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CAPITOLO 2°: IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

2.1 Life Cycle Assessment

Per comprendere l’importanza del prodotto è bene focalizzare l’attenzione sulla valutazione del suo ciclo di vita o meglio conosciuto come Life Cycle Assessment (LCA).

Introdotto nel 1999 dal SETAC (Society of Environmental Texicology and Chemestry) è un metodo che valuta le interazioni che un prodotto o servizio ha con l’ambiente, considerando il suo intero ciclo di vita partendo dalla fase di pre-produzione, pre-produzione, distribuzione, uso, riciclaggio e dismissione finale. LCA considera gli impatti ambientali di un prodotto nei confronti della saluta umana, della qualità dell’ecosistema e dell’impoverimento delle risorse, oltre agli impatti di carattere economico e sociale.

Lo scopo è quello di comprendere le conseguenze ambientali direttamente o indirettamente causate per permettere a chi ha potere decisionale di identificare le opportunità di miglioramento al fine di raggiungere le migliori soluzioni per intervenire sulle condizioni ambientali.

La valutazione del ciclo di vita di un prodotto è alla base di uno sviluppo sostenibile consapevole perché ci aiuta a comprendere qual è l’impatto dei nostri consumi, della nostra economia e in generale della nostra vita sull’ambiente. Per effettuare l’analisi LCA è necessario innanzitutto identificare i processi coinvolti nel ciclo di vita di ciascun componente del prodotto e del suo packaging:

- estrazione e fornitura materie prime; - produzione;

- imballaggio;

- trasporto dal sito di produzione al punto vendita; - utilizzo;

- smaltimento del prodotto e del packaging.

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1. definizione degli obiettivi e campo di applicazione: si stabiliscono gli obiettivi di studio;

2. inventario: si quantificano gli input e le relative emissioni per ciascuna fase del ciclo di vita;

3. valutazione degli impatti: le informazioni della fase precedente vengono classificate nelle diverse categorie di impatto;

4. interpretazione dei risultati: i risultati ottenuti si traducono in interventi per la riduzione dell’impatto ambientale.

Da ciò si può affermare che il LCA può essere considerata come una guida per il miglioramento dei prodotti esistenti e per la creazione di nuovi.

Inoltre i risultati possono essere utilizzati per confrontare prodotti simili o con la stessa funzione, per richiedere certificazioni ambientali e per comunicare la prestazione ambientale del prodotto.

Il problema è che attualmente questo strumento non è ancora molto conosciuto, tranne tra gli addetti ai lavori.

Sviluppare nuovi prodotti a partire da criteri di eco-efficienza permette di ottenere elevate prestazioni ambientali e di comunicare il prodotto seguendo le strategie del green marketing.

Questo metodo è utile per ovviare a tutti quegli errori di valutazione che derivano da un approccio soggettivo e che associano al concetto di prodotto eco-compatibile l’idea di un prodotto realizzato con materiali naturali.

Attraverso questo strumento, ma anche molti altri simili ad esso, si è delineata una nuova offerta economica di prodotti e servizi molto più attenta all’impatto ambientale.

2.1.1 Il brand “Patagonia”

Ne è un esempio il marchio d’abbigliamento Patagonia: un brand californiano total look e attrezzature specifiche per sport con un’attenzione alla qualità e alla prestazione tecnica.

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Nasce nella metà degli anni ’70 ed i suoi capi si distinguono per l’impiego di materiali riciclati, cotone organico e metodi di produzione a basso impatto ambientale.

Queste tecniche ricordano quelle utilizzate anche da Wrad Living, di cui si è parlato nel secondo capitolo.

Patagonia apre uno scenario rivoluzionario sull’utilizzo di tecnologie innovative, tessuti traspiranti ed altre evoluzioni del settore.

Inoltre il brand sovvenziona solo attività a favore dell’ambiente in quanto ritiene che il vero cambiamento possa avvenire solo attraverso un movimento ambientalista con solide basi.

A tal fine sostiene i gruppi di attivisti che lavorano a campagne per la tutela e la salvaguardia del nostro pianeta.

Fin dagli anni ’80 Patagonia ha dato l’1% dei suoi ricavi ad iniziative ambientaliste e ha promosso il principio “1% for the Planet” anche presso altre società, riuscendo a convincerne altre 1.400 a fare lo stesso. Lo scopo è quello di risarcire il pianeta dei danni compiuti con la propria attività.

Uno dei campi nei quali il brand investe molto è quello dei materiali per “scovarne” di resistenti e poco dannosi all’ambiente: ad esempio alcune giacche sono fatte interamente con plastica riciclata.

Fortemente incoraggiate sono anche la riparazione e la rivendita dei prodotti rotti o usurati.

Nel novembre 2011, durante il Black Friday USA, Patagonia ha comprato una pagina del New York Times in cui ha pubblicato la foto di una giacca che riportava il seguente titolo: “Non comprate questa giacca” e sotto veniva illustrato in dettaglio l’impatto ambientale della produzione del prodotto in termini di acqua utilizzata ed emissioni inquinanti.

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Figura 4: annuncio pubblicato da Patagonia sul New York Times in occasione del Black Friday

negli Stati Uniti.

Fonte: http://www.federicocamangi.com/Blog/Blog.php

Molte sono le politiche anti consumistiche e ambientalistiche promosse: tra queste una delle più recenti prevedeva un camper rivestito di legno e alimentato a biodiesel che faceva il giro degli Stati Uniti riparando capi logorati e rivendendo prodotti Patagonia usati. Questa iniziativa ebbe un grandissimo successo.

Tutte le sedi e i negozi sono realizzati con materiali riciclati e hanno impianti di illuminazione ecosostenibili.

Per esempio il centro di distribuzione del Nevada ha raggiunto il 60% di risparmio energetico con i pannelli fotovoltaici e solare termico.

In più, dal 1996, tutti i capi sono realizzati con cotone biologico.

Nel 2013 è stata avviata la campagna “Economia Responsabile” contro l’inquinamento ambientale causato dalle aziende produttrici di abiti: l’intento era quello di sensibilizzare al recupero dei capi usati e riparare i propri vestiti.

Il giornalista J. B. MacKinnon che ha scritto l’articolo su Patagonia per il New Yorker ha giustificato così il successo del brand: “in un ipotetico futuro sostenibile, le persone compreranno meno cose ma saranno disposte a pagare di più per esse: la ricerca tecnologica ridurrà l’impatto sull’ambiente e gli oggetti saranno prodotti per durare e infine riciclarli”.

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Patagonia continuerà a produrre oggetti che permetteranno alle persone di condurre una vita più responsabile tramite i loro capi di abbigliamento.

La sfida di chi confeziona vestiti oggi sta nel “costruire il miglior prodotto al prezzo del minor danno possibile”.12

Per la primavera/estate 2016 l’azienda ha proposto una linea di abbigliamento outdoor adatto a diverse attività sportive con l’utilizzo di cotone organico riciclato e poliestere riciclato da materiali post-consumo che consentono di ridurre l’utilizzo di petrolio, limitare i quantitativi di rifiuti da smaltire e le emissioni tossiche degli inceneritori.

In più i tessuti vengono tinti grazie ad un processo innovativo che riduce al minimo il consumo di energia, acqua ed anidride carbonica rispetto ai processi di tintura convenzionali.

Patagonia è solo uno dei tanti esempi di azienda che propone sul mercato un’offerta attenta al nostro pianeta e che valuta il ciclo di vita dei propri prodotti dalle scelte delle materie prime fino alla distribuzione dei prodotti sui mercati.