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Gruppi di aiuto come strumenti di supporto per il reinserimento sociale e lavorativo degli infortunati e loro familiari ri

Nel documento Rapporto Annuale Regionale 2012 Veneto (pagine 81-88)

MALATTIE PROFESSIONALI - TUTTE LE GESTIONI denunciate manifestatesi nel periodo 2011 - 2012

2) L’istruttoria medico-legale

2.3 Gruppi di aiuto come strumenti di supporto per il reinserimento sociale e lavorativo degli infortunati e loro familiari ri

Introduzione

Negli ultimi decenni si parla con più insistenza dei gruppi di auto aiuto come una risorsa sempre più presente nella nostra società per far fronte ai bisogni umani di sostegno emotivo. I gruppi di auto aiuto (self help) trattano una serie di problemi per i quali è stata evidenziata da parte degli utenti o dei loro familiari una mancanza di assistenza efficace e soddisfacente nei servizi istituzionali. Inoltre l’aspetto prioritario del movimento dell’auto aiuto consiste nell’attivazione e partecipazione dei cittadini alla gestione della propria salute. L’auto aiuto diventa un processo di socializzazione che attraverso la comunicazione, l’informazione, la rielaborazione di modelli culturali porta alla promozione e alla gestione della propria salute. Una delle definizioni di gruppo di auto aiuto più nota è quella di Katz e Bender:“ I gruppi di self-help sono strutture di piccolo gruppo, a base volontaria finalizzata al mutuo aiuto ed al raggiungimento di particolari scopi. Essi sono di solito costituiti da pari che si uniscono per assicurarsi reciproca assistenza nel soddisfare i bisogni comuni, per superare un comune handicap o un problema di vita oppure per impegnarsi a produrre desiderati cambiamenti personali o sociali. I promotori e i membri di questi gruppi hanno la convinzione che i loro bisogni non siano o non possono essere soddisfatti, da o attraverso le normali istituzioni sociali. I gruppi di auto aiuto enfatizzano le interazioni sociali faccia a faccia e il senso di responsabilità personale dei membri. Essi spesso assicurano assistenza materiale e sostegno emotivo; tuttavia, altrettanto spesso appaiono orientati verso una qualche “causa”, proponendo una “ideologia” o dei valori sulla base dei quali i membri possono acquisire o potenziare il proprio senso d’identità personale”.

L’auto aiuto diventa un momento di osservazione, di valutazione della soddisfazione e del benessere individuale e collettivo che ha la sua sede privilegiata nell’istituzione di gruppi finalizzati.

Ciò che fa funzionare i gruppi di self-help sono i processi d’interazione che avvengono all’interno e che seguendo A. H. Katz possono essere riassunti in 6 punti:

• identificazione con i pari e con i gruppi primari di riferimento (ovvero la condivisione dei membri determina lo status di appartenenza al gruppo e facilita lo scambio delle informazioni e dei vissuti);

• apprendimento come relazione esplicita e diretta con l’esperienza e come sperimentazione attiva di nuove modalità di comportamento;

• sviluppo e facilitazione della comunicazione. Poiché i membri sono pari ed hanno problematiche comuni, ne consegue un incremento dei momenti di confronto reciproco, il che induce ad una caduta progressiva dei meccanismi di difesa psicologica che ostacola l’affrontare dei problemi;

• sviluppo ed aumento dei momenti e delle opportunità di socializzazione: il gruppo di auto-aiuto diventa uno dei momenti più significativi della “nuova”

esperienza del membro;

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• supporto emozionale come processo di riduzione della distanza sociale tra i membri: è particolarmente significativo nelle situazioni di inserimento di nuovi membri nel gruppo, ricadute e crisi;

• occasione/offerta di un livello/status in cui il membro può eventualmente trovare una collocazione.

Alla base di ogni gruppo di self-help c’è il riconoscimento della persona, di un problema e la sua attivazione nella ricerca di aiuto per risolverlo. La condivisione dell’esperienza del medesimo problema sono aspetti prioritari del self-help, cioè chi ha il problema e chiede aiuto ha la medesima “storia” di chi aiuta. L’essenza del processo di auto aiuto è la mutualità e la reciprocità.

La frequenza ai gruppi di mutuo aiuto permette alle persone di ottenere una serie di informazioni per far fronte ai propri problemi, questo fornisce loro la sensazione di essere aiutate e di avere qualcuno che si prende cura di loro. L’aiuto risulta essere molto efficace perché chi partecipa ai gruppi di auto aiuto trova le altre persone simili a loro e con gli stessi problemi.

È il principio dell’helper-therapy che fa funzionare i gruppi di auto-aiuto. Questo principio fu enunciato da Riessman nel 1965 e affermava che chi da aiuto in realtà aiuta se stesso perché dando aiuto, ne riceve, e chi cerca di cambiare gli altri in realtà modifica se stesso.

Chi è in grado di dare un aiuto efficace si percepisce competente e questo aumenta il suo livello di autostima, percepisce inoltre un senso di uguaglianza tra lui e gli altri, e una compensazione tra il dare e il ricevere; chi da aiuto efficace impara da quest’ aiuto ad aiutarsi e viene gratificato e rinforzato nel dare aiuto dal riconoscimento e approvazione di chi ha aiutato. Il dare agli altri e il ricevere dagli altri aumenta il senso dell’autocontrollo e dell’autovalutazione delle proprie capacità e potenzialità.

I gruppi di self-help, anche se tendenzialmente hanno origini spontanee, acquisiscono nel tempo una certa organizzazione che permette loro di espandersi e di raggiungere e far raggiungere al maggior numero di persone gli obiettivi prefissati. Silverman descrive le caratteristiche di tipo organizzativo che ha riscontrato in tutti i gruppi formali di auto-aiuto:

• lo sviluppo di una qualche struttura organizzativa, con dei dirigenti, un Consiglio direttivo e delle procedure di tipo burocratico che hanno lo scopo di garantire la continuità dell’organizzazione;

• i membri determinano la politica del gruppo e controllano tutte le risorse a disposizione diventando fornitori ed consumatori dei loro servizi;

• la condizione di membro è riservata esclusivamente a chi ha lo stesso problema trattato dal gruppo

• Fra i membri che hanno affrontato e risolto con successo il loro problema viene designato un helper che agisce da facilitatore delle relazioni nei piccoli gruppi.

• Viene predisposto un programma di attività relativo alla cura e alla assistenza dei membri che si è sviluppato direttamente dalle esperienze che gli stessi hanno maturato durante tutto il percorso che li ha portati ad affrontare il loro problema.

I Gruppi di aiuto sperimentali per infortunati sul lavoro ed i loro familiari in Veneto.

Ognuno ha dei sogni, dei progetti grandi e piccoli. L'incidente sul lavoro può stravolgere la vita e frantumare i progetti e le aspettative che porta con sé, coinvolgendo tutta la famiglia.

L'infortunio irrompe con violenza in traiettorie di vita caratterizzate da continuità, fatte di relazioni, di percorsi lavorativi, di progetti realizzati e/o da realizzare.

Un numero significativo di persone che ha subito un grave infortunio soffre di sintomi correlati allo stress post-traumatico, accompagnato da depressione, ansia e irritabilità. Un incidente sul lavoro, soprattutto se grave, può sviluppare conseguenze psicologiche e disturbi di tipo emozionale.

La sofferenza che divampa dopo il risveglio dal trauma, subito in un incidente sul lavoro, talvolta è indescrivibile. L'entità di questa sofferenza ha un peso insostenibile. Per sorreggerla c'è bisogno di persone vicine, la famiglia, ma anche gli amici e persone disposte a condividerne, anche per un momento, il peso.

Il gruppo, per sua natura sociale, aiuta nella fase di attenuazione di qualsiasi tipo di sofferenza. Nella situazione di gruppo, ognuno ha la possibilità di confrontarsi, di accogliersi e di “curarsi”, o meglio prendersi cura, laddove la medicina è la relazione, l'esperienza di vita la risorsa principale.

Ciò che sta alla base del gruppo sono delle regole che ne garantiscono il buon funzionamento: il rispetto degli altri, l'assenza di giudizio, l'impegno costante, la riservatezza, l'ascolto attivo e l'empatia. Aspetti e valori che si imparano se si praticano nello stesso gruppo.

L'esperienza del gruppo aiuta a dare un senso, o almeno aiuta a cercarlo, di quello che è successo. È di supporto nel rileggere le conseguenze che si riversano nella quotidianità.

Può aiutare a fermare dei punti, trovare una cornice su cui vedere i problemi e le opportunità da una determinata prospettiva. Si dice che il gruppo è uno strumento per la rielaborazione del trauma. È un luogo innanzitutto di ascolto e di condivisione dove si possono portare le proprie difficoltà, ma anche discutere ed individuare strategie per far fronte ai problemi, su come cominciare a ritrovare la serenità'.

Parlare e condividere le proprie esperienze significa quindi alleggerirsi di un peso.

Significa anche ricercare assieme ad altri le soluzioni per i propri problemi.

Il gruppo permette di prendere il respiro da una sofferenza che volte soffoca se non è gestita o elaborata. È un aiuto per ricomporre i pezzi della vita che galleggiano tra un passato che non potrà' ritornare ed un futuro incerto.

I gruppi, infatti, possono essere considerati un tassello importante per ricostruire il sé frantumato dall'infortunio, per “rimettere assieme le parti di”. È anche un momento di conforto che consente di vedere talvolta le strade percorribili.

È per questi motivi che in Veneto, tra gli interventi di sostegno per il reinserimento nella vita di relazione, alcune Sedi INAIL hanno scelto di sperimentare l'avvio dei gruppi d'aiuto come da indicazioni del regolamento circ. 61/2011 emanato dall'Istituto. Questi interventi rientrano tra quelli di tipo educativo e sociale che integrano le iniziative di tipo sanitario e riabilitativo-funzionale erogate dall’Istituto intervenendo nella fase conclusiva del processo di riabilitazione, cioè nella fase “del reinserimento”, che consiste nel supportare

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l’infortunato o tecnopatico nel rientro nel proprio contesto di vita, familiare, sociale e lavorativo.

Lo stesso regolamento infatti prevede l'attivazione di percorsi di sostegno psicologico a livello individuale, familiare e di gruppo. L’inserimento in gruppi di aiuto ha «l’obiettivo di far acquisire al lavoratore infortunato o tecnopatico e ai suoi familiari informazioni utili legate all’evento infortunistico e strategie idonee a fronteggiare le difficoltà quotidiane legate alla sopraggiunta situazione di disabilità del lavoratore e di sviluppare la rete di relazioni del lavoratore disabile, della sua famiglia, di favorire per i familiari la ripresa di spazi per se stessi (per le relazioni sociali, per l’attività lavorativa, ecc.)».

Le tipologie di gruppi, le filosofie, scuole di pensiero e tecniche metodologiche che stanno alla base della loro formazione, sono le più disparate. Sono molte, infatti, le modalità' di costituzione, gestione e conduzione dei gruppi: dalle esperienze di autogestione, gruppi di auto-mutuo-aiuto a gruppi strutturati con un taglio prettamente psicoterapeutico.

I Gruppi di aiuto che sono stati avviati presso le Sedi di Padova, Rovigo, Cittadella e Treviso hanno privilegiato la presenza e conduzione da parte di figure professionali specializzate in un approccio di tipo psico-educativo.

Mentre per le provincie di Padova e Rovigo la sperimentazione è ancora in corso, presso la Sede di Treviso si è concluso il progetto sperimentale “Riparto da me”, pensato e sviluppato in stretta collaborazione con la sezione provinciale dell'ANMIL che ha individuato e fornito lo specialista per la conduzione del gruppo.

Il gruppo è stato formato da dieci infortunati individuati dall'equipe multidisciplinare e selezionati tramite un colloquio preliminare con la psicoterapeuta che poi ha condotto il gruppo.

Definita la cornice spaziale (la Sede INAIL di Treviso) e temporale (dieci incontri di due ore ciascuno) il gruppo si è riunito in maniera costante vedendo una partecipazione sempre molto elevata.

Per la conduzione del gruppo è stata utilizzata la metodologia dello psicodramma.

Attraverso questo approccio il gruppo «diventa un luogo privilegiato dove le persone possono lavorare sul senso della sofferenza individuale. Attraverso un orientamento esistenziale, infatti, la metodologia psicodrammatica assegna un valore privilegiato alla verità soggettiva come momento di presa di coscienza e di assunzione di responsabilità dell'individuo nei confronti della sua esistenza. Lo psicodramma è una tecnica che stimola

“la messa in gioco delle persone”. Questa «permette di rivisitare la rete di relazioni interpersonali facendo uscire da stati di blocco spesso supportati da copioni cristallizzati. Il gruppo psicodrammatico diventa il prototipo di quello che sarebbe auspicabile sperimentare nella quotidianità e cioè esprimere i propri sentimenti con spontaneità, in un rapporto di reciprocità».

Fondamentale è stato l'apporto dell'assistente sociale della Sede che insieme ai membri dell' equipe multidisciplinare, e dei volontari dell'ANMIL si è fatto promotore del progetto tra gli infortunati. Il funzionario socio-educativo ha assunto la funzione di facilitatore esperto, in un'ottica di sussidiarietà che ha visto la partecipazione dell'Istituto, dell'associazionismo e degli assicurati stessi.

L'incertezza ed il timore di lavorare su un progetto che sarebbe potuto non decollare, la perplessità' sull'efficacia nei percorsi riabilitativi degli infortunati, hanno dovuto ricredersi di fronte alla presenza e l'interesse degli assicurati che hanno di fatto costruito un percorso oltre modo positivo, al di là di ogni aspettativa.

È stato scelto di seguire la strada dei gruppi psico-educativi d'aiuto poiché si riteneva che in questa fase di sperimentazione fosse meglio avviare i gruppi all'interno di un contenitore esperto, in cui gestire al meglio le relazioni.

L'avvicinarsi a questo tipo di attività, da parte di chi sperimenta queste forme di supporto per la prima volta, desta sempre molta perplessità, paure, ed anche il rifiuto di un potenziale stigma prodotto da interventi mirati per persone rientranti in una determinata categoria. È opportuno però ricordare che il gruppo è l'unica base della vita e della crescita delle persone. Ogni attività umana infatti si declina in un gruppo. Trovare uno spazio ed un tempo per fermare a parlare di se stessi e degli altri è un occasione per creare dei punti fermi di ripartenza.

I timori iniziali dei partecipanti, alla fine del progetto, si sono trasformati in sentimenti di dispiacere per la conclusione del percorso.

“Alla fine degli incontro si sono mostrati tristi al pensiero che avrebbero potuto avere difficoltà ad incontrarsi nuovamente”. Dal gruppo dell'INAIL sono nati anche gruppi di amici, che escono fuori la sera piuttosto che riunirsi per tifare la propria squadra di basket.

Non si tratta della costruzione di un mondo a parte, ma della costruzione di relazioni significative che consentono di vivere meglio e con più serenità le sfide quotidiane.

A Treviso, al termine dei dieci incontri del gruppo socio-educativo, è stato somministrato un questionario di gradimento e sono state raccolte delle testimonianze attraverso interviste di approfondimento.

I risultati dal punto di vista scientifico non sono facili da ricostruire. Dal punto di vista sociale e del benessere psico/fisico tuttavia si sono raccolti dei risultati molto positivi come riportato dai partecipanti. Ciò che conta davvero è che ad ogni seduta di gruppo le persone s'incontravano con «entusiasmo e felici di rivedersi». È significativa la testimonianza di uno dei partecipanti a cui si chiedeva se avesse percepito qualche cambiamento dopo dieci incontri: «mi sento più libero mentalmente, felice e soprattutto consapevole di avere tanti amici nuovi con i quali condividere, non solo la sfortuna di aver avuto un infortunio grave, ma anche le vicissitudini della vita, belle e brutte, e quei ricordi che ci imprigionavano e noi consideravamo segreti».

L'ANMIL di Treviso, riportando i risultati ottenuti attraverso il questionario e le interviste individuali, rappresenta una situazione dove dall'incontro di dieci sconosciuti si è formato un gruppo di persone coeso, con un proprio spirito. Nel corso delle sedute, il gruppo è stato visto come strumento di supporto, dove i partecipanti hanno affermato di aver imparato molto: ad aiutare, ad essere aiutati, ad ascoltare e ad essere ascoltati. Tutti hanno trovato giovamento nel rapportarsi col gruppo.

Gli effetti del progetto si sono rivelati positivi concretamente nelle vite di alcuni partecipanti: per esempio due ragazzi, ritrovando la fiducia in sé stessi, hanno trovato di conseguenza anche un lavoro.

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Per molti sono avvenuti cambiamenti significativi che la psicoterapeuta riporta con le parole degli stessi infortunati:

«il cambiamento positivo che ho notato è stato una maggiore riflessione da parte mia assieme a minor tensione e a maggiore sicurezza»;

«ho notato un cambiamento positivo nel vedere le cose in maniera più reale ed in una prospettiva diversa anche se non è facile»;

«si ho notato dei cambiamenti; mi sento più solare come prima dell'incidente»;

«ti rendi conto che alla fine la vita è un po’ simile a tutti, ma che tu rispetto agli altri ha il vantaggio, se lo vuoi, di poter cambiare per lo meno la tua storia. Ed è quello che voglio fare».

Il gruppo come opportunità di vedere le cose in un'altra prospettiva. Non fa scomparire come per magia i problemi, ma da lo spazio per affrontarli, da un altro punto di vista sperimentando altre opzioni.

I risultati dei progetti sperimentali che si sono potuti misurare rilevano un bisogno diffuso tra gli infortunati di trovare un “luogo” nel proprio momento storico dove poter tentare di rielaborare il trauma subito nell'infortunio. Un bisogno che nel precorso riabilitativo proviene da una parte lesa che spesso non è facile da curare e riabilitare, il proprio sè, la propria identità sociale, che richiedono molta attenzione e debbono essere considerati unitariamente nella presa in carico globale dell'individuo.

Il gruppo per sua natura è un ottimo strumento per favorire i processi di riabilitazione, o meglio di riappropriazione della propria vita, e la sperimentazione avviata nell’INAIL è stata un’efficace dimostrazione. È opportuno quindi considerare queste tecniche nel Servizio Sociale dell’Istituto, nell’espressione delle équipe multidisciplinari delle Unità Territoriali e come potenziale intervento nel progetto riabilitativo individualizzato.

Bibliografia:

SILVERMAN P. R. I gruppi di mutuo aiuto Edizioni Centro Studi Erickson II edizione, 1993, Trento NOVENTA A., NAVA R., OLIVA F. Self help edizione Gruppo Abele 1990

ANMIL – Università di Padova 2010 Circolare n. 61/2011

Nel documento Rapporto Annuale Regionale 2012 Veneto (pagine 81-88)