CAPITOLO 3°: LE AZIENDE E IL MARKETING SOCIALMENTE
3.2 Corporate Social Responsibility (CSR)
3.2.2 Pratiche di buycott e boycott
Se l’interesse delle aziende si è orientato allo sviluppo sostenibile è perché il consumatore stesso ha riposto delle aspettative nei confronti di esse per poterle definire corrette.
Per tale ragione è importante considerare la piramide delle responsabilità d’impresa proposta da Carroll nel 1991. Egli individua quattro livelli di responsabilità ordinati gerarchicamente:
responsabilità economica (be profitable): l’obbligo per l’azienda di fare profitto;
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responsabilità legale (obey the law): farsi carico delle proprie responsabilità verso gli stakeholder nel rispetto di leggi morali;
responsabilità sociale-filantropica (be a good corporate citizen): è il sostegno da parte dell’impresa di problemi o cause sociali.
Figura 19: piramide della responsabilità d’impresa proposta da Carroll. Fonte: https://marketingfornonprofit.wordpress.com/2015/01/05/la-piramide-di-carroll/
Da una ricerca condotta su un campione rappresentativo è emerso che il 74% ha indicato come condizione necessaria per poter definire un’azienda corretta, l’assunzione di responsabilità nei confronti dell’ambiente.
Molto alte sono anche le aspettative nei confronti del rapporto che le imprese hanno con i loro dipendenti e che sperano essere corretto.
Un ulteriore aspetto ritenuto importante nel considerare la correttezza di un’impresa è il fatto che essa garantisca un buon rapporto tra qualità e prezzo, ossia si faccia carico di responsabilità etico-sociali verso i propri consumatori. Oltre a ciò è fondamentale chiedersi quale sia il giudizio dei consumatori nei confronti della RSI: “la maggioranza degli intervistati ritiene che le imprese debbano avere un ruolo significativo in termini di impegno nei confronti dei problemi sociali e ambientali: il 56% asserisce, infatti, che si tratta di un dovere per l’azienda, il 14% lo giudica un comportamento apprezzabile ma non dovuto e
79 solo 1 persona su 100 non lo considera un compito dell’azienda. Il restante 29% degli intervistati dichiara di non sapere cosa sia la RSI e di conseguenza preferisce non esprimere un giudizio”.29
Figura 20: come il consumatore giudica la RSI.
Fonte: Bovone L., Mora E., 2004, “La spesa responsabile. Il consumo biologico e solidale”,
Donzelli Editore, Roma
Confrontando i dati con i risultati di una ricerca realizzata da Ipsos – Explorer (2002) si evince che la convinzione che ha portato i consumatori a ritenere l’impegno sociale un dovere per l’azienda si è progressivamente diffuso nella popolazione italiana passando dal 28% al 56% e su questo, ovviamente, incide molto la conoscenza e l’opinione relativa alle azioni di responsabilità sociale. Quando però il consumatore viene a sapere che una marca è stata denunciata per violazione dei diritti umani o danneggiamento dell’ambiente (irresponsabilità sociale) il suo atteggiamento cambia mettendo in pratica attività di boicottaggio. C’è chi pensa che sarebbe opportuno non comprare più i prodotti di quella marca, chi davvero non li acquista più e chi si attiva per creare un’opinione pubblica negativa diffondendo le notizie attraverso le reti formali ed informali.
A livello pratico, quindi, i consumatori possono adottare diversi atteggiamenti nei confronti delle aziende e questi sono descritti attraverso i termini di boycott
29 Bovone L., Mora E., 2004, “La spesa responsabile. Il consumo biologico e solidale”, Donzelli Editore, Roma
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(negative pratical consumerism) e di buycott, ossia di premiazione delle aziende sulla base della loro condotta corretta o socialmente responsabile.
40 intervistati su 100 hanno dichiarato di aver adottato pratiche di buycott e si tratta soprattutto dei consumatori più istruiti e residenti al Nord e nel Centro del Paese.
In più da una ricerca realizzata da Eurisko per Sodalitas si evidenzia che la percentuale di coloro cha hanno attivato pratiche di boicottaggio è passata dal 33% al 40%.
“Più del 60% di chi premia con i propri acquisti le aziende per il loro
comportamento responsabile fa anche boicottaggio; specialmente, più del 65% di chi boicotta adotta anche pratiche di buycott”.30
Il motivo per il quale è importante considerare il rapporto tra imprese e
consumatori e l’opinione e/o le aspettative che questi ultimi hanno nei confronti delle prime riguarda l’importanza di delineare i confini di una cultura della responsabilità che metta in luce istanze di natura etica.
In Italia, negli ultimi anni, è cresciuta la tendenza a consumare in maniera
consapevole e ciò ha portato i consumatori a scegliere di non acquistare i prodotti di determinate aziende perché queste attuano comportamenti poco responsabili sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale.
Al contrario il potenziale acquirente ha la possibilità di promuovere azioni di consumo critico allo scopo di sostenere le buone iniziative delle aziende in campo politico, sociale ed ambientale.
Il termine buycott ebbe origine nel 2005 quando il critico Jeff Cohen lo utilizzò nell’appello “Join the BUYCOTT” per promuovere negli Stati Uniti l’acquisto della benzina della rete di distribuzione venezuelana Citgo.
I principali esempi di buycott sono le campagne a favore del commercio equo e solidale.
A testimonianza dell’importanza assunta dal consumo critico e sostenibile, Darcy Burner un’informatica ex Microsoft, nel 2013, ha sviluppato un’app che può sorvegliare le multinazionali. Questa si chiama appunto Buycott e lavora
30 Bovone L., Mora E., 2004, “La spesa responsabile. Il consumo biologico e solidale”, Donzelli Editore, Roma
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scansionando il codice a barre del prodotto per poi ricostruire sul display dello smartphone tutta la filiera di produzione ed evitare i prodotti di multinazionali che comprendono l’uso di OGM o aziende sotto inchiesta.
Perciò con quest’app è possibile boicottare tutte quelle aziende che non rispettano le persone e l’ambiente: marche che non tengono in considerazione la dignità umana ed il valore del lavoro o prodotti altamente inquinanti.
“Su un campione di intervistati è emerso che: il 24% attuano pratiche di
boicottaggio, il 16% buycottano, il 24% addirittura le pratica entrambe e il 48% non usufruisce di queste pratiche”.31
Entrambe queste due pratiche di consumo testimoniano la potenza del compratore in rapporto all’impresa che si trova in posizione di profonda dipendenza dal comportamento dei consumatori capaci di far salire e scendere i loro profitti a proprio piacimento.
Grazie ad una maggiore rete di informazione e di mezzi di comunicazione queste pratiche si sono fatte conoscere ed hanno dimostrato le proprie potenzialità per poter acquistare “scegliendo il bene”.