Chiamato subitaneamente a presenziare ad un impegno istituzionale di ingente levatu- ra (l'incoronazione a Bologna di Carlo V da parte del pontefice massimo), il soggiorno falsineo si rivela per Vicino l'occasione giusta per una rimpatriata con alcuni membri della famiglia Medici, oltre che per ostentare il nuovo e probo status sociale conferitogli dall'ascesa al Ducato di Bomarzo. Inseritosi nel bel mezzo di un alterco dialettico tra Alessandro ed Ippolito, Vicino ha comunque modo di rinsaldare le pubbliche relazioni tra la propria progenie Orsini e quella dei Medici, assicurandosi un proficuo sodalizio politico-istituzionale anche per gli anni a venire. Nel corso della processione per le vie di Bologna, l'attenzione del Duca di Bomarzo e dei suoi accoliti viene inoltre catturata dalla presenza di leggiadre fanciulle, tra le quali una in particolare alletta sia Vicino che il fratello minore Maerbale, scatenando la congenita ed immanente gelosia viciniana verso un possedimento che il Duca riteneva appartenergli di diritto. Poco dopo, tramite un arzigogolato intreccio di eventi (Maerbale e Silvio de Narni finiscono per scappare da un covo di meretrici poiché attaccati da tre loschi individui e, durante la fuga, cono- scono Fabio Farnese, figlio di Galeazzo, che li conduce presso la loro dimora), Maerba- le, accompagnato appunto da Silvio de Narni, giunge a conoscere fortuitamente la don- na di cui si era qualche ora prima repentinamente infatuato, rispondente all'identità di Giulia Farnese, sorella di Fabio e figlia di Galeazzo. Il ragguaglio dell'ignobile evento da parte di Silvio fa tracimare il risentimento di Vicino verso il fratello minore, anche se la chiosa dell'indovino a conclusione del dialogo “Te casares, duque”48 (“Ti ammoglie-
rai, duca”)49, suona come definitiva sentenza sul futuro coniugale del Duca di Bomarzo.
Il protagonista del romanzo scatena così la sua controffensiva recandosi, assieme al cugino Sigismondo, presso l'abitazione di Galeazzo Farnese. Sfortunatamente per Vici- no, Maerbale non disdegna di allietare l'allegra congrega con la propria presenza andan- do immediatamente a discettare assieme a Giulia Farnese, oggetto dell'amorosa tenzone, 48 M. M. Lainez, vers. or., p. 167
mentre al Duca di Bomarzo tocca ancora una volta sbrigare le incombenze diplomatiche che il suo ruolo istituzionale prevede (all'appuntamento erano presenti anche Alessandro ed Ippolito de' Medici). Riuscito finalmente nell'intento di districarsi dalle pletoriche elucubrazioni avanzate dai suoi numerosi interlocutori, ai quali nel frattempo si era ag- giunto Tiziano Vecellio, Vicino vince le proprie inibizioni e coglie l'occasione per cor- teggiare spudoratamente Giulia compiendo un gesto surrettizio nei riguardi di Maerbale che, urtato volontariamente dal fratello, finisce col versare sulla gonna dell'avvenente Giulia il contenuto del suo calice. Non pago della nequizia, il Duca di Bomarzo redar- guisce Maerbale, reo a suo dire di non saper trattare con le dame poiché avvezzo alle meretrici.
Si assiste così all'ennesima diatriba tra Vicino ed un suo consanguineo, ma contraria- mente alle precedenti situazioni in cui il Duca di Bomarzo recitava la parte del prevari- cato e dell'oppresso, nel caso in oggetto i ruoli vengono ribaltati sulla scia della meta- morfosi caratteriale che vede coinvolto il protagonista del romanzo in concomitanza con le scomparse di Beppo, Girolamo e Gian Corrado. Cominciando a suscitare un certo ti- more reverenziale verso chi pensava non fosse in grado di imporre il proprio arbitrio, il Duca di Bomarzo può anche contare sul benefico ausilio degli influssi astrali grazie agli esoterici artefatti realizzati da Silvio de Narni, l'ultimo dei quali prefigura a Maerbale una calamità ai suoi danni il giorno venturo, mentre Vicino ottiene precise garanzie cir- ca il buon esito della corrispondenza d'amorosi sensi con Giulia Farnese. Puntualmente, il giorno successivo, data in cui peraltro avviene l'incoronazione di Carlo V, Giulia Far- nese sembra avvicinarsi al Duca di Bomarzo nel contempo in cui Maerbale viene colpi- to da un pezzo di cornice staccatasi dal crollo di una parte della passerella ospitante la cerimonia. Nella moltitudine di eventi, Vicino ha anche modo di vendicarsi di un altro ricordo inquietante che alberga nella sua mente, ovvero della meretrice Pantasilea, in- contrata casualmente durante la processione bolognese. Scappata anch'ella dai tumulti fiorentini, nel racconto della varie peripezie occorsole, Pantasilea confessa al Duca di Bomarzo di essersi sbarazzata del pregiato collare di zaffiri da lui ottenuto durante la sua permanenza fiorentina, al fine di agevolare la propria fuga verso Bologna. Udite tali parole, Vicino scatena l'ira funesta e recondita rinchiudendo Pantasilea, con la forza bru- ta, in uno stanzino buio ed isolato, dopo averla ingiuriata ed umiliata con epiteti offensi- vi.
La ricerca della vendetta, perlomeno delle onte subite in gioventù, sembra dunque contrassegnare la trasmutazione deontologica di Pier Francesco Orsini, smanioso di pro- cedere in senso unidirezionale verso l'avverarsi delle profezie avanzate dalla nonna Dia- na Orsini e dell'amico Silvio de Narni. A riguardo, il protagonista del romanzo chiede al nonno Franciotto di intercedere con la famiglia Farnese nella trattativa per la proposta di matrimonio all'amata Giulia, ricevendo ragguagli positivi da parte dei Farnese. La ritro- vata armonia con la buona sorte coincide anche, per Vicino, con l'investitura a cavaliere per mano dell'imperatore Carlo V (si segnala che nell'occasione il Duca di Bomarzo vie- ne a conoscenza di Pedro de Mendoza, futuro fondatore di Buenos aires, nel quale si può riconoscere un'autocitazione dell'autore Manuel Mujica Lainez), titolo di cui il Duca di Bomarzo viene insignito al cospetto di una tradizione plurisecolare. Terminata la cerimonia, per certi versi estremamente curiosa e divertente dato che nel momento dell'investitura da parte di Carlo V il pomo dell'impugnatura della spada si stacca, Ga- leazzo Farnese comunica a Vicino l'accettazione della proposta di matrimonio da parte della figlia Giulia con relativo scambio di anelli prenuziali (nella concitazione del mo- mento Vicino consegna a Galeazzo l'anello portafortuna donatogli da Benvenuto Celli- ni), scatenando la gioia del neo cavaliere in un simposio con i suoi accompagnatori la sera antecedente la partenza alla volta di Recanati per vedere il dipinto raffigurante San Sigismondo in cui compare Gian Corrado Orsini ed adempiere in toto al volere della nonna Diana Orsini.