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In questo capitolo si indagheranno proprio quei richiami filosofici che la Philosophy for Children esplicitamente dichiara di evocare, e che effettivamente possiede; se ne analizzeranno i tratti principali e il tessuto filosofico generale che da essi emerge, giungendo alla fine ad una chiara visione dell'insufficienza di tali tratti nel tentativo di fungere da fondamenti paradigmatici del modello nell'attuale contesto filosofico.

Nel quadro teorico che la Philosophy for Children aveva a disposizione per determinare le sue radici filosofiche, essa ha privilegiato nomi lontani nel tempo, ma vicini tra loro per quanto riguarda la concezione che essi avevano della filosofia. Socrate, Wittgenstein, Peirce, con le debite differenze, consideravano la filosofia, non come una dottrina, ma come un'attività. Un'attività quella filosofica, che si delinea come un processo, il cui motore è la meraviglia e la curiosità di fronte al mondo. Il filosofare, più che la filosofia, è ciò che rende l'uomo consapevole di tale meraviglia e lo spinge ad indagare il significato del suo stare al mondo.

Certamente il carattere procedurale e la spinta derivante dallo stupore di fronte al mondo, sono due qualità che la Philosophy for Children non esita a palesare.

Marina Santi in un articolo pubblicato in “Scuola e città” nel 1993, chiarisce esattamente cosa si intende affermando che la Philosophy for Children sia un'attività filosofica a tutti gli effetti. Il filosofare, e di conseguenza ciò che accade nelle sessioni del programma Lipman, è un processo di pensiero ben specifico, che si differenzia dalle altre modalità per i suoi contenuti e il suo metodo d'approccio al mondo e alle cose. Inoltre il filosofare è un processo intellettivo unico grazie all'utilità trasversale che esso assume nel contesto

didattico e alla natura procedurale che lo distingue nella sua attività di ricerca. I risultati di tale processo inoltre, non si arrestano al livello cognitivo, ma assumono una valenza pratica, di importanza essenziale nell'approccio alla vita. Filosofare cambia quindi non solo il modo di pensare, ma sopratutto cambia il modo di vivere e interpretare il mondo.

Le suggestioni fin qui evocate, non sono certamente di secondaria importanza, ma ciò che ci si deve chiedere è se la natura filosofica di tutto il processo del curricolo, sia evocata con lo scopo di farne emergere le radici filosofiche o se invece, venga privilegiato lo scopo pedagogico, in cui non viene sicuramente negata la tradizione filosofica che la Philosophy for Children porta con sé, ma essa viene esplicitata per esser posta al servizio delle finalità pedagogiche.

A tal proposito, Antonio Cosentino e Stefano Oliverio, autori de Comunità di ricerca filosofica e formazione, nell'analizzare la natura, l'essenza della comunità di ricerca filosofica, ammettono che la prospettiva pedagogica sia dominante nella loro indagine. L'oggetto della loro ricerca, come gli autori fin da subito chiariscono nell'Introduzione, è molto complesso ed evoca una molteplicità di contesti, tra cui sicuramente, si inserisce, tra gli altri, anche quello filosofico. Tuttavia, poco più avanti essi scrivono:

L'indagine si colloca all'interno di un orizzonte nitidamente pedagogico, non solo perché Matthew Lipman e Ann Sharp hanno ideato la CdRF – con un'inventiva appropriazione di un costrutto originariamente peirciano – all'interno di una riflessione su come ricostruire/trasformare le pratiche educative ma, sopratutto, perché nell'esplorazione della CdRF ne va di un ri-pensamento dell'educazione quale volano di emancipazione umana e perfezionamento della democrazia come forma di vita.49

La filosofia, da queste parole, sembra confermarsi al servizio delle nobili finalità pedagogiche del programma. Tali finalità, si desidera sottolinearlo

49 A. Cosentino, S. Oliverio, Comunità di ricerca filosofica e formazione, Liguori Editore, Napoli, 2011, pagg. VIII – IX.

ulteriormente, sono essenziali e, mirando ad una migliore convivenza 'interumana', collaborano sicuramente alla costruzione dei suoi presupposti.

Se le cose stanno così però, la Philosophy for Children sembra delinearsi più come una Pedagogy for Children o ancora, una Philosophy for Pedagogy, posta cioè al suo servizio.

A mio parere, la filosofia di cui è intrisa la Philosophy for Children va oltre, pur mantenendole, tali finalità, essa è la manifestazione della tendenza filosofica che il nostro tempo impone. Questa delicata questione verrà affrontata nella parte successiva, qui ci si vuole concentrare unicamente sugli importanti richiami filosofici che il curricolo Lipman esplicitamente dichiara.

§ 1: La dimensione dialogica: tra Socrate e Platone

La scrittura è in una strana condizione, simile veramente a quella della pittura. I prodotti cioè della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se li interroghi, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano le parole scritte […].50

L'inizio della tradizione filosofica occidentale, è segnato da una contraddizione che vede oralità e scrittura, fondersi in un fecondo paradosso. È a tutti noto che Socrate non scrisse nulla. La sua “dottrina” per esser salvata e trasmessa doveva quindi essere tradita, fu Platone che trovandosi ad oscillare tra oralità e scrittura riuscì a trovare un medium che salvasse le indicazioni del maestro e allo stesso tempo ne superasse i limiti intrinseci. Con i suoi dialoghi Platone si pone come possibilità di stimolo continuo alla ricerca filosofica.

Invece di esser letti come sentenze di verità definitive, Cosentino ipotizza che i dialoghi platonici possano esser letti anche secondo questa prospettiva interpretativa, come continua occasione di ricerca di significati condivisi tramite il dialogo comunitario.

Matthew Lipman, nella stesura dei suoi racconti per il programma Philosophy for Children si è mantenuto all'interno di questo paradosso tra oralità e scrittura, reinterpretando e attualizzando la struttura dei dialoghi platonici. I racconti di Lipman, analizzati nei capitoli precedenti si pongono come strumenti e mezzi ideali per avviare la pratica del con-filosofare, per istituire un filosofare comunitario.

La congruenza del mezzo filosofico adottato da Lipman, non è l'unico elemento evocativo dell'antica tradizione filosofica occidentale.

Il richiamo socratico si fa sentire in maniera ancora più esplicita, accomunando metodo socratico e metodo Lipman sotto molteplici punti di vista.

L'elemento comune che subito salta agli occhi è proprio la natura della

discussione socratica, il cui intento si allinea perfettamente con quello della pratica della P4C. Entrambi, di fronte all'oggetto della discussione impegnano i membri della comunità in uno sforzo condiviso di ricerca della verità. Sollecitate da una domanda, da un interrogativo, da un dubbio, le comunità socratica e lipmaniana danno inizio alla loro ricerca cercando una risposta condivisa, che non necessariamente dovrà essere la definitiva.

Per quanto riguarda gli strumenti di tale indagine, ancora una volta Socrate si pone da modello per Lipman: scambio di idee, argomentazioni e giustificazioni razionalmente fondate e analisi condivisa dei concetti. Sono questi gli utensili a disposizione della comunità. L'appello all'ipse dixit è vano se non viene fondato e giustificato. L'analisi dei concetti è una delle azioni che più impegnano le comunità, infatti esse non si accontentano della mera definizione di esse, ma avviene tramite la proposta e la successiva discussione di un esempio concreto proveniente dalla vita reale dei partecipanti, in modo da mettere subito alla prova le affermazioni astratte.

Una comunità non è un mero agglomerato di persone, i suoi membri devono condividere l'autentica volontà di pervenire alla scoperta di significati condivisi, la loro intenzione dev'essere la verità, non la smania di sopraffare gli avversari dialettici.

A tal proposito, una prima incongruenza con la tradizione socratica si ha se si considera che la comunità socratica, a differenza della comunità di ricerca filosofica, era aperta; ogni giorno potevano alternarsi membri differenti, che certo ogni volta condividevano metodi e presupposti della ricerca, ma non riuscivano in questo modo a costituire una vera e propria comunità dotata di identità specifica. Nella Philosophy for Children, una volta istituita la comunità di ricerca filosofica, è importante invece che gli equilibri non vengano alterati cambiando partecipanti o ritirandosi dall'impegno preso.

La filosofia socratica e il curricolo americano condividono invece l'intenzione, proponendo ai loro “adepti” l'indagine sui presupposti dell'esperienza quotidiana. È proprio tale proposito che rende la P4C un'attività

filosofica idonea all'età infantile. Tutti i bambini vivono all'interno di un contesto specifico e compiono giornalmente molteplici esperienze, imparare a ragionare e a riflettere su ciò che essi vivono, imparando a scorgerne presupposti e implicazioni, consentirà loro lo sviluppo di un'ampia consapevolezza intellettuale e democratica.

In un articolo pubblicato nel 200051, Cosentino porta l'attenzione su di un aspetto segno di incongruità tra Socrate e la Philosophy for Children. L'immagine di Socrate che emerge dai dialoghi platonici e l'immagine del facilitatore dipinta da Lipman, non sono secondo l'autore sovrapponibili.

Il Socrate platonico infatti decide la direzione del dialogo, e si pone come conduttore ironico, egli seppur con un'opera maieutica ha un obiettivo ben preciso a cui vuole condurre l'interlocutore, il facilitatore della comunità di ricerca invece, si pone più come un ascoltatore, che cerca di valorizzare gli interventi di tutti i membri, mettendone in luce differenze e qualità, è la comunità che guida e sceglie la direzione, egli si preoccupa di mantenerla entro i binari della razionalità. Certo, il facilitatore spesso agisce come un tafano, proprio come Socrate, pungolando la comunità e invitandola a radicalizzare quanto più possibile, distinguendosi da Socrate che dava per scontate le premesse condivise.

In conclusione, Lipman, propone come mezzo del suo programma l'argomentazione dialogica ispirandosi, mutatis mutandis, alla tradizione socratico-platonica. Ciò che a questo punto più lo accomuna con l'inizio della filosofia occidentale è la credenza nel valore educativo e formativo della filosofia, di quella filosofia che si allontana dai trattati manualistici, ma che scende nella vita e si intreccia con essa.

51 A.Cosentino, Socrate come inizio perduto della filosofia, in A.Cosentino, Filosofia e Formazione, cit., pagg. 214-216.