4. Stigma e discriminazione: HIV come punizione e la qualità del sangue
4.2. HIV e malattie mentali: stesso stigma, stesse conseguenze
Alla luce di quanto discusso fino ad ora, risulta lecito chiedersi da dove derivi l’irrazionale paura della popolazione cinese nei confronti delle malattie. Nel primo capitolo si è detto che inizialmente la paura e la discriminazione derivavano da sentimenti anti-occidentali e nazionalisti caratterizzati da profonde radici storiche. Questa ideologia può essere ricollegata alla rappresentazione dell’HIV/AIDS come entità esogena alla Cina. Durante la seconda fase di diffusione del virus, il timore e la AIDS phobia della popolazione generale riguardava i sieropositivi
Haiqing, YU, “Governing and representing HIV/AIDS…”, 2012.
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Ya Jun, MENG, Ning Xiu, LI, Chao Jie, LIU, “Quality of life and hostile…”, 2008.
cinesi. In questo caso, l’atteggiamento discriminatorio verso i sieropositivi è 406
ricollegabile al trattamento riservato ai malati, in particolare quelli psichiatrici, sia in passato sia oggigiorno. Inoltre, la paura e lo stigma derivarono da una serie di principi morali e fisici di cui i cinesi si facevano portatori. Come già ampiamente discusso sia nel primo capitolo, sia in questo, lo stigma sociale dipese in gran parte dal concetto di 素质 (suzhi) qualità morale e fisica. In questa sezione mi soffermerò sulle origini culturali che definirono lo stigma sociale riservato in generale ai malati, soffermandomi sui quanti soffrissero di disturbi psichiatrici.
Non è raro che lo stigma sociale dipenda dallo stato di salute. La storia mondiale è sempre stata testimone di terribili atti discriminatori nei confronti dei diversi e, nella maggior parte dei casi, la diversità derivava dalla salute degli individui. La discriminazione non viene riservata solo ai malati, ma anche alle 407
loro famiglie. Anche per questo motivo, i sieropositivi tendono a non rivelare il proprio status. Inoltre, lo stigma diventa una barriera di accesso alle cure mediche, sia perché i malati tendono a non curarsi per paura di essere etichettati come tali, sia perché le cure vengono negate. A causa della discriminazione che subiscono, 408
i malati tendono a definire la propria identità in base al marchio che viene loro attribuito dalla popolazione generale. Di conseguenza, i malati hanno la tendenza a sminuire se stessi e a considerarsi individui di bassa qualità. Questa auto- demolizione può portare a depressione, isolamento e, in casi più gravi, al suicidio. Lo stigma porta a una svalutazione sia da parte della società, sia da parte del singolo. 409
La malattia mentale è tradizionalmente la punizione per il comportamento sconsiderato dei propri antenati. Esattamente come per l’HIV/AIDS, era il 410
giudizio morale a definire le cause della malattia, che risultava essere una questione di scelte. Gli stereotipi comuni che ritraggono coloro che soffrono di disturbi della psiche riguardano la loro incapacità di sopravvivere
Johanna, HOOD, “HIV/AIDS and shifting urban…”, 2012.
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Sander L., GILMAN, Disease and representation: images of Illness from madness to AIDS, Londra,
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Cornell University Press, 1991.
Ya Jun, MENG, Ning Xiu, LI, Chao Jie, LIU, “Quality of life and hostile…”, 2008.
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Lawrence Hsin, YANG, “Application of mental illness stigma theory to Chinese societies:
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Synthesis and new directions”, Singapore Medical Journal, 48:11, 2007, pp. 977-985. Ibidem.
indipendentemente dall’aiuto di altri, l’aggressività, imprevedibilità e la forza distruttiva. Queste caratteristiche vennero attribuite anche alle masse di 411
contadini che affollavano i centri di raccolta di sangue desiderosi di ottenere la possibilità di una vita migliore. 412
La discriminazione che colpiva i malati psichiatrici, inoltre, venne fortemente influenzata dalla dottrina confuciana. Secondo gli insegnamenti del maestro, ogni persona era obbligata a seguire determinate regole morali e di comportamento sociale che definivano il ruolo di un individuo nella società. Seguire i ruoli significava garantire l’armonia sociale. L’opinione comune vuole che sia i sieropositivi, sia i malati mentali deviino dal tracciato di Confucio e, di conseguenza, rappresentino elementi di disturbo e di disordine. 413
Un altro elemento culturale che definì lo stigma nei confronti dei venditori di sangue è dato dalla convinzione che il sangue sia la fonte del Qi, , il soffio vitale. 414
Secondo la medicina tradizionale cinese, il sangue, insieme con il Qi, era la fonte della vitalità dell’essere umano: una separazione da esso significava compromettere la propria salute anche a lungo termine. Tradizionalmente, il 415
sangue e gli organi sono parte integrante dell’entità individuale e anche riceverne dall’esterno significava un deterioramento della salute. Di conseguenza, sia il prelievo, sia le trasfusioni erano considerate un rischio per la salute dell’individuo. Questa convinzione era talmente radicata nella popolazione che, 416
negli anni precedenti alle riforme economiche e negli anni Ottanta, le autorità incontrarono grosse difficoltà nel contrastare la riluttanza dei cittadini cinesi a donare il sangue. Tuttavia, l’enorme e macabro successo della blood economy non 417
dipende dalla capacità coercitiva delle autorità, ma dalle condizioni di estrema povertà e disuguaglianza economico-sociale che affliggono ancora oggi le
Lawrence Hsin, YANG, “Application of mental illness stigma theory to Chinese societies: Synthesis
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and new directions”, Singapore Medical Journal, 48:11, 2007, pp. 977-985. Johanna, HOOD, “HIV/AIDS health…”, 2011.
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Lawrence Hsin, YANG, 2007.
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Qi 氣, o forza vitale, rappresenta il soffio che anima gli esseri viventi e il principio di realtà che
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dà forza ad ogni cosa e a do ogni essere nell’universo. Anne, CHENG, 2000.
Vincanne, ADAMS, “Public Health Works…”, 2010.
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Shigehisa, KURIYAMA, The Expressiveness of the Body and the divergence of Greek and Chinese Medicine,
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New York, Zone Book, 1999.
Vincanne, ADAMS, “Public Health Works…”, 2010.
popolazioni rurali. Nonostante oggi il sapere scientifico sia diffuso, tuttavia persiste sempre una paura innata del donare e ricevere sangue. Questo timore colpisce 418
soprattutto la popolazione urbana che, a fronte delle innumerevoli infezioni verificatesi nelle aree rurali, è sempre più timorosa di contrarre malattie attraverso le trasfusioni. 419
Conclusioni
La seconda fase di evoluzione dell’HIV/AIDS (1991-2006) in Cina è caratterizzata da numerosi cambiamenti che riguardano diversi aspetti. Prima di tutto, la modalità di trasmissione più diffusa nella prima fase, ovvero lo scambio di aghi, venne sostituita dai rapporti sessuali non protetti sia eterosessuali, sia omosessuali. Inoltre, si venne a creare una nuova categoria, quella dei donatori di sangue. Il rapido dilagare dell’HIV/AIDS dipese dal profondo cambiamento sociale conseguente sia all’apertura della Cina verso a livello internazionale, sia alle riforme economiche che portarono a una netta cesura economica tra aree costiere e aree centrali, città e campagna, ricchi e poveri. Le disuguaglianze che caratterizzarono la Cina in quegli anni costrinsero la parte di popolazione più povera a cercare fonti di guadagno veloce e facile, come per esempio la prostituzione, lo spaccio di sostanze stupefacenti e la vendita del sangue. Le suddette attività comportarono un’incontrollata diffusione del virus e la creazione di un ponte tra le categorie a rischio e la popolazione generale.
Un ulteriore cambiamento si verificò nell’atteggiamento delle autorità nei confronti della questione. Tra il 1998 e il 2006 vennero emanati importanti provvedimenti volti a combattere l’epidemia e lo stigma sociale che affligge i sieropositivi e le categorie a rischio. La Cina si aprì alla collaborazione internazionale e si dimostrò risoluta nei propri obiettivi di lotta contro l’AIDS. L’epidemia di SARS del 2002-2003 rappresenta una pietra miliare nel processo di riforma del sistema sanitario cinese e nel cambiamento dell’atteggiamento del Governo nei confronti delle realtà epidemiche. In seguito alla diffusione della
Vincanne, ADAMS, “Public Health Works…”, 2010.
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Shigehisa, KURIYAMA, The Expressiveness of the Body…, 1999.
SARS e alla lotta per contrastarla si inaugurò “l’era della responsabilità”, volta a ridurre le diseguaglianze sociali e a migliorare la sanità pubblica. Nonostante i provvedimenti presi, gran parte della popolazione continua tuttora a rimanere esclusa dai benefici sociali che erano sempre stati garantiti dal sistema socialista. L’inefficacia delle riforme e delle iniziative governative fanno sì che l’HIV/AIDS continui a diffondersi a insaputa dei quanti contraggono il virus.
Anche la rappresentazione mediatica mutò: il virus non fu più solamente l’oggetto delle notizie internazionali, ma divenne una realtà cinese estremamente pericolosa. Sebbene il Governo abbia promosso un’azione mediatica volta a educare e a diffondere informazioni sulle modalità di trasmissione, sulla prevenzione e sulla malattia, tuttavia il focus sulle categorie a rischio radicò ancora più profondamente nell’opinione comune gli stereotipi legati all’HIV/AIDS. Così facendo la popolazione generale continua a sentirsi immune e protetta dal virus, sia moralmente, sia geograficamente. Inoltre, lo stigma sociale associato all’HIV/ AIDS viene ulteriormente rimarcato dal severo giudizio morale che i media propongono all’audience prettamente urbana. Di conseguenza, le persone non si sottopongono al test e non rivelano il proprio stato di sieropositività, contribuendo alla diffusione indisturbata del virus.