• Non ci sono risultati.

A tal fine ha natura di lucro cessante soltanto la perdita derivante dalla mancata percezione di redditi di cui siano maturati tutti i presupposti, mentre ogni altro pregiudizio appartiene all'area del danno emergente.

Non essendo questo il caso di specie, poiché risultava espressamente che il contribuente aveva percepito, per effetto della condanna, attribuzioni patrimoniali spettanti per contratto collettivo o per legge e perciò a titolo sicuramente diverso da quella di pura reintegrazione del patrimonio inciso (non potendosi considerare come entità patrimoniale nemmeno un congedo non fruito spettante ai fini di prevenzione da un rischio futuro ed incerto), non restava allora che fare applicazione, anche a detto caso, del principio generale secondo il quale, in tema di imposte sui redditi di lavoro dipendente, dalla lettura coordinata degli artt. 6, comma secondo, e 46 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, si ricava che, al fine di poter negare l'assoggettabilità ad IRPEF di una erogazione economica effettuata a favore del prestatore di lavoro da parte del datore di lavoro, è necessario accertare che la stessa non trovi la sua causa nel rapporto di lavoro e, se ciò non viene positivamente escluso, che tale erogazione, in base all'interpretazione della concreta volontà manifestata dalle parti, non trovi la fonte della sua obbligatorietà né in redditi sostituiti, né nel risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi futuri, cioè successivi alla cessazione od all'interruzione del rapporto di lavoro.

Non essendovi quindi dubbio che l'indennità di cui si discuteva trovava causa nel rapporto di lavoro e non essendovi ragione per supporre che essa fosse stata attribuita in sostituzione di altro genere di

reddito, tanto meno prospettabile come reddito futuro, a seguito della interruzione del rapporto di lavoro, non restava allora che concludere che detta indennità concorreva alla formazione della base imponibile.

In via generale, al di là del singolo caso processuale, pare comunque opportuno svolgere qualche breve considerazione di natura civilistica, al fine di meglio delineare le implicazioni tributarie nella fattispecie oggetto di esame.

Ai sensi dell’art. 1223 del codice civile, il risarcimento deve comprendere sia la perdita subita dal creditore (danno emergente) che il mancato guadagno (lucro cessante), in quanto siano conseguenza immediata e diretta dell’illecito.

La Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare, a tal proposito, che rientrano nel danno emergente tutti i pregiudizi subiti a causa della condotta della controparte inadempiente, compreso il rimborso delle spese affrontate in vista dell’adempimento.

In altri termini, il risarcimento del danno emergente intende porre il danneggiato nello stesso stato in cui si trovava prima dell’evento.

Il lucro cessante, invece, rappresenta quanto il danneggiato avrebbe ricavato in caso di adempimento dell’obbligazione, escludendo quei guadagni meramente ipotetici, perché dipendenti da condizioni incerte.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2056, comma 2, del codice civile, il lucro cessante deve essere valutato dal giudice “con equo apprezzamento delle circostanze del caso”.

In applicazione del già richiamato art. 6, comma 2, del Tuir, “I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti ...”.

L’art. 6, comma 2, del Tuir legittima dunque la tassazione delle somme a titolo risarcitorio solo se, e nei limiti in cui, si rilevino dirette a reintegrare un danno correlato alla mancata percezione di redditi.

Come del resto evidenziato anche dall’Amministrazione finanziaria con la ris. n. 155 del 27 maggio 2002, “è principio generale quello per cui, laddove l’indennizzo vada a compensare, in via integrativa o sostitutiva, la Anno 2016 Numero 4 Maggio Sezione

periodico di approfondimento del Commercialista Telematico ®

© 1995 - 2016 Commercialista Telematico®. È vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro presente su questo sito. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della L. 633/41 e pertanto perseguibile penalmente.

Dichiarazione dei redditiDichiarazione dei redditi Dichiarazione dei redditi

Continua

mancata percezione di redditi di lavoro, ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito, vanno assoggettate a tassazione e così ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente”.

Per contro, in presenza di un danno emergente, “assume rilevanza assoluta il carattere risarcitorio del danno alla persona del soggetto leso e manca una qualsiasi funzione sostitutiva o integrativa di eventuali trattamenti retributivi: pertanto gli indennizzi non concorreranno alla formazione del reddito delle persone fisiche per mancanza del presupposto impositivo”.

In tema di tipologie di erogazioni pecuniarie, riferibili ad un sottostante rapporto contrattuale di lavoro dipendente, particolare interesse hanno peraltro sempre destato quelle erogazioni di natura tendenzialmente risarcitoria quali le indennità per ferie non godute.

L'individuazione di una eventuale natura reddituale, od al contrario di una eventuale natura risarcitoria che giustificherebbe la non imponibilità ai fini Irpef in capo ai percipienti, deve allora necessariamente basarsi su un'attenta analisi della categoria reddituale di riferimento, che nel caso di specie è quella del reddito di lavoro dipendente, al fine appunto di individuare se l'elemento economico sia riconducibile nell'ambito del concetto di reddito (incremento di ricchezza) tassabile, o, viceversa, se sia riconducibile nell'area delle mere erogazioni monetarie compensative di un decremento patrimoniale per danni (compensazione di un decremento di ricchezza), o un danno alla persona (danno biologico), non assoggettabile ad imposizione.

Questo inquadramento interpretativo è infatti in linea con il principio costituzionale della capacità contributiva, il quale sarebbe violato ove detta norma consentisse di tassare tutte quelle forme di indennità aventi natura risarcitoria-compensativa di un danno patrimoniale od alla persona.

La portata onnicomprensiva della previsione in tema di retribuzione ha in sostanza l’effetto di far rientrare potenzialmente nella determinazione di lavoro dipendente qualsiasi erogazione sorta nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente,

Per stabilire però la tassabilità o meno di un provento, occorre sempre rifarsi all'art.1 del Tuir, che definisce presupposto dell'Irpef il possesso dei redditi. Poiché è pacifico che il reddito è un flusso di ricchezza, cioè un elemento dinamico, mentre il patrimonio è un elemento statico, una reintegrazione del patrimonio non può allora, per definizione, costituire reddito.

Dal punto di vista della interpretazione giurisprudenziale della Corte di Cassazione, occorre però osservare che la stessa Corte Suprema non ha raggiunto in tema di natura delle indennità in esame, una uniformità di pensiero tale da raggiungere quel grado di certezza giuridica che permetta di risolvere definitivamente la questione.

Anno 2016 Numero 4 Maggio Sezione

periodico di approfondimento del Commercialista Telematico ®

© 1995 - 2016 Commercialista Telematico®. È vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro presente su questo sito. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della L. 633/41 e pertanto perseguibile penalmente.

Dichiarazione dei redditiDichiarazione dei redditi Dichiarazione dei redditi

L’avviso bonario di cui all’art. 36 bis Dpr n. 600/73 è impugnabile dinanzi al giudice tributario in quanto atto contenente una specifica pretesa tributaria.

Quanto sopra è contenuto nell’ordinanza n.3315/2016 della Cassazione da cui emerge che ogni atto adottato dall’ente impositore che porti a conoscenza del contribuente una specifica pretesa tributaria è impugnabile dinanzi al giudice tributario.

Atti tributari impugnabili

L’art. 36 bis, comma 3, prevede che l’ufficio finanziario a seguito dei controlli automatici sulle dichiarazioni dei redditi e nel caso emerga un risultato diverso comunica al contribuente l’imposta o la maggiore imposta risultante. E’ previsto, altresì, che lo stesso contribuente, a seguito della segnalazione, comunica, in contraddittorio con l’ufficio, se ci siano elementi non considerati o non valutati. Pertanto l’ufficio finanziario, se dai controlli emerge un risultato diverso da quello indicato nella dichiarazione, lo comunica al contribuente o al sostituto d'imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.(1)

Si evidenzia che al fine dell’impugnabilità degli atti tributari occorre richiamare l’art. 2 D Lgs n. 546 del 1992 che ha ampliato le categorie degli atti che rientrano nella giurisdizione tributaria includendovi i tributi di ogni genere e specie”, ivi compreso il contributo al Sevizio Sanitario nazionale. Con tale formulazione, pertanto, l’elenco degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del medesimo decreto, anche se può essere considerato tassativo, non va ritenuto esaustivo ma da aggiornare in relazione ai pronunciamenti della giurisprudenza. Ad esempio, il preavviso di fermo amministrativo concernente una pretesa creditoria di natura tributaria è impugnabile dinanzi alla Commissione tributaria in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente, destinatario del fermo; è un provvedimento a pieno titolo impugnabile dinanzi al giudice tributario, atteso che è stato incluso tra gli atti impugnabili nel processo tributario di cui all’art 19, lett). e-ter, del d. lgs. n. 546/1992, come modificato dal D.L n.16 del 02/02/2012. (2)

Non sono impugnabili, ad esempio, i pareri resi dalla Amministrazione finanziaria in sede di interpello preventivo nonché le circolari emanate con le quali sono interpretate le disposizioni normative, anche qualora contengano istruzioni operative agli uffici gerarchicamente subordinati. Si tratta di un mero atto interno dell'Amministrazione non vincolante per il contribuente e la relativa Circolare non è, quindi, impugnabile né davanti al giudice tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva né davanti al giudice amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione.

Fatto

La società ricorrente ha impugnato con ricorso la comunicazione di irregolarità ex art. 36 bis e sia in primo che secondo grado i giudici tributari non hanno accolto le motivazioni addotte dalla stessa. In particolare, la CTR ha Anno 2016 Numero 4 Maggio Sezione

periodico di approfondimento del Commercialista Telematico ®

© 1995 - 2016 Commercialista Telematico®. È vietata ogni riproduzione totale o parziale di qualsiasi tipologia di testo, immagine o altro presente su questo sito. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è violativa della L. 633/41 e pertanto perseguibile penalmente.

Dichiarazione dei redditiDichiarazione dei redditi Dichiarazione dei redditi

Documenti correlati