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Gli effetti in malam partem della sentenza Taricco

Nel documento Verso la europeizzazione del diritto penale? (pagine 127-131)

Il caso Taricco ha determinato (e determinerà) effetti dirompenti nel nostro

ordinamento in quanto nella pronuncia della Corte di Giustizia del 2015 la

dicotomia effetti in malam partem e in bonam partem sembra saltare.

Nel caso in esame, una associazione a delinquere era finalizzata alla

commissione di reati in materia di IVA, mediante il ricorso al meccanismo delle

frodi carosello per l’importazione di bottiglie di champagne

299

. Il giudice di

merito aveva sollevato questione pregiudiziale dinnanzi ai giudici di

Lussemburgo ritenendo che gli artt. 160 ult. co. e 161 co. 2 c.p. - consentendo,

297 Il rinvio formale si ha nel caso in cui la norma penale rinviante faccia riferimento alla disciplina contenuta sia nell’atto normativo richiamato sia nelle sue successive modificazioni, con conseguente adeguamento automatico dei contenuti precettivi della fattispecie penale alle norme extralegislative integratrici che si succedono nel tempo.

298 BOSI M.-SOTIS C., Il bizzarro caso dei pesci “in malam partem”. Osservazioni in tema di pesca del

novellame sui rapporti tra disapplicazione dell’atto amministrativo (di favore) contrario alla legge e non applicazione della norma nazionale (di favore) contrastante con il diritto comunitario, in www.penalecontemporaneo.it, precisano poi che «l’atto amministrativo che prevede margini di

tolleranza irragionevoli e illegittimi dovrebbe essere disapplicato dal giudice penale per contrarietà alla legge, senza dover scomodare il diritto comunitario».

299 A carico degli imputati è stato promosso, dinanzi al Tribunale di Cuneo, un procedimento penale con l’imputazione di aver costituito e organizzato, nel corso degli esercizi fiscali dal 2005 al 2009, un’associazione per delinquere allo scopo di commettere vari delitti in materia di IVA. Essi vengono infatti accusati di aver posto in essere operazioni giuridiche fraudolente, note come «frodi carosello» – che implicavano, in particolare, la costituzione di società interposte e l’emissione di falsi documenti – che avrebbero consentito l’acquisto di beni, segnatamente di bottiglie di champagne, in esenzione da IVA. Tale operazione avrebbe consentito alla società Planet Srl di disporre di prodotti a un prezzo inferiore a quello di mercato che poteva rivendere ai suoi clienti, in tal modo falsando detto mercato. La Planet avrebbe ricevuto fatture emesse da tali società interposte per operazioni inesistenti. Le stesse società avrebbero tuttavia omesso di presentare la dichiarazione annuale IVA o, pur avendola presentata, non avrebbero comunque provveduto ai corrispondenti versamenti d’imposta. La Planet avrebbe invece annotato nella propria contabilità le fatture emesse dalle suddette società interposte detraendo indebitamente l’IVA in esse riportata e, di conseguenza, avrebbe presentato dichiarazioni annuali IVA fraudolente.

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per effetto di uno o più atti interruttivi, un prolungamento del termine di

prescrizione di appena un quarto della sua durata iniziale - finissero in sostanza

col far beneficiare gli imputati di una impunità di fatto dovuta allo scadere del

termine di prescrizione

300

.

Ed allora, tenuto conto della complessità e la lunghezza dei procedimenti

penali nella materia de qua, in questo tipo di casi l’impunità «costituirebbe in

Italia non un’evenienza rara, ma la norma»

301

, in violazione – secondo il giudice

di merito italiano – degli artt. 101

302

, 107

303

e 119

304

TFUE, oltre che dell’art. 158,

par. 2, della direttiva 2006/112

305

. Il giudice del rinvio ha ritenuto che, qualora

gli fosse consentito disapplicare le disposizioni nazionali di cui trattasi, sarebbe

possibile garantire in Italia l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione.

La Corte di Giustizia dell’Unione, adita dal giudice del rinvio italiano, nel

2015, con una sentenza inaspettata quanto rivoluzionaria, ha stabilito che

nell’ipotesi in cui il giudice nazionale dovesse ritenere che dall’applicazione degli

artt. 160 e 161 c.p. consegua, «in un numero considerevole di casi», l’impunità

penale a fronte di fatti costitutivi di una «frode grave» (perché tali fatti

risulteranno generalmente prescritti prima che la sanzione penale prevista dalla

legge possa essere inflitta con decisione giudiziaria definitiva), si dovrebbe

concludere nel senso che le misure previste dal diritto nazionale per combattere

contro la frode e le altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari

300 Il giudice del rinvio, infatti, aveva pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di uno degli imputati, il sig. Anakiev, poiché i reati considerati risultano estinti per prescrizione nei suoi riguardi. Allo stesso tempo, il giudice di merito aveva ritenuto certo che tutti i reati, ove non ancora prescritti, lo sarebbero stati entro l’8 febbraio 2018, ossia prima che potesse essere pronunciata sentenza definitiva nei confronti degli imputati.

301 Dall’ordinanza di rinvio alla Corte di Giustizia emerge che le disposizioni nazionali di cui trattasi, introducendo una regola in base alla quale, in caso di interruzione della prescrizione per una delle cause menzionate all’art. 160 c.p., il termine di prescrizione non può essere in alcun caso prolungato di oltre un quarto della sua durata iniziale, hanno per conseguenza, date la complessità e la lunghezza dei procedimenti penali che conducono all’adozione di una sentenza definitiva, di neutralizzare l’effetto temporale di una causa di interruzione della prescrizione.

302 Le disposizioni italiane di cui trattasi autorizzerebbero indirettamente una concorrenza sleale da parte di taluni operatori economici stabiliti in Italia rispetto ad imprese con sede in altri Stati membri, con conseguente violazione dell’articolo 101 TFUE.

303 Si ritiene che tali disposizioni sarebbero idonee a favorire determinate imprese.

304 L’impunità de facto di cui godrebbero gli evasori fiscali violerebbe il principio direttivo, previsto all’articolo 119 TFUE, secondo cui gli Stati membri devono vigilare sul carattere sano delle loro finanze pubbliche.

305 Dette disposizioni creerebbero, di fatto, un’esenzione non prevista all’articolo 158, paragrafo 2, della direttiva 2006/112.

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dell’Unione non possono essere considerate effettive e dissuasive in quanto in

contrasto con l’art. 325, par. 1, TFUE, con l’art. 2, par. 1, della Convenzione

PIF nonché con la direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’art. 4, par. 3,

TUE

306

. In tale evenienza, secondo la Corte di Lussemburgo, il giudice italiano

sarebbe tenuto a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione disapplicando

le predette disposizioni codicistiche, senza necessità di attendere un intervento

legislativo in tal senso o un qualsiasi altro procedimento costituzionale.

Ci si chiede, a questo punto, quale sia l’estensione del compito assegnato dalla

Corte di Giustizia al giudice italiano. Innanzitutto, occorre domandarsi se

l’obbligo enunciato nel dispositivo della sentenza sia ristretto alla sola materia

delle frodi o se, piuttosto, tenuto anche conto della formulazione dell’art. 325,

par. 1, TFUE richiamato dalla stessa Corte, possa ritenersi esteso a qualsiasi

reato tributario che abbia comportato l’evasione dell’IVA.

Ancora, cosa si intende per frode «grave» di cui parlano i giudici di

Lussemburgo? Al riguardo, la Corte non fornisce alcuna indicazione di carattere

quantitativo. Ed allora, quale soglia minima di gravità fa scattare l’obbligo di

disapplicazione degli artt. 160 e 161 c.p.?

Last but not least, la Corte subordina l’obbligo in parola all’accertamento, da

parte del giudice nazionale, che le disposizioni in parola determinino

l’impossibilità di infliggere sanzioni effettive e dissuasive contro le frodi gravi «in

un numero considerevole di casi». Vi è da chiedersi sulla base di quale parametro

il giudice nazionale compirà tale accertamento: attraverso massime di esperienza

oppure mediante una specifica attività istruttoria?

Peraltro, tali profili problematici non si porranno con riguardo alla

imputazione per il reato di associazione per delinquere ex art. 416 c.p. finalizzata

alla commissione di frodi in materia di IVA. Ciò in quanto una valutazione in

termini di gravità della frode e di incidenza statistica della prescrizione in casi

analoghi determinerebbe una evidente disparità di trattamento rispetto a fatti

rientranti nell’alveo del reato di associazione finalizzata alla evasione delle

306 La Corte di Lussemburgo ha così accolto le osservazioni dell’Avvocato generale Kokott la quale aveva avuto cura di precisare che, rispetto al caso Berlusconi, nei fatti oggetto di attenzione della Corte nel 2015 la norma nazionale ha natura processuale e non sostanziale. Ciò, secondo l’Avvocato, consentirebbe la disapplicazione della disposizione interna incompatibile con il diritto europeo.

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accise in materia di tabacchi

307

, per il quale non operano i tetti massimi di cui

agli artt. 160 e 161 c.p.

L’obiezione principale che è possibile muovere a questa pronuncia della Corte

attiene ai delicati rapporti tra primazia del diritto dell’Unione e principio di

legalità, atteso che dalla sentenza in esame discendono con tutta evidenza effetti

in malam partem. La normativa nazionale, infatti, indicando un tetto massimo in

materia di interruzione della prescrizione, è senz’altro favorevole, consentendo

in un breve arco temporale di addivenire ad una pronuncia assolutoria. Al

riguardo, la Corte di Giustizia ha avuto premura di precisare che il principio di

legalità in materia penale non è in alcun modo violato alla luce dell’art. 49 della

Carta di Nizza, atteso che la materia della prescrizione del reato attiene alle

condizioni di procedibilità del reato che, in quanto tali, non sono coperte dal

principio del nullum crimen. Si tratta, in altri termini, di un istituto di carattere

meramente processuale che, dunque, non comporta tutti i divieti al contrario

previsto con riferimenti ad istituti di matrice prettamente sostanziale

308

.

Peccato che la Corte Costituzionale italiana sinora abbia ritenuto

diversamente, estendendo l’operatività del principio di legalità anche alla

materia della prescrizione del reato, ritenuta di carattere sostanziale. Ed allora,

potrebbe profilarsi la evenienza che in futuro i giudici di merito italiani sollevino

questione di legittimità costituzionale per asserito contrasto con il principio di

legalità inteso come controlimite alla spinta europea?

309

Si tratta di una partita

ancora tutta da giocare.

307 Art. 291 quater d.P.R. 23 gennaio 1943, n. 43.

308 La Corte precisa poi che «con riserva di verifica da parte del giudice nazionale, la disapplicazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi avrebbe soltanto per effetto di non abbreviare il termine di prescrizione generale nell’ambito di un procedimento penale pendente, di consentire un effettivo perseguimento dei fatti incriminati nonché di assicurare, all’occorrenza, la parità di trattamento tra le sanzioni volte a tutelare, rispettivamente, gli interessi finanziari dell’Unione e quelli della Repubblica italiana. Una disapplicazione del diritto nazionale siffatta non violerebbe i diritti degli imputati, quali garantiti dall’art. 49 della Carta. Infatti, non ne deriverebbe affatto una condanna degli imputati per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva un reato punito dal diritto nazionale, né l’applicazione di una sanzione che, allo stesso momento, non era prevista da tale diritto. Al contrario, i fatti contestati agli imputati nel procedimento principale integravano, alla data della loro commissione, gli stessi reati ed erano passibili delle stesse sanzioni penali attualmente previste».

309 In senso contrario, VIGANÒ F., Disapplicare le norme vigenti sulla prescrizione nelle frodi in

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5.5.

Retroattività della lex mitior vs. primautè del diritto europeo. Il caso

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