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Ante 1581

Borello presso Diano Arentino (Imperia), chiesa parrocchiale di San Michele

L’8 luglio 1581 «Dominus Iulius De Rubeis pictor de Diano» è chiamato a testimoniare, su istanza di Antonio Trucco di Giorgio, procuratore del Reverendissimo Leonardo Trucco vescovo di Noli, che «li anni passati fu rechiesto dal prefato Monsignor Reverendissimo che volessi depingere in la chiesa de Santo Michele di Borello [...] e così le depinsi nel choro della detta chiesa e della soa mercede fu pagato dal medemo Monsignor Reverendissimo». Di questi affreschi eseguiti da Giulio nel coro della chiesa di San Michele di Borello non resta oggi traccia; sappiamo soltanto che furono realizzati prima del 1581 e per lo stesso

committente per cui il pittore realizzò pure la pala della Crocefissione per la cappella di San Barnaba della stessa chiesa (cat. 35). Se l’esecuzione dell’ancona può almeno circoscriversi entro gli anni del mandato episcopale del Trucco (1572-1588), visto l’abbigliamento da lui sfoggiato nell’immagine dipinta, nulla vieta, invece, di pensare che gli affreschi possano essere anche antecedenti al 1572, ai tempi in cui egli era semplice rettore della chiesa di Borello.

Documenti: ASI, notaio Nicolò Rodini, f. 9, s. n., 8 luglio 1581 (doc. XXV)

Bibl.: De Moro, Romero 1992, pp. 59, 74 nota 195, 173, 190; Bartoletti 1999f, p. 391.

67. Giulio De Rossi

Ancona della Resurrezione

1583

Castellaro (Imperia), chiesa di San Pietro in Vincoli (?)

Nel 1992 Fedozzi rese noto un documento datato 25 aprile 1583 in cui Vincenzo Anfosso di Fabiano e Battista Arnaldo di Antonio, in veste di rappresentanti dell’università di Castellaro, si costituivano debitori nei confronti di «Iulio de rubeis q domini rafaelis pictori de diano» per una somma pari a sei scudi d’oro corrispondente al saldo dei diciassette scudi dovutigli per un’ancona da lui realizzata per detta università raffigurante la Resurrezione di

Nostro Signore e allora già consegnata in piena soddisfazione dei committenti. L’atto è

rogato a Diano Castello in casa di un certo Giuseppe Alberti, dove Giulio risiede, le cui figlie, Angeletta e Teodorina, andarono spose, qualche anno più tardi, a due nipoti di Giulio, nati dal matrimonio di sua figlia Nicoletta con Martino Amoroso (Fedozzi 1991, pp. 25-26 nota 13).

Il dipinto, di cui non rimane più traccia, fu probabilmente commissionato per la chiesa parrocchiale, già titolata ai Santi Michele e Pietro in Vincoli (sulla chiesa cfr. Calvini 1992, pp.179-219). Se questo è vero, anche se non viene citato nell’inventario dei beni della chiesa ordinato dal vescovo Luigi Fieschi nel 1593 e stilato dal rettore Benedetto Giordano e dai sindaci Vincenzo Arnaldo, Giovanni Antonio Anfosso e Domenico Nuvolone e dai massari Domenico e Ambrogio Vivaldo, esso doveva già trovarsi in chiesa quando nel 1586 il vescovo Nicolò Mascardi la visitò. Nell’accurata relazione da lui stilata, tradotta e trascritta da Calvini (1992, pp. 181-183), viene segnalata la presenza di quattro dipinti: «una antica icona, sciupata sul dietro» presso l’altar maggiore, impossibile da identificarsi con quella

realizzata da Giulio solo pochi anni prima, «una bella icona» sull’altare del Corpus Domini, altre due, ciascuna delle quali definita «decente», rispettivamente sull’altare dedicato ai Santi Sebastiano e Rocco e su quello della Beata Vergine e di Sant’Antonio, e, infine, una «tollerabile» presso l’altare di San Giovanni Battista. Il nostro dipinto, allora, può essere verosimilmente individuato con quello ricordato presso l’altare del Corpus Domini, la cui nuova intestazione alla Resurrezione è registrata per la prima volta nel 1749 in occasione della visita del vescovo Costantino Serra, più di un secolo dopo la costruzione del nuovo edificio, principiata nel 1619. Oggi la cappella conserva una tela di autore ignoto del XVII secolo (Calvini 1992, p. 195, 208).

Documenti: ACDC, scat. 36, Reg. debita confessa. Obligationum 1583-1587, p. 43, 25 aprile

1583 (doc. XXVI).

Bibl.: Fedozzi 1992, pp. 20, 25-26 nota 13; Bartoletti 1999f, p. 391; Fedozzi 2016, p. 220.

68. Giulio De Rossi

Crocifissione e Santi

1588-1592

Diano Arentino (Imperia), oratorio della Santa Croce

Il 15 dicembre 1588 «Dominus Julius de Rubeis pictor de Diano» si impegna nei confronti di Bartolomeo Grolerio di Battista, priore della casaccia della Santa Croce di Arentino, e di Bernardo Bonifacio di Francesco, massaro di detta casaccia, per la realizzazione di un’ancona, alta dieci palmi e larga sette, raffigurante il Crocefisso tra due Santi ancora da scegliersi. Il prezzo è stabilito in duecentocinquanta lire di moneta locale e la data di consegna entro la metà della quaresima a venire. La prima rata del pagamento viene elargita al momento dell’atto attraverso la cessione di un credito della casaccia del valore di centocinquanta lire maturato da un lascito testamentario del fu Stefano Grolerio. Come apprendiamo da un postscripta registrato sullo stesso foglio, il debito sarà onorato dallo stesso Bartolomeo Grolerio di Battista, priore della casaccia, solo quattordici anni dopo e a riscuoterlo è chiaramente Orazio in qualità di erede del fu Giulio. Il dipinto venne comunque consegnato entro i termini prestabiliti, o al massimo poco più tardi, se il 4 maggio 1589 in occasione della cessione da parte di Bernardo Bonifacio a Giulio, assente al momento della stipula, di un altro credito della casaccia per la cifra di ventitré lire, riscosso da Orazio poco più che un anno dopo (14 maggio 1590), questa è definita «facta». Il saldo di pagamento

viene, infine, erogato tramite denaro contante dal massaro della compagnia ad «Horatius De Rubeis quondam Domini Julii de Diano» il 10 febbraio 1592, quando l’opera è stata consegnata in soddisfazione dei confratelli.

Il dipinto è da ritenersi perduto e non è chiaramente identificabile col quadro oggi conservato nell’oratorio della Santa Croce di Diano Arentino (cfr. Abbo 1988-1989, pp. 20-21) pure rappresentante la Crocifissione con i Santi Rocco, Carlo Borromeo, Maria Maddalena,

Giovanni Evangelista, la Vergine e angeli, di certo successiva e di autore ignoto.

Documenti: ASI, notaio Nicolò Rodini, f. 14, n. 440, 15 dicembre 1588, 3 dicembre 1602

(doc. XXVII); ASI, notaio Nicolò Rodini, f. 15, n. 82, 4 maggio 1589, 14 maggio 1590 (doc. XXVIII); ASI, notaio Nicolò Rodini, f. 17, n. 42, 10 febbraio 1592 (doc. XXXII)

Bibl.: Fedozzi 1991, pp. 29, 87-88 cat. 38; De Moro, Romero 1992, pp. 60, 62, 173, 191,

192, 193, 197; Bartoletti 1999f, p. 391; Bartoletti 1999g, p. 391; Fedozzi 1999a, p. 544.

69. Giulio De Rossi

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