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A questo punto della riflessione, vorrei aprire una breve parentesi su di un aspetto ineludibile se si parla di istruzione ed educazione. La questione della valutazione dell'efficacia e della validità del metodo educativo proposto.

Per quanto riguarda la Philosophy for Children la situazione non è di semplice gestione, in quanto come si è visto, finalità e presupposti non sono sempre tangibili e quindi la misurazione della sua validità non facilmente disponibile, né efficace se espressa in termini quantitativi.

In qualsiasi contesto ci siano degli obiettivi, automaticamente si inserisce l'esigenza di valutare la realizzazione degli scopi al termine dell'attività. Quando si parla di valutazione è inevitabile pensare ad una misurazione quantitativa, sopratutto nel contesto scolastico in cui quando si valuta, si colloca "il valutato" a un determinato valore della scala che si sceglie di adottare per la misurazione del grado di efficienza dell'abilità sotto esame.

Anche al di fuori dell'ambito didattico, la connotazione quantitativa della valutazione continua a reggere e fornire numerosi esempi. Si pensi allo sport, a qualsiasi tipo di attività sportiva corrisponde una serie di criteri quantitativi, ovvero oggettivi e perciò misurabili, che definiscono classifica, vincitori e vinti. Nel calcio non vince sempre la squadra che ha giocato meglio, ma quella che ha segnato più gol. Certo, spesso una buona qualità di gioco porta poi a segnare più reti rispetto all'avversario, ma non sempre accade così; tuttavia ciò che conta nella determinazione del vincitore e dello sconfitto, non è la qualità del gioco, o l'affiatamento della squadra, ma il numero di palloni calciati in porta. Lo stesso nella pallacanestro, chi segna più punti avrà la meglio anche se l'avversario in campo ha fatto scuola in termini di tecnica e azioni di gioco. Si pensi poi a tutti gli altri sport, in cui addirittura dei giudici assegnano un punteggio, un numero che sta ad indicare la valutazione di una performance più o meno corretta. Nei cento metri vince chi taglia per primo il traguardo, l'importante non è il come ma il quando. Certamente in tutti gli esempi fatti la buona tecnica il più delle volte

coincide e porta al buon risultato, ma non è sempre così.

L'attitudine a misurare quantitativamente delle prestazioni nasce dall'esigenza di fornire dei criteri comuni e universali che non lascino spazio alle interpretazioni soggettive delle attività, in modo da determinare in maniera sicura e infallibile il risultato migliore.

Misurare quantitativamente prestazioni, oggetti, tempi, azioni e tutto ciò che ci circonda, ci ha senza dubbio facilitato la vita e agevolato la convivenza. Poter dire "Troviamoci alle 12.00 del 27 febbraio", è senza dubbio più agevole che contare le lune e individuare approssimativamente la posizione del sole nel cielo. Ma la valutazione quantitativa non sempre è la più idonea. Ci sono attività e prestazioni che subiscono una riduzione in termini di senso e significato se misurate esclusivamente in termini quantitativi.

È giusto quindi ricordare che l'analisi quantitativa di ciò che si deve valutare è utile, oggettiva, comoda e finalizzata all'eliminazione di tutti quei criteri soggettivi che intaccherebbero la neutralità del giudizio, ma non sempre è in grado di misurare le qualità essenziali della prestazione e non riesce a restituirne un'immagine completa e corrispondente alla realtà.

È proprio questo il caso della spinosa questione della valutazione della validità e utilità del curricolo Philosophy for Children. La questione si complica nel caso di un programma che si pone come approccio educativo al pensiero. Perché? Innanzitutto a causa della natura del pensiero stesso in questione; come già si è accennato e come si approfondirà in seguito, il modello di pensiero proposto dalla P4C è multidimensionale e una sua valutazione quantitativa implicherebbe l'utilizzo di una serie infinita di criteri. Il numero delle variabili, inoltre, aumenta ulteriormente non appena si ricorda la caratteristica situazionale della pratica, perciò le variabili contestuali andrebbero ad impattare sui criteri in precedenza definiti. Non ultimo, non si deve dimenticare, come è stato precedentemente ampiamente discusso, che il potenziamento di determinate skills cognitive è solo funzionale e conseguente al perseguimento del fine principale del curricolo, ovvero la promozione di una vita individuale e collettiva

migliore. Ciò a cui mira la Philosophy for Children quindi, è l'insediamento di atteggiamenti, disposizioni, stili di pensiero che non possono certo essere misurati in termini quantitativi. Ma il problema sussiste. Lipman stesso lo riconobbe. Marina Santi, durante un'intervista al fondatore23, chiede spiegazioni di fronte all'incongruenza creata dalla dichiarazione esplicita degli obiettivi primari della pratica e la creazione di un test ad hoc, atto a misurare risultati specifici, isolati e quantitativi.

Lipman stesso ammette che è stato creato un test solo per adeguarsi alle pretese dello Stato del New Jersey, il quale per l'approvazione di un nuovo metodo esige un test che ne valuti l'efficacia. Per lo Stato quindi, un programma funziona se supera con successo un test, ed ecco quindi che nel 1976 venne creato il New Jersey Test of Reasoning Skills (NJTRS).

Il test, come è stato detto, è stato creato appositamente dall'Educational Testing Service per valutare l'efficacia formativa della P4C e consiste in cinquanta item, corrispondenti a ventidue aree di abilità. Questi item corrispondono a competenze misurabili e quindi suscettibili di valutazione. Il test che è stato costruito si definisce un test di ragionamento e misura abilità razionali generali quali quelle di lettura, scrittura, logico-matematiche e di problem solving. Al di là dei limiti che un test creato ad hoc inevitabilmente presenta, la questione è molto più ampia e profonda. L'efficacia della pratica filosofica infatti non può e non deve essere ridotta esclusivamente a questi criteri quantitativi. Marina Santi in Ragionare con il discorso centra perfettamente il punto: «può un test quantitativo valutare adeguatamente il progresso qualitativo del pensiero nella sua globalità, nelle sue componenti motivazionali, di stile, di atteggiamento, di disposizione così via?»24. Nessuna miglior risposta delle parole di Matthew Lipman stesso, sollecitato proprio sulla questione del NJTRS:

[…] né io, né negli altri che con me lavorano sulla 'Philosophy for Children' , intendiamo cadere nell'illusione che il test sia la misura veritiera del valore del

23 M. Santi, Conversazione con Matthew Lipman, in A. Cosentino, Filosofia e formazione, cit., pagg. 47- 60.

programma, anche se finora abbiamo ottenuto buoni risultati con i test. Intendo dire che noi siamo sicuri che bambini al grado elementare della scolarizzazione esposti al programma per un anno, per due o tre volte alla settimana, hanno avuto degli incrementi significativi nelle abilità di scrittura, lettura e logico- matematiche, ed abbiamo 'prove' in questo senso; ma isolare questi risultati dal contesto è molto pericoloso, perché può dire agli educatori da un lato troppo e dall'altro troppo poco: troppo, perché il procedere del nostro programma non è funzionale all'incremento di queste abilità, ovvero ciò non avviene 'necessariamente'; troppo poco, perché gli obiettivi della 'Philosophy for Children' vanno al di là della presenza di questi incrementi quantitativi, per abbracciare tutta la qualità dell'apprendimento e dell'educazione.25

Qui non si vuole sostenere la completa inadeguatezza o inutilità del test. Anzi. Ciò che era d'obbligo fare, era sottolinearne i limiti d'applicazione e la relatività dei risultati dovuti alla caratteristica contestuale del programma e al suo senso più essenziale. Il NJTRS tuttavia, può essere un utile strumento di controllo e monitoraggio di determinate qualità. La natura contestuale è limite invalicabile, e perciò come ricorda Antonio Cosentino in un suo articolo, ciò che è utile misurare con il test, non sono valori assoluti e validi universalmente, ma la distanza rilevata nei valori delle diverse competenze, prima e dopo lo svolgimento continuato e costante della pratica26. Il test verrà quindi somministrato all'inizio del modulo, sia per avere indicazioni circa le aree di competenze della comunità di ricerca più scarse e da sollecitare maggiormente, sia per avere valori di riferimento su cui poi misurare i progressi futuri. Al termine del progetto deve seguire una seconda somministrazione che fornirà una visione globale dei cambiamenti e miglioramenti avvenuti, comparando gli ultimi risultati con i dati iniziali.

La valutazione quantitativa per la P4C non è quindi da eliminare o demonizzare, ma può essere valido supporto per il monitoraggio di alcune aree di competenza, purché se ne ricordi il carattere non necessario e sopratutto non primario. Il pensiero che Lipman e i suoi vogliono educare, è un pensiero che

25 M. Santi, Conversazione con Matthew Lipman, in A. Cosentino, Filosofia e Formazione, cit., pag. 55. 26 Cfr. con A. Cosentino, Il 'New Jersey test of reasoning skills', in A.Cosentino, Filosofia e Formazione,

mira alla qualità, non alla mera quantità. L'orientamento alla qualità è caratteristica costante del curricolo, esso non manca di esprimersi anche nel caso dei contenuti, che il prossimo paragrafo analizzerà occupandosi dei testi creati e utilizzati per la P4C.