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La governance delle Bcc e il modello previsto dallo statuto – tipo

IL GOVERNO SOCIETARIO DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO

1. La governance delle Bcc e il modello previsto dallo statuto – tipo

Le Banche di Credito Cooperativo, come rilevato, sono, ai sensi dell’art. 33 comma 1º del T.u.b., delle società cooperative per azioni a responsabilità limitata. Ciò determina, conformemente a quanto già evidenziato in precedenza, che trova applicazione nei loro confronti la disposizione di cui all’art. 2519 comma 1º c.c., in base alla quale “alle società cooperative, per quanto non previsto nel presente titolo, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulla società per azioni”. Questa interpretazione è indirettamente confermata, altresì, dall’art. 150 bis del T.u.b. nella parte in cui prevede espressamente che non si applica alle Bcc il secondo comma del menzionato art. 2519 c.c., il quale attribuisce all’atto costitutivo delle società cooperative la possibilità di modellare il funzionamento della società sulla base delle norme in materia di società a responsabilità limitata. Tutto ciò, a ben vedere, incide anche sulla

corporate governance delle banche in parola, atteso che significa che gli assetti societari delle

Bcc sono quelli tipici delle cooperative che si rifanno, per quanto non espressamente previsto nella disciplina ad hoc in materia di cooperazione, alle norme sulle società per azioni, ossia le c.d. cooperative – S.p.A. (253).

Più nel dettaglio, occorre evidenziare che la legislazione bancaria contenuta nel T.u.b. in materia di governo societario delle Bcc non è particolarmente loquace, limitandosi a dettare alcune disposizioni di carattere generale (254), quindi accanto a queste ultime non ci si potrà esimere dal prestare attenzione alle norme dedicate alla

253 Si veda in questo senso anche CUSA, L’autonomia privata e la rappresentanza nelle assemblee delle

banche di credito cooperativo, in Banca borsa tit. cred., 2009, 2, p. 153 ss.

254 Ci si riferisce, in particolare, per il loro impatto diretto sui profili di governance delle Bcc agli artt. 33 comma 1°, 33 comma 3° e 34 comma 3° del T.u.b., ai quali devono, però, aggiungersi per la loro incidenza indiretta sui medesimi profili gli altri articoli del Capo V dedicati alle medesime società bancarie.

predetta materia contenute nella disciplina sulle cooperative di diritto comune e, per quanto ivi non espressamente previsto, nella regolamentazione sulle società per azioni, senza, però, tralasciare le disposizioni di vigilanza emanate dalla Banca d’Italia e soprattutto gli articoli dello statuto – tipo delle Bcc, che in questo ambito assumono un ancor più significativa importanza proprio in ragione della funzione di coordinamento ed indirizzo dagli stessi svolta a favore delle banche della categoria (255).

Dal rinvio alle norme in materia di S.p.A., che per i motivi predetti divengono applicabili in caso di silenzio della relativa disciplina anche alle Bcc, deriva, dunque, che – almeno in astratto – in tema di governance, tali istituti bancari possono scegliere statutariamente quale sistema di amministrazione e controllo adottare tra le diverse alternative messe a disposizione dal legislatore, ossia, in altre parole, possono optare per il modello tradizionale, ovvero per il modello dualistico o ancora per il modello monistico (256).

Se ciò è vero in astratto, non si può non rilevare, tuttavia, che lo statuto – tipo delle Bcc è strutturato sul presupposto dell’adozione del modello tradizionale di amministrazione e controllo, caratterizzato dalla nota ripartizione di poteri e competenze tra i tre organi dell’assemblea dei soci, del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, a cui si aggiunge il collegio dei probiviri, il direttore e in determinati casi anche il comitato esecutivo (257). In questo senso, l’art. 23 dello statuto – tipo, rubricato espressamente “organi sociali” prevede che “gli organi della società, ai quali è demandato, secondo le rispettive competenze, l’esercizio delle funzioni sociali sono: a) l’assemblea dei soci;

b) il consiglio di amministrazione;

255 Nel complesso, secondo FAUCEGLIA – COSTA, I soci, la partecipazione sociale e l’organizzazione

societaria, in Il credito cooperativo, a cura di Carretta, Bologna, 2011, p. 146, la disciplina sull’assemblea delle

Bcc è finalizzata ad assicurare la massima partecipazione possibile dei soci, e ciò anche attraverso la limitazione o addirittura l’esclusione di alcuni principi dettati dalla normativa civilistica.

256 Cfr. in questo senso AGOSTINI, Le banche di credito cooperativo, Milano, 2009, p. 57 ss; nello stesso senso si veda anche COSTA, La riforma delle società e le banche cooperative, cit., p. 1131 ss.

257 La necessaria presenza tra gli organi delle Bcc del collegio dei probiviri ai sensi del disposto dell’art. 30 comma 5° del T.u.b. ha indotto CUSA, Commento all’art. 33 del T.u.b., in Le banche di credito

cooperativo nel Testo Unico Bancario, Torino, 2011, p. 20 ss, a qualificare (almeno) come quadripartita

c) il comitato esecutivo, se nominato (258); d) il collegio sindacale;

e) il collegio dei probiviri”.

La scelta di redigere lo statuto – tipo delle Bcc sulla base del funzionamento del modello di amministrazione e controllo tradizionale, in concreto, non è rimasta priva di effetti, atteso che, anche in ragione della anzidetta particolare importanza dello stesso in materia di governo societario, tutte le Bcc attualmente attive hanno optato per l’adozione di tale sistema di amministrazione e controllo (259). Ciò, ancor più nel dettaglio, sembra essere conseguenza di quanto previsto nelle Disposizioni di Vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche emanate dalla Banca d’Italia (260), secondo cui “le banche di minore dimensione potranno trarre vantaggio dal ricorso a schemi statutari e prassi organizzative elaborati con l’ausilio delle associazioni di categoria e vagliati dall’Autorità di vigilanza”, nonché in ragione del fatto che sempre in base al medesimo provvedimento “le Banche di Credito Cooperativo non sono tenute alla predisposizione del progetto di governo societario qualora adottino lo statuto tipo predisposto dall’associazione di categoria, vagliato dalla Banca d’Italia”. E’ palese in queste previsioni dettate dalla Banca d’Italia quanto sia significativa la convenienza per banche, spesso piccole quali le Bcc, di regolare il proprio assetto societario in conformità del modello previsto nello statuto – tipo redatto da Federcasse e approvato dalla medesima Banca Centrale.

258 Con riguardo al comitato esecutivo, il medesimo statuto – tipo precisa che nelle Bcc il cui attivo è superiore a cinquecento milioni di euro la nomina di tale organo è obbligatoria, con la conseguenza che nel relativo statuto dovrà essere cancellato l’inciso “se nominato” riferito al predetto comitato; al riguardo cfr. CUSA, Commento all’art. 33 del T.u.b., cit., p. 24 ss, il quale sottolinea che la presenza del comitato esecutivo diviene un vero e proprio obbligo per le Bcc aventi un attivo superiore a cinquecento milioni di euro e aderenti (indirettamente, cioè per il tramite della propria Federazione regionale) a Federcasse, in ragione del fatto che detta previsione è contenuta all’interno dello statuto che è stato approvato dalla Banca d’Italia. Di conseguenza, nel caso di una Bcc con attivo superiore a cinquecento milioni di euro e priva del comitato esecutivo vi sarebbe una presunzione relativa di contrasto con la sana e prudente gestione dell’impresa bancaria de qua.

259 Così CUSA, Commento all’art. 33 del T.u.b., cit., p. 20 ss.