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Il capitale sociale delle Banche di Credito Cooperativo

LA DISCIPLINA E LE CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLE ATTUALI BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO

4. Il capitale sociale delle Banche di Credito Cooperativo

Il tema del capitale sociale delle Banche di Credito Cooperativo deve essere analizzato da due differenti prospettive, ossia dal punto di vista del capitale minimo di cui, in base alle Istruzioni della Banca d’Italia, le Bcc, come tutti gli istituti di credito, devono dotarsi in sede di costituzione per ragioni di stabilità patrimoniale, e dal punto di vista della variabilità del capitale medesimo, istituto giuridico caratterizzante le società cooperative, e quindi anche le Bcc che a tale categoria appartengono. In tale senso è stato osservato (63) che le Banche di Credito Cooperativo, pur soggette in quanto

ritiene preferibile “evitare che si cancelli il simbolo di una tradizione benemerita”, quindi fermo l’uso dei termini “banca” e “credito cooperativo” sarebbe possibile continuare ad usare anche le diciture “rurale” e “artigiana”.

60 Così L.F. PAOLUCCI, Commento all’art. 33 T.u.b., cit., p. 405 ss.

61 Cfr. Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia, Titolo VII, Capitolo I, Sezione II.

62 Sul punto cfr. nuovamente L.F. PAOLUCCI, Commento all’art. 33 T.u.b., cit., p. 405 ss, il quale mette in evidenza alcuni dubbi sulla legittimità di tale norma subprimaria, in ragione della circostanza per cui la denominazione non è inclusa tra le materie disciplinabili dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 35 comma 2º del T.u.b; gli stessi dubbi sono sollevati anche da CASTIELLO, Commento all’art. 33 T.u.b., cit., p. 118 ss.

cooperative, alla regola del capitale variabile, devono costituirsi, in quanto istituti di credito, con un capitale di ammontare minimo così come previsto dalla Banca d’Italia.

4.1. Il capitale sociale minimo delle Banche di Credito Cooperativo in quanto istituti di credito.

Tra le diverse condizioni richieste dall’art. 14 del T.u.b. per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria vi è anche quella di cui alla lett. b), in base alla quale deve essere avvenuto il versamento di un ammontare di capitale minimo non inferiore a quello determinato dalla Banca d’Italia.

In tale senso, l’autorità di controllo sul sistema bancario, all’interno delle Istruzioni di Vigilanza, ha stabilito che sono necessari 2 milioni di euro per la costituzione di una Bcc (64).

E’ stato, al riguardo, osservato che “la disciplina del capitale minimo può considerarsi esemplare della tendenza dell’ordinamento bancario a utilizzare e rafforzare ai fini di vigilanza istituti di diritto comune (65)”.

Tale previsione è, con tutta evidenza, finalizzata ad assicurare la serietà dell’iniziativa imprenditoriale, in un settore estremamente delicato e complesso, quale è quello bancario, e a garantire fin da subito all’impresa neocostituita la disponibilità di mezzi economici adeguati per l’avvio dell’operatività (66). La previsione di un ammontare minimo di capitale sociale inferiore per le Bcc rispetto a quanto stabilito per le Banche Popolari e per le banche con la forma di società per azioni (67) deriva, invece, dal favor

mutualitatis del legislatore e del regulator bancario, giacché le uniche banche davvero

mutualistiche sono oggi solo le Bcc (68).

64 Cfr. Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia, Titolo I, Capitolo I, Sezione II.

65 Così NAPOLETANO, Commento all’art. 14 T.u.b., cit., p. 47 ss.

66 Così COSTI, L’ordinamento bancario, cit., p. 409 ss; sull’importanza del capitale minimo per garantire affidabilità patrimoniale alle Bcc si veda anche MARASÀ, Le banche cooperative, cit., p. 532.

67 Cfr. Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia, Titolo I, Capitolo I, Sezione II, in base alle quali le Banche Popolari e le banche in forma di società per azioni devono avere un capitale iniziale minimo pari a 6,3 milioni di euro.

4.2. Il capitale sociale variabile delle Banche di Credito Cooperativo in quanto società cooperative.

Il capitale sociale delle Banche di Credito Cooperativo, così come, più in generale, quello di tutte le società cooperative è, inoltre, di ammontare variabile. Ciò si ricava dall’art. 2511 c.c. ai sensi del quale “le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico”, nonché dal disposto del primo comma dell’art. 2524 c.c. (rubricato espressamente “variabilità del capitale”), secondo cui “il capitale sociale non è determinato in un ammontare prestabilito (69)”.

Il capitale variabile, secondo la dottrina, rappresenta il primo elemento caratterizzante le società cooperative, essendo strumentale rispetto al loro modo di essere e di funzionare (70). Variabilità del capitale sociale significa che esso muta in ragione dell’entrata o dell’uscita dei soci dalla compagine sociale senza che sia necessaria a tale fine una modifica ad hoc dell’atto costitutivo, come avviene, invece, nelle altre società con capitale fisso (71).

Tale istituto è, quindi, funzionale all’essenza stessa delle cooperative, nel senso che, grazie ad esso, può trovare compiuta applicazione il c.d. principio della porta aperta (su cui si veda infra), ossia la regola per cui i soggetti in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge e dallo statuto per l’assunzione dello status socii sono ammessi nella compagine sociale ai sensi dell’art. 2528 c.c. (72). Analizzando a contrariis l’istituto della variabilità del capitale sociale, si ricava, inoltre, che esso consente ai soci di uscire più facilmente dalla

69 Per un commento dell’art. 2524 c.c. cfr. ex multis PINNA, Commento all’art. 2524 c.c., in Il nuovo

diritto delle società, Commentario a cura di Maffei Alberti, Padova, 2011, p. 1544 ss.

70 Cfr. CAVAZZUTI – PUPO, Commento all’art. 2511 c.c., in Il nuovo diritto delle società, Commentario a cura di Maffei Alberti, Padova, 2011, p. 1512 ss; si veda inoltre DI CECCO, Variabilità e modificazione del

capitale sociale nelle cooperative, Napoli, 2002.

71 Così BONFANTE, La nuova società cooperativa, Bologna, 2010, p. 90 ss, il quale sottolinea che “la variabilità del capitale sociale rappresenta una regola che sottolinea indirettamente il carattere secondario del ruolo del capitale rispetto alla partecipazione attiva e personale del socio interessato alla prestazione mutualistica piuttosto che alla valorizzazione dell’investimento nella società”.

72 In vero, l’art. 2528 comma 1° c.c. stabilisce che “l’ammissione di un nuovo socio è fatta con deliberazione degli amministratori su domanda dell’interessato”, quindi non vi è un vero e proprio diritto soggettivo ad entrare nella compagine sociale della cooperativa come si vedrà meglio infra. Per un commento dell’art. 2528 c.c. cfr. ex multis IOCCA, Commento all’art. 2528 c.c., in Il nuovo diritto delle società, Commentario a cura di Maffei Alberti, Padova, 2011, p. 1556 ss.

compagine sociale della cooperativa di quanto non avvenga nelle altre società con forma giuridica diversa.

Ne consegue che il capitale sociale delle cooperative varia automaticamente non solo con l’ammissione di nuovi soci, ma anche nel caso di recesso, esclusione e morte dei medesimi. Il capitale di dette società può variare, altresì, a seguito di apposite delibere di riduzione o di aumento, con la precisazione, però, che in tali casi la variazione non è automatica, ma derivante dalla delibera stessa.

Con specifico riferimento alle Bcc, le Istruzioni di Vigilanza precisano in questo senso che “il capitale sociale è formato da un numero variabile di azioni nominative (73)”.

L’art. 20 dello statuto – tipo, facendo proprie le considerazioni sopra esposte, dispone infine che “il capitale sociale è variabile ed è costituito da azioni del valore nominale di euro …. ciascuna, che possono essere emesse, in linea di principio, illimitatamente”.