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L’influenza del diritto europeo sulle sanzioni penali previste negl

Nel documento Verso la europeizzazione del diritto penale? (pagine 141-145)

Un fenomeno di incompatibilità, seppure impropriamente, può realizzarsi

anche per via del conflitto che potrebbe intercorrere tra la norma comunitaria e

la parte sanzionatoria del precetto penale, sì che il contenuto della pena,

principale o accessorio, non può di conseguenza dispiegarsi interamente

329

. In

altri termini, è possibile che gli effetti riflessi della normativa europea si

riverberino esclusivamente sui profili sanzionatori (tipologia e misura) della

disciplina penale, senza in alcun modo intaccare il contenuto precettivo della

norma. Al riguardo, in dottrina si è distinto tra effetti che si producono, da un

lato, sulle sanzioni che per il loro contenuto si contrappongono direttamente alle

libertà riconosciute dai Trattati, dall’altro sulle sanzioni stabilite per la violazione

di precetti il cui contenuto interferisca con la regolamentazione comunitaria.

Un esempio di effetti riflessi si ha con la previsione di misure di espulsione

dello straniero

330

. Invero, nel caso in cui queste vengano applicate nei confronti

di un cittadino di un altro Stato membro, è indubbio che interferiscano con le

libertà fondamentali riconosciutegli dai Trattai, in particolare le libertà di

circolazione e di stabilimento. Per far fronte a questa possibile incidenza è stata

adottata la direttiva 64/221 concernente il «coordinamento dei provvedimenti

speciali riguardanti il trasferimento ed il soggiorno degli stranieri giustificati da

motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica», in base alla

quale si impone che eventuali misure che comprimano o limitino i diritti di

328 Traccia del principio di non abrogabilità di tali leggi la si è voluta trovare nella sentenza della corte Costituzionale 7 febbraio 2000, n. 31, che ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo dell’intero TU immigrazione.

329 In argomento, v. MARINUCCI G. – DOLCINI E., Corso di diritto penale, Giuffrè, Milano, 2001, p. 75 ss.; GRASSO G., Comunità europee e diritto penale: i rapporti tra l’ordinamento comunitario

e i sistemi penali degli Stati membri, Giuffrè, Milano, 1989, p. 205 ss.

134

soggiorno dei beneficiari debbano fondarsi su un «comportamento personale»

331

dell’interessato o non possano essere adottate per motivi di prevenzione generale

né possano fondarsi sic et simpliciter su una precedente sentenza di condanna

penale, qualora non si provi ad esempio una «tendenza a persistere» nel

comportamento criminoso

332

, anche se, ricorda la Corte di Lussemburgo, non

può escludersi a priori che «la sola condotta tenuta in passato costituisca una

minaccia per l’ordine pubblico»

333

. Tuttavia, ad eccezione di quest’ultima ipotesi,

è necessario che il provvedimento si fondi su una valutazione attuale del

comportamento del reo, comportamento che deve rappresentare «una minaccia

effettiva e abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della

collettività»

334

, non essendo sufficiente la causazione di una mera «perturbazione

dell’ordine sociale insita in qualsiasi infrazione della legge».

Su queste basi la Corte di giustizia ha ritenuto, nella sentenza Calfa

335

,

contrastante con la direttiva 64/221 l’espulsione a vita dal territorio greco

«pronunciata in modo automatico, senza tener conto del comportamento

personale dell’autore del reato, né del pericolo che esso costituisce per l’ordine

pubblico».

Per quanto riguarda l’ordinamento penale italiano, è necessario ricordare che

prima dell’entrata in vigore della legge 10 ottobre 1986, n. 663, il cui art. 31 ha

abrogato l’art. 204 c.p. e stabilito che tutte le misure di sicurezza siano applicate

sulla base di uno specifico accertamento di pericolosità sociale, la misura di

sicurezza dell’espulsione viene impartita sulla base di una presunzione di

pericolosità, addirittura essa conseguiva obbligatoriamente a talune condanne

penali

336

dello straniero.

331 Si rinvia a Corte Giust. UE, 26 febbraio 1975, causa 62/74 (caso Bonsignore c/ Stadt Köln), in Racc., 1975, p. 306 s.

332 Corte Giust. UE, 10 febbraio 2000, causa c-340/97 (caso Nazli).

333 Corte Giust. UE, 27 ottobre 1977, causa 30/77 (Regina c/ Boucherau), in Racc., 1977, p. 2012 ss.

334 Corte Giust. UE, 18 maggio 1982, cause riunite 115 e 116/81 (Adoui et Cournaille C/ Belgio), in Racc., 1982, p. 1707 s.

335 Corte Giust. UE, 19 gennaio 1999, causa c-348/96 (caso Calfa).

336 Ad esempio si applicava a seguito di condanna alla pena della reclusione per un periodo non inferiore a 10 anni o in caso di condanna a pena detentiva per uno dei delitti previsti dal titolo I del libro II e, ancora, a causa della condanna per taluni delitti disciplinati dalla legge n. 685/75.

135

Questa disciplina si poneva in contrasto con la direttiva più volte citata, dal

momento che essa prescrive all’art. 3 che la misura di espulsione non sia fondata

esclusivamente su una precedente condanna penale. Se l’intervento legislativo ha

eliminato l’aspetto di maggior contrasto della misura dell’espulsione dello

straniero con la disciplina europea basando la stessa su un effettivo accertamento

della pericolosità sociale, a parere della dottrina

337

sembrerebbe permanere un

profilo di incompatibilità con la disciplina europea in quanto la pericolosità offre

la misura della probabilità che il reo compia nuovi reati in futuro ma nulla dice

circa l’efficacia destabilizzante dell’ordine pubblico del comportamento del

colpevole, sicché al momento di procedere all’espulsione di un cittadino

comunitario, secondo la dottrina che si cita, non basterà che il giudice accerti la

pericolosità sociale del condannato come definita dal codice penale italiano, ma

sarà necessario che il giudice assuma una nozione più restrittiva e pregnante di

pericolosità, circoscritta alla probabilità della commissione di reati

particolarmente gravi, tali da rappresentare una seria minaccia per uno dei

fondamentali interessi della collettività

338

.

Per quanto riguarda invece le sanzioni stabilite per la violazione di precetti il

cui contenuto interferisce con la regolamentazione comunitaria, un primo limite

alla discrezionalità degli Stati membri è dato dal fatto che la sanzione per la

violazione delle prescrizioni che si collegano all’esercizio di un diritto

riconosciuto dalla normativa comunitaria non può essere tale da costituire un

ostacolo all’esercizio del diritto stesso

339

, vale a dire tradursi in una negazione del

diritto.

Dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia inoltre possono desumersi una

serie ulteriore di limiti alla libertà degli Stati nella determinazione della sanzione

costituiti dall’applicazione dei principi di proporzione e ragionevolezza e da

quello di non discriminazione

340

.

337 GRASSO G., Diritto penale e integrazione europea, in GRASSO G.-SICURELLA R. (a cura di),

Lezioni di diritto penale europeo, Giuffrè, Milano, 2007, p. 45.

338 MARINUCCI G.-DOLCINI E., Corso di diritto penale, Giuffrè, Milano, 2001, p. 75.

339 In questo senso, GRASSO G., Comunità europee e diritto penale: i rapporti tra l’ordinamento

comunitario e i sistemi penali degli Stati membri, Giuffrè, Milano, 1989, p. 319 s.

340 Corte Giust. UE, 18 maggio 1982, cause riunite 115 e 116/81 (Adoui et Cournaille c/ Belgio), in Racc., 1982, p. 1707 s.; Corte Giust. UE, 28 ottobre 1975, causa 36/75 (Rutili c/ Ministre de l’Interieur), in Racc., 1975, p. 1234 s.

136

La Corte ha ravvisato un contrasto con il principio di proporzione in quei casi

in cui la sanzione appariva sproporzionata rispetto alla natura e alla gravità

dell’infrazione

341

, rivelandosi una interferenza eccessiva sul diritto riconosciuto

dal diritto comunitario, lo stesso si avrebbe nel caso di un intervento

sanzionatorio esorbitante rispetto ai fini perseguiti. Il terzo limite è tracciato dal

principio di non discriminazione, che impone al legislatore di uno Stato membro

di non porre a carico di cittadini di altri Stati membri sanzioni più gravi di quelle

previste per i propri cittadini per infrazioni identiche o analoghe

342

, tale

previsione risulterà oltre che discriminatoria anche sproporzionata ed eccessiva.

Anche rispetto alle sanzioni, dunque, occorre chiedersi quali siano le

conseguenze in caso di accertamento di un contrasto tra una sanzione penale e la

normativa comunitaria, Giovanni Grasso propone di distinguere le ipotesi di un

contrasto che coinvolga pene con carattere accessorio, da quelle invece che

hanno ad oggetto pene principali.

Nel primo caso secondo l’autore il contrasto dovrebbe risolversi in favore

della non applicazione della sanzione accessoria, in quanto non verrebbe

preclusa la comminazione della pena principale connessa al reato. Nel secondo

caso invece occorre verificare in prima battuta se l’esercizio del potere

discrezionale consenta al giudice di evitare il contrasto con la disciplina

sovranazionale, tale ipotesi è stata presa in considerazione dalla Corte di

Lussemburgo in occasione della sentenza Sagulo, nella quale ha affermato che

«qualora uno Stato non abbia adottato la propria legislazione alle esigenze

derivanti in materia dal diritto comunitario, il giudice nazionale dovrà far uso

della libertà di valutazione riservatagli al fine di pervenire all’applicazione di una

pena adeguata alla natura e allo scopo delle norme comunitarie di cui si vuole

reprimere l’infrazione».

341 Così, ad esempio, in Corte Giust. UE, 3 luglio 1980, causa 157/79 (caso Regina c/ Pieck), in Racc., p. 2187; Corte Giust. UE, 25 febbraio 1988, causa 299/86 (caso Drexl).

342 Si vedano le conclusioni dell’avvocato generale Trabucchi nella causa Watson e Belman, in Racc., 1976, p. 1207 ss. Il carattere sproporzionato ed eccessivo di una misura di controllo e della relativa sanzione può risultare proprio dall’avere il legislatore di uno Stato membro posto a carico dei cittadini di altri Stati membri di una sanzione più grave rispetto a quella prevista per i propri cittadini, tale previsione risulterà oltre che sproporzionata ed eccessiva anche discriminatoria.

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Nel caso in cui il contrasto tra pena principale e regolamentazione europea

non possa essere eliminato attraverso il normale uso del potere discrezionale

attribuito al giudice si dovrà concludere ritenendo l’intera norma incriminatrice

contraria al diritto comunitario e si dovrà procedere con la sua disapplicazione,

non potendo il giudice applicare una pena diversa da quelle previste dal

legislatore stante il principio di legalità che governa il sistema penale.

6. Dalla tecnica dell’assimilazione sino agli obblighi comunitari di tutela penale:

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