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All’insieme delle teorie dell’impedimento diretto sono ricondu- cibili tutte quelle ricostruzioni teoriche che, ai fini della configurazione della posizione di garanzia, richiedono che il soggetto vincolato alla protezione del bene tutelato sia dotato di poteri che, già prima del fatto, esprimano un sicuro e immediato potenziale impeditivo dell’evento da impedire: un potere che si presenti risolutivo a priori per scongiurare la lesione del bene affidato.

L’orientamento che sarà oggetto di analisi in questo paragrafo gode di una significativa diffusione in dottrina; esso trova, tuttavia, soltanto sporadiche conferme in sede giurisprudenziale. Ne esamine- remo la genesi, gli sviluppi applicativi nei contesti organizzati delle società e osserveremo brevemente le criticità concettuali ad essi relati- vi.

2.1. La “signoria sulle ragioni dell’evento” e l’impedimento di reati. La letteratura che sostiene l’orientamento dei poteri impeditivi diretti – un orientamento, che visti gli esiti, potremmo definire “restrit- tivo” – si è sviluppata a partire, innanzitutto, dalle ricerche di A. Fio- rella in merito al trasferimento delle posizioni di garanzia nell’ambito dell’organizzazione d’impresa322: l’illustre Autore faceva ricorso a tale

nozione di potere per mettere a fuoco la differenza fra le situazioni che obbligano ad una “mera sorveglianza” e quelle che richiedono un in- tervento efficace di impedimento dell’evento. Nell’analisi in questione, venivano fissati due assunti che sarebbero rimasti immutati nelle nu- merose elaborazioni che ne sono derivate: la necessaria distinzione fra gli «obblighi di sorveglianza» e gli «obblighi di garanzia», per predica- re la sola rilevanza penale dei secondi, e l’assegnazione di una valenza

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discretiva fra le due tipologie di obbligo alla qualità “impeditiva” del potere323.

Scriveva, nella sua opera, Fiorella: se manca quella particolare qualità del potere, il legislatore «si attende ed impone atti che sempli- cemente “agevolino” l’impedimento, non aspettandosi un intervento ugualmente incisivo» e non criminalizzando, perciò, l’omessa attiva- zione tramite la clausola dell’art. 40 cpv. c.p.324. La legge prevede a li- vello astratto, la rilevanza penale di un comportamento omissivo in ra- gione delle possibilità impeditive: la posizione di garanzia sarà da rin- venire non in capo a coloro che quasi mai, in concreto, possono dar luogo ad interventi giudicabili come conditio sine qua non del prodursi dell’evento, ma solo a coloro che, già a priori, possono impedire l’evento con adeguata sicurezza325.

Questo passaggio, che decreta la collocazione del rilievo delle capacità di impedimento già sul piano astratto della posizione di ga- ranzia, viene spiegato richiamando la teoria del «dominio sulle ragioni dell’accaduto» («Herrschaft über den Grund des Erfolges») riconduci- bile all’opera del penalista tedesco B. Schünemann326, in base alla qua-

le, una simile forma di “dominio” (o di “signoria”) rappresenterebbe un elemento capace di fornire le basi tanto del reato attivo quanto di quello omissivo: se, da un lato, la condotta attiva si caratterizza per il dominio da parte dell’autore sui fatti in cui essa si esprime, dall’altro, quella omissiva richiederebbe una signoria del garante sugli accadi- menti idonea a consentirgli la protezione del bene tutelato. In entrambi i casi, il soggetto attivo del reato dispone ex ante di poteri per rendere attuale o per evitare l’inverarsi dell’offesa: nel possesso di tali poteri si trova la spiegazione (e volendo, il fondamento) della sua responsabili- tà.

323 Cfr. supra, cap. 2, §1.3.

324 A. FIORELLA, op. ult. cit., p. 203. 325 A. FIORELLA, loc. ult. cit.

326 B. SCHÜNEMANN, Grund und Grenzen der unechten Unterlassungsdelikte, cit., p.

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Fiorella precisava, inoltre, per non smentire gli esiti della c.d. teoria mista sulle posizioni di garanzia, che la sussistenza della “signo- ria” non sarebbe da sola sufficiente ad affermare l’equivalenza fra agi- re ed omettere: si rende indispensabile anche l’accertamento della preesistenza di obblighi giuridici, i c.d. doveri giuridici di sorveglian- za327; la Herrschafttheorie, cioè, dovrebbe essere valorizzata soltanto «in negativo», nel senso che la mancanza di un potere «particolarmente incisivo» dovrebbe leggersi come «indice del difetto della posizione di garanzia»328.

L’obbligo di impedire l’evento sussiste, allora, qualora sia rav- visabile in capo a un soggetto un dovere generale di sorveglianza ac- compagnato da poteri che assicurino una posizione di signoria

sull’accadimento.

Ciò si è affermato, innanzitutto, riguardo agli obblighi di impe- dire l’evento, vuoi di protezione, vuoi di controllo: adesso occorre ve- rificare come lo stesso tenore ricostruttivo sia stato applicato al profilo dell’obbligo di impedire reati.

La lineare interpretazione del ruolo dei garanti offerta dalla teo- ria della signoria tende, in effetti, a complicarsi quando si ipotizza la necessità di un “dominio” sul reato commesso dal terzo. Come è stato segnalato in dottrina, «se si muove dalla premessa che la posizione di garanzia comporta di fatto un potere di effettiva signoria nei confronti dell’evento, è agevole osservare come questa situazione generalmente non si verifichi quando causa dell’evento sia, appunto, la condotta di un altro soggetto: normalmente, infatti, l’azione dell’uomo si svolge al di fuori del potere di dominio e di controllo di una persona diversa dall’agente medesimo»329. L’impedimento, in questo caso, consiste-

rebbe nel porre argini alle altrui possibilità criminose, ponendo un li-

327 Contra, G. FIANDACA, Il reato commissivo mediante omissione, cit., p. 82 ss.;

spec. 91 ss., che accoglie per primo, in Italia, gli spunti teorici delle teorie di SCHÜNEMANN.

328 A. FIORELLA, op. ult. cit., pp. 202-203. 329 G. FIANDACA, op. ult. cit., p. 176.

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mite alla libertà del terzo: è lecito chiedersi se e in che misura un pote- re simile possa effettivamente esistere.

La dottrina che si è interrogata sul problema, ha ritenuto che si versi in una tale situazione se l’ordinamento attribuisce al garante spe- cifici poteri di controllo sul terzo, definiti talora «poteri giuridici di comando»330, che consentano di superare le soglie della ordinaria sfera di autoresponsabilità del soggetto controllato331: poteri che in natura non esistono (se non in forme violente e illecite) e che, pertanto, ri- chiedono un preciso fondamento giuridico. Secondo Schünemann, ad esempio, al garante sarebbe disponibile il comando su soggetti colpiti da «incapacità naturale», ma anche e soprattutto su coloro che, pur es- sendo pienamente capaci di agire, sono sottoposti ad un potere di co- mando tale da essere ridotti in uno stato di «parziale incapacità», come risultato della «soggezione giuridica» nei confronti del garante332.

Non è chiaro se ciò comporti, allora, un abbandono del para- digma della “signoria”, verso un criterio fondato sull’esistenza di par- ticolari “poteri giuridici”333, o ne rappresenti solo una forma specifi-

ca334. Ad ogni modo, la giuridicità dei poteri si pone come un requisito

essenziale: i poteri non dovrebbero ricavarsi tanto, o solo, dalle capaci- tà fattuali di ostacolare il realizzarsi del reato, quanto dalla attribuzione di facoltà giuridiche atte a neutralizzare la condotta o gli effetti del rea- to altrui.

Ovviamente, non ogni potere di matrice giuridica si mostra ca- pace di impedire reati. Così, si sono sviluppate riflessioni sul grado di efficacia impeditiva dei poteri giuridici: l’incisività, la sussistenza di

330 Così, ad es., B. SCHÜNEMANN, Unternehmenskriminalität und Strafrecht, Carl

Heymanns Verlag, Berlin-Bonn, 1979, pp. 89-90, che declina tale speciale forma di signoria come «potere di comando di un persona su un'altra persona» (Befehlsgewalt

eines Menschen uber einem anderen Menschen).

331 A. FIORELLA, op. ult. cit., p. 205 ss., p. 220 ss. e spec. 223. Cfr. anche tutti gli Au-

tori a sostegno della tesi di cui al §2.2 del presente capitolo.

332 B. SCHÜNEMANN, Grund und Grenzen der unechten Unterlassungsdelikte, pp.

323-328.

333 Così, G. GRASSO, op. ult. cit., p. 328, commentando il pensiero di B. SCHÜNE- MANN.Questa osservazione troverà conforto nelle critiche che vedremo infra al §2.4.

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una “signoria di diritto”, è stata valutata – in una sorta di misurazione – in base all’ampiezza degli effetti che il potere espressamente assegnato dalla legge può dispiegare nei confronti del terzo.

Si può anticipare, però, prima di esporre gli sviluppi di questa visione alla tematica degli organi di controllo, che una simile imposta- zione comporterà nella maggior parte dei casi l’esclusione della re- sponsabilità dei soggetti considerati: poteri tanto significativi, che im- plicano l’avere «nelle proprie mani» l’agente criminoso, sono indub- biamente eccezionali nel nostro ordinamento. Non a caso, lo stesso Fiorella, pur nella sua più embrionale versione della tesi, postulava un generale «principio di irresponsabilità per l’omesso impedimento dell’altrui reato ai sensi dell’art. 40 comma 2 c.p.»335, derogabile solo

in casi straordinari, ed escludeva le responsabilità di organi di control- lo, quali sindaci e amministratori, rispetto ai reati della gestione esecu- tiva336.

2.2. L’impedimento nel contesto societario. I poteri “forti”: «pote-

stà» e «poteri di conformazione» (le tesi di Giunta e Pisani).

L’orientamento appena esposto si è arricchito di contributi dot- trinali favorevoli337, alcuni dei quali precipuamente dedicati ai soggetti del controllo societario338. Anche in questo contesto, partendo dalla suddetta esigenza di ravvisare un controllo sull’agire del terzo, si è ri- gorosamente sottolineato che i poteri del garante dovrebbero esprimere una fattiva interferenza sulle possibilità di realizzazione dell’illecito altrui (e sono definiti, perciò, poteri “forti”): «se non si vuole banaliz-

335 A. FIORELLA, op. ult. cit., p. 205 ss. 336 A. FIORELLA, op. ult. cit., p. 204.

337 In ordine cronologico, L. BISORI, L’omesso impedimento del reato altrui, 1997,

cit.; I. LEONCINI, Obbligo di attivarsi, obbligo di garanzia e obbligo di sorveglianza, 1999, cit.; F. MANTOVANI, L'obbligo di garanzia ricostruito alla luce dei principi di

legalità, di solidarietà, di libertà e di responsabilità personale, 2001, cit. poi in ID.,

Diritto penale, 2013, cit.

338 N. PISANI, Controlli sindacali e responsabilità personale nelle società per azioni,

2003, cit., F. GIUNTA, Controllo e controllori nello specchio del diritto penale socie-

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zare il concetto di poteri impeditivi», si è osservato, andrebbero esclusi quei poteri che possono produrre «solamente un’influenza sulle deci- sioni del soggetto controllato ad astenersi dall’illecito» (ritenuti, per- tanto, «poteri deboli»)339.

Si è ripresa, in sostanza, la teoria della Herrschaft340 e la sua

traduzione in termini di «poteri di comando» su soggetti “incapaci”. Tale teoria, ad esempio, nel contesto aziendale, vedrebbe come sogget- to parzialmente incapace per ragioni “non naturali” il lavoratore rispet- to al suo datore, in quanto il primo è inserito nell’organizzazione im- prenditoriale del secondo ed è soggetto ad un potere giuridico di etero- determinazione e deve osservare gli ordini del suo superiore341.

Tuttavia, è stato acutamente osservato come non sempre l’esistenza di poteri di comando possa essere assunta come «criterio generale di selezione degli obblighi giuridici di garanzia rispetto agli obblighi di vigilanza» (N. Pisani): essi si prestano a consentire l’impedimento nelle relazioni giuridiche strutturate in forma “gerarchi- ca”, ma si rivelano inadeguati quando si voglia «cogliere l’essenza del- le posizioni di garanzia nella sfera delle organizzazioni complesse», come, ad esempio, nell’organizzazione della società e nelle relazioni fra i suoi organi342.

Gli unici poteri che possono “intaccare” la sfera di autorespon- sabilità di un organo societario sarebbero quelli che, pur vincolando soggetti pari-ordinati, consentono ad un altro organo di incidere sugli effetti degli atti del primo, realizzando risultati interdittivi già astratta- mente previsti dall’ordinamento (cioè “tipici”)343. L’Autore, dunque,

339 F. GIUNTA, op. ult. cit., cit., p. 608.

340 Espressamente N. PISANI, op. ult. cit., p. 43 ss e 62 ss., cit., ma anche F. GIUNTA,

ritiene che in tali casi siano necessari poteri che esprimano «la signoria del garante sull’attività aggressiva, se non addirittura sul suo autore» (op. ult. cit., p. 607).

341 B. SCHÜNEMANN, Unternehmenskriminalität und Strafrecht, cit. p. 105, come

citato in N. PISANI, op. ult. cit., pp. 64-66. Questo potere, è bene precisarlo, non si presenta come assoluto, ma limitato all’ambito dell’attività nella quale il soggetto agisce.

342 N.PISANI, op. ult. cit., p. 66. 343 N.PISANI, op. ult. cit., p. 69.

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riconosce tale situazione nei rapporti giuridici interorganici che si pre- stano ad essere iscritti nello schema della «potestà», intesa come as- soggettamento dell’attività di un organo a un «potere di conformazio- ne» di un altro organo (es. poteri di autorizzazione preventiva o ratifica successiva), e conclude, perciò, nel senso che in ambito societario deb- bano considerarsi poteri impeditivi solo quelli che «si esprimono attra- verso rimedi tipici endosocietari a carattere interdittivo, istituzional- mente preordinati a consentire che tutta o parte dell’attività di un dato organo societario venga posta in una sfera di soggezione giuridica alla potestà di controllo di altro organo»344. Andrebbero esclusi, invece, i poteri esprimenti una mera “possibilità” di interferire sulle scelte dell’organo vigilato, il cui successo è rimesso alle eventualità del caso concreto345.

La tesi, così nettamente delineata, si ritrova anche nella rico- struzione di F. Giunta, che sintetizza il concetto di potere impeditivo in modo non dissimile: sarebbero poteri “forti”, e dunque propri di un ga- rante, quelli «cui corrispondono doveri di conformazione, in quanto il loro esercizio produce effetti giuridici vincolanti sull’attività del sog- getto controllato, e più in generale, [lo sarebbero anche] i poteri di

blocco dell’attività del controllato, come la revoca di quest’ultimo»346. Sul piano delle conseguenze, l’accoglimento di queste posizioni conduce ad esiti assai restrittivi. Si consideri, ad esempio, che sarebbe difficile configurare in capo ai membri del collegio sindacale una re- sponsabilità derivante dal dovere di sorvegliare il «generale andamento della società» (art. 2403 c.c.)347. I poteri reattivi ad esso associati, in- fatti, non assicurerebbero effetti conformativi: non è impeditivo il po- tere-dovere di assistere alle adunanze del consiglio di amministrazione

344 N.PISANI, op. ult. cit., p. 82. 345 N.PISANI, op. ult. cit., pp. 67-68.

346 F. GIUNTA, op. ult. cit., p. 608. Per inciso, non è priva di significato quest’ultima

precisazione in merito alla rilevanza impeditiva dei poteri di revoca di un organo, as- sente, invece, in PISANI.

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(art. 2405 c.c.), che rappresenta soltanto uno «strumento di moral sua-

sion»348, né lo è quello di denunzia al tribunale (art. 2409 c.c.)349, in quanto presuppone la sollecitazione di un terzo (nell’esempio il giudice del tribunale) che deciderà se impedire in piena autonomia350. Pare, sotto questo profilo, che se, per conseguire l’impedimento, il soggetto deve fare affidamento su un soggetto terzo che detiene poteri in certa misura autonomi – se l’impedimento, cioè, «dipende dal fatto del ter- zo»351 – ciò sia ragione, di per sé sufficiente, per escluderne la sussi- stenza di una posizione di garanzia. Si potrà, invece, rinvenire la dovu- ta efficacia impeditiva, ad esempio, nei poteri di revoca dell’organo amministrativo spettanti al Consiglio di Sorveglianza nel sistema di

governance dualistico352.

2.3. L’estraneità della ricostruzione agli orientamenti giurispruden-

ziali attuali.

Questi esiti notevolmente garantistici, pur inserendosi in un fi- lone di studi sul reato omissivo improprio assai significativo, non sono condivisi da buona parte della dottrina353 e sono senz’altro estranei an- che alle tradizionali posizioni della giurisprudenza354, la quale, oltretut- to, è spesso sfuggita da una precisa definizione di tale elemento delle fattispecie, limitandosi, il più delle volte, «alla mera enunciazione del

348 N.PISANI, loc. ult. cit.

349 Sul sistema dualistico, cfr. supra, cap. 1, §2.5. 350 F. GIUNTA, op. ult. cit., p. 610.

351 F. GIUNTA, loc. ult. cit.

352 F. GIUNTA, loc. ult. cit. Si è precisato eventualmente per la variabile declinazione

dell’ampiezza dei poteri amministrativi del C.d.S. Cfr. supra, cap. 1, §2.3.

353 Si considerino le posizioni di F. CENTONZE, A. NISCO, L. CORNACCHIA che ver-

ranno esposte successivamente nel presente capitolo (§3), ma anche, ad es., A. ALES- SANDRI, Diritto penale e attività economiche, cit., p. 160.

354 Nei commentari si cita soltanto un caso deciso sulla base di questa ricostruzione,

ossia la decisione del G.i.p. Trib. Teramo, Ud. 18 marzo 1996, in Cass. pen., 1997, 2238 ss., con nota di G. EBNER, Il reato omissivo improprio, la compartecipazione

omissiva e la connivenza non punibile, ivi, p. 2246 ss. Nel caso di specie si era esclu-

sa ogni possibile responsabilità di un amministratore di azienda Usl come concorren- te delle azioni delittuose compiute dai suoi dipendenti, in quanto titolare soltanto di un «dovere generico di sorveglianza».

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generico dovere di vigilanza», o addirittura, del tutto «eludendola» nel- la motivazione della sentenza355.

Nella giurisprudenza corrente, quando è affrontato il tema dell’incisività dei poteri di impedimento, si ritiene che «la posizione di garanzia richied[a] l'esistenza di poteri impeditivi che peraltro possono anche concretizzarsi in obblighi diversi (per es. di natura sollecitato- ria), e di minore efficacia, rispetto a quelli direttamente e specifica- mente diretti ad impedire il verificarsi dell'evento»356.

Non è, inoltre, condivisa dai giudici di legittimità la sola rile- vanza dei «poteri tipici» espressamente attribuiti al controllore societa- rio. In giurisprudenza si legge che «la ricerca delle leve impeditive non può svolgersi soltanto in ragione della espressa e formale tipicizzazio- ne normativa, ma deve calarsi nella considerazione delle effettive op- portunità, offerte al [controllore] nel corso della vicenda societaria, per manifestare il proprio dissenso od altrimenti dispiegare attività impedi- tiva»357.

La posizione della Cassazione si pone, così, in senso diame- tralmente opposto a quella della dottrina in esame, giungendo ad af- fermazioni che, non postulando la tipizzazione dei poteri, sollevano anche seri dubbi sul rispetto del principio di legalità (cfr. infra, §4.4).

Nonostante tutto ciò, va segnalato come le preoccupazioni che animano la dottrina in questione non siano del tutto ignorate dalla Cor-

355 Così F. CENTONZE, op. ult. cit., p. 189, citando, in proposito, le sentenze del Ban-

co Ambrosiano (Cass., sez. V, 22 aprile 1998, n. 8327, in Cass. pen., 1999, p. 651 ss, Corte d’App. Milano, sez. II, 10 giugno 1996, in Riv. trim. dir. per econ., 1998, p. 594).

356 In questi termini Cass. pen., Sez. IV, 11 marzo 2010, n. 16761, in Cass Pen.,

2011, 101, con nota di A. VERRICO, Le insidie al rispetto di legalità e colpevolezza

nella causalità e nella colpa: incertezze dogmatiche, deviazioni applicative, possibili confusioni e sovrapposizioni. Conforme a tale orientamento Cass. pen., Sez. V, 4

maggio 2011, n. 28932, in Riv. dott. comm., 2012, 187, con nota di G. CHIARAVI- GLIO, Causalità omissiva e potere di impedire l'evento: la posizione dei sindaci e de-

gli amministratori privi di delega nelle società di capitali.

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te di Cassazione358. La sentenza della V Sezione datata 8 giugno 2012 –nota, soprattutto, per i contenuti innovativi quanto ai requisiti psico- logici nelle responsabilità dell’amministratore privo di deleghe359

fornisce indicazioni che sembrano convalidare la tesi esposta dagli au- tori citati in questo paragrafo. Si legge, infatti: «prima ancora di dover discutere di elemento psicologico del reato», di fronte all’evento biso- gna verificare se «coloro che "non hanno fatto quanto potevano" per impedirlo», disponessero di «poteri ben determinati il [cui] esercizio sia normativamente disciplinato in guisa tale da poterne ricavare la cer- tezza che, laddove esercitati davvero, l'evento sarebbe stato scongiura- to: il che [riferendosi agli amministratori privi di deleghe] non sembra essere nella legislazione vigente»360.

Tale affermazione di principio, però, è rimasta isolata in giuri- sprudenza e non era, fra l’altro, rilevante per la soluzione del caso all’esame della Corte361. Si può ritenere, allora, che nel difficile “dia-

logo” fra dottrina e giurisprudenza cui si accennava, quest’ultima, pur affermando talora l’esigenza di fornire limiti alla definizione delle po- sizioni di garanzia societarie, non sia mai riuscita ad addivenire ad esclusioni di responsabilità fondate sui presupposti offerti dall’orientamento restrittivo.

2.4. Rilievi critici: a) L’incerto meccanismo di selezione dei poteri. Le tesi presentate nei precedenti paragrafi hanno dimostrato una notevole influenza nel generale fenomeno di recepimento italiano della “teoria dei garanti”. La chiarezza e la restrittività delle conse-

358 Anche la sentenza sul disastro di Linate (Cass. Pen., sez. IV, 20 febbraio 2008, n.

22614, cit.) cita testualmente la dottrina in esame nella spiegazione, in termini gene- rali, della tematica dei “poteri impeditivi”.

359 Sui quali, cfr. infra, cap. 4., §1.1.

360 Cass. Pen. Sez. V, 8 giugno 2012, n. 42519, in Dir. pen. Cont., 2014, con nota di

A. INGRASSIA, La Suprema Corte e il superamento di una responsabilità di posizione

per amministratori e sindaci: una decisione apripista?

361 Cass. Pen. Sez. V, 8 giugno 2012, n. 42519, cit., cfr. sull’irrilevanza del principio

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guenze applicative, ed una “narrazione” suggestiva come quella della signoria sulle ragioni dell’evento, possono esercitare un persistente ap-

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