alla eccessiva generalità, grossolanità e meccanicità (Lee, 1973) sono ascrivibili come le cause della crisi e del tramonto dei modelli urbani a grande scala. Crisi che si abbatté sul futuro sviluppo ed utilizzo delle GSU. Anche

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se apparentemente i primi tre punti sembrano superati (Harris, 1994), i modelli a grande scala scontano comunque la pretesa di voler predire comportamenti futuri di sistemi complessi come quelli urbani.

È noto da tempo che in natura i sistemi complessi sono estremamente sensibili a piccole variazioni delle condizioni al contorno e che negli ecosistemi urbani una ulteriore dose di complessità va considerata: i comportamenti tenuti dagli attori/agenti, che insieme agli oggetti costituiscono il sistema, non sono sempre del tutto razionali e basati su ragionamenti facilmente ripercorribili, ma sono frutto di una continua interazione che vede le preferenze dei singoli connesse in modo coevolutivo (Allen, 1997).

La crisi dei modelli utilizzati nella pianificazione e la crisi intrinseca della pianificazione urbana che perdeva progressivamente i suoi connotati sociali per avvicinarsi sempre più alle scienze “dure” (Hall, 2002) (Alexander, 1992) hanno accelerato, dunque, un progressivo processo di obsolescenza delle gioco simulazioni urbane facendo emergere ulteriori specifici motivi di crisi di origine epistemologica, metodologica e pratica (Cecchini, Rizzi, 2001).

Per quanto riguarda l'origine epistemologica della crisi, si consideri la tendenza di molti studiosi delle discipline “deboli”, non dotate di forti statuti interni come la pianificazione urbana, a credere che i metodi e gli strumenti della fisica sperimentati con successo potessero migrare nelle scienze sociali dando luogo ai primi modelli urbani. Inoltre alla pianificazione urbana non veniva dato il compito solo di descrivere, analizzare ed interpretare lo sviluppo urbano ma soprattutto quello di predire ed escogitare strategie per raggiungere futuri possibili. Dunque importando la complessità algoritmica dei modelli a grande scala che promettevano la possibilità di ottenere previsioni sul comportamento di sistemi complessi all'interno delle GSU si credeva di poter raggiungere lo scopo.

La crisi di origine metodologico nasce dunque dalla necessità di estendere il dominio delle GSU a scopi predittivi oltreché solo per addestramento ed analisi sollevando non pochi problemi legati alla natura e bontà dei modelli posti alla base. In particolare il dubbio si

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poneva tra l'uso di modelli urbani puramente algoritmici e modelli ibridi basati a loro volta su sottomodelli meccanici connessi a dei sistemi di attori. Quando si è tentato l’utilizzo per scopi analitici e di previsione si la crisi epistemologica che si era abbattuta sui modelli a grande scala ha finito con lo spingere i progettisti di GSU a confinare l’uso di tali strumenti nel solo campo dell'addestramento.

Le ragioni pratiche che hanno dato origine alla crisi risalgono agli anni '80. Le GSU venivano considerati degli efficaci strumenti di pianificazione alla stregua dei piani elaborati da esperti che venivano considerati dei validi strumenti di governo. Tale convinzione era così radicata da considerare il conflitto come un processo che può essere razionalizzato, compreso e risolto. In realtà di fronte a conflitti di tipo sociale e stagnazione economica si verificò un disequilibrio di tipo regionale e tutte le tecniche ed i metodi della gioco simulazione urbana si rivelarono inefficaci e le amministrazioni pubbliche sospesero l'uso della giocosimulazioni urbane (Cecchini, Rizzi, 2001).

Benché una parte consistente dei membri di ISAGA si occupava di problemi legati all'urbanistica, ambiente e sociologia verso la fine degli anni '80 i settori dell'educazione e dell'apprendimento accanto alla formazione sono diventati trainanti: quasi un ritorno alle origini o un colpo di spugna rispetto alle evidenti difficoltà e perplessità che la gaming/simulation in ambito urbano mostrava.

1.2.2 Giocosimulazioni urbane come artefatto: