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Giustizia emotiva e diritto penale dell’offesa.

Come è noto, tra i principi generali del diritto penale un ruolo rilevante è svolto anche dal c.d. principio di offensività56, sintetizzato nel brocardo

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Sono moltissime le decisioni della Corte costituzionale che, a partire dal 1990 in poi, si pronunciano in questo senso; tra queste ricordiamo le decisioni nn. 306/1993, 343/1993, 422/1993, 283/1994, 341/1994, 85/1997, 445/1997, 354/2002, 257/2006, 78/2007, 322/2007, 129/2008, fino alla più recente 183/2011.

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Cfr. sent. Corte cost. 7 giugno 2011, n. 183, in www. cortecostituzionale. it. 55

PUGIOTTO, Una questio sulla pena dell’ergastolo, cit. 56

In generale, sul principio di offensività, si vedano in dottrina, BRICOLA, Teoria generale del reato, in Noviss. Dig. It., XIX ,Torino, 1973, MANTOVANI, Diritto penale, cit., 467,

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latino nullum crimen sine iniuria e fondato sul presupposto che non possa esservi reato in assenza di una lesione del bene giuridico che la norma tende a tutelare.

Il principio di offensività è desumibile, sul piano della normazione ordinaria, dall'art. 49 comma 2 c.p. Da esso discende non soltanto l'obbligo per il legislatore di ricorrere alla sanzione penale solo quando vi sia la necessità di tutelare un bene giuridico, ma anche il dovere del giudice di verificare se la fattispecie concreta non solo corrisponda a quella astratta, ma integri, altresì, l’offesa (lesione o messa in pericolo) dell'interesse tutelato.

Il requisito dell'offesa, dunque, esprime l'esigenza che il fatto delittuoso, oltre a possedere i connotati formali tipici previsti dalla legge, si presenti anche nel caso concreto carico del significato in forza del quale è assunto come fattispecie produttiva di conseguenze giuridiche.

Pertanto, l'art. 49 c.p. impone, secondo questo orientamento, una duplice valutazione del fatto: in primo luogo, sulla sua conformità al tipo di reato; in secondo luogo, sulla sua capacità lesiva del bene o interesse protetto dalla norma.

In difetto di tali requisiti, la fattispecie verrebbe a refluire nella figura del reato impossibile, come peraltro chiarito più volte dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui ove la singola condotta sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio i beni giuridici tutelati, viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta57.

L'ampio riconoscimento del canone dell'offensività da parte della giurisprudenza ordinaria è stato autorevolmente avallato, nonché stimolato, VASSALLI, Considerazioni sul principio di offensività, in Scritti in memoria di U. Pioletti, 1982, NEPPI MODONA, voce Reato impossibile, i Dig. Pen., XI, Torino, 1996, STELLA, La teoria del bene giuridico ed i c.d. fatti inoffensivi conformi al tipo, in Riv. It. Dir. e Proc. Pen., 1973.

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dalla Corte costituzionale, la quale ha ripetutamente preso posizione, negli ultimi venti anni, a favore di una considerazione a livello interpretativo del principio di offensività collegato all'art. 49 comma 2 c.p.

In particolare, il giudice delle leggi già in passato aveva evidenziato il ruolo dell'esiguità quantitativa come indice di inoffensività del fatto, rimettendo al giudice di merito l'individuazione, all'interno dei reati di pericolo astratto, della soglia minima di lesività al di sotto della quale le classi comportamentali, per la loro oggettiva tenuità, divengono inidonee ad offendere il bene o i beni tutelati.

In tempi più recenti58, è stato ribadito che: «il principio di offensività opera su due piani, rispettivamente, della previsione normativa sotto forma di precetto rivolto al legislatore di prevedere fattispecie che esprimano in astratto un contenuto lesivo e dell'applicazione giurisprudenziale (offensività in concreto), quale criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice».

E’ evidente che il dibattito in tema di offensività, tanto nell’ambito della dottrina quanto in quello della giurisprudenza, abbia interessato alcune categorie specifiche di reati, che si caratterizzano per una decisa anticipazione della soglia di punibilità della condotta ovvero per l’irrilevanza della verificazione della finalità in ragione della quale l’agente si era attivato.

Tra questi, in particolare, i delitti di attentato, quelli a dolo specifico59 e quelli di pericolo.

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Cass. Pen., n. 12210 del 2007, n. 8142 del 2006 e n. 9216 del 2005, nonché SSUU, n. 12 del 1998

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Corte Cost., sentenza n. 265 del 2005 59

Con riferimento a tale categoria di illeciti, si è sostenuto che “l’effetto dell’anticipazione della soglia di punibilità nei reati a dolo specifico….è ottenuto attraverso l’indicazione espressa in fattispecie della direzione teleologicamente orientata della condotta ad una finalità, appunto, che non è necessario si verifichi affinché la figura di reato possa dirsi integrata. In tal modo si realizza una sorta di asimmetria tra componente oggettiva e soggettiva della fattispecie incriminatrice

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In generale, si tratta di fattispecie che vengono introdotte dal legislatore per rispondere ad un impellente bisogno di tranquillizzare l’opinione pubblica, rassicurandola sull’efficienza e tempestività della lotta a fenomeni diversi, aventi come comune denominatore quello di suscitare notevole allarme sociale, nella prospettiva di ostentare ai consociati un attivismo repressivo che, tuttavia, sovente confligge con l’adeguatezza del rimedio proposto e con il risultato realmente ottenuto.

In sostanza, la necessità di trovare un equilibrio tra esigenze di sicurezza e garanzie difensive ha spinto il legislatore ad elaborare una serie di fattispecie penali che anticipano la soglia di punibilità rispetto all’effettiva lesione del bene giuridico protetto, come risposta preventiva al propagarsi dell’insicurezza, arretrando il baricentro del momento consumativo del reato e la distanza dal fatto rispetto alla concreta offesa.

Alimentando il fenomeno della cosiddetta giustizia emotiva, si finisce, però col restituire l’impressione di incriminazioni che guardino più al tipo di autore che al fatto generatore di responsabilità, poiché si introducono nell’ordinamento delle presunzioni di pericolosità prive di fondamento criminologico, per lo più basate sulla violazione di condizioni costruite in modo del tutto formale dal legislatore medesimo.

Così facendo non solo viene ignorato il canone della offensività, tanto a livello di genetica normativa che, ovviamente, di applicazione in concreto, ma viene, altresì, vanificato il principio rieducativo, atteso che il reato che venga criminalizzato per il possesso di uno status o per la violazione di requisiti formalistici difficilmente sia in condizione, una volta punito, di percepire il disvalore della propria condotta e, quindi, di aderire al trattamento rieducativo cui dovrebbe essere sottoposto in fase escutiva.

perché ad un certo elemento soggettivo non corrisponde la sussistenza del corrispondente elemento oggettivo ed in ciò consiste proprio l’effetto di anticipazione della soglia di punibilità di

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5. Il principio di legalità ed il rilievo dei corollari di tassatività e