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Questo piccolo schema riassume le due principali conseguenze della scelta della green economy.

In Italia grazie a questa scelta si contano 101 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,2% dell’economia nazionale, ma anche tre milioni di green jobs.

Si prospettano, infatti, 234 mila assunzioni legate a competenze green, ben il 61% della domanda di lavoro.

E’ soprattutto nel settore manifatturiero che un’industria su tre punta sull’economia green e con ciò: il 25,8% delle imprese eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2013, mentre tra le non investitrici è successo solo al 17,5%.

Anche molte delle nuove imprese nate nel 2014 hanno investito già nei primi mesi di vita in prodotti verdi: sono 33.500 le start-up green.

Sicuramente la green economy ha permesso all’Italia di tornare ad essere competitiva e di poter fronteggiare i Paesi emergenti.

E’ da qui che dobbiamo ripartire per rilanciare il nostro Paese.

Un primo incentivo arriva dalle parole di Ermete Realacci presidente della Fondazione Symbola: “Non usciremo dalla crisi come ci siamo entrati, non ci metteremo alle spalle questa tempesta perfetta se non cambiando e imboccando con convinzione la via della green economy, che è anche la strada maestra per contrastare i mutamenti climatici. L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato

GREEN ECONOMY

29 interno, stremato dalla mancanza di lavoro, dalle politiche di rigore e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Scommettendo sull’innovazione, la qualità, la bellezza, la green economy, per rinnovare il suo saper fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia”.8

Mentre il Presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello sottolinea anche che: “la cultura green non sia oggi più soltanto patrimonio di un piccola cerchia di illuminati, ma, al contrario, sia un orientamento che sta progressivamente conquistando gran parte dei nostri connazionali, è dimostrato dalla disponibilità, che quasi 8 italiani su 10 dichiarano, a preferire prodotti eco-sostenibili all’atto dell’acquisto. Un acquisto peraltro oggi sempre più oculato e attento, visto il permanere di una sostanziale crisi dei consumi. Questa semplice constatazione deve ancora di più valorizzare l’atteggiamento seguito dalle nostre imprese, che si rivelano campioni anche nel fare un diverso tipo di Made in Italy, in cui il rispetto della nostra tradizione produttiva si sposa indissolubilmente con la tutela dell’ambiente e si coniuga con una idea di business anche eticamente positiva, oltre che vincente”.9

Ed è reale che i cittadini, nonostante la crisi, siano disposti a spendere di più per prodotti e servizi eco – sostenibili e ciò proprio grazie alla maggiore sensibilità verso l’ambiente.

Per questa ragione molte famiglie si sono già associate ai gruppi di acquisto solidale (GAS) per l’acquisto di prodotti alimentari soprattutto, ma anche di capi d’abbigliamento.

Ciò permette di comprare direttamente dai produttori con relativa riduzione dei prezzi. Si eliminano le intermediazioni commerciali riducendo al minimo i costi del trasporto e si preferiscono aziende agricole nelle vicinanze.

Entrambi i fattori contribuiscono a migliorare la qualità ambientale.

“Secondo la Confederazione italiana agricoltori, comprare dai coltivatori fa risparmiare il 30%, secondo la Coldiretti fino al 60%”.10

8 Presidente Fondazione Symbola – Ermete Realacci - Rapporto annuale GreenItaly 2014

9 Presidente Unioncamere – Ferruccio Dardanello - Rapporto annuale GreenItaly 2014

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Dopo questa breve panoramica sul tema preso in questione è bene concludere sottolineando alcuni aspetti decisivi che andranno ricordati per tutto il nostro scritto.

Sostenibilità e green sono i due termini più frequentemente usati per parlare di ambiente.

Al loro posto, prima, si utilizzavano vocaboli più generici quali “ambiente” o “natura”, ma poi la loro sostituzione è dipesa da alcuni cambiamenti a livello lessicale.

In primo luogo “green” è un termine inglese che sposta la nostra attenzione dal livello locale a quello globale acquisendo consapevolezza della generalità del tema.

Dall’altro lato “sostenibilità” indica un linguaggio economico che collega l’ambiente con la sfera del risparmio.

Per far sì che tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora diventi concreto c’è bisogno di modificare il tipo di comunicazione concentrandola sul fare qualcosa di concreto e non solo sull’informazione.

Bisogna investire sulla partecipazione attiva perché tra il dire e il fare c’è davvero molta distanza.

Bisogna sensibilizzare le persone a questa tematica e poi, con la stessa forza, motivarle a mettere in pratica ciò che hanno appreso.

“Entra però in campo anche qui qualcosa che va oltre il mero tema dell’ambiente: si tratta del sistema educativo, composto dalla scuola e dalle famiglie. Le campagne, la sensibilizzazione devono entrare in questo sistema per essere efficaci e fare diventare certi comportamenti una pratica quotidiana. Ci si sta muovendo in questa direzione ma si devono ancora fare i conti con i problemi del sistema educativo del nostro Paese”.11

A livello di discorso pubblico, l’Italia, è sicuramente cresciuta negli ultimi anni relativamente a questo tema, ma si trova comunque in una posizione di arretratezza rispetto ai Paesi del nord Europa. Il nostro sistema educativo, così

11 Cosenza G., 2013, “Dalla “natura” al “green”: come cambia la comunicazione ambientale”, intervista per la sezione “Ambiente” del portale della regione Emilia Romagna

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come quello economico, è caratterizzato dalla lentezza e il tema ambientale presenta un forte gap tra il livello quantitativo e quello qualitativo penalizzando di gran lunga quest’ultimo.

E’ anche vero che si stanno facendo molti sforzi per cercare di impegnarsi concretamente nella direzione della sostenibilità ambientale attraverso vari tentativi e anche degli errori.

Il caso greenwashing ne è proprio la dimostrazione: si è entrati in un processo scorretto che mette in luce l’aspetto superficiale e di moda del tema sostenibile, ma che proprio perché identifica una moda e, di conseguenza è seguito da molti, produrrà un cambiamento dei comportamenti.

Perciò è in gioco il modello della nostra società, un modello che va messo in discussione e che noi cercheremo di delineare attraverso le azioni già messe in atto da alcune imprese italiane.

Lo scopo sarà quello di motivare e sensibilizzare alla sostenibilità ambientale chi ancora non è attivo in questa direzione, ma anche quello di per far rifiorire il Made in Italy.

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CAPITOLO 2°: IL CICLO DI VITA DEL