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I livelli sierici dei farmaci anti-TNFα come marker predittivo di mucosal healing nella malattia di Crohn

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea Magistrale

I livelli sierici dei farmaci anti-TNF

α come marker

predittivo di mucosal healing nella malattia di Crohn

Relatore:

Prof. Santino Marchi

Candidato:

Giovanni Mondello

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INDICE GENERALE

INDICE GENERALE...2

RIASSUNTO ANALITICO...4

CAPITOLO 1 – La malattia di Crohn...6

1.1 Definizione...6

1.2 Epidemiologia...6

1.3 Eziopatogenesi...10

1.3.1 Suscettibilità genetica...10

1.3.2 Microbiota...11

1.3.3 Barriera intestinale e autofagia...12

1.3.4 Immunità innata...14 1.3.5 Immunità adattativa...15 1.4 Anatomia patologica...18 1.4.1 Macroscopica...18 1.4.2 Microscopica...19 1.5 Classificazione...20 1.6 Manifestazioni cliniche...21

1.6.1 Ileite terminale e ileo-colite...22

1.6.2 Digiuno-ileite...23 1.6.3 Colite...24 1.6.4 Malattia prossimale...24 1.6.5 Malattia perianale...24 1.6.6 Manifetsazioni extraintestinali...25 1.7 Decorso e complicanze...28 1.8 Diagnosi...31 1.8.1 Clinica...31 1.8.2 Indagini di laboratorio...32 1.8.3 Indagini strumentali...34 1.8.4 Endoscopia...37 1.9 Terapia...39 1.9.1 Amminosalicilati...40

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1.9.2 Glucocorticoidi...41 1.9.3 Immunosoppressori...42 1.9.4 Farmaci anti-TNF...45 1.9.5 Farmaci anti-integrinici...50 1.9.6 Antibiotici...52 1.9.7 Terapia nutrizionale...53 1.9.8 Terapia chirurgica...53

1.9.9 Nuove terapie in sperimentazione...55

CAPITOLO 2 – Monitoraggio terapeutico...56

2.1 Monitoraggio clinico...56

2.1.1 Definizione dell’attività clinica di malattia...56

2.1.2 Remissione clinica...59

2.2 Monitoraggio endoscopico...59

2.2.1 Definizione dell’attività endoscopica di malattia...59

2.2.2 Mucosal healing...61

2.3 Verso un monitoraggio integrato...62

2.4 Immunomonitoraggio della terapia anti-TNF...64

2.4.1 Trough levels e anti-drug antibodies...64

2.4.2 Perdita di risposta ai farmaci anti-TNF: scenari tipici...66

CAPITOLO 3 – Lo studio clinico...69

3.1 Obiettivi...69

3.2 Materiali e metodi...69

3.2.1 Popolazione in studio...69

3.2.2 Disegno dello studio...70

3.2.3 Analisi statistica dei dati...72

3.3 Risultati...72

3.3.1 Fattori antropometrici, clinici e biochimici...72

3.3.2 ADL...77 3.3.3 IFX...88 3.4 Discussione...95 3.5 Conclusione...99 BIBLIOGRAFIA...101 RINGRAZIAMENTI...123

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RIASSUNTO ANALITICO

Background e obiettivo – Infliximab (IFX) e adalimumab (ADL) costituiscono attualmente il

cardine terapeutico della malattia di Crohn (MC) moderata-severa refrattaria, cortico-dipendente o associata a fattori prognostici negativi. La crescente esperienza d’uso in real life dei farmaci anti-TNF ne ha però messo in luce i limiti: spesso si rende necessario aumentare i dosaggi o effettuare switch per contrastare le frequenti perdite di risposta. Ciò impone l’implementazione di nuovi markers predittivi di efficacia della terapia, atti a massimizzarne il profilo di rischio-beneficio. È stato proposto che il monitoraggio delle concentrazioni sieriche dei farmaci anti-TNF, finalizzato a mantenere dei trough levels (TL) sufficienti al target terapeutico desiderato, costituisca un uso più razionale della risorsa, ma sarebbe prima auspicabile dimostrare in modo incontrovertibile l’associazione dei parametri farmacocinetici con endpoints terapeutici validi, come il mucosal healing (MH). Il conseguimento del MH protegge dal rischio di riacutizzazioni, ospedalizzazione e chirurgia. Vi è evidenza che le concentrazioni di IFX siano associati al MH nella MC, mentre per ADL vi sono ancora pochi studi e alcune controversie. L’obiettivo primario del presente studio osservazionale è stabilire la correlazione esistente tra TL di IFX, TL di ADL e MH e identificare, se possibile, TL ottimali per raggiungere il MH nella MC.

Materiali e metodi – 35 pazienti affetti da MC naïve a farmaci biologici hanno intrapreso la

terapia a base di anti-TNF, 21 con ADL, 14 con IFX, e sono stati seguiti prospetticamente per un anno. Il MH, valutato dopo un anno di terapia, è stato definito come assenza di ulcere all’ileo-colonscopia, e posto in relazione ai dati farmacocinetici della terapia: nello specifico, ai TL dei farmaci anti-TNF rilevati a timepoints prefissati (14, 22 e 54 settimane dall’inizio della terapia) mediante tecnica ELISA sandwitch. La deep remission è stata definita come remissione clinica (HBI < 5) + SES-CD ≤ 2.

Risultati – I TL medi di ADL alla settimana 14 sono risultati significativamente superiori

nei pazienti che hanno conseguito il MH rispetto ai pazienti che non hanno raggiunto tale endpoint (9.36 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 5.12 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml P 0.025). Un valore soglia di 9.36 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml, generato a partire da una curva ROC, garantiva la massima accuratezza diagnostica nel differenziare i due sottogruppi, con sensibi-lità 78.6% e specificità 85.7% (P 0.016). Pur riducendosi nelle settimane 22 e 54, i TL di ADL sono rimasti strettamente correlati con il MH, con valori medi rispettivamente di 8.93 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 4.14 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (P 0.008) e 8.20 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 2.75 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (P 0.010) e valori soglia predittivi di 8.06 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (sensibilità 78.6%, specificità 100%, P 0.001) e 6.45 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (sensibilità 71.4%, specificità 100%, P 0.004). I TL medi di IFX dei pazienti con MH a un anno erano di poco superiori a quelli dei pazienti con malattia ancora attiva endoscopicamente: 6.74 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 4.31 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (P 0.215) alla settimana 14, 5.89 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 3.20 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (P 0.112) alla settimana 22 e 5.87 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 1.92 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (P 0.045) alla settimana 54. Tutti i pazienti che hanno raggiunto il MH avevano TL di IFX superiori a 6.98 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml, 4.51 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml o 4.04 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml rispettivamente alla settimana 14, 22 o 54 (P 0.209). A fronte

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di una specificità del 100%, questi cut-offs possedevano una scarsa sensibilità (54.5%). La distribu-zione dei TL di ADL differiva significativamente tra i pazienti in deep remission dopo un anno di terapia e quelli con attività clinica e/o endoscopica di malattia persistente: 10.45 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 6.54 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ ml (P 0.011) alla settimana 14, 10.99 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 5.87 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (P 0.007) alla settimana 22 e 10.27 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ ml vs 4.83 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (P 0.001) alla settimana 54. I migliori cut-offs predittivi di deep remission erano rispettivamente 11.34 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (sensibilità 83.3%, specificità 86.7%, P 0.006), 8.06 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (sensibilità 100%, specificità 66.7%, P 0.012) e 6.45 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml (sensibilità 100%, specificità 73.3%, P 0.004). Per IFX la differenza osservata tra i TL di queste due popolazioni raggiungeva quasi la significatività solo per la settimana 54 (9.06 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 3.41μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml, P 0.054; TL soglia ottimale 6.88 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml con sensibilità 76%, specificità 90%, P 0.041 ) e non per le settimane 14 (9.06 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 5.08 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml; TL soglia 9.28 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml) e 22 (6.99 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml vs 4.65μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml; TL soglia 8.53 μg/ml vs 5.12 μg/ml g/ml).

Conclusione – Questo studio prospettico, seppur ancora con un campione non

particolar-mente numeroso, ha dimostrato che i pazienti con TL di ADL più elevati (sia alla 14 che alla 22 settimana) ottengono più facilmente il MH. La scarsa numerosità del campione non ha permesso di riscontrare una significatività statistica per i pazienti trattati con IFX, sebbene sia stato possibile dimostrare una correlazione tra i TL a 54 settimane, il MH e la deep remission.

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CAPITOLO 1 – La malattia di Crohn

1.1 Definizione

La malattia di Crohn (MC) è una malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI), a eziopatoge-nesi immunomediata multifattoriale solo parzialmente conosciuta, in cui è implicata un’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali. L’infiammazione, di natura granulomatosa, può interessare qualsiasi tratto del canale digerente dal cavo orale all’ano, ma solitamente predilige l’ileo terminale e il colon. Le lesioni hanno carattere segmentario e tendono a estendersi in profondità, fino all’interessamento transmurale, con possibili ascessualizzazioni e fistolizzazioni con i tessuti limi-trofi.

La MC presenta un decorso cronico, remittente e ricorrente, caratterizzato da periodi variabi -li di remissione indotti farmacologicamente, chirurgicamente o spontanei, intervallati da fasi di acuzie, anch’esse di durata variabile, che possono complicarsi e richiedere interventi chirurgici, spesso multipli. Episodi reiterati di infiammazione incontrastata sono associati a rimodellamento fibrotico della parete intestinale, che può esitare in sintomi persistenti e invalidanti anche durante la remissione. La terapia medica ad oggi è in grado di controllare la malattia, indurre e mantenere la remissione, prevenendo le riacutizzazioni nella maggior parte dei pazienti, ma non è curativa in quanto la causa della malattia rimane sconosciuta.

1.2 Epidemiologia

Le MICI sono tradizionalmente considerate prerogativa di individui caucasici dei paesi occidentali, nei quali la loro incidenza ha subito un incremento esponenziale negli ultimi decenni del XX seco-lo, inizialmente quella della retto-colite ulcerosa (RCU), successivamente quella della MC.1 Attual-mente il tasso d’incidenza ha raggiunto un andamento a plateau o di lieve declino, eccetto che nella popolazione pediatrica.2,3 Invece nei paesi in via di sviluppo, in cui è in atto lo stesso modello di evoluzione epidemiologica, l’incidenza delle MICI è nella fase esponenziale di crescita, suggeren-do un ruolo patogenetico di fattori ambientali presenti nelle fasi precoci del processo di industria-lizzazione nell’insorgenza delle MICI.4

L’incidenza della MC varia notevolmente a seconda delle regioni geografiche, del grado di industrializzazione e di fattori etnici. Nei paesi occidentali complessivamente è compresa tra 10 e 30/106 abitanti/anno:5 è di 3.1-20.2/106 abitanti/anno in Nord America, 0.5-10.6/106 abitanti/anno in Europa.6 Quivi è un gradiente Ovest-Est e Nord-Sud, con l’area mediterranea che mostra tassi infe-riori.7 Australia e Nuova Zelanda, che presentano etnia e stile di vita analoghi a quelli di Europa occidentale e Nord America, presentano una frequenza simile della malattia (in Australia 14/106

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abitanti/anno). Pochi dati sono a disposizione su Asia, Africa e Sud America, ma evidenze recenti suggeriscono un’incidenza in aumento, più marcata nelle aree maggiormente urbanizzate.8 Lo studio ACCES descrive un’incidenza di MICI di 1.37/ 106 abitanti/anno in Asia.9

Nonostante la stabilizzazione dei tassi di incidenza, la prevalenza della MC in Occidente è in costante aumento per il fenomeno della compounding prevalence, l’aumento di prevalenza di malattie croniche a esordio giovanile e a bassa mortalità, per l’accumularsi delle coorti degli affetti. Attualmente si attesta intorno ai 201 casi/106 abitanti in nel Nord America,10 mentre uno studio epidemiologico testimonia una prevalenza stimata complessiva di MICI dello 0.3% in Europa.6

In Italia sono stati descritti tassi di incidenza di 3.5-4/106 abitanti/anno,11 mentre la prevalen-za si attesta intorno a 81-91/106 abitanti,12 variabile a seconda degli studi da 15/106 abitanti (Sarde-gna meridionale), a 50/106 abitanti (Veneto; Toscana, Firenze), fino a 322/106 abitanti (Sicilia, Casteltermini).

L’incidenza della MC è massima tra la seconda e la quarta decade, ma nessun età è esclusa.13 Alcuni studi hanno suggerito un andamento bimodale, con un secondo picco nella sesta e settima decade.14,15 Non vi è differenza di sesso nella suscettibilità alla malattia, come dimostrato dal rapporto M:F di 0.34-1.65.13

Il rischio di MICI è 3-4 volte maggiore nella etnia ebraica rispetto a quella non ebraica, con un’incidenza massima tra gli ebrei Ashkenazi, mentre è minore negli asiatici e negli ispanici.16 Tra i fattori di rischio più noti, oltre al gruppo etnico di appartenenza, figura la familiarità: diversi studi hanno evidenziato un’aggregazione familiare nelle MICI, ma la componente ereditaria sembra maggiore nella MC rispetto alla RCU. La MC mostra un tasso di concordanza del 20-50 % nei gemelli omozigoti a fronte di un 10% nei dizigoti e vi è un RR pari a 5 nei parenti di primo grado dei soggetti affetti. Si stima un rischio di MICI di quasi 1/3 nei figli di genitori entrambi affetti da MC.17 Nella stessa famiglia può esservi discordanza nel decorso, nella severità e nello stesso tipo di MICI, suggerendo il ruolo di fattori ambientali modificatori del rischio, come il fumo.14

L’importanza di fattori di rischio ambientali è suffragata dall’attuale incremento di incidenza della MC nei gruppi etnici tradizionalmente meno colpiti, come asiatici e ispanici, e negli immigra -ti da regioni a bassa prevalenza verso i paesi più sviluppa-ti;18,19 questo potrebbe essere spiegato dal fatto che molti fattori di rischio sono di tipo comportamentale e associati allo stile di vita tipica-mente occidentale. Tuttavia, potrebbe contribuire anche un maggior accesso alle strutture sanitarie e un maggior ricorso alla colonscopia.

Il fumo è il fattore di rischio ambientale più rilevante nei caucasici. Numerosi studi hanno dimostrato la sua associazione statisticamente significativa con il rischio di MC e la usa correlazio-ne con moltissimi outcomes clinici. Una metanalisi20 ha calcolato per gli attuali fumatori un OR di 1.76 (95% CI 1.40-2.22) per lo sviluppo di MC, a fronte di un OR di 0.58 (95% CI 0.45-0.75) per la RCU, nei confronti della quale dunque il tabagismo pare protettivo. L’impatto del fumo sul rischio di MC sembra proporzionale agli anni/pacchetto, è maggiore nelle donne, mentre è nullo nei

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paesi dell’Asia; qui potrebbero essere implicati altri fattori ambientali oppure l’effetto del fumo potrebbe avere una latenza ritardata e non essersi ancora manifestato.21

Oltre al rischio di sviluppare la MC, l’abitudine tabagica aumenta il rischio di chirurgia e di ricor-renza post-chirurgia, il tempo trascorso con malattia attiva e la difficoltà nel suo controllo, espressa come il numero di farmaci richiesti e i tassi di risposta a tali farmaci; inoltre riduce la durata della risposta a infliximab. Di contro, la sua cessazione migliora la prognosi riducendo il rischio di riacu-tizzazione, il ricorso a steroidi e a immunosoppressori.

Il fumo modifica anche il fenotipo di malattia, con un maggior riscontro di interessamento periana -le e di evoluzione dal comportamento infiammatorio a quello stenosante e penetrante. Il meccani-smo con cui esso interviene nella patogenesi della MC non è del tutto caratterizzato, ma sembra prevedere un’alterazione della composizione del microbiota (con un aumento relativo dei Bacte-rioides e una riduzione di F. prausnitzii), della risposta immunitaria innata, che viene inibita dalla nicotina, e di quella adattativa, in cui si assiste a una riduzione del rapporto IL10/IL12.22 Potrebbe contribuire anche un aumento dello stress ossidativo e un deficit della clearance microbica da parte dei macrofagi. Inoltre il CO prodotto dalla combustione potrebbe ridurre la capacità vasodilatatoria del microcircolo cronicamente infiammato della parete intestinale, causando ischemia, deficit ripa-rativi e fibrosi.

L’intervento di appendicectomia sembra conferire un RR per lo sviluppo di MC pari a 1.61 (95% CI 1.28-2.02) ma solo nell’anno successivo all’intervento.19 Tale associazione pare dunque essere dovuta principalmente a errori interpretativi nel percorso diagnostico sovente lungo e tortuo-so dei pazienti con MC, che postortuo-sono non infrequentemente lamentare sintomi simili all’appendicite acuta.

Molti studi hanno indagato il ruolo di vari farmaci nella genesi della MC. I risultati più signi-ficativi sono stati ottenuti per gli antibiotici, i contraccettivi orali e i FANS.

Una metanalisi suggerisce una correlazione statistica tra l’uso di contraccettivi orali (OR 1.46, 95% CI 1.26-1.70), anche in seguito all’aggiustamento per il fumo.23

Nonostante le proprietà antinfiammatorie dei FANS, è stato ipotizzato che essi conferiscano un aumento di rischio di MC inibendo l’effetto protettivo di COX1 nei confronti dell’epitelio intesti -nale; in aggiunta, uno studio ha evidenziato un modesto incremento del rischio di MICI in donne che facevano un frequente uso di FANS diversi dall’acido acetil-salicilico.24

Una recente metanalisi ha evidenziato una correlazione tra l’esposizione ad antibiotici e MC (OR 1.74, 95% CI 1.35-2.23), specialmente nel primo anno di vita (OR 2.75, 95% CI 1.72-4.38).25 Gli antibiotici più strettamente correlati sono stati i fluorochinoloni e il metronidazolo. Si ritiene che essi possano slatentizzare la MC inducendo un’alterazione del microbiota e delle sue interazioni con l’ospite. A tal proposito, la modulazione positiva della flora batterica da parte dell’allattamento materno nei primi mesi di vita sembra un meccanismo plausibile dell’azione

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protettiva di quest’ultimo nei confronti della MC OR 0.67 (95% CI 0.52-0.86),26 unitamente alla sua azione pro-tollerogenica nei confronti del contenuto luminale intestinale.

La dieta può influenzare l’immunità intestinale in molteplici modi: alterando la permeabilità mucosa, modificando la composizione e il metabolismo del microbiota e fornendo direttamente un carico antigenico alimentare. In particolare, una dieta ad alto contenuto di lipidi e proteine animali è stata associata a un aumentato rischio di MC,27 mentre un elevato consumo di fibre, specialmente fibre solubili derivanti dalla frutta, è risultato protettivo, forse per la loro capacità di generare acidi grassi a catena corta ad azione antinfiammatoria come il butirrato, quando metabolizzate dalla flora batterica intestinale.28,29

È stato ipotizzata che lo stress potesse influire sul rischio di MICI, inducendo una disregola-zione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che è intimamente legato al sistema immunitario. Lo stress sembra correlato bilateralmente alla MC: la malattia attiva si associa a un’ importante compromissione della qualità di vita, con possibili sintomi ansioso-depressivi secondari; d’altra parte alcuni studi descrivono un’associazione tra un elevato carico di stress e il rischio di riacutiz -zazione, ma non di insorgenza, della MC.30 A sostegno delle teorie di neuro-psico-immuno-endocrinologia, un altro studio ha descritto una correlazione tra MC e sintomi depressivi preesi-stenti.31

L’ ipotesi dell’igiene, formulata da Strachan nel 198932 e modificata a più riprese33, postula che la minor esposizione infantile a infezioni e infestazioni parassitarie nei paesi industrializzati potrebbe spiegare l’aumento di incidenza delle malattie allergiche e immunomediate in generale, alterando l’equilibrio tra le risposte linfocitarie Th1 e Th2, che in condizioni normali si inibiscono vicendevolmente. Non tutti gli studi hanno prodotto risultati coerenti con tale teoria. Molti lavori epidemiologici hanno indagato fattori surrogati della teoria dell’igiene: un elevato status socioeco-nomico, la sedentarietà, l’accesso ad acqua potabile e la residenza urbana contro quella rurale sono risultati associati a un rischio aumentato di MICI, mentre infezioni respiratorie e gastroenteriche, in particolare da H. pylori, infestazioni elmintiche, il sovraffollamento e l’esposizione ad animali domestici nell’infanzia sono risultati protettivi.34

Un’attenzione particolare è stata posta nei confronti delle infestazioni elmintiche: queste polarizza-no la risposta immunitaria adattativa verso il fepolarizza-notipo Th2, opponendosi quindi alla differenziazio-ne Th1, che è un hallmark della MC. Oltretutto sembra che gli elminti siano in grado d indurre la produzione di cellule e citochine immunoregolatorie come i linfociti Treg, IL10 e TGFβ, che sopprimono entrambi i bracci dell’immunità innata, Th1 e Th2.35

Livelli insufficienti di vitamina D sono stati associati a un aumentato rischio e a una maggiore severità di numerose malattie croniche immunomediate, tra cui la MC, anche se non è ben carat -terizzata la direzione del nesso di causalità. Infatti è probabile che gli affetti da MC severa si espon-gano meno alla luce solare, con conseguente riduzione della sintesi endogena di vitamina D. Tutta-via, anche una scarsa esposizione al sole è stata chiamata in causa come fattore di rischio per la

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MC.36 A ulteriore sostegno di un ruolo patogenetico di questo vero e proprio ormone sono note le sue azioni immunomodulatorie, mediate dal recettore VDR tra cui l’inibizione della produzione di linfociti Th17;37 inoltre vi è evidenza che supplementazioni orali di vitamina D possano indurre un calo del CDAI e dei livelli di PCR e una miglioramento della qualità di vita nei pazienti affetti da MC.38

1.3 Eziopatogenesi

L’eziologia della MC, nonostante varie ipotesi, rimane tuttora ignota. Secondo l’ipotesi più accre -ditata, la malattia insorgerebbe a causa di una risposta inappropriata ai microbi commensali da parte di un ospite geneticamente predisposto.39 Sembrano giocare un ruolo chiave anche una disfunzione della barriera epiteliale intestinale e della ricognizione microbica da parte del sistema immunitario.

1.3.1 Suscettibilità genetica

La MC presenta un’ ereditarietà è di tipo poligenico, con l’eccezione di rare forme severe e refrat -tarie, a esordio precoce, che sembrano avere un’origine monogenica, per mutazioni con perdita di funzione dei geni dei recettori IL10RA e IL10RB.40

Il substrato genetico delle MICI è stato indagato attraverso vari approcci, a cominciare dagli studi di linkage, fino ai Genome Wide Association Studies (GWAS) e all’immunochip. Gli studi di associazione estesi all’intero genoma confrontano la frequenza tra casi e controlli in migliaia di single nucleotide polymorphisms (SNP), permettendo di ottenere informazioni anche senza partire da ipotesi patogenetiche, e hanno consentito di scoprire pathways molecolari inaspettati associati alla MC come quello dell’autofagia e dello stress del reticolo endoplasmatico (RE). Grazie ai GWAS finora sono stati individuati 201 loci genici che conferiscono suscettibilità alle MICI, di cui 137 condivisi tra MC e RCU e 37 specifici per la MC.41,42Il rischio conferito da ciascun locus è variabile e modesto, per cui globalmente si ritiene che i loci di rischio conosciuti spieghino solo una piccola parte della varianza genica della malattia, e ciò suggerisce un maggior rilievo di fattori epigenetici e ambientali. Vi è anche una quota importante di loci condivisi con altre malattie immu-nomediate come spondilite anchilosante, psoriasi, diabete mellito di tipo 1, artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, asma, tireopatie autoimmuni, malattia celiaca, colangite sclerosante primitiva e sclerosi multipla.43,44 Infatti alcune vie patogenetiche e alcuni farmaci di comune impie-go in suddette patologie sono condivisi con la MC.

I geni implicati, in continuo aumento, regolano la clearance microbica intestinale e la rispo-sta immunitaria, specialmente i signaling Th17 e Treg (IL10, IL23R, JAK2, STAT3, IL12B detta anche p40, IL27,TNFSF15, TNFAIP3 e molti altri), l’integrità della barriera mucosa intestinale (CDH1, GNA12, PTPN2, HNF4A, NKX2-3, STAT3), l’autofagia (ATG16L1, NOD2, IRGM,

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PTPN2, LRRK2), la risposta allo stress ossidativo (NOD2, CARD 9, LRRK2) e lo stress del RE (XBP1, ORMDL3).45 Vi è crescente interesse nei confronti dei loci genici coinvolti nell’homing dei linfociti e nella chemiotassi, come le vie di segnalazione delle integrine (ITGAL, integrina αL),L), delle chemochine e dei loro recettori (CCR6, IL8). 46

Tra i vari pathways implicati nella patogenesi della MC è presente un complesso interplay. Infatti nessuno di essi è sufficiente per spiegare la malattia e la maggior parte dei geni implicati è un crocevia tra diversi processi cellulari e svolge molteplici funzioni, talora contrastanti tra di loro. Un ottimo esempio ci è offerto da NOD2/CARD15.

Il gene NOD2 (dominio per l’oligomerizzazione nucleotidica 2), posto nel locus IBD1 sul cromosoma 16, mostra la più forte associazione con la MC. Esso codifica per un pattern-recogni-sing receptor (PRR) espresso nel citosol di molti tipi cellulari: cellule epiteliali intestinali (intesti-nal epithelial cells, IEC), macrofagi, cellule dendritiche (dendritic cells, DC), cellule di Paneth, cellule endoteliali. Una volta riconosciuto il muramil-dipeptide (MDP), frammento del peptidogli-cano della parete batterica, NOD2 induce il signaling di NF-kB, dunque la generazione di TNF e IL1, l’autofagia e la presentazione dell’antigene alle DC.47,48 Specifici polimorfismi nel dominio ricco in ripetizioni di leucina di NOD2 sono associati a un aumento di rischio di MC pari a 20-40 volte in individui caucasici se in omozigosi, di 2-4 volte se in eterozigosi.49,50 Essi conferiscono anche un maggior rischio di coinvolgimento ileale e di complicanze come stenosi fibrotiche e necessità di resezioni chirurgiche.51 Si ipotizza che queste varianti alleliche siano meno efficienti nel riconoscere e contrastare i batteri luminali e nell’indurre la produzione di defensine, portando a una maggiore penetrazione microbica nella mucosa intestinale.52 Inoltre, se fisiologicamente la stimolazione cronica di NOD2 sopprime la produzione di citochine proflogistiche, svolgendo un ruolo tollerogenico53, ciò non avviene nelle varianti associate a MC, le quali invece riducono l’espressione della citochina immunoregolatoria IL10.54

1.3.2 Microbiota

Il canale digerente umano ospita migliaia di specie microbiche, prevalentemente anaerobie, con un gradiente crescente prossimo-distale a partire dallo stomaco fino al colon, in cui si raggiunge una concentrazione pari a 10¹² microbi/ml.55 Si stima che il numero delle cellule batteriche commensali superi di un ordine di grandezza quello delle cellule umane del nostro corpo.

La composizione del microbiota è unica in ogni individuo e viene influenzata da fattori dietetici, farmacologici, genetici (anche NOD2) e immunologici. Esso svolge molteplici funzioni che comprendono lo sviluppo e la regolazione del sistema immunitario, la sintesi di alcune vitamine e di acidi grassi a catena corta, la deconiugazione dei sali biliari.

La modulazione del microbiota nei primi anni di vita può influenzare il rischio di MICI: rice-vere terapie antibiotiche nei primi anni di vita può incrementare il rischio,56 mentre l’allattamento al seno sembra protettivo.26

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Nella MC è stata descritta una specifica disbiosi, caratterizzata da ridotta variabilità del microbiota commensale (in particolare all’interno dei Phyla dei Firmicutes e Bacterioides) e da un’importante riduzione, rispetto ai controlli sani, dei Bifidobacteria e di Faecalibacterium prau-snitzii.57 È stato altresì riscontrato un incremento della quota di anaerobi facoltativi della famiglia delle Enterobacteriaceae, tra cui E. Coli e alcune sue varianti patogene, e di specie mucolitiche come Ruminococcus gnavus e Ruminococcus torques.58 La specie più studiata, Faecalibacterium prausnitzii, mostra effetti antinfiammatori in modelli murini59 e la sua riduzione nei pazienti affetti da MC ileale risulta essere associata a un aumentato rischio di ricorrenza postoperatoria. Darfeuille et al. descrivono una maggior prevalenza di ceppi di E. coli aderente-invasivo (AIEC) nell’ileo degli affetti da MC rispetto ai controlli;60 ulteriori evidenze a sostegno di un ruolo degli AIEC includono la loro capacità di indurre granulomi in vitro e una colite granulomatosa in modelli animali, e il frequente riscontro nel siero dei pazienti di anticorpi rivolti contro proteine specifiche di E.coli, che correlano anche alla severità di malattia.61

Non è ancora del tutto noto in quale misura tale disbiosi sia una concausa dell’infiammazione inte-stinale piuttosto che un suo epifenomeno. Infatti essa potrebbe essere almeno in parte spiegata dall’ipotesi dell’ossigeno, secondo la quale, la flogosi cronica intestinale aumenterebbe i livelli di O₂ causando una sproporzione tra batteri anaerobi obbligati e facoltativi.62 Tuttavia il ruolo patoge-netico del microbiota è suggerito dall’efficacia nella gestione della MC di alcuni presidi terapeutici che ne alterano la composizione, come il metronidazolo, la ciprofloxacina, le diete elementari nell’età pediatrica e la diversione fecale.63–65 Inoltre la maggior parte dei modelli murini di colite richiede la presenza di batteri intestinali.66

L’esordio della MC talvolta avviene dopo un episodio gastroenteritico,67 e pregresse infezio-ni da Salmonella spp e Campylobacter spp sono state associate a un aumentato rischio a lungo termine.68 Tuttavia tutti i tentativi di trovare un agente infettivo causativo della MC si sono dimo-strati fallimentari.69

Il ruolo ipotizzato dal vaccino attenuato MPR non è stato confermato,70 così come gli studi sul virus del morbillo, su Yersinia spp, Listeria spp e C. albicans hanno prodotto scarse evidenze.71,72 Ma gli agenti infettivi proposti più studiati sono stati i micobatteri, in quanto la MC assomiglia istologicamente alla tubercolosi intestinale e alla malattia di Johne, un’ileite granulomatosa descrit-ta nei bovini, indotdescrit-ta da Mycobacterium avium subspecies paratuberculosis. Tale micobatterio è stato riscontrato anche nei tessuti e nel sangue degli affetti da MC.73 Tuttavia, molti altri studi hanno dato risultati contrastanti o addotto spiegazioni alternative a tale associazione.74

1.3.3 Barriera intestinale e autofagia

Le cellule epiteliali intestinali (IEC) non si limitano all’assorbimento dei nutrienti e alla difesa meccanica nei confronti dei patogeni, ma sono considerate parte integrante dell’immunità innata. In qualità di prima interfaccia con l’ambiente luminale, ne sondano/analizzano il contenuto e

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dialoga-no con la complessa rete di cellule immunitarie della lamina propria. In particolare, le IEC sodialoga-no fondamentali per promuovere l’immunotolleranza orale, essendo un’importante fonte di TGFβ, e per frenare l’infiammazione, poiché contribuiscono alla detossificazione del lipo-polisaccaride (LPS) batterico mediante la produzione di fosfatasi alcalina intestinale.75

Intersperse tra le IEC vi sono le cellule linfoidi innate (innate lymphoid cells, ILC), una clas-se di cellule recentemente caratterizzata che risultano espanclas-se numericamente nella MC.76 Essendo una fonte sia di IFNγ che di IL17, le ILC potrebbero avere un ruolo nel cross-talk Th1-Th17 e risultare un interessante nuovo target terapeutico. Alcuni sottotipi producono anche CCL3, una chemochina che richiama i macrofagi interagendo con il proprio recettore CCR1.77

Nella MC un’aumentata permeabilità paracellulare dell’epitelio intestinale facilita l’accesso di antigeni luminali alle antigen presenting cells (APC) della lamina propria. Questa sembra dovuta a un’eccessiva lassità delle tight junctions, almeno in parte spiegata da un’alterata espressione delle claudine, riscontrabile anche nei parenti di primo grado sani degli affetti.78 Alcuni pazienti mostra-no anche un deficit delle giunzioni aderenti, dovuto a polimorfismi del gene CDH1 che codificamostra-no per forme troncate di E-caderina.79 Il rilascio di IFNγ e TNF, citochina cardine nella patogenesi della MC, sembra in grado di aumentare la permeabilità delle giunzioni serrate e di promuovere l’apoptosi delle IEC, quindi amplifica l’influsso di materiali luminale nella lamina propria e aggra-va le ulcere, creando un circolo vizioso.80

Sembra che anche NOD2 sia implicato nel regolare la permeabilità intestinale: le mutazioni di NOD2 si associano ad aumentata permeabilità della mucosa intestinale negli affetti da MC e nei loro parenti di primo grado clinicamente sani.34 Altri studi hanno associato le MICI con alterazioni in fattori di trascrizione implicati nelle rigenerazione e differenziazione epiteliale, come HNF4A e NKX2-3, che contribuirebbero a indebolire la resistenza dell’epitelio agli insulti.45

Nella MC è presente anche un’alterazione qualitativa del biofilm che ricopre la mucosa inte-stinale, la cosiddetta “barriera pre-epiteliale”, con una riduzione globale dell’espressione delle mucine e in particolare di MUC1.81 Tali reperti patologici sono corroborati anche da studi genetici che hanno trovato una correlazione della MC con i geni MUC1, MUC19 e con il locus PTGER4, posto in prossimità del recettore della PGE ₂ che contribuisce alla funzione di barriera e alla rigene-razione della mucosa.39 In effetti nella MC tipicamente vi è una ridotta funzione delle cellule muci-pare, le principali produttrici del muco, e delle cellule di Paneth. Queste, poste alla base delle crip-te, contribuiscono alla barriera mucosa intestinale secernendo peptidi antimicrobici come le αL),-defensine, in grado di integrarsi nella parete batterica formandovi pori e conducendone alla lisi. In questo modo, le cellule di Paneth prevengono l’invasione microbica e possono modulare la compo-sizione del microbiota.

L’alta attività metabolica e secretoria di queste due classi di cellule può essere in parte compromes-sa dai polimorfismi difettivi MC-specifici di geni come XBP1 (X-box binding protein 1) e NOD2, associati alla risposta allo stress del RE (organulo altamente attivo in queste cellule).45 Inoltre

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l’allele di rischio Thr300Ala del gene dell’autofagia ATG16L1 si associa ad alterazioni dei granuli secretori delle cellule di Paneth,82 e alla colonizzazione del lume intestinale da parte di AIEC.83 A tal proposito, una ridotta clearance degli AIEC è stata riscontrata anche in pazienti portatori di un particolare polimorfismo nel locus correlato all’autofagia IRGM (Immunity-related GTPase family M protein). Sorprendentemente, tale mutazione non alterava la sequenza del gene, bensì quella del microRNA miR-196 deputato al suo silenziamento, pertanto si associava all’espressione incontrollata di IRGM:84questo è solo un esempio dei complessi meccanismi genetici che sottendo-no alla MC, ancora largamente scosottendo-nosciuti.

L’autofagia è un processo cellulare in cui vengono degradati e riciclati i componenti cistoso-lici usurati o indesiderabili, compresi eventuali microbi invadenti (xenofagia), inglobandoli in un autofagosoma che successivamente si fonde con lisosomi. L’autofagia ha un importante ruolo nella clearance microbica intracellulare e nella risoluzione dello stress del RE (nella cosiddetta “risposta alle proteine mal ripiegate”), processi entrambi implicate nella flogosi intestinale della MC. La variante difettiva Thr300Ala di ATG16L1 riscontrata nella MC si associa a ridotta efficienza dell’autofagia nelle IEC e delle DC, oltre che a un aumento dello stress ossidativo persino nella fase di remissione e del rischio di malattia fistolizzante ileale e di resezione chirurgica.48,85 Nelle DC mucosali dei soggetti affetti da MC è presente anche un’alterata presentazione dell’antigene e una ridotta risposta al signaling di NOD2,86 che a sua volta è un potente induttore dell’autofagia. Tutti questi dati riflettono le strette interconnessioni bidirezionali tra i vari meccanismi cellulari della MC e il ruolo centrale di NOD2.87

1.3.4 Immunità innata

L’immunità innata è la prima linea di difesa nei confronti dei patogeni. Consiste in una risposta aspecifica ai motivi strutturali conservati condivisi da varie specie microbiche, detti pathogen asso-ciated molecular patterns (PAMP), come LPS, muramil-peptidi , acidi lipoteicoici, single-strand-RNA, double-strand-RNA e DNA contenenti isole di CpG non metilate. Il legame dei PAMP ai PRR delle cellule immunitarie della lamina propria, in particolare alle propaggini delle DC che sporgono nel lume, modula la risposta innata agli antigeni luminali, potendo promuovere la tolle-ranza orale o la risposta infiammatoria, a seconda di fattori genetici e del milieu citochinico circo-stante.88,89

Le DC sono uno svincolo centrale nel cross-talk tra immunità naturale e adattativa: in quanto APC professionali, presentano la massima espressione di PRR, tra cui i NOD-like receptors (NLR) citosolici e i Toll-like receptors (TLR) transmembrana. I TLR sono deputati al riconoscimento di antigeni microbici extracellulari o endosomiali (fagocitati). La loro interazione con i PAMP attiva le vie di segnalazione di NF-kB e di AP1, nonché la maturazione delle DC che quindi divengono capaci di attivare pienamente i linfociti T e di produrre citochine proinfiammatorie.90

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Le IEC negli individui sani promuovono la selezione di DC immature CD103+ che stimola-no la differenziazione dei linfociti T verso il festimola-notipo Treg piuttosto che effettore, favorendo l’immunotolleranza nei confronti dei commensali.91 Se normalmente le IEC, pur esprimendo PRR, non sono in grado di promuovere la differenziazione dei linfociti T naïve CD4+ in cellule effettrici, sotto lo stimolo di TNF e IFNγ possono comportarsi esse stesse da APC inducendo l’espressione sulla propria membrana di MHC classe II, CD1d e molecole costimolatorie come B7.92–94

Nella MC è stata descritta un’alterata distribuzione e funzionalità delle DC con un aumento delle DC mature e dell’espressione dei marcatori di attivazione TLR2, TLR4, CD40, IL12 e IL6,95 che però paradossalmente si associa a una loro ridotta competenza difensiva, come testimoniato dagli studi su NOD2 e sull’autofagia. Inoltre nella MC risultano difettivi anche altri meccani -smi dell’immunità innata, compreso il reclutamento dei neutrofili e l’attività battericida dei macro-fagi.96

Questi dati, insieme all’evidenza dell’associazione tra alcune sindromi genetiche da immu-nodeficienza (come la malattia granulomatosa cronica o la sindrome di Hermansky-Pudlak) e mani-festazioni simil-MICI, hanno portato a ipotizzare che alla base della MC non risieda un eccesso di risposta immunitaria tout-court, bensì una sua alterazione qualitativa. Un deficit funzionale dell’immunità innata indurrebbe una polarizzazione aberrante delle cellule dell’immunità adattativa esponendole contemporaneamente a un maggior carico antigenico, aggravato dall’aumentata permeabilità intestinale e dalla ridotta efficienza nella clearance microbica.97

1.3.5 Immunità adattativa

Nella MC l’immunità adattativa è caratterizzata da un’inappropriata prevalenza delle cellule T effettrici, in particolare Th1 e Th17, sui linfociti T regolatori. La patogenesi della MC è stata sempre considerata Th1-mediata, al contrario della RCU, in cui è preponderante il ruolo dei Th2.98 Infatti sperimentalmente i Th1 inducono una flogosi granulomatosa transmurale simile a quella della MC. Tuttavia una categorizzazione così drastica si è rivelata fallace in successivi studi, cosicché la dicotomia Th1 vs Th2 quale fulcro patogenetico della MC è in fase di riconsiderazione, mentre si pone sempre maggior enfasi all’asse Th17-Treg.99,100

I linfociti Th1 sono fondamentali per contrastare patogeni intracellulari come i micobatteri; la loro differenziazione è promossa da IL12, eterodimero composto dalle subunità p35 e p40, prodotto dalle APC attivate. A loro volta i Th1 amplificano il reclutamento delle cellule mononu -cleate producendo IFNγ, citochina che stimola l’attività microbicida dei macrofagi e la sintesi di IL1, IL6 e TNF, mediatori finali dell’infiammazione. Nella mucosa intestinale dei pazienti con MC vi è un’aumentata espressione di IL12,101 IFNγ e Tbet e STAT4, due fattori di trascrizione chiave della differenziazione Th1,102 ma anche di IL23 e IL17.103

IL23 è un eterodimero, composto dalle subunità p19 e p40 (in comune con IL12), secreto da macrofagi e DC, che sostiene la proliferazione e la sopravvivenza dei Th17 attraverso il signaling

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JAK/STAT; IL23 contribuisce alla flogosi anche con vie indipendenti da questi linfociti: infatti sembra indurre la produzione di IL17, citochina tipica dei Th17, da parte delle ILC.76 Altre possibi-li fonti di IL17 sono alcune cellule dell’immunità innata come i possibi-linfociti Tγδ.104

Il ruolo del pathway IL23-Th17, fondamentale nella difesa dai microbi extracellulari, è supportato dalla scoperta nella MC di specifiche varianti in molti geni chiave di tale pathway grazie ai GWAS, come p40, JAK2 e STAT3 (trasduttori intracellulari del segnale dell’IL23) e CCR6 (chemochina espressa dai Th17).105 Per di più, alcuni polimorfismi dell’IL23R conferiscono protezione nei confronti delle MICI,106 forse attenuando le risposte Th17 mediate.

Le principali citochine prodotte dai linfociti Th17, IL17 e IL21, sembrano importanti mediatori di danno tissutale nella MC in quanto potenziano l’asse Th1, incrementano l’espressione di TNF, IL1, IL6, IL8 e di metalloproteasi.107–109

A complicare l’intricato network citochinico, recentemente è stato scoperto un nuovo fenotipo di cellula T che sembra espanso nella MC, denominato Th1/Th17 e in grado di produrre sia IFNγ che IL17.110

La neutralizzazione con anticorpi monoclonali delle citochine di una singola famiglia di linfociti Th, come IFNγ (con fontolizumab)111 o IL17 (con secukinumab)112 non ha dimostrato effi-cacia nei trials clinici per la MC. È possibile che per ottenere un beneficio sia necessario bloccare simultaneamente diverse citochine o diversi sottotipi di linfociti T, oppure mediatori a cavallo tra più vie di trasduzione, come TNF o IL23.

I linfociti T regolatori (Treg), una classe di cellule CD4+ contraddistinta dall’espressione del fattore di trascrizione FoxP3, inibiscono la proliferazione dei Th0 e la funzione dei linfociti T effettori e dei macrofagi. Sono i responsabili della tolleranza orale al contenuto luminale fisiologi-co, sopprimendo la risposta ai microbi commensali e agli antigeni alimentari. In modelli sperimen-tali di colite presentano un effetto antinfiammatorio, mediato da IL10 e TGFβ, che sembra deficita-rio nelle MICI.113,114 Infatti, topi knock-out per IL0, TGFβ o per i rispettivi recettori sviluppano spontaneamente colite o enterite.115

I Treg nei pazienti con MC non presentano difetti funzionali ma probabilmente sono quantitativa-mente insufficienti a controbilanciare l’imponente espansione delle cellule T effettrici. Difatti risul-tano ridotti nel sangue periferico dei pazienti con MICI e solo moderatamente aumentati nella mucosa intestinale.116 Sembra che oltre all’aspetto numerico, contribuisca anche una resistenza alla loro azione: i linfociti T effettori dei pazienti con MC sono refrattari alla soppressione mediata dal TGFβ, a causa di un’ over-espressione del mediatore SMAD7.117 Tale resistenza sembra essere sormontabile grazie alla neuralizzazione di SMAD7 tramite la somministrazione di oligonucleotidi antisenso, una nuova opzione terapeutica per la MC attualmente in fase II di sperimentazione.118

Dati recenti evidenziano come TGFβ sia fondamentale per dirigere la differenziazione sia in senso Treg che Th17: sembra che entrambe le popolazioni cellulari derivino dallo stesso precurso-re.119 In presenza di TGFβ, la scelta del destino differenziativo di tale precursore verso il fenotipo

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Th17, mediato dall’espressione del fattore di trascrizione RORγT come alternativa a FoxP3, dipen-de dalla presenza di un contesto citochinico “infiammatorio”, ricco in IL6, IL23 e IL21. Quest’ultima interleuchina può essere prodotta sia dai Th1 che dai Th17, che quindi si auto-induco-no in un meccanismo a feedback positivo.120

Infine la risposta infiammatoria viene orchestrata principalmente da citochine prodotte dai macro-fagi attivati quali IL1, IL6, TNF, i veri mediatori finali del danno tissutale e delle manifestazioni sistemiche delle MICI.

IL1 pare avere un ruolo nell’innesco più che nella perpetuazione della flogosi; infatti corpi monoclonali che la bloccano non hanno dimostrato efficacia nella MC a differenza degli anti-TNF. IL1 promuove la sopravvivenza delle cellule CD4+ effettrici, la sintesi di IL6 da parte dei macrofagi, il reclutamento dei neutrofili e l’oncogenesi nell’epitelio del colon.102

Anche IL6, citochina a valle di IL1, previene l’apoptosi dei linfociti T e ne stimola l’attività. I suoi livelli risultano incrementati in modelli sperimentali di MICI e negli individui affetti. IL6 Inoltre amplifica lo stimolo flogistico tramite un’ulteriore attivazione dei macrofagi e il reclutamento dei leucociti, stimola la proliferazione delle IEC, facilitando l’oncogenesi, e infine costitui -sce il più potente induttore delle proteine di fase acuta quali PCR e fibrinogeno.102 Un sottogruppo di pazienti affetti da MC beneficia del blocco farmacologico di tale citochina, operato dall’anticor-po monoclonale tocilizumab, attualmente solo in studi clinici.121

Il Tumor Necrosis Factor (TNF) è riconosciuto essere il principale mediatore infiammatorio nelle MICI, tanto da costituirne il target principale della terapia nelle forme severe. Viene prodotto come proteina transmembrana da svariati tipi cellulari tra cui DC e macrofagi attivati, linfociti T, fibroblasti e adipociti, mentre la sua forma solubile può essere rilasciata in virtù di un taglio proteo-litico operato dalla metalloproteasi ADAM17.

Entrambi i recettori di TNF, TNFRI e TNFRII, sono in grado di mediare la trasduzione del segnale di NF-kB e di AP1, mentre TNFRI può promuovere anche l’apoptosi tramite RIPK1 e caspasi 3.102 Tuttavia, il recettore maggiormente implicato nelle MICI sembra essere TNFRII, attivato solo dalla forma transmembrana del TNF.122 Difatti la proteina di fusione etanercept, in grado di bloccare solo la forma solubile di TNF, non mostra alcun effetto terapeutico nelle MICI, al contrario di altri anti-TNF come infliximab e adalimumab, che invece sono in grado di antagonizzare entrambe le forme.123,124

Il TNF mostra proprietà proflogistiche pleiotropiche, intervenendo in tutti i meccanismi implicati nella patogenesi delle MICI. Immesso in circolo in grandi quantità, può scatenare reazioni sistemi-che quali febbre, produzione di proteine di fase acuta, stato catabolico, e in casi estremi condurre a una sindrome da shock settico.125 A livello locale, il TNF amplifica l’infiammazione, inducendo ulteriore produzione di IL6 e TNF da parte dei macrofagi e resistenza all’apoptosi nelle cellule T incrementando i segnali di sopravvivenza NF-kB e TRAF2.102 Danneggia la barriera mucosa,

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indu-cendo la necroptosi delle cellule di Paneth e delle IEC.80 Facilita l’accesso dei mediatori flogistici alle zone lese promuovendo la neoangiogenesi e ostacola la piena restitutio ad integrum del danno tissutale stimolando l’apposizione di collagene e la produzione di metalloproteasi della matrice (MMP) da parte dei miofibroblasti, oltre a ridurre i livelli del tissue inhibitor of matrix metallopro-teinases 1 (TIMP1).126 Analogamente all’IL1, il TNF induce l’espressione di molecole d’adesione endoteliali nella mucosa intestinale come ICAM-1, VCAM-1 e MadCAM-1 che in definitiva facili-tano la diapedesi leucocitaria.127

Il reclutamento delle cellule immunitarie all’interno della parete intestinale è mediato dall’interazione debole tra le L-selectine dei leucociti e le E-selectine endoteliali. Segue il rolling sulla parete vasale e la più stretta adesione delle integrine leucocitarie all’endotelio tramite moleco-le di adesione, quindi la diapedesi.128 Vari tipi di chemochine tra cui IL8, MIP1αL),, MIP1β e RANTES, abbondantemente prodotte nelle lesioni flogistiche della MC, attraggono le cellule immunitarie e le rendono prone all’extravasazione, poiché inducono mutamenti conformazionali nelle integrine che ne aumentano l’affinità per i rispettivi ligandi.129 In particolare, lo specifico homing intestinale dei linfociti T effettori prodottisi nei linfonodi mesenterici e nelle placche di Peyer è mediato dall’integrina αL),4β7, ligando di MadCAM1, e dal recettore chemochinico CCR9.130 L’elevata specificità dell’integrina αL),4β7 per i linfociti diretti al canale digerente le ha permesso di divenire un target terapeutico nelle MICI per inibire il reclutamento linfocitario esclu-sivamente a livello intestinale.

1.4 Anatomia patologica

1.4.1 Macroscopica

La MC si presenta con aree multiple di infiammazione intestinale definite lesioni a salto (skip lesions), in quanto nettamente delimitate, con una transizione brusca verso le regioni non coinvolte. La natura discontinua delle lesioni è una caratteristica fondamentale nella diagnosi differenziale con la RCU, insieme alla loro profondità, che nella MC spesso supera la tonaca mucosa.

La lesione precoce della MC è l’ulcera aftosa o aftoide della mucosa, caratterizzata da una depressione ricoperta da fibrina circondata da un alone iperemico ed edematoso. Essa può appro-fondarsi nella parete e confluire con altre lesione, configurando un aspetto a selciato romano: un’intricata rete di ulcere serpiginose allungate, solitamente a decorso parallelo all’asse dell’intesti-no, intersperse in una mucosa normale-edematosa, che appare dunque rilevata. Dalla guarigione delle ulcere possono residuare cicatrici depresse. Talvolta si sviluppano fissurazioni transmurali, spesso inglobate sul versante sieroso dell’ansa intestinale da un essudato (flogistico) e da tessuto adiposo mesenteriale ispessito, definito grasso rampicante.131 Tali lesioni possono instaurare

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aderenze con le strutture circostanti creando tragitti fistolosi, ascessi, o raramente possono condurre a perforazione intestinale.

La parete intestinale nei tratti colpiti si presenta ispessita e irrigidita per l’edema flogistico transmurale, la fibrosi e l’ipertrofia della tonaca muscolare, che insieme contribuiscono allo svilup-po di stenosi o sub-stenosi localizzate.

1.4.2 Microscopica

Durante le fasi di attività della MC nella parete intestinale sono riscontrabili aggregati di neutrofili che portano alla distruzione delle cripte di Lieberkühn. Tali ascessi criptici sono un elemento condiviso con la RCU che però nella MC assume tipicamente carattere segmentario. Aree focali di flogosi cronica, caratterizzata da infiltrato mononucleato, con linfociti e plasmacellule, possono creare veri e propri aggregati linfoidi simil-follicolari nel contesto della parete.132

Cicli ripetuti di distruzione e rigenerazione portano a una distorsione architetturale delle cripte, che da rettilinee e parallele assumono andamento irregolare e ramificato, con lume accorcia-to e dal calibro irregolare, con dilatazioni cistiche. Tali alterazioni costituiscono le stigmate isaccorcia-tolo- istolo-giche della MC di lunga durata, insieme a un variabile grado di atrofia epiteliale (comunque sempre inferiore rispetto alla RCU), metaplasia pseudopilorica, distorsione dei villi del tenue e iperplasia delle fibre nervose del sistema nervoso enterico.133,134

Granulomi non caseificanti costituiti da istiociti epitelioidi e rare cellule giganti multinuclea-te sono una caratmultinuclea-teristica patognomonica della MC, riscontrabile in tutti gli strati della paremultinuclea-te inmultinuclea-te- inte-stinale, ma più raramente anche nei linfonodi regionali, nel mesentere, nel peritoneo, nel fegato, nel pancreas e nella cute (MC metastatica).135 Nonostante l’elevata specificità dei granulomi, la loro presenza nelle biopsie ottenute tramite l’endoscopia possiede una bassa sensibilità per la diagnosi di MC, mentre nei tratti intestinali resecati chirurgicamente i granulomi sono più frequen-ti. Infatti la loro prevalenza varia dal 70% nel pezzo operatorio al 9% nelle biopsie.136 I granulomi sembrano caratterizzare una fase relativamente precoce della MC, in quanto sono strettamente associati alla presenza di malattia attiva a livello endoscopico e clinico, e sono più frequenti nei pazienti più giovani.137

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1.5 Classificazione

L’attuale classificazione fenotipica di riferimento internazionale della MC, frutto del Montreal World Congress of Gastroenterology del 2005, ha sostituito la precedente classificazione di Vienna del 1998 e qualifica la MC sulla base di tre parametri: l’età alla diagnosi (age, A), la localizzazione (location, L) e il comportamento (behaviour, B) di malattia (Tab. 1.1).138,139

Tabella 1.1 – Classificazione di Montreal della MC

Età alla diagnosi

A1 Inferiore a 16 anni A2 Tra 17 e 40 anni A3 Superiore a 40 anni Localizzazione L1 Ileo L2 Colon L3 Ileo e colon L4* Prossimale isolata Comportamento

B1 Non stenosante – non fistolizzante (infiammatorio puro) B2 Stenosante

B3 Fistolizzante (penetrante) p* Malattia perianale

* possono essere aggiunti agli altri items

Sebbene la MC possa interessare qualsiasi porzione del canale digerente dal cavo orale all’ano, le localizzazioni principali tendono a essere l’ileo terminale (L1), il colon (L2) o entrambi (L3). Come frequenza, queste tre tipologie di localizzazione sono riscontrabili in simile proporzione, di circa un terzo ciascuna.14

La malattia perianale, che può essere contraddistinta dall’aggiunta del modificatore p, presenta un’incidenza cumulativa che varia dal 23% al 38% a seconda degli studi.140 L4 è un altro modificatore che può essere aggiunto per connotare la localizzazione prossimale di malattia. La sua prevalenza nella MC, con i pochi dati a disposizione dalla letteratura, varia da 0.5% a 13%.141

L’età alla diagnosi influenza l’espressione clinica della MC: l’esordio precoce (A1) sembra associato a un decorso clinico più severo, con un maggior tasso di complicanze (fistole e stenosi) e un interessamento più esteso e multiplo del canale digerente, specialmente del tenue, con un maggior rischio di coinvolgimento anche prossimale.142 Invece i pazienti in classe A3 presentano più frequentemente l’interessamento colico.143 A tal proposito, uno studio basato su registri di popolazione mostra una prevalenza di malattia del colon del 65% in pazienti sopra i 60 anni a fron-te di 20% in pazienti A1.144

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Il comportamento della malattia definisce la tipologia prevalente delle lesioni nel singolo paziente. Queste possono essere di tipo puramente infiammatorio (B1), non stenosante non fistoliz-zante, caratterizzate da ulcere aftoidi, aspetto a selciato romano e ispessimento flogistico parietale; fibrostenosante (B2), con stenosi di estensione variabile, singole o multiple, che solitamente inte -ressano l’ileo terminale e possono associarsi a dilatazione dei tratti a monte; e infine fistolizzante-penetrante-perforante (B3), contraddistinte dalla presenza di fistole e ascessi.

Il principale limite della classificazione di Montreal consiste nel considerare come entità separate i vari comportamenti di malattia, mentre sempre più evidenze suggeriscono che essi posso-no coesistere o evolvere l’uposso-no nell’altro: mentre la localizzazione tende a rimanere stabile dalla diagnosi,145 il comportamento spesso evolve dinamicamente nel tempo. Infatti fino all’80% dei pazienti presentano malattia non stenosante non penetrante all’esordio, ma secondo uno studio prospettico circa la metà dei pazienti sviluppano complicanze, comprese fistole e stenosi, a 20 anni dalla diagnosi.146 La presenza di malattia localizzata esclusivamente al colon sembra essere protet-tiva nei confronti di questo viraggio nel comportamento.5

Per superare le criticità della classificazione di Montreal è in corso di validazione una classi-ficazione longitudinale, il Lémann Damage Score, che misura il danno strutturale accumulato nel tempo, tenendo conto della natura evolutiva della MC e della possibile coesistenza di tutti i tipi di lesioni in qualsiasi tratto gastroenterico.147

1.6 Manifestazioni cliniche

Le manifestazioni cliniche della MC sono estremamente variegate e possono evolvere nello stesso paziente con il passare del tempo. Comprendono una variabile combinazione di segni e sintomi addominali (diarrea, dolore addominale, ematochezia, malattia perianale), generali (febbre-febbri-cola, astenia, iporessia, calo ponderale) e manifestazioni extraintestinali.

Il dolore addominale è localizzato più spesso al mesogastrio e in fossa iliaca destra; può essere secondario alle ulcere, specialmente durante il passaggio del materiale fecale, alla flogosi che irrita le terminazioni nervose sensitive e il sistema nervoso enterico, stimolando in reazione onde peristaltiche abnormi, e/o a una possibile occlusione o sub-occlusione intestinale. In questo caso il dolore mostra un andamento in crescendo in termini di frequenza e di intensità, è aggravato dal pasto e si associa a a nausea, vomito, distensione addominale e chiusura dell’alvo alle feci o alle feci e ai gas. Solitamente il dolore è di tipo colico e crampiforme, alleviato parzialmente dall’evacuazione, ma può divenire anche continuo e notturno nelle forme infiammatorie floride e in quelle fistolizzanti complicate con ascessi.

La diarrea può essere di tipo infiammatorio, accompagnata da muco, sangue e talora pus, secondaria alle lesioni flogistiche (specie se estese) che incrementano la secrezione elettrolitica degli enterociti (quindi contribuisce anche un maggior carico osmotico), riducendone

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contempora-neamente la capacità assorbente, ma questo è più tipico della RCU. Il carattere untuoso della diar-rea (steatordiar-rea) può essere imputato a un malassorbimento generalizzato causato da una sindrome da intestino corto nei pluri-operati, o più frequentemente a un malassorbimento selettivo dei sali biliari. Questo può essere dovuto a ileite terminale, resezione dell’ultima ansa ileale, sub-ostruzioni croniche o sovracrescita batterica del tenue nella malattia fistolizzante estesa digiuno-ileale, poiché i batteri deconiugano i sali biliari e aumentano lo strato acquoso pre-epiteliale che deve essere attraversato dai lipidi per il loro assorbimento. Infine esiste la possibilità di una pseudodiarrea, nelle forme stenosanti serrate, specialmente del colon, con crisi sub-occlusive frequenti, prolifera-zione batterica abnorme nelle aree di stasi dilatate a monte e conseguente colliquaprolifera-zione episodica del materiale fecale che finalmente riesce a oltrepassare il restringimento.

Il calo ponderale è indotto dalla combinazione di diversi meccanismi: ridotto apporto energe-tico dovuto a nausea, iporessia o alla semplice paura di esacerbare il dolore e la diarrea con il pasto (per l’aumento della peristalsi secondario al fisiologico riflesso gastro-colico), malassorbimento e aumentato consumo per lo stato catabolico flogistico. Nell’età evolutiva si manifesta come ritardo di crescita e può essere il primo segno della MC.

Episodi di febbricola ad andamento variabile sono tipici della MC come manifestazione dell’infiammazione cronica, mentre una febbre elevata deve indurre il sospetto di ascessi o processi infettivi intercorrenti.

Contribuiscono all’astenia vari meccanismi, tra cui un bilancio energetico negativo, la presenza di infiammazione e di anemia.

I sintomi generali e addominali della MC dipendono principalmente da localizzazione, seve-rità, tipologia ed estensione delle lesioni e dalla storia clinica della malattia, in particolare dall’eventuale sviluppo di complicanze o dal ricorso a resezioni chirurgiche. Per quanto riguarda l’estensione, si definisce malattia localizzata un coinvolgimento intestinale globale < 30 cm, mentre quando questo supera i 100 cm si parla di malattia estesa.148 Tuttavia vi può essere discre-panza tra il carico totale di malattia e il quadro clinico. Comunque il principale determinante della presentazione clinica della MC è la sede della malattia, che può essere grossolanamente schematiz -zata in alcuni prototipi che possono combinarsi tra di loro nello stesso paziente fin dall’esordio o con l’evoluzione della malattia: ileo terminale, ileo-colon, digiuno-ileo, colon, canale anale e cute perianale.

1.6.1 Ileite terminale e ileo-colite

L’ileo terminale è la sede più frequentemente coinvolta, sovente per prima e insieme al cieco. La flogosi ileo-ciecale nel 10% dei casi può esordire in modo brusco e improvviso, simulando un’appendicite acuta, con dolore addominale intenso in fossa iliaca destra, presenza di massa palpabile, febbre e leucocitosi. Nella maggior parte dei casi, l’esordio è insidioso, con episodi

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ricor-renti di dolore addominale crampiforme specialmente pre-evacuativo, più spesso nel quadrante inferiore destro.

Un aumentata dismissione colica di sali biliari, che avrebbero nell’ileo terminale la sede elettiva del proprio riassorbimento, è la causa principale della diarrea tipica di questa forma di MC (diarrea coleretica). I sali biliari infatti causano irritazione chimica dell’epitelio colico, che porta a escrezio-ne di acqua e di cloro e attiva diverse vie oncogeescrezio-ne: questo costituisce uno dei meccanismi che collegano la MC al rischio di carcinoma colon-rettale (CCR). La steatorrea non si sviluppa finché l’induzione della sintesi epatica di sali biliari riesce a controbilanciarne le perdite fecali. In caso di resezione o malattia ileale estese, il ricircolo entero-epatico e la sintesi ex novo dei sali biliari non sono più sufficienti, cosicché la concentrazione duodenale di acidi biliari scende sotto alla concen-trazione micellare critica, portando a un deficit nell’emulsificazione dei grassi, processo necessario per la loro digestione da parte della lipasi, quindi diarrea untuosa da acidi grassi.

La riduzione del pool di acidi biliari, necessari per la solubilizzazione del colesterolo all’interno delle vie biliari, può portare anche alla sovrasaturazione del colesterolo stesso con litogenesi bilia-re, specialmente nella colecisti.

Il sequestro degli ioni Ca²+ da parte degli acidi grassi giunti non assorbiti al colon aumenta lo quota solubile ionizzata di ossalato riducendo quella insolubile, che normalmente sarebbe complessata con il calcio. Questo fatto, unitamente all’aumento della permeabilità mucosa colica causato dal danno irritativo dei sali biliari, spiega l’ aumentato riassorbimento di ossalato, quindi l’iperpossa-luria enterica e la tendenza dei pazienti a sviluppare nefrolitiasi da ossalato di calcio. Il malassorbi-mento della vitamina B12 da parte di un ileo terminale infiammato può causare anemia megalobla-stica e in extremis (specialmente se non supplementata o trattata erroneamente con soli folati) atas-sia e deficit sensitivi.

Edema, spasmo e successivo rimodellamento fibrotico della valvola ileo-ciecale conducono spesso a sintomatologia sub-occlusiva.

L’ispessimento parietale, la flogosi del mesentere, dei linfonodi regionali e dei tessuti periviscerali possono manifestarsi come massa palpabile, dolente e dolorabile, e produrre ascessi o raramente inglobare l’uretere destro portando a idroureteronefrosi e infezioni urinarie.

1.6.2 Digiuno-ileite

L’interessamento esteso del tenue, soprattutto in caso di fistole entero-enteriche che ne bypassano ampi tratti, compromette la capacità assorbente globale dell’organismo, con conseguente diarrea osmotica, disidratazione, calo ponderale e importanti deficit nutrizionali, in particolare di Fe, Ca, Mg, oligoemenenti, folati, vitamina B12 e vitamine liposolubili (A, D, E, K). Il malassorbimento delle vitamine liposolubili può causare anomalie visive (A), coagulative (K) e ossee (D). Osteope-nia e osteoporosi (OP) sono piuttosto comuni nella MC di lunga durata, e possono complicarsi con fratture da fragilità, soprattutto vertebrali. Oltre al deficit di vitamina D e calcio, contribuiscono le

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terapie steroidee prolungate spesso necessarie per il controllo della malattia e la riduzione dell’attività fisica dovuta all’impatto della malattia sulla qualità di vita. Gli steroidi topici non sembrano scevri dal rischio di indurre rarefazione ossea, anche se esso pare ridotto rispetto ai corti-sonici sistemici. Il rischio di sviluppare OP può protrarsi oltre il mero periodo di malassorbimento franco: a causa dell’età in cui esso si verifica, può essere compromesso il raggiungimento del picco di massa ossea previsto dall’assetto genetico del paziente, che fisiologicamente si verifica intorno ai 25 anni, prima che abbia inizio l’inesorabile declino della densità minerale ossea.

1.6.3 Colite

I pazienti con colite di Crohn si presentano con dolore addominale crampiforme, dovuto al passag-gio delle feci su segmenti ristretti e infiammati di colon, diarrea, ematochezia, febbricola e anemia. Solitamente il sanguinamento è di entità modesta, inferiore rispetto alla RCU, massivo solo nell’1-2% dei casi. La localizzazione rettale si può associare a tenesmo e a ridotta compliance rettale. Alla diagnosi risulta impossibile differenziare la colite di Crohn dalla RCU in circa il 5% dei casi, in quanto neanche i campioni istologici risultano dirimenti, configurandosi il quadro diagnostico di colite indeterminata, solitamente transitorio, perché successivamente la malattia si delinea meglio.149 Peraltro, spesso la diagnosi precisa di una specifica MICI richiede un’osservazione seria-ta della storia naturale della malattia: infatti in alcuni studi prospettici fino al 14% dei pazienti con MICI nel tempo cambiano diagnosi da RCU a MC o viceversa.150

1.6.4 Malattia prossimale

L’interessamento prossimale si associa quasi sempre a malattia del tenue e/o del colon.151 La presenza di orifizi fistolosi a livello prossimale non implica necessariamente la presenza di malattia prossimale primitiva. Le sedi prossimali maggiormente colpite sono lo stomaco e la seconda porzione duodenale. Tipica è la presenza di gastrite granulomatosa H. pyolri negativa i cui sintomi comprendono nausea, vomito alimentare, epigastralgia e dispepsia; in un paziente con MC che lamenta tali disturbi è necessaria l’ esecuzione di un’esofag-ogastro-duodeno-scopia (EGDS) con biopsia per la loro attribuzione alla MC, in quanto sono sintomi troppo aspecifici e comuni anche nella loro variante funzionale, ma potrebbero essere dovuti anche ad altre forme di gastrite o a ulce-re peptiche. Il vomito può diventaulce-re pulce-reminente nel caso si sviluppi una stenosi cicatriziale gastrica con conseguente occlusione digestiva alta.

1.6.5 Malattia perianale

L’interessamento perianale riguarda quasi 1/3 dei pazienti con MC.152 Il rischio cumulativo è maggiore quando è coinvolto il colon, arrivando fino al 92% in caso di proctite di Crohn.153 La malattia perianale può essere indipendente dalle lesioni e dai sintomi intestinali, potendo preceder-ne la comparsa, esordire insieme, successivamente o raramente essere presente isolata, senza

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infiammazione intestinale.152 La presenza di malattia perianale sembra possedere anche rilevanza prognostica in quanto predice un decorso clinico più aggressivo della MC.154

È possibile riscontrare le seguenti lesioni cutaneo-mucose variamente combinati: fistole e ascessi perianali, ascessi perirettali, marische (skin tags), emorroidi, ulcere e stenosi del canale anale; complicanze come un carcinoma squamocellulare o un adenocarcionoma possono sottendere a fistole che non tendono alla guarigione. La sintomatologia può essere debilitante e avere impor-tanti ripercussioni psicologiche, sessuali e sulla qualità di vita dei giovani pazienti. Le manifesta-zioni cliniche della malattia perianale comprendono: dolore esacerbato dalla defecazione, tumefa-zione dolente, secrezioni sieroso-purulente dai possibili orifizi esterni delle fistole, dischezia, disfunzione del pavimento pelvico con incontinenza fecale e dispareunia. Le lesioni più frequenti sono le fistole perianali, definite come tragitti di tessuto di granulazione che collegano la mucosa ano-rettale alla cute. Si ipotizza che esse derivino da profonde ulcere ano-rettali estese verso i tessuti sottocutanei perineali per effetto del peso delle feci e delle spinte defecatorie, o in alternati-va da ascessi delle ghiandole anali, che dallo spazio intersfinterico si estenderebbero verso il basso a raggiungere la cute perineale seguendo tale spazio (fistole intersfinteriche) o dopo aver attraver -sato lo sfintere anale esterno (fistole transfinteriche).155

Le classificazioni più usate delle fistole perianali comprendono la classificazione “anatomi-ca” di Park156 e quella dell’ American Gastroenterological Association (AGA).157 La prima distin-gue le fistole in base al loro rapporto con il muscolo sfintere esterno dell’ano in: intersfinteriche (decorrono tra lo sfintere anale interno e quello esterno), transfinteriche (attraversano orizzontal-mente lo sfintere esterno), soprasfinteriche (attraversano il muscolo elevatore dell’ano) extrasfinte-riche (non in rapporto con l’apparato sfinterico) e superficiali (decorrono inferiormente a entrambi gli sfinteri). La seconda, più improntata alla clinica, distingue le fistole perianali in semplici e complesse. Quelle semplici sono tipicamente basse, con un singolo orifizio esterno e si associano a tassi di guarigione superiori rispetto a quelle complesse, che invece sono alte, ramificate e possono associarsi a orifizi multipli, ad ascessi e a fistole rettovaginali.

1.6.6 Manifetsazioni extraintestinali

La manifestazione extraintestinale (EIM) della MC più frequente in assoluto risulta essere l’anemia, con una prevalenza variabile a seconda del cut-off di valutazione, che arriva fino al 68% nei pazienti ospedalizzati.158 L’anemia solitamente si sviluppa in modo cronico e dunque può essere paucisintomatica, ma spesso impatta pesantemente sulla qualità della vita e sulle performance psicofisiche dei pazienti.159 Non sempre la sua presenza riflette l’attività di malattia in quanto è piuttosto frequente anche nelle fasi di remissione. Solitamente l’anemia è multifattoriale, poiché nella sua patogenesi intervengono vari meccanismi, anche se il principale risulta essere quello side-ropenico da malassorbimento di Fe, stillicidio ematico cronico e ridotto apporto marziale per le frequenti restrizioni dietetiche causate dalla malattia. In caso di malattia attiva interviene

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