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I) Tariffe alte e in aumento costante

3.3 Gli utenti e la nozione di ‘valore nell’uso’

Per favorire lo sviluppo e il miglioramento di servizi di utilità pubblica non è più pos- sibile ignorare i contributi della letteratura di marketing. Essi infatti permettono di effettuare analisi che fino a questo momento sono state applicate soprattutto in ambito aziendale privato e troppo poco in settori controllati dalla pubblica ammi- nistrazione e in particolar modo nell’ambito cimiteriale, dove di fatto è assente una prospettiva analitica che parta dai bisogni degli utenti e dallo sviluppo del concetto di valore nell’uso (value in use).

Ricostruiamo in sintesi gli elementi su cui è centrata la service dominant lo-

gic: nella disciplina di marketing essa propone di adottare una nuova prospettiva

vizi, ma il servizio inteso come espressione di competenze di un’organizzazione. Qualsiasi cliente infatti non è mai interessato ai beni e servizi in sé, bensì al fatto che questi configurino soluzioni ai suoi bisogni, o che gli consenta di vivere esperienze gratificanti. Gli utenti non traggono valore direttamente dall’acquisto dei prodotti, ma dall’uso, dalla trasformazione e dal consumo di questi: il valore non si crea sem- plicemente dallo scambio, ma nell’uso che il cliente fa dei prodotti che ha acquista- to. “I clienti non acquistano beni o servizi, ma i benefici che da que- sti ne possono trarre. Acquistano offerte che sono fatte da beni, servizi, informazioni, attenzione personale e da altre componen- ti. Queste offerte generano servizi per i clienti, ed è questo ser- vizio legato ad un’offerta che è percepito dai clienti e che crea valore per i clienti” (Grönroos 2006b p. 3).

Questo è il principio del value in use, dove di conseguenza il cliente diventa co-cre- atore del valore, e l’organizzazione che offre i servizi è da considerare come un in- tegratore delle risorse necessarie per contribuire alla generazione del valore. Chia- ramente, per poter costituire un principio attuabile concretamente, il riferimento alla co-creazione di esperienze e soluzioni deve trovare un approfondimento concettua- le che ne consenta una declinazione anche in termini manageriali e gestionali.

I consumatori ormai esigono da chi propone beni e servizi molto di più di una risposta tecnica ai loro problemi: ciò che chiedono si avvicina sempre più a risposte di maggior valore, un valore che tende ad essere via via sempre più connesso alle componenti intangibili e di servizio. Infatti già a partire dagli anni ’90 molte imprese cominciavano ad interrogarsi su come utilizzare i momenti di contatto con i clienti per rivedere le proprie politiche di offerta e innovare. Rispetto ai servizi cimiteriali, nel quarto capitolo vedremo come le pratiche emergenti stiano puntando moltissi- mo a lavorare sulle componenti intangibili del servizio, attuando una vera e propria strategia di differenziazione. È interessante riflettere in proposito sulle implicazioni di questa strategia sulla competizione e la competitività dei soggetti erogatori di servizi. Se il valore si genera proprio durante la relazione che connette l’impresa al cliente, allora per ricercare un incremento del valore è possibile estendere la rela- zione, e questo può avvenire attraverso un allargamento dell’offerta e l’aggiunta di nuovi elementi che la compongono. Può essere utile una breve digressione a riguar- do: David A. Garvin fa presente come i modelli sviluppati con riferimento ai beni ten- devano a valutare tramite dimensioni oggettive, e inserivano la qualità percepita al più come una delle variabili (Garvin, 1988). Invece, per l’erogazione dei servizi, la di- mensione soggettiva fondata sulle percezioni degli utenti è emersa da subito come

fatto fondamentale (Gummesson, 1993; Cercola, 1990). In un certo senso è proprio l’analisi degli elementi che hanno impatto sulla percezione della qualità del servizio che ha posto in evidenza gli aspetti di specificità legati alla natura processuale dei servizi.

In una strategia per l’erogazione di un servizio, per poter aggiungere proprio quegli elementi che siano in grado di incrementare il valore percepito45, è neces-

sario analizzare sia i cambiamenti strutturali della domanda sia l’effetto di questi sui comportamenti competitivi delle imprese. Peraltro, bisogna tener presente che il consumatore valuta la qualità del servizio non basandosi unicamente sul risultato, ma tenendo conto anche del processo con cui il servizio è fornito.

La percezione della qualità di un servizio certamente dipende in parte dalle aspettative dell’utente46. Le organizzazioni che offrono servizi possono avvantag-

giarsi rispetto alla concorrenza definendo le probabili aspettative dei propri utenti target; per fare ciò, è necessario tener presente che “la capacità di specificare le aspettative in termini di definizione delle caratteristiche attese del servizio dipende dalle conoscenze e dalle competenze degli individui relativamente al servizio richie- sto” (Carù 2007 p. 94). Infatti le aspettative possono essere definite secondo un profilo, il quale può essere più o meno preciso a seconda del grado di conoscenza che l’utente ha della prestazione stessa. Quando l’utente ha un basso grado di co- noscenze potrebbe trovarsi a formulare attese non realistiche o non allineate all’ef- fettiva competenza del fornitore. Questo aspetto problematico è enfatizzato dal fat- to che nel caso dei servizi (o almeno in gran parte di essi), le caratteristiche di ciò che viene acquistato non sono search attributes – che possono essere conosciuti prima dell’acquisto, e che infatti sono propri tipicamente di beni fisici come colore, forma, profumo – ma piuttosto sono basate su attributi di natura experience o ad- dirittura credence (Zeithaml e Bitner 1996). Gli attributi di natura experience, come per esempio accade nel caso di una vacanza, possono essere conosciuti solo dopo

45 Per approfondire il concetto di qualità percepita: secondo Grönroos essa è definibile come risul-

tato del raffronto tra qualità sperimentata e qualità attesa di un servizio. La qualità sperimentata dipende da due tipi di qualità: dalla qualità tecnica, ovvero da ‘cosa’ il cliente riceve e dagli aspetti tecnici del risultato della prestazione, e dalla qualità funzionale – cioè da ‘come’ la prestazione è erogata, e dunque dal processo (Grönroos, 2000). 46 Nel caso dei servizi, le aspettative rivestono un ruolo particolarmente importante. La complessi- tà dei servizi, la presenza di molte componenti immateriali, l’impossibilità di sperimentare a priori l’offerta talvolta si traducono in aspettative vaghe e poco realistiche, che le organizzazioni erogatrici devono gestire per evitare che siano fonte di valutazioni negative da parte degli utenti. Nel definire le aspettative, è importante distinguere tra quelle relative al servizio desiderato, che rappresentano l’ottimale per il cliente, e quelle relative al servizio adeguato, che rappresentano il livello minimo considerato accettabile. I consumatori definiscono le proprie aspettative più o meno cosciente- mente, e allo stesso modo possono fare i soggetti erogatori, anticipando le necessità emergenti per offrire soluzioni sempre più evolute e adeguate alla domanda.

l’acquisto o durante il consumo; gli attributi di natura credence per il consumatore sono invece difficili o impossibili da conoscere anche successivamente all’acquisto e al consumo (è il caso ad esempio di una prestazione medica o legale, e anche dei servizi cimiteriali e di commemorazione).

Tornando alla qualità attesa, essa viene influenzata da valori e bisogni dei consumatori. I bisogni hanno due variabili con le quali possono essere suddivisi:

I) Vengono distinti tra bisogni funzionali (strettamente connessi alla prestazione tecnica del servizio) e simbolici (che comprendono anche i biso- gni relazionali, connessi all’esperienza in un determinato contesto e alle dinamiche sociali che lo caratterizzano sia nelle interazioni col personale dell’organizzazione erogante che tra utenti).

II) Coesistono bisogni espliciti ed impliciti. Questi ultimi sono re- lativi sia a motivazioni inconsce sia a motivazioni ben percepite ma non esternate per ragioni di varia natura, legate alla sfera psicologica e ai rapporti sociali dell’in- dividuo: si pensi all’insicurezza, alle paure di ammettere proprie pulsioni e di essere giudicati, al conformismo, alla ricerca di accettazione e al rispetto delle conven- zioni sociali, al conflitto col proprio sistema di valori, alla volontà di confermare le aspettative sul proprio ruolo ad altri e a sé stessi – (Busacca, 2004), ma anche a precedenti esperienze del cliente, al passaparola, alla comunicazione in generale (in quanto forme di comunicazione personali e dirette possono contribuire in modo rilevante alla definizione delle aspettative).

La questione della rilevanza, per le organizzazioni erogatrici dei servizi di pubblica utilità, di un’analisi dei bisogni dei consumatori è supportata dalla con- statazione che – volente o nolente – l’erogatore svolge comunque un’attività di comunicazione, indipendentemente dal fatto che la stessa sia pianificata o meno. Secondo Antonella Carù, “una comunicazione non pianificata, ovvero non orientata al perseguimento di chiari obiettivi, può avere impatto negativo sulla percezione dei clienti, e in ogni caso non contribuisce alla corretta definizione delle attese dei clienti” (2007 p.101). Infatti, alla base di un piano di comunicazione, vanno tenuti presente proprio i benefici e le aspettative dei consumatori.

Anche l’immagine dell’organizzazione è influenzata in modo diretto dalla qualità dei processi di erogazione, in termini di prestazioni ricevute e modalità con cui le stesse sono fornite. È nell’interesse dell’erogatore saper cogliere i cambia- menti in atto, che comprendono l’emergere di nuove aspettative da parte dei consu- matori e di nuove offerte di servizio da parte della concorrenza.

I concetti di value in use e di co-creazione richiedono quindi di approfondire il ruolo del consumatore. Per questo abbiamo raccolto in allegato 4 ulteriori contri- buti utili, che provengono dalla letteratura di consumer behavior, e segnatamente da quel filone che è denominato CCT ovvero Consumer Culture Theory (Arnould e

Thompson, 2005).

Nella valorizzazione della co-creazione del servizio, il punto di inizio non è l’esperienza nel rapporto con il singolo servizio in particolare, ma riguarda quelli che Eric J. Arnould e Craig J. Thompson (2005) definiscono i life projects dell’individuo. Durante la sua vita, il consumatore si destreggia attivamente in un set di ‘ruoli’ in evoluzione, passando attraverso contesti diversi. Il fine ultimo del consumatore di fatto è la costruzione della propria identità e dei propri life project, che si sviluppano all’interno di una narrazione più o meno complessa e continua che accompagna e costruisce la sua vita. Per interpretare questi ruoli e perseguire i propri progetti di vita il consumatore mette in gioco le sue risorse. Le operand resources sono tangi- bili, comprendono risorse di vario genere (tipicamente economiche e sociali, legate al soggetto e alle sue origini) e beni per lo sviluppo dei propri comportamenti di vita per lo sviluppo di life projects e ruoli sociali.

Per le organizzazioni che erogano servizi, conoscere le operand resources è importante perché queste condizionano la vita dei consumatori e il loro comporta- menti di scambio. Altre risorse importanti da conoscere sono le operant resources, ovvero le risorse immateriali, in quanto esse incidono sulle modalità con cui i con- sumatori utilizzano le risorse – operand e operant – delle organizzazioni erogatrici. Secondo Antonella Carù “più che concentrarsi sulle risorse economiche che un con- sumatore possiede e sul suo reddito, le imprese dovrebbero porre grande attenzione alle operand resources che un consumatore possiede ed è in grado di mettere in gioco nello scambio” (Carù, 2007). Vediamo da cosa possono essere costituite le

operand resources secondo Arnould et al. (2006):

I) Risorse fisiche e mentali: tra cui salute, energia, forza, risor- se emozionali e sensoriali. Queste risorse condizionano fortemente i ruoli e i life

projects dei consumatori: si pensi ai limiti che incontrano nelle possibilità di scelta

consumatori con scarsa erudizione o con handicap fisici. L’analisi delle risorse fisi- che dei consumatori potrebbe supportare le organizzazioni erogatrici nell’adattare la propria offerta.

II) Risorse sociali: il consumatore non agisce mai in modo isolato, ma possiede sempre risorse sociali quali relazioni o network di relazioni con altre persone, che includono sia i tradizionali gruppi di riferimento demografico sia al- tri gruppi emergenti (brand communities, subculture, ecc) sulle quali i consumatori esercitano differenti livelli di comando e controllo. I gruppi di co-consumatori, insie- me hanno più potere nella co-creazione di valore rispetto ai singoli che agiscono in situazioni individuali in quanto rappresentano una forma di consumer agency (Carù, 2007). Le comunità di consumatori (Cova, 2003) rappresentano anche un’impor- tante risorsa informativa per i partecipanti, che possono così non solo scambiarsi informazioni con l’utilizzo di processi di passaparola, ma anche condividere schemi

culturali associati al consumo di prodotti o brand in modo creativo, interpretando le esperienze e contribuendo a riempirle di significato sociale. Le comunità infatti si trovano spesso a veicolare anche un senso di responsabilità delle loro scelte, che porta all’attrazione di altri consumatori: le strutture di relazioni, i sentimenti inter- connessi e le attività rituali di gruppi di consumo sono in grado di facilitare, creare e riprodurre la comunità. Le organizzazioni dovrebbero essere consapevoli di quanto e come i gruppi di consumatori che condividono esperienze legate ad un prodotto o a un brand contribuiscono a sviluppare operant resources.

III) Risorse culturali: si tratta di gradi variabili di conoscenza di schemi culturali, e che comprendono ad esempio capitale culturale, abilità e obietti- vi personali. L’aspetto da tenere presente nell’individuazione di bisogni e aspettative è che la dotazione di risorse del singolo individuo cambia non solo in quantità ma anche in qualità ed ha un impatto sui singoli life project e sulle pratiche di consumo: è emerso da alcune ricerche come le persone ampiamente dotate di risorse culturali tendano ad essere orientate all’astrazione, all’affermazione della propria soggettivi- tà e all’espressione di sé; in contrasto, chi ha una limitata dotazione di risorse sem- brerebbe essere maggiormente orientato alla gestione dei vincoli materiali rispetto alle aspirazioni, alla funzionalità e alla tradizione (Holt, 1995).

Come abbiamo visto in questo e vedremo nel seguente paragrafo, nuove pro- spettive di analisi possono dare adito allo sviluppo di nuove strategie di relazione con gli utenti, strategie che potrebbero permettere di cogliere esigenze, aspettative ed elementi di qualità che per l’utente contribuiscono alla costruzione di progetti di vita desiderabili.