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IL GIUDIZIO RIFLETTENTE COME PARADIGMA FILOSOFICO DELLA PHILOSOPHY FOR CHILDREN

Introduzione

Che cosa significa oggi – dopo l'epilogo della ragione forte e fondazionista cui ha condotto la crisi intellettuale del nostro secolo – parlare ancora di “razionalità” e “ragionevolezza”? E quali percorsi del pensiero vi conducono? Al di là dell'enfasi che viene data all'uno o all'altro aspetto del pensare, sembra che il paradigma scientifico-culturale che emerge nel dibattito contemporaneo ci impedisca di riferirci ad un modello di pensiero semplice e lineare.62

Si sono scelte queste parole come incipit, in quanto il tentativo di dare una risposta al quesito che Marina Santi pone, costituisce l'oggetto della seconda parte del presente lavoro.

Nei prossimi paragrafi si cercherà cioè di comprendere cosa si intenda esattamente con “crisi del pensiero forte” e perché questa crisi ci metta di fronte all'impossibilità di utilizzare un modello di pensiero lineare. Chi scrive crede fermamente che ci sia un'alternativa e una valida possibilità di risposta dopo la fine del fondazionalismo. Si analizzerà tale modello multidimensionale e complesso nelle sue origini e nelle sue potenziali applicazioni, rese possibili dall'attualizzazione di esso ad opera di numerosi autori contemporanei. Alla luce di tutto ciò emergerà chiaramente come la Philosophy for Children si inserisca perfettamente in questo nuovo modello, costituendone l'applicazione pratica nel contesto educativo-didattico.

Ma cosa significa “pensiero forte” e cosa ne consegue dalla sua crisi?

Il pensiero forte racchiude tutte quelle visioni del mondo che ordinano il reale secondo criteri definiti e assoluti, che collaborano alla fondazione e assolutizzazione del sistema. Il pensiero forte è animato dalla necessità, la logica che vive in esso è rigida e normativa e il mondo è saldamente fondato su principi unici e necessari. La crisi dei fondamenti conduce rovinosamente alla crisi della ragione e cade ogni universale normativo che garantisca la verità e la validità del sistema. Con la caduta di ogni verità metafisica e di ogni certezza che fino al diciannovesimo avevano abitato il pensiero occidentale, muta la concezione 62 M. Santi, Ragionare con il discorso, cit., pagg. 6,7.

stessa di ragione e, in maniera inevitabile e consequenziale, anche l'idea di conoscenza. La gnoseologia infatti non si porrà più come obiettivo la scoperta di principi saldi e onnicomprensivi, ma si affiderà piuttosto ad un processo conoscitivo ermeneutico-interpretativo, figlio di una ragione non più assoluta, ma di una ragionevolezza che sempre più si riavvicina all'antica φρόνησις aristotelica.

Con la caduta dei vecchi idoli occidentali si annuncia quindi la crisi del pensiero forte che porta con sé una rivoluzione totale su tutto il piano ontologico e gnoseologico.

Riprendendo le parole di Santi, il pensiero, in seguito a questa frattura insanabile, non potrà più affidarsi ad un modello teorico, semplice, con direzioni predeterminate e governate da una rigida normatività. Ma la sua vita non è per questo finita, chiusa la porta del fondazionalismo, al pensiero occidentale si aprono molteplici possibilità, che non conducono ad un relativismo incontrollabile, ma che solo ora sono consapevoli della complessità del reale e della natura umana, affrontabile solo grazie ad un modello di pensiero multidimensionale e creativo, che tenga conto di un principio fondamentale: il mondo non è assimilabile ad un testo univoco, ma piuttosto a testi equivoci. Per muoversi in esso è quindi necessario un modello teorico e comportamentale elastico, che non si lasci ammaliare dal fascino di principi e verità assolute, ma che tenga conto della contingenza e dell'esigenza ermeneutica dei fatti, senza rinunciare ad universali a cui riferirsi.

La crisi del pensiero forte ha dunque introdotto nel mondo occidentale un mutamento radicale di tutto il quadro concettuale. Se mutano categorie, concetti, valori e modalità di metterli in relazione, muta conseguentemente anche il ruolo e la modalità del soggetto che pensa. La catena dei mutamenti non si ferma qui, se cambiano l'approccio al pensiero, le sue modalità e i suoi strumenti, cambia anche la modalità di educazione al pensiero stesso: «Rimosso il vecchio scenario, “indebolito” il pensiero e trovate altre direzioni di senso per l'attività pensante e conoscitiva, l'asse di ricerca per tutte le aree di studio che hanno per oggetto il

pensare non può che subire un radicale spostamento»63.

L'educazione, l'istruzione e la didattica non sono esenti da queste trasposizioni e beneficiano dell'istituzione di un nuovo modello di pensiero flessibile e complesso.

La verità, la razionalità, la realtà, non possono più essere sussunte una volta per tutte sotto un unico universale determinante, ma si costituiscono secondo trame e relazioni di volta in volta differenti, che necessitano di categorie interpretative che si sappiano adattare al contesto e fungere da guida senza racchiuderle nelle strette maglie della normatività fondazionalista.

Essere consapevoli di esser situati in una trama ben precisa, in un contesto sviluppato lungo precise relazioni e pensare in una modalità conforme a tale consapevolezza.

Saper creare nuove modalità di pensiero, nuovi universali a cui riferirsi, ma che sappiano comunque essere dei punti di riferimento, delle guide, senza lasciarsi imbrigliare lungo sentieri precostituiti, saperne aprire di nuovi e saperli giustificare.

La ragione del futuro tenta sempre più di allontanarsi definitivamente dalla sua natura calcolatrice, rigida e predeterminata, e ormai si muove in maniera sempre più agevole tra la creatività e i processi di costruzione e produzione di significati e universali.

Il fondazionalismo ha ormai visto il suo epilogo, e la ragione deve oggi sapersi adattare alla nuova prospettiva che le si erge davanti, i suoi connotati sono cambiati e ciò le ha permesso di estendersi in campi del sapere che prima le erano preclusi.

Sempre più infatti il mondo attuale ci mette davanti a zone grigie, i cui confini sono sfumati e non ben delineati. Queste “zone grigie”, così come si sono chiamate si possono racchiudere nell’insieme della 'Phronetica'.

Paul Ricoeur, riprendendo Aristotele e la terza Critica kantiana, è maestro in questo e racchiude nella 'Phronetica' tutte quelle situazioni che non possono 63 Ivi, pag.10.

essere giudicate con un rigido e determinato universale, con cui non è possibile eseguire la meccanica sussunzione del caso sotto un’unica norma.

L’evoluzione scientifico-tecnologica, i progressi nel campo della medicina e della bioetica, la trasformazione dei valori e lo svanire dei confini culturali, per lasciare posto al multiculturalismo all’interno di uno stesso territorio, tutto ciò è complice nel rendere sempre più difficile il giudizio. Il giudizio scientifico, in seguito alla crisi del pensiero forte, si trova ad essere sempre più inadeguato per i fatti, i valori e le esperienze che il contesto contemporaneo ci pone davanti. Ma allora, che tipo di giudizio è idoneo in un mondo che non è più in bianco e nero, ma che si differenzia in molteplici sfumature?

Quale modello di pensiero si sostituisce al pensiero forte? Che tipo di verità dovrà essere prodotta al posto delle verità eterne e immutabili? Quale modello teorico e comportamentale fungerà da guida e permetterà di orientarsi in un mondo i cui connotati sono definitivamente mutati? Ma sopratutto, in questa prospettiva, che posto è riservato alla filosofia? Quale filosofia si rivelerà adeguata nell'epoca post-metafisica?

Dopo il declino della razionalità “forte” epistemologicamente orientata, dopo la caduta della ragione fondazionista che l'ideale illuminista ha portato con sé, nel bel mezzo della crisi culturale che ha condotto alla resa il dominio della logica formale durato secoli; quale diritto di esistere e quale futuro si prospettano per la filosofia?64

Cercare di fornire una risposta a questi interrogativi non è affatto facile. I seguenti paragrafi ne rappresentano un tentativo. Appare più agevole, in vista di un'autentica e profonda comprensione del problema, scindere la questione in due parti e argomentarle separatamente.

Il primo sotto-problema riguarda il significato della crisi del pensiero forte che Marina Santi ha lucidamente descritto. Quando è accaduta? E, se c'è, quale fu il momento di svolta che non rese più possibile un ritorno ai vecchi paradigmi? 64 Ivi, pag. 82.

Qual è poi il panorama che questa svolta ha prodotto, che tipo di pensiero e di filosofia sono possibili in seguita alla caduta degli immutabili, in un'epoca post- metafisica?

Si giunge così alla definizione del secondo problema: il modello teorico e comportamentale idoneo a fungere da guida in un contesto come quello precedentemente descritto e indagare che tipo di validità esso può garantire e quali sono i suoi campi applicativi.

Col procedere delle pagine si vedrà che un modello che si adatti alle nuove esigenze del mondo contemporaneo non solo è possibile, ma esiste da ancor prima che tali urgenti esigenze nascessero. Immanuel Kant ne fornì le coordinate, pensandolo inizialmente all'interno del campo estetico, forse non prevedendone l' utilità e, ad oggi, la necessità in molti altri contesti.

Il Giudizio riflettente, ripensato da autori contemporanei come modello teorico-comportamentale valido nei più svariati campi, dall'originaria estetica fino alla politica, il diritto, la morale, la bioetica, e qui si vuole aggiungere, le pratiche educativo- didattiche, si pone come faro nel buio provocato dalla caduta del pensiero forte.

Tenendo ben a mente il percorso qui delineato si inizi ora la trattazione della prima questione, ovvero il punto di svolta che ha determinato la definitiva crisi del pensiero forte.