In concomitanza con vittoria di Carlo V a Tunisi contro i Turchi, Napoli diventa il centro dei festeggiamenti imperiali e tra le personalità di alto rango selezionate a pre- senziare alla celebrazione del lieto evento non mancano il Duca di Bomarzo e la sua consorte. Tra i due si respira ancora un clima esacerbato dalle tensioni di cui si tratta al capitolo precedente, e nemmeno il riconoscimento dell'identità di Vicino da parte di Carlo V, con annessa scherzosa rimembranza dell'episodio dell'investitura felsinea, leni-
sce la freddezza mista ad indifferenza di Giulia nei confronti del marito. L'incontro con Maerbale e Cecilia Colonna, in attesa del loro primogenito, sembra tuttavia riaccendere la luce sullo spento volto della Duchessa di Bomarzo, che non disdegna dissertazioni erudite con la moglie di Maerbale.
Il ritorno a Bomarzo dei coniugi Orsini viene differito dal matrimonio di Alessandro de Medici, officiato in quel di Firenze, a cui il Duca e la Duchessa sono tenuti a pren- dervi parte come da protocollo istituzionale. Durante l'ulteriore soggiorno fiorentino, Vi- cino partorisce un'idea alquanto stravagante e malsana circa la successione al Ducato di Bomarzo. Intimorito, infatti, dall'imminente paternità di Maerbale, il cui figlio si sareb- be posto nella condizione di unico erede al Ducato di Bomarzo, il protagonista del ro- manzo, conscio del fatto di non poter produrre un epigono assieme alla consorte, escogi- ta un piano di machiavellica reminiscenza, in cui Maerbale e Giulia Farnese, attratti l'u- no dall'altra, avrebbero concepito il figlio del Duca di Bomarzo. Maerbale sarebbe suc- cessivamente stato ucciso in modo da non far emergere le reali circostanze sulla delicata questione. Per realizzare tale progetto, Vicino beneficia ancora una volta dell'ausilio e della connivenza di Silvio de Narni, che sagacemente ed artatamente avrebbe dovuto persuadere Maerbale ad accettare la funzione comminatagli dalla superiore volontà di Vicino. Poco prima della cerimonia, il negromante riferisce al Duca di aver visto con i propri occhi Giulia e Maerbale trascorrere del tempo assieme rinchiusi in una stanza, apparentemente ad interloquire. Ma l'adulterio è dietro l'angolo e infatti Maerbale e Giu- lia non tardano molto a giacere sullo stesso letto, immortalati dallo sguardo solerte di Silvio de Narni che non indugia ad avvisare il proprio amico e padrone. Entrato nella stanza, Vicino riversa la propria frustrazione riuscendo finalmente a possedere Giulia, ma rimanendo al contempo in preda all'atroce dubbio se il nascituro sarà opera sua o dell'odiato fratello.
La dicotomia Vicino-Maerbale aggiunge un nuovo capitolo, forse decisivo, ai prece- denti dissapori tra i due fratelli. Pur essendo dei due il minore, Maerbale riesce ad anti- cipare Vicino in svariati aspetti del vissuto (concupiscenza, paternità, carriera militare) che inevitabilmente collidono con l'alterigia mista ad insicurezza del Duca di Bomarzo. Si arriva dunque al tragico epilogo della vicenda e a spuntarla, questa volta, è Vicino. Approfittando della partenza per Bomarzo di Giulia Farnese e del prorogato soggiorno fiorentino del Duca di Bomarzo, Maerbale si avvia ufficialmente alla volta di Fondi, sal-
vo poi cambiare tragitto e dirigersi verso Bomarzo per godere ancora della lasciva di- sponibilità della Duchessa. Silvio de Narni però, con la fittizia motivazione di fungere da apri strada per il ritorno del Duca a Bomarzo, raggiunge Maerbale e, col pretesto di abbeverarsi assieme, introduce repentinamente nel bicchiere del fedifrago il veleno con- segnatogli da Vicino, causandogli l'istantaneo decesso. La notizia raggiunge la nonna Diana Orsini che, di riflesso, spira anch'ella, lasciando quindi solo al suo destino il Duca di Bomarzo. Due mesi dopo viene alla luce il figlio di Maerbale concepito con Cecilia Colonna, di nome Niccolò, mentre simultaneamente Giulia scopre di essere in dolce at- tesa. La contingenza e l'aleggiare dello spirito di Maerbale spingono Vicino a dirigersi in quel di Venezia, ove entra in contatto col circolo intellettuale di Betussi, Annibal Caro, Cristoforo Madruzzo, Francesco Sansovino, spendendo gran parte del tempo a di- squisire dell'omicidio perpetrato da Lorenzino de Medici nei riguardi di Alessandro de Medici, non lontano nell'ideologia a quello consumatosi nella famiglia Orsini.
Nasce finalmente il figlio di Giulia Farnese –Vicino-narratore sottolinea come faticas- se ad identificarlo con la patria potestà- battezzato col nome di Orazio esclusivamente per non emulare la nomenclatura in onore di avi o parenti adottata invece da Maerbale. A Silvio de Narni spetta il compito di tracciarne l'oroscopo, e fin da subito emerge che Orazio avrà una vita breve ma gloriosa. Nel frattempo, cresce assieme al cugino Niccolò sotto l'usbergo dell'educazione impartita ai virgulti della prosapia Orsini, fin da subito avvezzi alla formazione militare. Nemmeno la nascita del piccolo Orazio ha il potere di edulcorare i rapporti, basati ormai sulla mera formalità, tra Giulia e Vicino, con quest'ul- timo maggiormente angustiato dalla brama di potere di Pier Luigi Farnese, autoalienato- si dalla considerazione degli Orsini per aver prevaricato amici e parenti nell'ottica di ampliare i suoi possedimenti fino ad arrivare a paventare l'incolumità di Carlo V.
Il Duca di Bomarzo trova anche il tempo per pensare alle frivolezze e decide di riordi- nare le collezioni di oggetti e pezzi eruditi abbicati per le stanze del castello di famiglia, servendosi dell'ausilio di Fulvio Orsini, figlio non riconosciuto da Maerbale, giovane versatile e politropo, divenuto negli anni insigne letterato. Sorge contemporaneamente, per merito di Silvio de Narni, la prima costruzione del futuro “Sacro Bosco”, ovvero il Ninfeo, posto nello sbocco della galleria segreta, adibito inizialmente come rifugio astronomico e letterario. Pochi giorni dopo Lorenzino de Medici, attentatore di Alessan- dro de Medici, giunge a far visita al Duca di Bomarzo e fortuitamente scopre l'ingresso
segreto conducente alla stanza contenente al suo interno lo scheletro che, ovviamente, suscita la medesima reazione scatenata in Vicino molti anni prima. Il Duca di Bomarzo desidera tuttavia approfondire la questione in merito al suddetto scheletro, quando si ac- corge che sotto di esso sono nascosti dei fogli pergamenacei custodenti le epistole invia- te dall'alchimista Dastyn a Napoleone Orsini, il cui contenuto non viene però esplicitato al fine di mantenere ancora irrisolta una delle vicende salienti del romanzo con l'ormai abituale tecnica narrativa di cui si avvale Lainez per tenere alta la tensione emotiva del racconto.