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I Il lavoratore instancabile: metodo, ordine, precisione

II. Calma, ponderazione, fermezza

3. L’iconografia del potere

L’iconografia del Partito comunista italiano fu fortemente influenzata da stilemi sovietici; ciò accadde in primo luogo perché i comunisti si avvalevano di un patrimonio comune di simboli grafici (la falce e il martello, la stella rossa), secondariamente poiché molti dirigenti e militanti del Pci trascorsero periodi di formazione culturale in Unione Sovietica.

In generale, possiamo notare una riproduzione meccanica di moduli sovietici: come partito di opposizione, il Pci non riuscì a sperimentare né manufatti architettonici che esprimessero la sua concezione della società e del potere, né stili artistici originali174.

L’iconografia del capo assunse un ruolo molto importante: fin dagli anni della clandestinità l’immagine di Togliatti fu diffusa dalla stampa comunista. Alla fine degli anni Trenta, le icone dei grandi dirigenti comunisti furono pubblicate su L’Unità: i profili di Lenin, Stalin, Gramsci e Togliatti ornavano gli angoli delle pagine del giornale175.

Nel 1937 L’Unità pubblicò una composizione, che richiamava le immagini religiose, formata dal montaggio di cinque ritratti fotografici intitolata “Dirigenti del nostro partito”176: al centro spiccava

174 Per i paesi socialisti, l’affermazione di questi stili è largamente documentata. Cfr. Franco Andreucci Falce e

martello. Identità e linguaggi dei comunisti italiani fra stalinismo e guerra fredda Bologna, Bononia University Press,

2005, pp. 225-237.

175 V. in particolare L’Unità, n. 11, 1936 e n. 9, 1938. 176 L’Unità, n. 14, 1937.

la figura del capo, Palmiro Togliatti; ai quattro angoli erano sistemate le fotografie degli altri dirigenti: Ruggero Grieco, Egidio Gennari, Luigi Longo e Giuseppe di Vittorio.

L’operazione più frequente utilizzata nella propaganda fu la ripresa del dittico sovietico Lenin/Stalin, rielaborato nella coppia Gramsci/Togliatti.

Gramsci assunse un ruolo preponderante nel pantheon degli eroi comunisti: dopo la sua morte, in particolare, iniziarono ad apparire articoli, spesso scritti da Togliatti, che definivano Gramsci come il “capo della classe operaia italiana”177.

Dal 1945 articoli e interventi su Gramsci furono sempre più frequenti. Gli attributi che venivano associati al personaggio creavano l’immagine non solo di un compagno e di un eroe, ma anche di un santo laico, di un martire della causa comunista. Proprio la parola “martire” appare frequentemente nei discorsi di Togliatti:

(…) Noi in Gramsci non onoriamo soltanto l’amico, il fratello e il compagno; noi ricordiamo l’uomo che è stato di esempio alla classe operaia e ad un popolo intiero; noi celebriamo in lui l’eroe e il martire il quale ha sacrificato la propria vita al trionfo di una bella, di una grande idea (…) Il carcere di Gramsci non fu un carcere come tutti gli altri; esso fu un martirio lungo, lento, spietato, straziante, di tutti i giorni, di tutte le ore (…) E a Gramsci fu negato tutto: gli furono negati gli alimenti di cui aveva bisogno, gli fu negata l’aria (…) E così il carcere fu per lui un lungo, straziante martirio. 178

Un’ altra parola chiave per comprendere il culto di Gramsci che i dirigenti comunisti volevano inculcare nelle masse è “spirito”: Gramsci non è morto invano, il suo spirito continua a ispirare e guidare i membri del partito. A questo proposito, così si esprimeva Togliatti nella sua relazione al secondo consiglio nazionale del Pci:

(…) Possa guidarci lo spirito del grande indimenticabile Capo del nostro Partito, del compagno Gramsci, che

177 V. ad esempio: P. Togliatti Antonio Gramsci, capo della classe operaia italiana in “Lo Stato operaio, a.XI, n.5-6,

maggio-giugno 1937; P. Togliatti Antonio Gramsci, capo della classe operaia in L’Unità n. 8, 1937; P. Togliatti

Antonio Gramsci, capo della classe operaia italiana in L’Unità n. 5, 1938.

non è qui tra noi, con quel suo viso che noi tutti abbiamo amato ma che è qui col suo spirito (…) Possa il pensiero e la volontà di Gramsci guidarci in avanti, nell’adempimento dei nuovi compiti che oggi si pongono al nostro Partito.179

In un articolo del 1945 Velio Spano scrisse di aver assistito a un discorso che Togliatti pronunciò a Madrid nel 1933, nel quale Ercoli parlava di Gramsci definendolo suo maestro “con commossa reverenza”. Spano aggiungeva:

(…) Lo spirito di Gramsci era lì con noi, vivente non solo nell’insegnamento del compagno Togliatti, ma nelle qualità semplici e vere che ci vengono da Gramsci e che hanno fatto dei quadri del nostro Partito dei dirigenti popolari: l’aderenza alla realtà, la dedizione assoluta alla causa della classe operaia e della nazione italiana.180

Lo spirito di Gramsci, pur presente in ogni dirigente, pervadeva particolarmente il nuovo capo della classe operaia italiana, il suo successore Palmiro Togliatti:

(…) Sono gli insegnamenti di Gramsci che Togliatti continua a trasfondere in noi (…) Oggi lo spirito del “più grande fautore dell’unità del popolo italiano” vive nel nostro partito e ispira la sua politica di unità nazionale. Vive in Togliatti che ha preso il posto di Gramsci alla testa del nostro grande Partito.181

(…) Non ci si può meravigliare che Gramsci avesse una predilezione particolare per Palmiro Togliatti, considerato sempre da lui come il suo migliore collaboratore, il più capace di comprenderlo, di aiutarlo, di sviluppare e rendere vivi i suoi insegnamenti. Palmiro Togliatti non tradì la fiducia che Gramsci riponeva in lui. Con Togliatti continuano oggi gli insegnamenti di Gramsci (…) 182

Questa insistenza sul rapporto privilegiato che univa Togliatti a Gramsci riproduceva nel partito italiano il dittico perfetto di Stalin e Lenin, dell’allievo che ha fatto ciò che il maestro ha pensato.

179 Per un profondo rinnovamento democratico. Nello spirito di Antonio Gramsci. in L’Unità, 8 aprile 1945. 180 Gramsci è ancora con noi in l’Unità, 27 aprile 1945.

181 Per l’anniversario della morte di Gramsci in l’Unità, 18 aprile 1945. 182 Antonio Gramsci educatore di quadri in l’Unità, 22 aprile 1945.

Come ha osservato Paolo Spriano,“ se un’impressione dominante lascia la rilettura di tutti gli scritti e i discorsi dedicati da Togliatti a Gramsci (…) essa è la continua, sottolineata affermazione di quanto il primo dovesse al secondo”.183

Se Togliatti, come Stalin, era il capo vivente dei comunisti, Gramsci, come Lenin, era l’ispiratore, il leader defunto, che doveva ricevere tributi e onori adeguati alla sua grande statura.

Il recupero di Gramsci servì alla crescita culturale del partito e alla propaganda. A rafforzare il mito di Gramsci contribuì largamente la pubblicazione dei suoi quaderni del carcere; nel 1945 venne formata una commissione diretta da Felice Platone che lavorò tenendo sempre presenti i suggerimenti di Togliatti. Furono pubblicati 32 quaderni, dai quali vennero espunti vari brani: ad esempio, furono omessi tutti i brani delle lettere in cui Gramsci accennava a Bordiga, Trockij e, più indirettamente- alla Luxemburg e all’opposizione di sinistra del movimento operaio. 184

L’illustrazione grafica della coppia Gramsci/Togliatti fu sicuramente il modello più importante nell’iconografia comunista del capo. Togliatti era sempre ritratto in primo piano mentre l’immagine di Gramsci era collocata in secondo piano: la continuità del partito era simboleggiata dalla presenza del suo grande dirigente del passato ( Gramsci) e da Togliatti, che rappresentava il presente.

Possiamo osservare un esempio lampante di questa tecnica nell’immagine pubblicata nel 1951 nel

Quaderno dell’Attivista per celebrare il XXX anniversario della fondazione del Pci185. Nel

fotomontaggio, Togliatti si trova in primo piano, mentre Gramsci, collocato in una posizione leggermente arretrata, è sormontato dalle bandiere del Pci. Le fotografie sono in bianco e nero, l’unico colore presente nell’immagine è il rosso delle bandiere. 186

Ancora nel 1951, per la stessa occasione, Vie Nuove dedicò una copertina ai due leader: qui la fotografia di Togliatti domina la composizione, mentre il ritratto di Gramsci è alle sue spalle,

183 P. Spriano Il Gramsci di Togliatti in Rinascita, a. XXIV, n. 24, 16 giugno 1967, p.19.

184 v. S. Sechi Spunti critici sulle lettere dal carcere di Gramsci in Quaderni piacentini, a. VI, n. 29, gennaio 1967. 185 Quaderno dell’Attivista, n. 2, 15 gennaio 1951. V. Figura 1 nel Corredo iconografico.

186 Sulla valenza simbolica del colore rosso e delle bandiere, simboli positivi di un mondo di solidarietà e rivoluzione, v.

inserito in un drappo; anche in questa immagine l’unico colore presente è il rosso, che ravviva e mette in risalto il drappo e la cravatta di Togliatti187.

Sicuramente una delle immagini più note di Togliatti è una fotografia che lo ritrae mentre sta pronunciando un discorso, con alle spalle il ritratto di Gramsci: apparve nella stampa, in locandine e, in occasione del suo funerale, troneggiava sul palco allestito in piazza San Giovanni, a Roma, dal quale molti dirigenti comunisti pronunciarono la loro orazione funebre188; anche questa

giustapposizione di ritratti sottolinea un dato incontrovertibile: il primato di Togliatti sul suo predecessore, che ricalcava il primato di Stalin su Lenin e di Marx su Engels.

Nel 1953 il culto di Togliatti culminò in una serie di celebrazioni, promosse in occasione del suo sessantesimo compleanno. L’immagine di Gramsci sparì quasi dall’iconografia di partito, per dare maggior spazio a quella del capo vivente; spesso Togliatti appariva sulle copertine della stampa comunista con un sorriso benevolo e uno sguardo paterno189; è possibile fare un parallelo con

l’evoluzione dell’iconografia sovietica del dopoguerra, quando il prestigio di Stalin aumentò al punto da oscurare l’immagine di Lenin.

Un altro aspetto importante della propaganda era la rappresentazione del nemico; in questo caso, i maggiori oppositori del Pci erano i dirigenti della Democrazia Cristiana. Il “nemico” diretto di Togliatti era il capo della Dc, Alcide De Gasperi. Nella figura 6 del corredo iconografico di questa tesi si può osservare una locandina del 1953 divisa in due parti, ( una di colore nero dedicata a De Gasperi, l’altra di colore rosso dedicata a Togliatti) che metteva in parallelo le vite dei due leader; lo scopo era dimostrare che De Gasperi era un traditore della patria al servizio delle potenze che minacciavano l’Italia: in gioventù, durante la prima guerra mondiale, era membro della commissione degli armamenti del governo austriaco; durante il fascismo, votò la fiducia a

187 Vie Nuove, 21 gennaio 1951. V. Figura 2 nel Corredo iconografico.

188 V. Corredo iconografico, Figura 3. Nel caso specifico, la fotografia è riportata in una locandina che propagandava il

tesseramento per l’anno 1965.

189 V. ad esempio la copertina di Vie Nuove, 29 marzo 1953, riportata nel Corredo iconografico, Figura 4; nella Figura 5,

pubblicata nello stesso numero di Vie Nuove, due operai in un’officina brindano alla salute di Togliatti davanti alla sua immagine.

Mussolini e collaborò con il regime; dal 1927 al 1944 servì il Vaticano come bibliotecario; infine divenne una pedina del governo americano.

Togliatti invece servì sempre gli interessi dell’Italia: in gioventù come soldato nell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale; durante il fascismo fu un indomito combattente contro il regime e, durante la seconda guerra mondiale, diresse la lotta contro Hitler e Mussolini; nell’Italia repubblicana, infine, si batte per una politica di distensione, di pace, di lavoro e per l’indipendenza nazionale.

Questa locandina riproduce uno stile artistico molto particolare; è possibile fare un parallelo con lo stile lubok. nato in Russia e diffuso sotto l’egida zarista durante la prima guerra mondiale, che utilizzava le immagini per raccontare una storia190. I bolscevichi si appropriarono di questa tecnica

utilizzandola nella creazione di molti manifesti politici, soprattutto durante la guerra civile; nel 1918 fu creata l’agenzia “Rosta” preposta alla creazione di locandine nello stile lubok, che si avvaleva della collaborazione di artisti illustri, tra i quali Vladimir Majakovskij e Mikhail Cheremnych. Nei manifesti, gli autori raccontavano una storia, subordinando le immagini degli individui, eroi e nemici, alla cornice narrativa. Queste locandine erano un mezzo di comunicazione molto rapido, poiché era possibile stamparle più velocemente dei poster tradizionali.

Più tardi l’uso del lubok diminuì, per riprendere vigore con la seconda guerra mondiale, tramite la creazione di una nuova agenzia incaricata della produzione di questi manifesti, la “Okna Tass”. L’elaborazione di una iconografia che esprimesse il culto di Togliatti, come ho accennato, riproduceva meccanicamente il modello sovietico, senza introdurre elementi di originalità; l’unica vera opera d’arte dedicata al leader del Pci fu il quadro di Renato Guttuso I funerali di Togliatti, che il pittore siciliano eseguì nel 1972 come omaggio postumo191.

Guttuso era il maggiore esponente della Corrente realista in Italia e l’artista più vicino al Pci; collaboratore di Rinascita e amico di Togliatti, fu anche un politico militante: nel 1948 venne eletto

190 Cfr. Victoria E. Bonnell Iconography of Power. Soviet Political Posters under Lenin and Stalin Berkeley, University

of California Press, 1997, pp.198-200, 222.

membro del Consiglio mondiale della pace a Varsavia e nel 1951 entrò a far parte del Comitato centrale del Pci. Buona parte della produzione artistica di Guttuso rispecchia questo aspetto della sua personalità: basti pensare al quadro Il comizio, del 1962, dedicato a Di Vittorio, e al Giornale

murale: Maggio 1968, dipinto in quello stesso anno192.

Sicuramente I funerali di Togliatti è l’opera di ispirazione politica più importante dell’artista siciliano; un quadro celebrativo, è evidente, ma anche una testimonianza documentaria e stilistica di valore. Lo scenario è grandioso ( sullo sfondo si vede il Colosseo e il tramonto), il colore è calcolato per agire da lontano, a cominciare dal rosso delle bandiere; l’idea più interessante è senza dubbio quella di trasformare la folla che si assiepa intorno al feretro in una galleria di personaggi: è possibile distinguere, fra gli altri, dirigenti comunisti come Gramsci, Stalin, Dimitrov e personalità del mondo della cultura come Luchino Visconti e Carlo Levi.

Fu lo stesso Guttuso, nel 1974, a narrare la genesi dell’opera e a fornire la sua chiave di interpretazione:

(…) Cominciai col disegnare, più volte, il profilo di Togliatti (…). Circondai il profilo con un collage di fiori ritagliati da alcune riviste di floricoltura. Poi cominciai a mettere, attorno a quel punto focale, i ritratti dei suoi compagni, quelli con i quali aveva avuto i rapporti più stretti di lavoro, nell’esilio, in Spagna, in Unione Sovietica. Tenendo conto dei rapporti con Togliatti e non della loro presenza effettiva ai funerali. Ci sono per esempio Di Vittorio, Dimitrov, Stalin, che sono morti prima di Togliatti. E poi il popolo con le bandiere, le donne che piangono, gli uomini coi bambini in braccio; i giovani (…) amici come Luchino Visconti, Carlo Levi, Eduardo, amici interlocutori come Vittorini o Sartre… Volevo anche nominare la città di Roma, la sua storia (…) e il suo presente. Così, nella sera di Roma, sotto un cielo acceso dal tramonto, come qualche volta accade, in assurdi colori, ho dipinto il Colosseo, visto dall’alto, come una carcassa o un cranio scoperchiato, e un’impalcatura di tubi Innocenti da cui si protendono operai, fanciulli e bandiere rosse.193

192 Per una visione generale delle opere di Guttuso, cfr. ad es. Vittorio Rubiu Le “grandi opere” di Guttuso: una

biografia pittorica in: Vittorio Rubiu ( a cura di ) Guttuso grandi opere. Palazzo Reale 12 dicembre 1984- 24 febbraio 1985 Milano, Mazzotta, 1984, pp.13- 47.

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