• Non ci sono risultati.

La prima questione da esaminare riguarda la controversa distinzione tra limitazioni riconducibili al potere conformativo, risultanti dal II comma dell’art. 42 Cost. e, limitazioni a carattere espropriativo che emergono dal III comma dell’ art. 42 Cost.

La giurisprudenza costituzionale, con le sentenze Corte cost. 20 gennaio 1966, n. 6 e 29 maggio 1968, nn. 55 e 56, ha fornito dei criteri per individuare il confine fra l’una e l’altra tipologia di limitazioni al diritto di proprietà. Tali criteri sono stati poi ulteriormente chiariti dalla più recente sent. Corte cost. 20 maggio 1999, n. 179.

In particolare è attribuibile alla sent. Corte cost. n. 6/196636 il merito di aver individuato, attraverso un’interpretazione estensiva del

36

La sentenza della Corte cost. n.6 del 1966 dichiarò l’illegittimità costituzionale

comma III dell’art. 42 Cost. relativo alla nozione di espropriazione per pubblica utilità, la categoria dei vincoli espropriativi per i quali è necessaria la corresponsione di un indennizzo37. Le successive pronunce (sent. nn. 55 e 56/1968) ne ripropongono il contenuto ampliandone la portata applicativa (infatti la sent. n. 6/1966 riguardava solo lo specifico caso delle servitù militari imposte senza indennizzo).

Prima della sent. n. 6/1966 si era affermato un orientamento che considerava, come presupposto dell’istituto dell’espropriazione, il trasferimento del diritto in capo alla P.A., quindi l’indennizzo, secondo tale orientamento, era dovuto solo se all’effetto estintivo della posizione giuridica soggettiva del privato fosse associato l’acquisto del diritto da parte della P.A. Cioè si riteneva che il III comma dell’art. 42 Cost. prevedesse il principio in base al quale l’indennizzo si giustificasse solo in quanto corrispettivo della sola traslazione coattiva del bene.

La Consulta, attraverso la pronuncia del 1966, supera tale orientamento e giunge ad una nuova definizione del concetto di espropriazione; infatti, la Corte afferma che tale nozione “non può

essere ristretta al concetto di trasferimento né l’obbligo della indennizzabilità può essere ricondotto esclusivamente a tale

militari, rispetto al comma III dell’art. 42 Cost., nella parte in cui non prevedeva l’indennizzo per le limitazioni della proprietà privata di natura espropriativa.

37

URBANI, Il problema dei vincoli urbanistici nella giurisprudenza della Corte

concetto”38, viene così elaborata la nozione di “espropriazione non traslativa” (cosidetta teoria dell’espropriazione “larvata” o “sostanziale”). Infatti, secondo tale ricostruzione si ha una violazione della proprietà privata “non soltanto nei casi in cui fosse posta in

essere una traslazione totale o parziale del diritto, ma anche nei casi in cui, pur restando intatta la titolarità, il diritto di proprietà venisse annullato o menomato senza indennizzo”39.

Quindi da tale pronuncia si ricava che rientrano nella garanzia del III comma dell’art. 42 Cost. tutte quelle restrizioni alla proprietà che, pur non determinando l’acquisizione del diritto in capo alla P.A., generano un effetto di tipo espropriativo nella sfera giuridica del proprietario, incidendo sulle facoltà di godimento (comprensive dello jus aedificandi) e sul valore del bene.

Con questa innovativa concezione di espropriazione vengono poste le premesse per distinguere i vincoli espropriativi da quelli non

38

Sent. Corte cost. 20 gennaio 1966, n. 6.

39

Sent. Corte cost. 20 gennaio 1966, n. 6, punto 3 della motivazione in diritto. La

sentenza afferma: “che cosa debba intendersi per espropriazione ai sensi del terzo comma dell'art. 42 risulta dal confronto di questa norma con i due commi precedenti dello stesso articolo. Con il primo comma e con la prima parte del secondo comma, si afferma, in correlazione con altri articoli, quali precipuamente il 41, il 43 ed il 44, il principio che l'istituto della proprietà privata è garantito; con la seconda parte del secondo comma si enuncia che la legge ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti; nel terzo comma si prevede che la proprietà può essere espropriata, salvo indennizzo. Ciò comporta che la determinazione dei modi di acquisto e di godimento e dei limiti, volta, come deve essere, a regolare l'istituto della proprietà privata, a stabilirne, cioè, la configurazione nell'ordinamento positivo, non può violare la garanzia accordata dalla Costituzione al diritto di proprietà, sopprimendo l'istituto della proprietà privata o negando ovvero comprimendo singoli diritti senza indennizzo”.

aventi carattere espropriativo. In particolare, la Corte individua alcuni criteri per distinguere l’una e l’altra categoria di limitazioni40.

A) Il carattere obiettivo oppure discrezionale della prescrizione, cioè se il limite al diritto di proprietà è correlato ad una caratteristica connaturale del bene o invece ad una valutazione discrezionale dell’amministrazione. I vincoli di tipo conformativo consistono in limitazioni al diritto di proprietà che trovano il loro fondamento nelle caratteristiche intrinseche del bene, quindi, in questi la P.A., attraverso l’imposizione del vincolo, si limita semplicemente ad acclarare tali caratteristiche41. Invece i vincoli espropriativi sono limitazioni al diritto di proprietà che derivano da scelte discrezionali della P.A., indipendentemente dalle caratteristiche oggettive del bene.

B) Il carattere generale oppure particolare della prescrizione (c.d. criterio della differenziazione tra proprietari). I vincoli conformativi sono relativi ad intere categorie generali di beni individuati a priori dalla legge in base alle loro caratteristiche

40

PISCITELLI, Potere di pianificazione e situazioni soggettive: i vincoli

urbanistici, Padova, 1990, 14.

41

Sent. Corte cost. 20 gennaio 1966, n. 6, punto 4. “Tuttavia, si può affermare che

la legge può non disporre indennizzi quando i modi ed i limiti che essa segna, nell'ambito della garanzia accordata dalla Costituzione, attengano al regime di appartenenza o ai modi di godimento dei beni in generale o di intere categorie di beni ovvero quando essa regoli la situazione che i beni stessi abbiano rispetto a beni o a interessi della pubblica Amministrazione; sempre che, la legge, sia destinata alla generalità dei soggetti i cui beni si trovino nelle accennate situazioni, salva la possibilità di accertare con singoli atti amministrativi l'esistenza di tali situazioni rispetto a singoli soggetti ed a singoli beni. Per questo può anche dirsi che le imposizioni devono avere carattere obiettivo, nel senso che devono scaturire da disposizioni che imprimano, per così dire, un certo carattere a determinate categorie di beni, identificabili a priori per caratteristiche intrinseche”.

oggettive, invece i vincoli espropriativi incidono su uno specifico bene prevedendo limitazioni più gravose rispetto agli altri beni con le medesime caratteristiche.

C) Il criterio quantitativo, cioè l’intensità di incisione sul diritto di proprietà. I vincoli conformativi svolgono la funzione di regolamentare i modi di godimento e di esercizio del diritto di proprietà in relazione alle caratteristiche oggettive del bene. Invece i vincoli espropriativi, pur non spogliando il proprietario della titolarità del bene, “determinano uno svuotamento o una

compressione del godimento della proprietà talmente profonda da renderlo inutilizzabile in relazione alla destinazione inerente alla natura del bene stesso, oppure, il venir meno o una penetrante incisione del suo valore di scambio”42-43.

In virtù di tale criterio devono ritenersi espropriative e non conformative quelle limitazioni che, incidendo sulle facoltà del

42

SANDULLI, I limiti della proprietà privata nella giurisprudenza costituzionale,

in Giurisprudenza costituzionale, 1971, 963.

43

Sent. Corte cost. 20 gennaio 1966, n. 6, punto 4. “É, pertanto, da considerarsi

come di carattere espropriativo anche l'atto che, pur non disponendo una traslazione totale o parziale di diritti, imponga limitazioni tali da svuotare di contenuto il diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene tanto profondamente da renderlo inutilizzabile in rapporto alla destinazione inerente alla natura del bene stesso o determinando il venir meno o una penetrante incisione del suo valore di scambio. É altresì da considerare come di carattere espropriativo l'atto che costituisca servitù o imponga limiti a carico della proprietà, quando gli uni e gli altri siano di entità apprezzabile, anche se non tali da svuotare di contenuto il diritto del proprietario. Non si può negare che nei criteri esposti ha parte notevole un elemento quantitativo, nel senso che il carattere espropriativo é fatto dipendere anche dalla maggiore o minore incidenza che il sacrificio imposto ha sul contenuto del diritto. Ma questo é un elemento insopprimibile del concetto di espropriazione, intesa non soltanto come trasferimento ma anche come sottrazione o menomazione del godimento del diritto: sottrazione o menomazione che deve essere prevista ed accertata anche in rapporto alla concretezza del sacrificio imposto”.

proprietario, impediscono l’utilizzazione economica principale del bene.

Quindi, secondo la Corte, il discrimine tra le due tipologie di vincoli sta nel valutare con quale intensità la limitazione incide sulla utilizzazione economica principale del bene.

Altro dato significativo, che emerge dal testo della sentenza n. 6 del 1966, è che non assume alcun rilievo la fonte del vincolo: “Né

ha importanza il fatto che il sacrificio sia imposto direttamente dalla legge o con atto amministrativo in base alla legge, perché non é la forma dell'atto di imposizione quella che dà all'atto stesso la sua caratteristica come atto di espropriazione”44. Pertanto, ciò che conta

per stabilire se siamo di fronte ad un vincolo espropriativo oppure ad un vincolo conformativo è il contenuto della prescrizione ed il rapporto di tale vincolo con le caratteristiche del bene. Da ciò si ricava che un’espropriazione di valore per la quale è prevista la corresponsione dell’indennizzo può derivare sia dalla legge, sia da un provvedimento amministrativo quale un piano urbanistico generale o un piano attuativo.

Ulteriore importante pronuncia è la sentenza della Corte cost. 29 maggio 1968 n. 55 che, come già accennato, si basa sui principi fissati dalla sentenza n. 6 del 1966 estendendone la portata applicativa ed in particolare, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, nn. 2, 3, 4 e dell’ art. 40 della legge 17 agosto 1942, n.

44

1150, nella parte in cui queste disposizioni “non prevedono un indennizzo per l’imposizione di limitazioni operanti immediatamente e a tempo indeterminato nei confronti dei diritti reali”, e quando tali limitazioni siano di tipo particolare, cioè non riguardino categorie omogenee di beni, per le quali non si pone il problema della “indifferenziazione” tra proprietari45-46.

Con tale pronuncia la Corte individua tre tipi di prescrizioni del piano regolatore generale aventi carattere espropriativo (i c.d. vincoli urbanistici)47, che hanno in comune di imporre l’inedificabilità degli immobili o possibilità edificatorie talmente

45

URBANI – CIVITARESE MATTEUCCI, Diritto urbanistico. Organizzazione e

rapporti, Torino, 2013, 274.

46

Sent. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, punto 4. “Questa tesi ha già formato oggetto di esame della Corte con la sentenza n. 6 del 1966. Premesso che l'istituto della proprietà privata é garantito dalla Costituzione e regolato dalla legge nei modi di acquisto, di godimento e nei limiti, la Corte ha osservato che tale garanzia é menomata quando singoli diritti, che all'istituto si ricollegano (naturalmente secondo il regime di appartenenza dei beni configurato dalle norme in vigore), vengano compressi o soppressi senza indennizzo, mediante atti di imposizione che, indipendentemente dalla loro forma, conducano tanto ad una traslazione totale o parziale del diritto, quanto ad uno svuotamento di rilevante entità ed incisività del suo contenuto, pur rimanendo intatta l'appartenenza del diritto e la sottoposizione a tutti gli oneri, anche fiscali, riguardanti la proprietà fondiaria. Anche tali atti vanno considerati di natura espropriativa. La Corte ha, peraltro ritenuto che il principio della necessità dell'indennizzo non opera nel caso di disposizioni le quali si riferiscano a intere categorie di beni (e perciò interessino la generalità dei soggetti), sottoponendo in tal modo tutti i beni della categoria senza distinzione ad un particolare regime di appartenenza”.

47

Sent. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, punto 6. “Quello che é invece

necessario e sufficiente qui rilevare é che l'art. 7 contempla, nella sua articolata formulazione, un complesso di imposizioni, immediatamente operative, tutte collegate dal fine della legge (art. 1) di dare assetto ai centri abitati: tra le quali imposizioni sono sicuramente comprese, sia ipotesi di vincoli temporanei (ma di durata illimitata), preordinati al successivo (ma incerto) trasferimento del bene per ragioni di interesse generale, sia ipotesi di vincoli che, pur consentendo la conservazione della titolarità del bene, sono tuttavia destinati a operare immediatamente una definitiva incisione profonda, al di là del limiti connaturali, sulla facoltà di utilizzabilità sussistenti al momento dell'imposizione.

modeste da svuotare radicalmente i poteri del proprietario sul bene e precisamente:

A) Vincoli “localizzativi” (o “preordinati all’espropriazione”) che riguardano aree, su cui vengono localizzate opere pubbliche. Hanno come effetto di vietare l’edificazione delle aree su cui incide il vincolo, in attesa che le stesse vengano espropriate dalla P.A. per la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità. Si tratta di misure di futuro esproprio, puntuali e a contenuto particolare perché incidono su uno specifico bene. Fino a quando non sia intervenuto il provvedimento che determina il trasferimento del bene dal privato alla pubblica amministrazione ( cioè il decreto di esproprio), al primo non è consentita l’attività edificatoria, poiché ciò renderebbe più onerosa o, addirittura, comprometterebbe, la realizzazione dell’opera pubblica indicata nel piano urbanistico48.

B) Vincoli “di rinvio” (o “procedimentali”) che costituiscono prescrizioni di P.R.G. che hanno come effetto l’inedificabilità “provvisoria” delle aree (come i vincoli localizzativi). Infatti, prevedono che l’attività edilizia sia subordinata all’approvazione di un piano particolareggiato di esecuzione (o altro piano attuativo) ad esclusiva iniziativa pubblica, cioè ad un evento incerto ed

48

Attualmente sono gli unici ad essere espressamente disciplinati dalla legislazione

vigente (art. 9 D.p.r . 327/2001 c.d. T.U. espropri). Inoltre il TU espropri afferma che i vincoli localizzativi devono necessariamente essere indicati già dal PRG o sue varianti, rinviando, eventualmente, ai piani attuativi solo la mera disciplina di dettaglio. Mentre nelle regioni che hanno adottato la scomposizione del piano regolatore in strutturale ed operativo si ritiene che sia quest’ultimo a prevedere il vincolo localizzativo.

imprevedibile nel suo verificarsi. Quindi in tali ipotesi il bene è immodificabile fino all’approvazione del piano attuativo49.

C) Vincoli “sostanzialmente espropriativi“ che si caratterizzano perché, anche se il proprietario conserva la titolarità del bene, hanno come effetto pratico una definitiva incisione profonda sulle sue facoltà di godimento, al di là dei limiti connaturali del bene stesso50.

La Corte tuttavia individua anche le eccezioni, cioè quelle prescrizioni che non sono ascrivibili alla categoria dei vincoli urbanistici e che, dunque non necessitano di essere indennizzate (vincoli conformativi)51. Infatti, secondo la Corte, non costituiscono vincoli urbanistici, e vanno quindi ricondotte al potere conformativo, le prescrizioni contenute nei regolamenti edilizi, relative a norme tecniche, quali ad esempio limiti di altezza, di distanza fra le costruzioni, di cubatura, di superficie e gli indici di fabbricabilità

49

Oggi si ritiene che tale tipologia di vincolo abbia carattere espropriativo solo

quando il piano attuativo è a esclusiva iniziativa pubblica. Sono fuori dal carattere ablatorio espropriativo se il piano attuativo è a iniziativa privata (es. mediante un piano di lottizzazione) Sent. Corte Cost. 20 maggio 1999, 179.

50

Urbani precisa altresì che i vincoli localizzativi e i vincoli di rinvio sono vincoli

c.d. “strumentali” poiché le previsioni da cui scaturiscono non si esauriscono in sé ma sono il mezzo attraverso il quale l’amministrazione si assicura il raggiungimento degli obiettivi indicati dal piano regolatore generale.

51

Sent. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, punto 6. “Rappresenta un punto fermo il

concetto che non possono farsi rientrare nelle fattispecie espropriative le limitazioni del genere di quelle ammesse senza indennizzo dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione, e, quindi, tra l'altro, quelle che fissano gli indici di fabbricabilità delle singole proprietà immobiliari, anche quando tali indici possono assumere valori particolarmente bassi (come nel caso di edilizia urbana estensiva e persino rada, del tipo di costruzioni circondate da ampi e predominanti spazi verdi). Pur essendo imposte nei confronti di singoli beni, tali limitazioni sono da considerare, infatti, operate sulla base di quel carattere tradizionale e connaturale delle aree urbane, basato su quelle esigenze di ordine ed euritmia nell'edilizia di cui si é detto”.

(“anche bassi, come nel caso di edilizia urbana estensiva e perfino

rada, del tipo di costruzioni circondate da ampi e predominanti spazi verdi”)52, in quanto finalizzate ad assicurare ordine e sviluppo dei centri abitati in osservanza alla funzione sociale del diritto di proprietà.

Ulteriore elemento rilevante evidenziato dalla Consulta è che solo le limitazioni a tempo indeterminato produrrebbero un effetto espropriativo, non anche quelle che hanno efficacia limitata ad un ragionevole intervallo di tempo53. Quindi la Corte, pur ammettendo la possibilità per il P.R.G. di indicare le c.d. localizzazioni, ha stabilito che i vincoli di inedificabilità assoluta che ne derivano (vincoli localizzativi) possono ritenersi compatibili con il nucleo essenziale della proprietà (costituzionalmente garantito) quando sono configurati a tempo determinato e non superano la “normale tollerabilità”; diversamente, vanno equiparati alle espropriazioni e quindi possono ritenersi legittimi, solo se accompagnati da indennizzo54.

Altra significativa pronuncia che richiama i principi della sentenza del 1966, è la sentenza della Corte cost. 29 maggio, 1968, n. 56 che riguarda i beni d’interesse paesistico. In tale contesto la

52

Sent. Corte cost. 29 maggio 1968, n. 55, punto 6.

53

Proprio questo motivo spinse il legislatore ad introdurre il principio della

temporaneità dei vincoli, (art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 c.d. “legge tampone”) con l’intento di eludere il pagamento immediato dell’indennizzo attraverso l’espediente della previsione di un termine di efficacia dei vincoli della durata di cinque anni entro il quale dovevano essere approvati i relativi piani particolareggiati, in alternativa alla corresponsione dell’indennizzo.

54

Consulta individua un’ulteriore categoria di prescrizioni che, pur comportando l’inedificabilità del bene, non hanno contenuto sostanzialmente espropriativo e, quindi non necessitano dell’indennizzo in quanto sono posti in virtù delle caratteristiche oggettive del bene. Sono i c.d. vincoli “morfologici” o “ricognitivi” che consistono in misure ad effetto conservativo, relative a beni che sono originariamente di interesse pubblico (paesaggistico, storico- artistico, ambientale e idrogeologico).

Infatti con questa sentenza la Corte elabora la “teoria della originarietà"55 dei vincoli paesaggistici (che per analogia, è applicabile anche ai vincoli idrogeologici, storico-artistici ed ambientali). Secondo tale teoria “la Corte rileva che i beni immobili

qualificati come bellezza naturale hanno valore paesistico per una circostanza che dipende dalla loro localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualità indicate dalla legge. Costituiscono cioè una categoria che originariamente é di interesse pubblico, e l'amministrazione, operando nei modi descritti dalla legge rispetto ai beni che la compongono, non ne modifica la situazione preesistente, ma acclara la corrispondenza delle concrete sue qualità alla prescrizione normativa. Individua il bene che essenzialmente é soggetto al controllo amministrativo del suo uso, in modo che si fissi in esso il contrassegno giuridico espresso dalla sua natura e il bene assuma

55

l'indice che ne rivela all'esterno le qualità; e in modo che sia specificata la maniera di incidenza di tali qualità sull'uso del bene medesimo.

L'atto amministrativo svolge, vale a dire, una funzione che é correlativa ai caratteri propri dei beni naturalmente paesistici e perciò non é accostabile ad un atto espropriativo: non pone in moto, vale a dire, la garanzia di indennizzo apprestata dall'art. 42, terzo comma, della Costituzione. Espropriazione presupposta in questo articolo non v'é”56.

Pertanto, da un lato viene ripreso il concetto espresso nella sentenza n. 55 del 1968, cioè la possibilità per la legge di prevedere una disciplina speciale (o meglio differenziata) per categorie omogenee di beni, e dall’altro, che l’apposizione del vincolo di non trasformabilità ha la mera funzione di accertare le qualità intrinseche del bene, che ne escludono originariamente l’edificabilità, attraverso una valutazione tecnica delle caratteristiche predeterminate a priori dal legislatore. Ne consegue che, questa tipologia di vincolo di non trasformabilità, non comprime alcuna facoltà del proprietario, cioè non intacca il contenuto minimo della proprietà perché questo risulta originariamente assente57.

Inoltre dalla sentenza in esame emergono anche importanti considerazioni sui vincoli espropriativi in quanto la Corte individua

56

Sent. Corte Cost. 29 maggio, 1968, n. 56, punto 4.

57

URBANI – CIVITARESE MATTEUCCI, Diritto urbanistico. Organizzazione e

due elementi fondamentali di tale categoria di vincoli. In primo luogo, il carattere costitutivo e discrezionale del provvedimento di apposizione del vincolo, che in questi casi non si fonda su caratteristiche intrinseche del bene, ma sulla decisione discrezionale della P.A. di comprimere il diritto del proprietario per tutelare un interesse pubblico. Mentre l’altro elemento fondamentale è che i vincoli espropriativi, per essere tali, devono necessariamente intaccare il contenuto essenziale del diritto58.

Ulteriori chiarimenti sulladistinzione fra vincoli espropriativi e vincoli conformativi sono previsti dalla più recente sentenza 20 maggio 1999, n. 17959.

In tale pronuncia, la Corte, riprendendo i concetti già

Documenti correlati