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Riguardo alla distinzione fra vincoli espropriativi e conformativi si rileva una divergenza di orientamenti tra giurisprudenza della Corte costituzionale e quella del giudice amministrativo e ordinario. Infatti, rispetto alle considerazioni della Consulta, il giudice amministrativo e la Corte di Cassazione hanno individuato criteri diversi per stabilire la distinzione fra effetto conformativo ed effetto espropriativo.

In particolare i criteri elaborati dal giudice amministrativo e dalla Cassazione tendono a restringere considerevolmente le prescrizioni espropriative estendendo, invece, quelle conformative64, con evidente vantaggio per le finanze delle amministrazioni, in quanto vengono ridotti i casi in cui è necessario l’obbligo d’indennizzo.

I criteri di distinzione che si ricavano dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e Cassazione sono:

a) Il criterio zonizzazione – localizzazione. In base a tale criterio, hanno carattere conformativo i vincoli che derivano dalla c.d. zonizzazione, mentre hanno carattere espropriativo i vincoli previsti dalle c.d. localizzazioni.

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URBANI – CIVITARESE MATTEUCCI, Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, Torino, 2013, 279. La tendenza sembra quella di circoscrivere i vincoli espropriativi alla sola categoria dei vincoli localizzativi.

Infatti il Consiglio di Stato nella sentenza, sez. IV, 9 giugno 2008, n. 2837 afferma che “Si è al cospetto di vincoli conformativi

allorchè le prescrizioni mirino ad una zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione assolta dalla intera zona in cui questi ricadono e delle sue caratteristiche intrinseche, o del rapporto (per lo più spaziale) con un’opera pubblica; laddove, invece, allorquando le previsioni non abbiano una tale natura generale, ma impongano un vincolo particolare incidente su beni determinati, in funzione della localizzazione puntuale di un’opera pubblica, la cui realizzazione non può coesistere con la proprietà privata, il vincolo deve essere qualificato come preordinato alla relativa espropriazione, con conseguente ininfluenza agli effetti indennitari”65 (precisamente in tale sentenza si è esclusa la natura

espropriativa di vincoli urbanistici che destinano l'area a zona agricola).

Si osserva che la giurisprudenza amministrativa e ordinaria adottano il criterio zonizzazione – localizzazione perché privilegiano il principio di eguaglianza e non discriminazione rispetto al principio

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Tale sentenza è conforme alla giurisprudenza della Cassazione vedi Sent. Cass. 19 settembre 2006, n. 20252.

del contenuto costituzionalmente garantito del diritto di proprietà (quest’ultimo prevalente nella giurisprudenza costituzionale)66.

Infatti, attraverso la localizzazione, l’amministrazione comunale opera una scelta programmatoria che consiste nell’individuazione di aree determinate destinate alla futura costruzione di opere di interesse pubblico67. Precisamente la localizzazione mira ad imporre un vincolo particolare (o “lenticolare” per utilizzare l’espressione della Cassazione68) che incide su un bene specifico in relazione alla destinazione dell’area ad un uso pubblico. Quindi la localizzazione si traduce in un’imposizione a titolo particolare su un’area singolarmente individuata, determinando una disparità di trattamento tra i proprietari di aree (tutte potenzialmente edificabili) con la penalizzazione di taluni di essi.

Si tratta di provvedimenti singolari e non normativi con effetti penalizzanti sulla proprietà privata sia per la perdita di valore economico dell’area, sia per la sostanziale indisponibilità del bene destinato all’espropriazione.

Invece la zonizzazione è una tecnica pianificatoria che considera, non un’area singolarmente determinata, bensì un complesso di aree (c.d. zone territoriali omogenee, peraltro, costituite

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STELLA RICHTER, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 2014, 45.

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Attraverso la delibera di localizzazione si identificano la rete delle principali vie

di comunicazione stradale, ferroviaria e di navigazione e dei relativi impianti, le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a determinate servitù, le aree da riservare ad impianti di interesse collettivo o sociale previste, ex art. 7, n. 1, n. 3, n. 4 della legge urbanistica.

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da aree diffuse e sparse, di regola, sul territorio comunale e non concentrate in uno specifico punto) e all’interno di esse ne regolamenta l’attività edilizia espletabile sia dal punto di vista procedimentale o procedurale (eventuale previsione della preventiva approvazione di uno strumento urbanistico attuativo) sia sotto il profilo dei termini e limiti dell’attività edilizia concretamente espletabile.

Nella zonizzazione, rispetto alla localizzazione, il vincolo incide sulle singole aree non in virtù di una loro singolare ed autonoma destinazione, ma in relazione all’appartenenza di esse ad un settore territoriale più ampio, unitariamente e globalmente fatto oggetto di pianificazione.

Sulla base di queste considerazioni la giurisprudenza amministrativa e ordinaria attribuiscono natura meramente conformativa alle prescrizioni di zonizzazione in quanto incidono su aree più estese69, su una generalità di beni, nei confronti di una pluralità indifferenziata di soggetti, in funzione della destinazione e delle caratteristiche dell’intera zona in cui i beni ricadono. Invece viene attribuita natura ablatoria alle localizzazioni perché incidono su beni determinati, non in funzione di una generale destinazione di zona, ma per realizzare una futura opera pubblica.

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Quindi nella giurisprudenza amministrativa e ordinaria assume rilevanza l’estensione spaziale della prescrizione, a differenza della giurisprudenza costituzionale che non prende in considerazione tale criterio.

In quest’ottica l’ambito della semplice conformazione risulta estremamente ampliato rispetto a quello delle prescrizioni espropriative. Ad esempio questa estensione dell’ambito conformativo si nota nelle destinazioni che riguardano il c.d “verde”70.

Infatti, con l’adozione del criterio zonizzazione- localizzazione, la giurisprudenza si è spinta a ritenere di natura conformativa, oltre alle destinazioni a “verde privato” e “verde agricolo”, anche altre destinazioni che, pur interessando intere zone, hanno evidente carattere di vincolo preordinato all’esproprio: il “verde pubblico”, il “verde pubblico attrezzato”.

Per “verde privato” si intendono quelle aree che il proprietario può destinare solo a giardino o a prato ad uso privato. Questo vincolo, pur comportando l’inedificabilità, è considerato dalla giurisprudenza un mero vincolo conformativo perché è espressione della potestà pianificatoria del Comune, e non è preordinato all’espropriazione. Inoltre consente al proprietario di continuare a fruire del bene, seppur con limitazioni alla facoltà di

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Sent. Cons. Stato, sez. IV, 6 maggio 2013 n. 2432. “tali quindi non sono le

previsioni di un piano regolatore che destinano un’area a verde, trattandosi di vincoli conformativi della proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione dell’intero territorio comunale o di parte di esso, che incidono su una generalità di beni, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui questi ricadono”.

godimento in termini conformi al precetto del II comma del art. 42 Cost71.

Il “verde agricolo” rientra nella c.d. zona E. Anche questa destinazione secondo la giurisprudenza fa parte della categoria dei vincoli conformativi perché è espressione della potestà pianificatoria generale e non impedisce al proprietario di utilizzare il bene per svolgere attività agricola. Consente anche possibilità edificatorie, seppur limitate a costruzioni che siano funzionali all’attività agricola72. Inoltre la giurisprudenza riconosce che la destinazione a verde agricolo ha una duplice funzione, infatti può essere utilizzata non solo per la tutela dell’attività agricola, ma anche, più in generale, per la tutela del verde in ambito urbano al fine di preservare determinate aree dall’edificazione e quindi per salvaguardare l’equilibrio territoriale73.

Come già accennato la giurisprudenza prevalente attribuisce carattere conformativo e non espropriativo anche al “verde

71 Sent. Cons. Stato, sez. IV, 18 maggio 2012, n. 2919 “Se così è, pertanto, la

destinazione urbanistica di un’area a “verde privato” operata dalle previsioni del vigente strumento urbanistico primario non assume la natura di vincolo ablatorio o assimilabile, ma rientra nell’ambito della normale conformazione della proprietà privata, espressione del potere di pianificazione del territorio comunale”. Nello stesso senso si esprime la più recente sent. Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2014, n. 4976.

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Sent. Cons. Stato sez. V, 7 agosto 1996, n. 881. “In particolare deve ritenersi che fra tali vincoli non rientri la destinazione a verde agricolo, atteso che quest’ultima non si configura come una limitazione tale da rendere inutilizzabile l’immobile in relazione alla destinazione inerente alla sua natura, restando al proprietario la possibilità di trarne un utile mediante la coltivazione e, inoltre una possibilità, sia pure contenuta entro parametri prestabiliti, di limitata edificazione”.

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DI MARIO, Il verde urbano avanti al giudice amministrativo, in rivista

pubblico”, che individua le aree che devono costituire i c.d. “polmoni verdi”, che hanno il fine di migliorare la vivibilità di una zona, garantendo l’equilibrio fra edificato e non edificato. Infatti il Consiglio di Stato afferma che “La destinazione ad attrezzature

ricreative, sportive, e a verde pubblico, ecc. data dal piano regolatore ad aree di proprietà privata, non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione, effettuata dallo strumento urbanistico, che definisce i caratteri generali dell’edificabilità in ciascuna delle zone in cui è suddiviso il territorio comunale”74.

Tuttavia, all’interno del Consiglio di Stato stesso, non mancano orientamenti divergenti che attribuiscono invece carattere espropriativo al “verde pubblico”75. Inoltre occorre tener presente che anche la Corte Costituzionale nella sent. 12 maggio 1982, n. 92 afferma che la destinazione a verde pubblico deve essere considerata un vincolo preordinato alla futura espropriazione, in quanto il proprietario vincolato non può edificare l’area in attesa che l’amministrazione lo espropri e vi realizzi un’area pubblica verde.

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Sent. Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 2012, n. 244. Conforme a questo orientamento anche la Sent. Cons. Stato, sez IV, 28 dicembre 2012 n. 6700.

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Cons. Stato, sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5216. Inoltre occorre tener presente

che anche la Corte Costituzionale nella sent. 12 maggio 1982, n. 92 afferma che la destinazione a verde pubblico deve essere considerata un vincolo preordinato alla futura espropriazione, in quanto il proprietario vincolato non può edificare l’area in attesa che l’amministrazione lo espropri e vi realizzi un’area pubblica verde.

Invece per quanto riguarda il “verde pubblico attrezzato”, cioè quelle destinazioni in cui è possibile realizzare attrezzature urbane di uso pubblico e di interesse generale come impianti sportivi, ricreativi e culturali, la giurisprudenza distingue due ipotesi.

Infatti la realizzazione di queste aree non è sempre rimessa esclusivamente all’iniziativa pubblica, talvolta viene prevista la possibilità che l’intervento sia realizzato su iniziativa del proprietario dell’area stessa. Secondo la giurisprudenza nella prima ipotesi si ha un vincolo espropriativo mentre nella seconda ipotesi si configura un vincolo conformativo. “In tale contesto la giurisprudenza riconosce

invero natura conformativa alle destinazioni a “parco urbano”, “verde pubblico”, “verde urbano” o “verde attrezzato” posto che, usualmente, tale destinazione non impedisce ogni possibilità di utilizzazione dei terreni da parte dei proprietari. Ciò, peraltro, avviene allorquando le previsioni dello strumento urbanistico lasciano ferma la possibilità di realizzare, anche su iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, attrezzature per il gioco dei bambini o per lo svago, chioschi ed altri simili strutture. Se viceversa, la disciplina delle N.T.A. consente di eseguire tali interventi ad esclusiva iniziativa pubblica il vincolo non può che rivestire la configurazione espropriativa”76.

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Sent. Cons. Stato sez. IV, 29 settembre 2012, n. 6094. Quindi secondo la

giurisprudenza prevalente la possibilità di realizzare attrezzature per bambini o per lo svago, chioschi ed altri simili strutture esclude il carattere espropriativo. In realtà si può notare che tali limitati e minimi interventi non consentono al proprietario di conseguire delle concrete utilità economiche, infatti altro orientamento del

Dunque dalla giurisprudenza, soprattutto del Consiglio di Stato, emerge un ulteriore criterio:

b) Criterio della realizzabilità della destinazione ad iniziativa privata.

In base a tale criterio si ritiene, in linea con quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sent. 179 del 1999, che hanno carattere conformativo quelle destinazioni realizzabili ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata77 da cui il privato può trarre un beneficio economico (es. vendita, gestione, ecc.), mentre hanno carattere espropriativo quelle destinazioni realizzabili ad esclusiva iniziativa pubblica78.

Quindi, in questi casi, le destinazioni sono realizzabili sia con interventi d’iniziativa pubblica, che comportano l’espropriazione dell’area, sia con interventi ad iniziativa privata, attraverso forme di convenzionamento con la P.A. Dunque, essendo possibile l’iniziativa privata, non si ha un azzeramento del contenuto economico del diritto di proprietà e quindi, secondo la giurisprudenza amministrativa, si rientra nell’ambito delle prescrizioni conformative.

Ad esempio la giurisprudenza ha escluso che il vincolo a “parcheggio pubblico” possa considerarsi preordinato

Consiglio di Stato ritiene le destinazioni a “verde pubblico” e “verde attrezzato” vincoli sostanzialmente espropriativi: Cons. Stato, sez. IV, 16 settembre 2011, n. 5216.

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Si tratta dei c.d. vincoli “misti” o “promiscui”.

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Tale criterio trova riscontro anche in una recente pronuncia Sent. Tar Toscana,

all’espropriazione, posto che nella realizzazione delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico può essere coinvolto anche il privato. La Sent. Cons. Stato, sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4951 afferma che “la destinazione a parcheggio impressa dallo strumento

urbanistico a determinate aree, non comportando automaticamente l’ablazione dei suoli ed, anzi, ammettendo la realizzazione anche da parte di privati, in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico, costituisca vincolo conformativo, e non anche espropriativo, della privata proprietà per cui la relativa imposizione non necessita della contestuale previsione di un indennizzo, né di una puntuale motivazione sulle ragioni poste a base della eventuale reiterazione della previsione”.

Apparentemente la giurisprudenza amministrativa sembra riprendere le considerazioni affermate dalla Corte costituzionale nella sent. 179 del 1999, in realtà si può notare che il criterio della realizzabilità dell’opera ad iniziativa privata è applicato in modo diverso dal Consiglio di Stato. Infatti, secondo l’orientamento prevalente di quest’ultimo, si ha un vincolo espropriativo solo in presenza di un azzeramento del contenuto economico del diritto di proprietà, quindi se al privato è lasciata una seppur minima rilevanza economica il vincolo deve essere considerato conformativo79.

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Come nel caso della destinazione a “verde pubblico attrezzato” che secondo

l’orientamento prevalente del Consiglio di Stato deve essere considerata un vincolo conformativo perché al proprietario residua la possibilità di realizzare attrezzature per bambini o per lo svago, chioschi ed altri simili strutture. In realtà si tratta di strutture di modestissima rilevanza economica.

Anche in questo caso si nota la tendenza della giurisprudenza amministrativa e ordinaria ad ampliare l’ambito delle prescrizioni conformative e ridurre quello delle prescrizioni espropriative.

CAPITOLO IV

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