Il culto della personalità di Togliatti nella retorica comunista
III. Il grande patriota
Due anni or sono, nell’aprile del ’44, quando Palmiro Togliatti giunse a Napoli, si può dire che la maggioranza degli italiani lo conosceva soltanto di nome. Eppure era un grande italiano, che rimetteva piede sul suolo della patria dopo quasi vent’anni di esilio: un uomo che, come Mazzini, Garibaldi, Cavour nel nostro primo Risorgimento nazionale, rimarrà una delle figure più significative, di questo che è stato chiamato ed è il secondo Risorgimento d’Italia (…) A voler sintetizzare in una frase l’opera svolta da Togliatti negli anni della dominazione fascista, bisognerà dire che egli fu il nemico più spietato, più temibile del fascismo (…) un grande italiano, che dal lontano 1911, dall’età di diciotto anni, aveva dedicato la sua vita a far grande e felice l’Italia, che fin dal ’20 aveva previsto la rovina che minacciava il paese e contro di essa aveva lottato con tutte le sue forze; che anche dopo, affermatasi la spietata tirannide delle camicie nere, non aveva piegato un solo istante, non aveva mai disperato (…).114
(…) Tutta la sua opera (…) si può definire come quella di un grande patriota e statista. Essa è stata volta tenacemente a studiare, chiarire, risolvere i problemi urgenti e fondamentali della Patria (…) Egli aveva riconosciuto, grazie appunto al marxismo, nella classe operaia la forza nuova in isviluppo, capace di creare, anche in Italia, la storia nuova della Patria. (…) Egli si schiera decisamente con il popolo, con gli operai, con la parte più avanzata di essi che si battono per un rinnovamento della vita sociale, per una società nuova e superiore (…).115
Togliatti veniva spesso celebrato come il più grande patriota italiano, il difensore della nazione, l’alfiere dell’antifascismo. Con Gramsci, Garibaldi, Mazzini, Cavour, faceva parte della schiera dei “padri della nazione”; egli apparteneva al popolo italiano, combatteva per salvaguardare i suoi diritti e per la libertà della patria.
Si trattava di una rilettura nazionale del culto della personalità, che collegava il grande dirigente comunista a una serie di miti creatisi nel Risorgimento, legittimando l’azione politica di Togliatti e
114 Federazione Propaganda del P.C.I. (a cura di) Togliatti Roma [1946] pp. 1, 16,19. 115 Luigi Longo Un grande patriota in L’Unità, 29 marzo 1953.
inserendola a pieno titolo in una lunga tradizione nazionale di lotta contro i soprusi e le prevaricazioni dei nemici 116; il dirigente, come capo del Partito comunista, era rappresentato come
il più strenuo difensore dell’Italia, prima contro il fascismo, poi, nell’Italia repubblicana, contro il capitalismo imperialista.
Capo e maestro, ma anche fautore dell’unità popolare, combattente che compì una “diuturna, saggia ed eroica azione popolare e patriottica”: così Luigi Longo definì Togliatti nel discorso pronunciato durante la seduta inaugurale del Consiglio nazionale del Pci dedicata alla celebrazione del sessantesimo compleanno del leader.117
Nella stessa occasione, Antonello Trombadori disse che Togliatti, pur essendo un emulo di Mazzini e di Garibaldi, era riuscito a superarli: attualmente, egli era molto più conosciuto e amato di loro nel mondo118.
Il russo Ilia Ehrenburg, in un articolo scritto per L’Unità sempre in occasione del sessantesimo compleanno del segretario del Pci, sottolineò il grande apporto che Togliatti diede alla liberazione nazionale:
(…) Gramsci e Togliatti hanno aiutato i lavoratori italiani a connettere le loro aspirazioni con la scienza, hanno aiutato il popolo italiano a comprendere la grandezza della sua cultura, hanno legato il presente col grande passato e col grandioso avvenire, hanno gettato un ponte fra le gloriose tradizioni e il progresso.
Palmiro Togliatti ha iniziato il suo cammino in ore difficili (…). Fin da allora egli si rivelò un tenace difensore dei veri interessi della nazione, un combattente per la causa dei lavoratori, un difensore della cultura, un ardente partigiano della
116 La ricerca di una “via nazionale” al culto della personalità era presente anche in altri partiti comunisti. Ad es. in
Unione Sovietica, Lenin era spesso paragonato a Pietro il Grande: se lo zar aveva compiuto un’opera magnifica costruendo la città di Pietroburgo, Lenin e i bolscevichi lo avevano superato creando uno stato immenso, l’Unione Sovietica.In Albania, Enver Hoxha condivideva l’appellativo di “padre della nazione” con il re Zog I, che governò il paese dal 1928 al 1939; inoltre, Hoxha, quando cominciò a incrementare una politica isolazionista, promosse un revival del culto dell’eroe nazionale Gjergj Kastrioti Skanderbeg (1403-68), che lottò contro gli ottomani per più di venticinque anni: egli divenne il simbolo della resistenza contro il nemico esterno. Cfr. Su Pietro il Grande: Nina Tumarkin Lenin
lives! ibid., pp. 6-12; sul caso albanese: Stanislav Sretenovic, Artan Puto Leader Cults in the Western Balkans (1945- 90): Josip Broz Tito and Enver Hoxha in Aa. Vv. The Leader Cult in Communist Dictatorships. Stalin and the Eastern Bloc ibid., pp. 208-223; Piro Misha Fenomeni i nacionalizmit dhe kriza shiqiptare in Përpjekja, nos 15-16, Tirana,
1999.
117 Il discorso fu pubblicato in Longo saluta in Palmiro Togliatti l’uomo che incarna le migliori tradizioni del nostro
popolo in L’Unità, 16 aprile 1953.
118 Il discorso di Trombadori fu in parte riportato in: Antonello Trombadori Il volto di Togliatti in L’Unità, 28 marzo
pace. Egli rivendicò il buon nome dell’Italia negli anni foschi delle camicie nere. Il suo coraggio fu sempre intelligente e il suo intelletto fu sempre coraggioso (…).119
Anche negli anni successivi, nell’Italia repubblicana, Togliatti non cessò mai di dare il suo contributo per migliorare il Paese. Secondo Concetto Marchesi, il dirigente del Pci era “il difensore della nazione”, il combattente che quotidianamente lottava contro la classe politica scellerata che governava il Paese:
(…) Nel marzo 1944 arriva nel mezzogiorno d’Italia Palmiro Togliatti; e tra lo stupore degli uni e il consenso fiducioso degli altri indica (…) la formula salvatrice dell’Italia (…). E, più tardi (…) questa formula di liberazione nazionale e di progresso civile egli mantenne intatta e mantiene intatta anche oggi in cui come allora, più di allora, il nostro paese soggiace alla dominazione straniera. (…) Palmiro Togliatti resta il più vigoroso difensore degl’interessi nazionali, il più consapevole e vigile osservatore delle sorti che un potere sciagurato e scellerato prepara nuovamente all’Italia.
Che la sua generosa fatica porti a compimento l’opera salvatrice.120
Secondo la stampa comunista, Togliatti era “un grande italiano”. Non si doveva dimenticare, tuttavia, il grande contributo che egli diede per il progresso del movimento operaio internazionale. La sua figura era, quindi, indissolubilmente connessa a quella di indomabile combattente dell’internazionalismo proletario: è in questo modo che la redazione di Rinascita celebrò, in un omaggio postumo, il leader:
(…) Un grande italiano. (…) L’Italia non sarebbe quella che è, senza la sua azione, senza il suo pensiero. La nostra Repubblica, la nostra Costituzione recano la sua impronta, recano l’impronta di quel grande partito che egli ha voluto che fosse, che è diventato, il Partito comunista italiano (…). E’ al tempo stesso un combattente indomabile dell’internazionalismo proletario. E’ la sua storia, la sua vita. Quando si parla di lui come di un protagonista di questo mezzo secolo, ci si richiama alla funzione essenziale da lui svolta nei posti di direzione dell’Internazionale comunista,
119 Ilia Ehrenburg Amiamo in Togliatti il cuore del popolo italiano in L’Unità, 29 marzo 1953. 120 Concetto Marchesi Il difensore della nazione in Vie Nuove, n.13, 29 marzo 1953.
prima, e poi all’opera di ricerca innovatrice che ha saputo compiere nel movimento operaio mondiale nelle condizioni mutate del dopoguerra (…).121
Questi due aspetti della personalità di Togliatti erano utilizzati dalla propaganda comunista per celebrarlo sia come paladino e difensore della nazione italiana, sia come grande dirigente del movimento operaio internazionale. La stessa operazione fu condotta con successo in Bulgaria con l’instaurazione del culto di Georgi Dimitrov.
Dimitrov governò la Bulgaria dal 1945 fino alla sua morte, avvenuta nel 1949; la propaganda metteva in risalto la stretta connessione del leader con il suo Paese, ma anche l’importanza di Dimitrov sulla scena internazionale122.
La biografia del leader bulgaro divenne un elemento centrale del culto: nel 1925, dopo il fallito attentato contro lo zar Boris III organizzato dai comunisti, Dimitrov , che era già emerso come capo rivoluzionario, fu condannato a morte; egli fuggì dalla Bulgaria e divenne un agente del Comintern, esercitando un’attività politica illegale in Austria e in Germania.
Nel 1933 Dimitrov fu arrestato con l’accusa di avere organizzato con altri militanti comunisti l’incendio della sede del Parlamento tedesco; durante il processo che seguì fu talmente abile a confondere le testimonianze che venne rilasciato123. Grazie a questo processo il prestigio di
Dimitrov aumentò enormemente; riparato in Unione sovietica, dal 1935 al 1943 fu nominato segretario generale del Comintern, affiancato nel suo lavoro da un’èquipe di rivoluzionari esperti: Togliatti, Manuilskij, Pieck, Kuusinen, Marty e Gottwald.
Dimitrov rientrò in Bulgaria nel novembre del 1945, dopo più di un anno di occupazione del Paese da parte dell’Armata Rossa. Il leader era già un’icona dell’antifascismo e un esempio di dedizione assoluta alla causa del comunismo; negli anni che seguirono la presa del potere i comunisti
121 L’eredità di Togliatti in Rinascita, a.XXI n. 34 , 29 agosto 1964, pp.3-4.
122 Cfr. Markus Wien Georgi Dimitrov, Three Manifestations of his Cult in B. Apor et al, ibid., pp.194-207; Aa.Vv.
Georgi Dimitrov- meždu vazchvalata i otricanieto. Studii I statii Sofia, Centre for Historical and Political Research,
2003; Stella Dimitrova Blagoeva Dimitrov: A Biography New York, 1934.
123 Al processo (meglio conosciuto come “il processo di Lipsia”) partecipò in veste di accusatore anche Hermann
Gőring . L’assoluzione di Dimitrov fu una delle ultime manifestazioni di indipendenza della magistratura tedesca dal potere politico.
accentuarono la dimensione nazionale del culto: Dimitrov fu celebrato come l’inventore della strategia dei fronti popolari e come il padre del concetto di democrazia popolare; questo particolare metodo di governo prevedeva una transizione parlamentare dalla democrazia borghese al socialismo, escludendo la dittatura del proletariato.
Secondo la propaganda, Dimitrov aveva elaborato l’idea di una via nazionale al socialismo che consentiva alla Bulgaria di rimanere nell’alveo degli stati comunisti pur conservando l’indipendenza e mantenendo le proprie caratteristiche specifiche; in ultima analisi, anche nel caso bulgaro la “doppia fedeltà” del leader alla causa comunista e alle esigenze nazionali era un elemento fortemente caratterizzante del culto.
IV. L’intellettuale
Nel partito Togliatti veniva spesso celebrato come “uomo di cultura”: egli era non solo un grande dirigente politico, ma dava anche un contributo importante allo sviluppo della cultura italiana. Mario Alicata, in un articolo apparso su L’ Unità nel 1953, analizzava la compresenza di questi due aspetti nella personalità di Togliatti:
Togliatti è, come Gramsci era, un grande “intellettuale” proprio perché è un grande dirigente rivoluzionario, chè vano sarebbe voler distinguere in lui l’uomo di cultura dell’uomo di partito, chè il contributo originalissimo ch’egli ha portato alla vita culturale italiana, contributo diretto e contributo di stimolo allo sviluppo di una coscienza “critica” che già sta dando e sempre più darà in avvenire i suoi frutti, sarebbe inconcepibile disgiunto dalla sua azione di Capo del Partito comunista (…). Si tratta di un legame concreto, vivo, nel quale la personalità di Togliatti entra con le eccezionali facoltà critiche, dialettiche, tutte sue, con le doti caratteristiche del suo ingegno (…); entra con una capacità di sviscerare e di ricostruire gli eventi, le situazioni storiche, in tutto il loro complesso tessuto di rapporti reciproci, che davvero non ha eguali nella nostra tradizione (…). Quando si parla di Togliatti come uomo di cultura, non può non venire in mente la famosa pagina di Engels nella quale questo grande maestro del marxismo, contrappone al tipo dell’intellettuale borghese moderato, il tipo dell’intellettuale del Rinascimento, non ancora schiavo di quella divisione del lavoro “che ha reso così limitati ed unilaterali tanti dei loro successori”. (…) ,Engels vorrebbe vedere modellati gli uomini della cultura nuova, della cultura rivoluzionaria, della cultura della classe operaia (…). Togliatti, con Gramsci, si è modellato (…) alla scuola dei grandi maestri del marxismo (…).124
Fin dalla giovinezza, Togliatti si distinse per la sua diligenza nello studio e per i precoci studi letterari125.
124 Mario Alicata Togliatti uomo di cultura in L’Unità, 29 marzo 1953.
125 V. la testimonianza della sorella di Togliatti, Maria Cristina in: Paolo Spriano Ricordi di scuola in Vie nuove, n.9, 1
Nel 1911 Togliatti e Gramsci vinsero la borsa di studio che il collegio “Carlo Alberto” di Torino bandiva per i diplomati delle antiche province del Regno sardo; poi, consigliato dai familiari, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Torino126. Gli anni universitari furono una
tappa fondamentale per la formazione culturale del futuro leader127: Togliatti seguiva con profitto
non solo i corsi della sua facoltà, ma frequentava anche le lezioni di insigni storici, letterati ed economisti ( tra i quali l’economista liberale Luigi Einaudi e il docente di letteratura tedesca Arturo Farinelli); inoltre risale a quel periodo l’incontro con Antonio Gramsci e l’orientamento verso il socialismo:
(…) L’Università per Togliatti (…) fu una grande scuola che valse appunto, per quel manipolo di giovani di cui egli faceva parte con Gramsci, come palestra di orientamento, di educazione e di dibattito ideale. L’abitudine comune di seguire i corsi dei più illustri maestri (…) da Ruffini ad Einaudi, da Rodolfo Revisier a Cosmo, da Farinelli a Chironi, da Pastore a Pacchioni, significava per questi giovani approfondire una serie di problemi essenziali, muovere la stagnante atmosfera di una tradizione positivista (…); in una parola, impadronirsi di una nuova concezione della realtà, quella del marxismo, facendo tesoro di tutto un patrimonio culturale e di tutta la serietà di metodo che all’Università si apprendeva con profitto.
Fu così che, soprattutto dal 1913, il gruppo di Gramsci e di Togliatti era noto fra gli studenti, come il gruppo dei socialisti, di quelli più radicali e preparati.128
L’interesse di Togliatti per la cultura fu sempre costante e noto ai militanti comunisti. Alla metà degli anni Quaranta una monografia preparata a cura della Commissione propaganda del Pci e dedicata al leader sottolineava questo aspetto della sua personalità:
di latino e di greco lo teneva alla cattedra durante i compiti in classe per impedire che “si copiasse”(…)
126V. Marcella e Maurizio Ferrara Gli anni d’università in Rinascita a.10, n. 3, agosto 1953, pp.156-162. L’articolo fu
ripubblicato in Marcella e Maurizio Ferrara Conversando con Togliatti Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953 : (…)
Togliatti, vinto il concorso per la borsa di studio, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza. Fu una decisione improvvisa, strana, contraria a tutti i precedenti propositi, che erano di dedicarsi ala filologia classica. Insistettero per questo mutamento i parenti materni, che parlavano della molteplicità di “carriere” cui una laurea in legge apre le porte e il giovane cedette. Oggi dice che quella fu “un’astuzia della Provvidenza”, perché forse, se si fosse dedicato alla filologia classica, per cui sentiva passione, questi studi l’avrebbero assorbito troppo e vi era il pericolo che lo distaccassero dalla vita attiva. Lo studio di legge non lo vincolò, gli dette anzi una spinta verso la lotta sociale e politica (…)
127 Cfr. G. Bocca Palmiro Togliatti Milano, Arnoldo Mondadori, 1991, pp.29-45; Aldo Agosti Togliatti Torino, Utet,
2003, pp.7-31.
(…) Egli non si limita a tenersi aggiornato sugli avvenimenti politici dei Principali Stati del mondo, a seguire e studiare la pubblicistica e la letteratura politica di quei paesi, a conoscere a fondo la storia del movimento operaio nei grandi paesi capitalistici e nel paese del socialismo. La padronanza di molte lingue, e la passione che ha per la letteratura, la poesia e le scienze, ne fanno un lettore provveduto e un conoscitore attento delle più importanti correnti letterarie, storiche, filosofiche delle varie nazioni (…)129
La ricerca dell’egemonia culturale nella società italiana del dopoguerra fu costante per i dirigenti del Pci. Secondo Mario Alicata, la borghesia stava cercando di riorganizzare in senso reazionario la cultura italiana, di dare vita a un “blocco borghese clerico-reazionario”. Era pertanto necessario costituire “un fronte della cultura il più possibile ampio” che comprendesse non solo gli intellettuali comunisti, ma anche i “progressisti” e tutti quelli che erano disposti a lottare per mantenere “certe tradizioni della cultura italiana che fanno tutt’uno con la vita e la storia stessa della nostra Nazione”130.
Togliatti, conscio di questa necessità, esercitò una grande influenza su molti intellettuali, in particolare dal giugno 1944, quando iniziò la pubblicazione di La Rinascita , rivista dottrinaria del partito che fondò e diresse fino alla morte131. Il dirigente era convinto che la lotta politica e il lavoro
pratico non potevano e non dovevano essere disgiunti dall’elaborazione ideale; nel delicato momento storico in cui iniziava la pubblicazione della rivista era necessario precisare la dottrina, richiamare ai principi e alla chiarezza delle idee132.
Il livello culturale della rivista era molto alto e la serietà scientifica indiscutibile: al lettore erano proposti i classici del marxismo, scritti di Gramsci, di Gobetti, dello stesso Togliatti su tematiche politiche e culturali; le citazioni delle opere esaminate erano precise, con chiare indicazioni
129 Commissione propaganda del P.C.I (a cura di) Togliatti Roma, [1944?], pp.22-23. Questo libretto inaugurò la
pubblicazione di una lunga serie di monografie dedicate ai dirigenti del Pci; seguirono le biografie di: Amendola, Colombi, D’Onofrio, Di Vittorio, Giancarlo Pajetta, Giuliano Pajetta, Grieco, Li Causi, Longo, Massola, Negarville, Novella, Reale, Rita Montagnana, Roveda, Scoccimarro, Secchia, Sereni, Spano, Teresa Noce, Terracini.
130 V. Una linea per l’unità degli intellettuali progressisti in Rinascita a. V, n. 12, dicembre 1948, pp. 452-4.
131 Cfr. G. Bocca Palmiro Togliatti ibid. pp.368-370; A. Agosti Togliatti ibid. pp. 290-293; N. Ajello Intellettuali e
Pci 1944-1958 Bari, Laterza, 1979, pp.45-50.
bibliografiche. Rinascita si avvaleva di illustri collaboratori, che vi pubblicavano articoli e saggi: intellettuali che dichiaratamente appoggiavano il Pci come Concetto Marchesi, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Sibilla Aleramo, Renato Guttuso.
Togliatti non discuteva della rivista con i vecchi dirigenti del partito, ma con un gruppo di giovani comunisti che lui stesso aveva scelto: Trombadori, Reali, Ricci, Caprara; il dibattito era spesso vivace, ma le idee e i suggerimenti del leader prevalevano sempre (lo scrittore e giornalista Giorgio Bocca ha definito questo metodo di lavoro, che fu seguito fino al XX Congresso, “autoritarismo illuminato”133).
Togliatti esercitava un fascino indiscutibile sulla maggioranza degli intellettuali italiani, anche tra quelli che non militavano nelle file del partito. Decine di artisti, letterati, professori universitari, cineasti134apprezzavano il suo impegno culturale; L’Unità offrì ai lettori un segno tangibile della
popolarità che il dirigente godeva presso l’intellighenzia italiana: poco dopo la sua morte, furono pubblicati nel giornale i numerosi messaggi di cordoglio espressi da eminenti personalità del mondo della cultura.135
Ma come riuscì Togliatti a guadagnarsi una così grande stima da parte degli intellettuali? A questa domanda cercò di rispondere il filosofo francese Jean-Paul Sartre che, in un lungo articolo pubblicato da L’Unità, ammise di avere subito lui stesso il fascino del segretario del Pci:
(…) Egli aveva saputo congiungere due facoltà difficilmente compatibili, una delle quali deve appartenere al capo responsabile e l’altra è indispensabile all’intellettuale: incrollabile nella azione senza mai rimettere in causa i principi, il metodo e lo scopo, non formulava mai un pensiero che non contenesse i germi della sua critica. Per questo motivo la grande maggioranza degli scrittori ha sempre avuto buoni rapporti col Partito. Diversamente dalla Francia (…) l’Italia annovera, a destra, molto pochi intellettuali. La maggioranza degli intellettuali italiani non sono entrati nel partito, ma
133 V. G.Bocca Palmiro Togliatti ibid. p.370.
134 Tra questi, ricordo Carlo Lizzani, che realizzò un documentario di forte impatto emotivo sul ritorno di Togliatti
all’attività politica dopo l’attentato del 14 luglio 1948 ( Togliatti è ritornato); Elio Petri, Paolo e Vittorio Taviani, che con altri registi filmarono i funerali del dirigente comunista (L’Italia con Togliatti).
135 Commosso omaggio della cultura italiana in L’Unità 22 e 23 agosto 1964. Vi erano pubblicati, tra gli altri, messaggi
di famosi scrittori e cineasti come Carlo Levi, Natalia Ginzburg, Vasco Pratolini, Italo Calvino, Elio Vittorini, Mario Soldati, Luchino Visconti, Federico Fellini, Vittorio De Sica, Michelangelo Antonioni; di critici e storici come Giulio