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CAPITOLO 1 – La malattia di Crohn

1.3 Eziopatogenesi

1.9.2 Glucocorticoidi

Per l’induzione della remissione nella MC viene sfruttato l’effetto immunosoppressivo della terapia steroidea, che si manifesta a partire da dosaggi equivalenti a 40mg di metil-prednisolone per via sistemica con una soppressione a livello trascrizionale della sintesi di citochine proinfiammatorie,

molecole di adesione, NF-kB, fosfolipasi-A₂ e altri mediatori infiammatori, e la promozione dell’apoptosi dei linfociti attivati.

I corticosteroidi sistemici, solitamente somministrati per EV nel setting acuto al dosaggio (variabile a seconda della severità del quadro) di 0.5-1mg/kg/die di prednisone o dosi equivalenti di metil-prednisolone e successivamente scalati per os, sono indicati per l’induzione della remissione nella MC, con un’efficacia compresa tra il 60% e l’80% (contro il 30% del placebo).243 I glucocorti- coidi non hanno alcun ruolo come terapia di mantenimento: devono quindi essere progressivamente scalati una volta consolidata la remissione.244,245 Spesso è richiesto un tapering lento che richiede diversi mesi, non tanto per evitare l’insufficienza surrenalica acuta, associata alla rapida sospensio- ne della terapia, quanto per l’emergenza di fenomeni di cortico-dipendenza, che consistono nella pronta riesacerbazione dei sintomi quando l’esposizione al farmaco si riduce al di sotto di una certa soglia paziente-specifica. In questo caso è necessario embricare la terapia con agenti steroido- risparmiatori come l’azatioprina o gli anti-TNF, poiché l’uso prolungato dei glucocorticoidi si associa a importanti tossicità quali infezioni opportunistiche, sepsi post-operatoria, ascessi intrad- dominali e pelvici, oltre alle tipiche caratteristiche della sindrome di Cushing come OP, osteone- crosi asettica della testa del femore, miopatie, intolleranza glucidica e diabete mellito, disturbi psicotici e dell’umore, ipertensione, cataratta.246,247

Clismi, supposte o schiume di idrocortisone o beclometasone per via topica sono possibili alternative ai glucocoticoidi sistemici, con maggior profilo di sicurezza, nei rari casi di singola localizzazione retto-colica distale di MC. La budesonide a rilascio pH-controllato ileale al dosaggio di 9mg/die o formulazioni multimatrix system a rilascio colico sono preferite in caso di MC esclusi- vamente ileo-colica ad attività lieve-moderata poiché quasi equivalenti e molto più sicure a medio termine rispetto alla terapia sistemica, in particolare per quanto riguarda il rischio di rarefazione ossea, a causa del rapido metabolismo di primo passaggio epatico che ne riduce la biodisponibilità per os al 10%.248,249 Tuttavia queste risultano meno efficaci del metil-prednisolone in caso di malat- tia severa.250 Neanche la budesonide è raccomandata come terapia di mantenimento in quanto gli effetti avversi, pur di entità inferiore rispetto ai cortisonici sistemici, sopravanzano il beneficio dell’esigua riduzione dei tassi di recidiva a breve-medio termine che è stata evidenziata in letteratu - ra.245

1.9.3 Immunosoppressori

Le tiopurine (comprendenti azatioprina e 6-mercaptopurina) e il methotrexate sono farmaci immu- nosoppressori indicati in qualità di steroido-risparmiatori per il mantenimento della remissione nella MC moderata-severa che abbia richiesto l’uso di glucocorticoidi sistemici per l’induzione e in caso di MC estesa, considerato l’alto rischio di riacutizzazione e di cortico-dipendenza (rischio del 28% a un anno dal primo ciclo di steroidi).251,252 A causa della loro relativamente lunga latenza d’azione (circa 17 settimane per le tiopurine e 6-8 settimane per il methotrexate), questi immuno -

modulatori non sono utili per l’induzione della remissione, a meno che non vengano aggiunti precocemente ad altri farmaci ad azione più rapida. Solitamente come terapia di mantenimento vengono proseguiti a lungo termine al prezzo di un rischio non trascurabile di tossicità, data la natura cronica della MC e l’elevato rischio di recidiva alla loro sospensione.253 Per questo vi è un fervido dibattito sul momento ideale per l’interruzione del trattamento, non essendovi ancora un accordo unanime a riguardo. Secondo opinioni di esperti, prerequisiti fondamentali per la sospen- sione dell’azatioprina sarebbero l’assenza di segni obiettivi di infiammazione, il raggiungimento del mucosal healing e di una RC duratura (almeno 4 anni). Comunque la decisione deve essere sempre presa bilanciando attentamente il rischio individuale di riacutizzazione e di tossicità.254

1.9.3.1 Tiopurine

L’azatioprina (AZA) è il principale derivato tiopurinico utilizzato nella MC. Appartiene alla classe degli antimetaboliti e svolge la propria azione immunosoppressiva eliminando le cellule linfoidi in attiva replicazione stimolate dall’antigene. Una volta assorbita in seguito a somministrazione per os, l’AZA si converte spontaneamente in 6-mercaptopurina (6-MP), la quale può subire tre diversi destini: la xantina ossidasi e la tiopurina S-metiltransferasi (TPMT) convertono la 6-MP in metabo- liti inattivi, rispettivamente nell’acido 6-tiourico, e nella 6-metil-mercaptopurina (6-MMP), che è responsabile dell’epatotossicità delle tiopurine. Invece l’ipoxantina fosforibosil-transferasi (HPRT) incorpora la 6-MP in nucleotidi 6-tioguaninici, i metaboliti attivi che inibiscono competitivamente la sintesi degli acidi nucleici nelle cellule immunitarie. Un altro meccanismo d’azione proposto è l’induzione dell’apoptosi delle cellule T attivate dal segnale costimolatorio CD28 da parte dei nucleotidi 6-tioguaninici, che impedirebbero la generazione di segnali di sopravvivenza mediata dalla chinasi Rac1.255 Nei pazienti in terapia tiopurinica dovrebbe essere evitato l’uso concomitante di inibitori della xantina ossidasi come l’allopurinolo, in quanto questi riducono la quota di 6-MP catabolizzata da tale enzima aumentando i metaboliti attivi e la tossicità. Un simile effetto avviene anche in caso di isoforme inattive geneticamente determinate di TPMT, tutt’altro che rare, associa- te a severa depressione midollare, per cui sarebbe opportuno saggiare l’attività enzimatica di TPMT prima dell’inizio della terapia con tiopurine.

1.5-2.5 mg/kg/die di AZA o 0.75-1.5mg/kg/die di 6-MP possono essere impiegate con successo come terapia d’induzione aggiuntiva per ridurre i dosaggi di glucocorticoidi richiesti al controllo della MC, oppure in caso di severa malattia perianale, o ancora per il mantenimento di una remissione libera da steroidi nella MC moderata-severa, anche se con beneficio limitato dall’alta frequenza di effetti avversi.256,257 Tuttavia l’uso precoce di tiopurine non si è dimostrato un approccio disease-modifier come era stato sostenuto, in quanto non sembra in grado di incrementa- re significativamente i tassi di remissione.258

I principali effetti avversi dose-dipendenti di AZA e 6-MP, esaltati nei pazienti con attività di TPMT assente o ridotta, sono nausea, vomito, epatopatotossicità e depressione midollare.

Quest’ultima riguarda in particolare la serie bianca, predispone quindi a infezioni opportunistiche ed è spesso tardiva. Per questo motivo un periodico monitoraggio dell’emocromo deve essere effet- tuato indefinitamente per tutta la durata della terapia, insieme ai tests di funzionalità e danno epati - ci. Altri possibili effetti avversi sono costituiti da reazioni di ipersensibilità come febbre, rash cuta- neo e pancreatite acuta; questi si manifestano solitamente all’inizio del trattamento e rispondono prontamente alla sua sospensione. Particolare preoccupazione ha destato l’incremento del rischio di tumori cutanei non menalomatosi e soprattutto di disordini linfoproliferativi, tra cui il raro e quasi sempre letale linfoma epatosplenico a cellule T nei pazienti trattati per lunghi periodi con tiopuri- ne.259,260 Tuttavia tale rischio sembra non persistere dopo la sospensione del trattamento261 e la mortalità correlata ai linfomi è sormontata dal vantaggio in sopravvivenza dovuto all’efficacia dei farmaci nel mantenimento della remissione della MC.262

1.9.3.2 Methotrexate

Il methotrexate (MTX) è un antimetabolita antagonista competitivo dell’acido folico che inibisce la diidrofolato reduttasi, enzima fondamentale per la sintesi della timidina e delle purine, quindi per la proliferazione cellulare. Alle basse dosi utilizzate nell’artrite reumatoide o nella MC non è evidente questo effetto citotossico, ma solo un’azione antinfiammatoria, in parte mediata dall’accumulo di AICAR per l’inibizione dell’enzima AICAR transformilasi. AICAR a sua volta incrementa la produzione intracellulare di adenosina che presenta un effetto antinfiammatorio.263 Il MTX a un dosaggio di 15mg/settimana per via im (la via orale è inefficace nella MC) costituisce una valida alternativa alle tiopurine per il mantenimento della remissione, specialmente in caso di coesistenti artropatie che beneficiano dell’effetto del farmaco.264,265 Oltre a permettere la sospensione dei glucocorticoidi durante il mantenimento, la somministrazione parenterale di 25mg/settimana di MTX sembra in grado anche di migliorare i tassi di risposta alla terapia steroidea durante l’induzio- ne della remissione.266 La nota teratogenicità del MTX ne sconsiglia l’uso nelle donne in età fertile, o comunque impone un accurato counseling contraccettivo, per cui solitamente se ne riserva l’uso a casi di intolleranza o refrattarietà alle tiopurine o ai farmaci anti-TNF, che rimangono la prima scel- ta.267 Altri effetti avversi del MTX, che includono depressione midollare, alopecia, stomatite, nausea, vomito e diarrea, sono più tipici delle alte dosi usate in ambito oncologico e possono essere in parte prevenuti o gestiti tramite una riduzione di dosaggio o la supplementazione con 5mg di acido folico il giorno successivo alla somministrazione del farmaco, che non ne compromette l’attività antinfiammatoria. Polmonite interstiziale e fibrosi epatica sono effetti avversi gravi ma rari il cui sospetto (per esempio in caso di persistente alterazione delle transaminasi) impone la sospensione del trattamento. La coesistenza di fattori di danno epatico come epatiti o NAFLD controindica l’utilizzo del MTX in quanto aumenta il rischio di fibrosi epatica. Per monitorare la tossicità da MTX solitamente vengono dosati gli indici di citolisi epatica e valutata la crasi ematica prima dell’inizio del trattamento e in seguito periodicamente.268 Nonostante la capacità di prevenire

la formazione di anticorpi anti-IFX, la terapia di combinazione di MTX (a differenza dell’AZA) con IFX non si è ancora dimostrata superiore a IFX da solo come terapia di mantenimento, pertanto non è raccomandata.269

1.9.4 Farmaci anti-TNF

La prima classe di farmaci biologici impiegata con successo nel trattamento delle MICI è stata quella degli anticorpi monoclonali anti-TNF, considerato il ruolo chiave di questo mediatore nella loro patogenesi. I tre rappresentanti della classe registrati per il trattamento della MC sono inflixi - mab (IFX), adalimumab (ADL) e certolizumab pegol (quest’ultimo non è stato approvato in Italia). Hanno la capacità di legare e neutralizzare selettivamente sia la forma solubile che transmembrana del TNF, impedendone il legame ai recettori TNFRI e TNFRII. Oltre ad agire come antagonisti del TNF, prevenendone il signaling infiammatorio nelle cellule bersaglio, i farmaci anti-TNF mostrano anche un’azione agonista sul reverse signaling del TNF espresso sulla membrana delle cellule immunitarie produttrici, normalmente deputato a meccanismo di feedback negativo. Quest’azione contribuisce all’effetto antinfiammatorio del farmaco perché trasduce nei leucociti un segnale anti- proliferativo e proapoptotico e inibisce la sintesi di citochine proinfiammatorie, molecole di adesio- ne e costimolazione come CD40 e CD40L. Inoltre, il Fc dei due farmaci di classe IgG (IFX e ADL) adesi alle membrane cellulari dei linfociti e macrofagi attivati, è in grado di indurre la loro antibody-dependent cell-mediated cytotoxicity (ADCC) interagendo con il recettore FcγRIII presente sulle cellule NK, e la complement-dependent cell-mediated cytotoxicity (CDCC) tramite il legame con C1q e quindi la via classica del complemento. La neutralizzazione del TNF sembra anche in grado di ripristinare l’integrità delle giunzioni serrate epiteliali intestinali, allentate dal TNF stesso, e di ridurre la neoangiogenesi flogistica che contribuisce al reclutamento di citochine e leucociti.270,271 Oltre a sopprimere la risposta infiammatoria, gli anti-TNF inibiscono le azioni stro- mali del TNF mediate dai miofibroblasti, come il rimodellamento della matrice extracellulare (inducendo la sintesi di TIMP1) e l’apposizione di collagene, che contribuiscono rispettivamente alla distruzione tissutale e alla fibrosi.272 In effetti, i farmaci anti-TNF sono i principali candidati ad assurgere al ruolo di disease modifiers, in quanto in alcuni pazienti sono in grado di arrestare la progressione del danno tissutale valutabile tramite il Lémann Index.273

Gli anti-TNF sono infatti i più potenti presidi terapeutici attualmente disponibili per la MC, ma non sono scevri da svantaggi, rappresentati fondamentalmente dagli eventi avversi potenzial- mente gravi e dai costi. Per questo vengono riservati a casi di MC moderata-severa cortico-resisten- ti o cortico-dipendenti che abbiano fallito gli immunosoppressori classici e alla MC fistolizzante refrattaria alle terapie standard (antibiotici, immunosopperssori).209 Testati in questo contesto, hanno dimostrato considerevole efficacia in termini di risposta (in più del 60% dei pazienti) e RC (30%). La risposta in genere si osserva dopo almeno 2 settimane, necessarie per innalzare le concentrazioni ematiche di farmaco il quale, avendo una lunga emivita, richiede tempo per

raggiungere lo stato stazionario. In caso di successo terapeutico, è opportuno instaurare una terapia cronica di mantenimento. Secondo revisioni sistematiche della letteratura gli anti-TNF sono in grado di indurre e mantenere a medio-lungo termine la guarigione delle lesioni mucose intestinali e delle fistole in una significativa proporzione di pazienti,274 e di ridurre i tassi di ospedalizzazione e di chirurgia.275 Non vi sono ancora sufficienti dati per considerare “di prima scelta” uno specifico farmaco anti-TNF rispetto a un altro come regola generale, poiché i loro profili di sicurezza e di efficacia sono analoghi, anche se in analisi retrospettive IFX sembra superiore agli altri due nella maggior parte degli outcomes terapeutici.276 Così la scelta del farmaco deve essere ponderata a misura del singolo paziente, valutando la sua preferenza e la sua compliance in particolar modo riguardo alla via di somministrazione. In genere se l’induzione con un determinato farmaco ha avuto successo, si prosegue la terapia con tale farmaco anche durante il mantenimento per un tempo ad oggi ancora indefinito, riservandosi l’opzione di switch in caso di perdita di risposta o intolleranza.277

I farmaci anti-TNF sono ben tollerati dalla maggior parte dei pazienti ma presentano il rischio di importanti reazioni avverse, fondamentalmente legate a due motivi che hanno entrambi a che fare con il sistema immunitario: l’aspecificità dell’effetto immunosoppresivo e la natura protei- ca della molecola, che può elicitare la risposta immunitaria. Lo sviluppo di anticorpi anti-farmaco incrementa il rischio (complessivamente del 5%) di reazioni di ipersensibilità all’infusione/iniezio- ne di tipo immediato o ritardato. Particolare attenzione deve essere posta nei confronti dei pazienti sottoposti a re-induzione con farmaci anti-TNF dopo un lungo periodo di sospensione della terapia, poiché sono a maggior rischio. Le reazioni immediate si manifestano durante la somministrazione o entro le 2 ore successive e hanno un ampio spettro di gravità, da fenomeni lievi di prurito, orticaria, flushing o rash cutanei, cefalea, nausea, mialgie, a crisi di broncospasmo che possono richiedere l’interruzione della somministrazione e il trattamento con cortisonici. Per prevenire questo genere di reazioni nei pazienti in terapia con IFX è in uso l’abitudine di limitare inizialmente la velocità di infusione e di somministrare una premedicazione di cortisonici, antistaminici e paracetamolo. Le reazioni di tipo ritardato sono meno frequenti, si verificano in genere 5-7 giorni dopo la sommini- strazione ma sono comunque autolimitanti. Sono sostenute da un meccanismo di ipersensibilità di tipo III simil-malattia da siero, con precipitazione di IC in vari tessuti, principalmente a livello cutaneo, vascolare e articolare, accompagnata da febbre.278 Ancora più raramente i pazienti svilup- pano vere e proprie malattie iatrogene immunomediate come artriti, vasculiti, citopenie ematiche, psoriasi paradossa (infatti normalmente gli anti-TNF tratterebbero anche la psoriasi), lupus eritema- toso sistemico, epatite autoimmune, neurite ottica, sclerosi multipla. Infezioni delle alte vie aero- digestive, della cute e del tessuto sottocutaneo sono piuttosto comuni durante la terapia anti-TNF a causa della compromessa competenza difensiva nei confronti dei patogeni, specialmente quelli intracellulari. Soprattutto in caso di trattamento concomitante con cortisonici (che infatti è altamen- te sconsigliato), sono possibili anche infezioni opportunistiche gravi, persino minacciose per la

vita, e la riattivazione con eventuale disseminazione sistemica di infezioni latenti da patogeni intra - cellulari come tubercolosi, epatite B o zoster. Vi sono opinioni contrastanti sul possibile incremen- to anche delle infezioni postoperatorie. Non da ultimo va considerato il rischio oncologico, di mela- noma e di linfomi, in particolare nella terapia di combinazione con tiopurine.

Questo complesso profilo di tossicità controindica l’uso dei farmaci anti-TNF in specifiche condizioni di rischio: infezioni attive, tubercolosi latente non trattata, malattie demielinizzanti del sistema nervoso centrale, tumori maligni in atto, pregressi linfomi. Anche la presenza di scompenso cardiaco di classe NYHA II e III è una controindicazione al trattamento giacché questo ne può riesacerbare i sintomi. Prima di intraprendere la terapia è pertanto raccomandata l’esecuzione di uno screening per valutare l’eleggibilità del paziente e il suo rischio infettivo di base. Questo in genere comprende almeno: radiografia del torace, Quantiferon per stabilire se vi sia stata esposizio- ne a M. tubercolosis (con terapia antitubercolare profilattica mandatoria in caso di positività), PAP- test o HPV-test (nelle donne), tests sireologici per le più comuni infezioni virali, tra cui HBV, HCV, HIV, EBV, CMV, VZV, HSV1-2, virus della parotite, del morbillo e della rosolia, per effet- tuare eventualmente la vaccinazione MPRV prima del trattamento. È inoltre consigliata una mappatura periodica dei nevi per tutta la durata della terapia anti-TNF.279

In ragione dei rischi di una terapia prolungata, si è cercato di stabilire il momento ideale per considerare la sospensione dei farmaci anti-TNF, ovvero la de-escalation, un campo ancora aperto di dibattito. Ad oggi quest’importante decisione viene presa di comune accordo con il paziente, valutando le sue preferenze, gli effetti indesiderati della terapia, il rischio e le conseguenze di una riacutizzazione, e la panoramica completa dello stadio e dell’attività clinica, endoscopica, strumen- tale e biochimica di malattia. Nello specifico, il rischio generale di relapse dopo interruzione della terapia anti-TNF raggiunge il 50%, ma è inferiore nei pazienti con mucosal healing e superiore nei pazienti più giovani, nei fumatori, nella malattia di lunga durata, nel fenotipo fistolizzante perianale e in caso di valori elevati di PCR e CF. Tale rischio supera il 75% nei pazienti sotto terapia anti- TNF per la prevenzione della ricorrenza postoperatoria della MC e in coloro che hanno necessitato di un’ottimizzazione dei dosaggi del farmaco.280

1.9.4.1

Infliximab

Infliximab (IFX) (Remicade® e i biosimilari Inflectra®, Remsima® e Flixabi®) è un anticorpo monoclonale IgG1 chimerico uomo-topo, somministrabile per via EV. È stato il primo farmaco biologico utilizzato nella MC e ha rivoluzionato la gestione clinica dei casi particolarmente severi e refrattari, che solitamente richiedevano plurimi interventi chirurgici resettivi. Lo schema posologi- co di induzione prevede 5mg/kg al tempo zero e successivamente a 2 e 6 settimane di distanza e si associa a tassi di risposta variabili dal 64% fino all’89% a seconda degli studi e della precisa defi - nizione di risposta che in essi viene data. Nei pazienti che rispondono è raccomandato proseguire cronicamente la terapia con infusioni di 5mg/kg ogni 8 settimane, in quanto secondo lo studio

ACCENT I,281 ciò permette di ottenere una risposta e una RC duratura nel 60% e 40% dei casi, rispettivamente, mentre trattamenti episodici sono associati a peggior outcome. In caso di aggrava- mento dei sintomi durante il mantenimento, è possibile ripristinare la risposta clinica in una certa quota di pazienti tramite dose escalation, ricorrendo a intervalli di somministrazione di 4 settimane o innalzando le dosi a 10mg/kg. Nello studio ACCENT II282 IFX ha indotto la remissione completa in circa la metà dei pazienti da MC perianale refrattaria, perciò ha la specifica indicazione all’impiego nella MC fistolizzante.

Nel SONIC trial 283 la terapia di combinazione di IFX con 2.5mg/kg di AZA era superiore ai singoli farmaci per il conseguimento della RC libera da steroidi a un anno e del MH in pazienti con MC moderata-severa naïve a immunosoppressori e farmaci biologici. Un simile risultato non è stato replicato con il MTX.269 Con i limitati dati comparativi disponibili tra i vari anti-TNF, la tera- pia di combinazione IFX-AZA pare migliore anche di ADL e di certolizumab pegol;284 inoltre l’aggiunta di AZA sembra aumentare i trough levels di IFX e ridurre la sua immunogenicità, il tasso di sviluppo di anticorpi anti-IFX, di reazioni all’infusione e di perdita di risposta, al prezzo però di un ulteriore incremento del rischio infettivo e linfomatoso. Altri dati sembrano smentire l’utilità della terapia di combinazione, pertanto la decisione di intraprenderla deve essere valutata caso per caso.285 Per una maggiore sicurezza, in caso di ottimo controllo della malattia è possibile sospendere l’AZA mantenendo IFX dopo almeno 6 mesi di terapia di combinazione senza inficiare significativamente il mantenimento della risposta.

1.9.4.1 Adalimumab

Considerata la natura chimerica di IFX, che espone a fenomeni di immunogenicità talvolta intolle- rabili, sono state “reclamate” alternative altrettanto efficaci ma più sicure, come adalimumab e golimumab, che oltretutto presentano il vantaggio della somministrazione sc, meglio accettata dai pazienti e gestibile in autonomia. Adalimumab (ADL) (Humira®) è l’anticorpo monoclonale anti- TNF totalmente umano, di tipo IgG1, approvato per la MC refrattaria alla terapia steroidea e/o immunosoppressiva, ma anche per casi di intolleranza o perdita di risposta a IFX. Golimumab ha simili indicazioni, ma solo per la RCU.

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