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In un’ ode con funzione proemiale di ispirazione pindarica90, il riferimento ai Quiriti costituisce sicuramente il primo forte elemento di romanizzazione del contenuto. Il termine Quirites91 ha infatti un sapore inconfondibilmente romano, derivando dalla forma latina quiris, che in sabino era invece curis, da cui derivano i Curiati o i Curites, per cui gli stessi abitanti del Quirinale, quali Quirites, dovevano essere necessariamente latini, come quelli del Palatino.92

Ai tempi di Orazio, del resto, i termini Quirites e Romani potevano facilmente sovrapporsi in una stratificata polisemia, come appare dall’analisi degli stessi loci oraziani in cui appare il termine Quiris.93

E’ proprio l’aggettivazione apposta a quel Quiritium che “marks a change of scene”94 ad essere oggetto della discussione filologica sulla scelta tra le due varianti mobilium/ nobilium.

La presenza della prima lezione in codici più antichi costituirebbe il primo elemento a favore del genitivo mobilium, presente in codices vetustiores quali i quattro Blandinii appartenuti al Cruquius, i due del Pulmannus, uno del Bersmann, il Leidensis, il Graevianus ed il Codex Collegii Reginae.

90 Sul rapporto di Orazio con il modello pindarico si rinvia a Highbarger, The Pindaric Style of Horace, “Trans.

Proc. Amer. Philol. Assoc.”, 1935, pp. 222-255; Waszink, Horaz und Pindar, “Opuscola selecta”, Leiden, 1979; L. Castagna, Il pindarismo mediato di Orazio, “Aev. Ant.”, 1989, pp.183-214; H.D. Jocelyn, Carm. I, 12 and the notion of

a “Pindarising” Horace,1993, pp. 101-129; G. Hutchinson, Horace and archaic Greek poetry, in AA.VV, The Cambridge Companion to Horace, Cambridge, 2007, pp.36-49.

91 Cfr. P. Venini, Quiriti Romani, in “Enciclopedia oraziana cit”, II, pp.235-236. 92 Cfr. S. Accame, I re di Roma nella leggenda e nella storia, Napoli, 1959.

93 Se nella lettera a Numico ( Hor., Ep.,I, 6, 5-8) i Quirites sono intesi come populus Romanus al fianco di

Arabi ed Indi, di tono prettamente individualistico appare il riferimento nell’ode in questione, mentre alto e solenne appare il tono di rievocazione dei Quirites in Hor., Carm.III, 3, 57. La condizione di Quiris viene riconosciuta anche a Pompeo, reintegrato come cittadino romano con pieno possesso dei diritti civili ( Hor., Carm. II, 7, 1-5) mentre in Hor.,

Carm.,IV, 14, 1-5 il Venosino distingue tra la cura dei patres e quella dei Quirites. Sull’intera questione si rinvia a P.

Catalano, Populus Romanus Quirites, Torino, 1974

La testimonianza, poi, del Vetus Scholiastes Porfirione che annota “Mobiles Quirites ait referens ad vulgi levitatem” costituirebbe un motivo in più di difesa della lezione, nei confronti di quanti difendono la lezione nobilium. “Desinant itaque – ammonì il Bentley95- ex recentioribus libris nobilium ingerere”, facendo notare inoltre che, precedendo proprio quel sintagma palma nobilis, già oggetto delle sue attenzioni filologiche, una ripetizione dell’aggettivo sarebbe stata “inepta atque invenusta”.

Il letterato inglese, pur riconoscendo come plausibile la definizione dei Quiriti come nobiles , per grandezza dell’impero Romano, sostenne che la forma ossimorica

95 La nota bentleyana apposta al locus oraziano si rivela interessante in quanto offre spunti di discussione

filologica anche nell’ambito della tradizione del testo lucaneo, in cui il letterato inglese riconoscerebbe la persistenza di un errore nel testo comunemente tradito. “Diu mendum insedit – annota Bentley – in:

Lucan. IV, 520- 521 … Sic cunctas sustulit ardor nobilium mentes iuvenum.

La reazione del letterato è decisa quando, rivolgendosi al lettore del suo commentario, ammonisce: “Tu lege ipsius loci sentententiae ductu, mobilium iuvenum”.

Secondo Bentley, il locus lucaneo andrebbe riletto, tenendo presente l’ascendente virgiliano desumibile da: Vergil. Georg. III, 165

Dum faciles animi iuvenum, dum mobilis aetas

Il riferimento oraziano, poi, al Virgilio di: Horat. Carm. IV,12,15

...iuvenum nobilium cliens“

non è poi di tal genere, secondo Bentley da difendere l’accolta lezione di Lucano, anche perchè apparirebbe dubitabile che un tale epiteto di gioventù “donandum sit” alla coorte di Oderzo. Il tentativo bentleyano di rimuovere l’accolta lezione lucanea, pur andando contro l’autorità di tutti i manoscritti, non mancò di suscitare l’adesione di critici, come Housman, accusato, però da Blatt di essere “ too critical of Lucan, and uncritical of Bentley”, anche perché i giovani del testo lucaneo, nonostante la loro età, restano in primo luogo, come osservò Anderson , “warriors”, abituati a lottare, al di là di ogni pur naturale instabilità giovanile. Sul rapporto fra la critica del Bentley e la tradizione del testo lucaneo si rinvia a: M. A. Lucano, Bellum civile (Libro IV) a cura di P. Esposito, Napoli, 2009, pp.247-248.

turba nobilium non reggerebbe affatto in quanto i due vocaboli, così accostati, finiscono con l’eliminarsi ed escludersi a vicenda.

L’ aggettivo mobilis96, forma sincopata di movibilis, deriva dal verbo movere, si riferisce, in senso stretto, a chi si muove facilmente, volgendosi di qua e di là. leggero, comparabile con l’aggettivo greco ευjκίνητος.

L’aggettivo era già stato usato dallo stesso Orazio in: Horat., Serm. II, 7, 82

Duceris ut nervis alienis mobile lignum Se ne registrano occorrenze in:

Cic., Nat. D., II, 57, 142

oculi lubrici et mobiles

Plin., Hist. Nat., 11, 37, 51 (138)

Supercilia homini et pariter et alterna mobilia

Si legge, poi, di un mobilior aer in Lucret., IV, 343, di un aequor mobile in

Ovid., Heroid.2, 128, di mobiles venti in Ovid., Heroid., 5.110, di una mobilis

penna in Ovid., Ars amatoria, II, 62, di folia mobilia in Ovid., Amores, III, 5, 35.

In riferimento ad oggetti, res mobiles e bona mobilia sono quelle cose che non si fissano al suolo e possono essere trasferite fisicamente.

In tale categoria rientrano essere animati come servi, iumenta, altilia o inanimati come pecunia, vestis e vasa.

Mobilis, nel linguaggio medico , può riferirsi ad una dentatura vacillante come in:

Plin., Hist. Nat. 21, 31,105(180)

Remedium ad dentium mobiles firmandos.

In senso più largo, l’aggettivo può riferirsi anche a qualcosa di celere, veloce, come in:

Plaut., Mil.glor., 3, 1, 36

Pernix sum manibus, pedibus mobilis

A correnti, con celere moto, fa riferimento del resto lo stesso Venosino in:

Horat., Carm. I, 7, 13

Tiburni lucus et uda Mobilibus pomaria rivis

L’ aggettivo si presta, poi, a ben definire il rapido trascorrere del tempo97 come in due loci di una delle tragedie senecane come:

Seneca, Hyppol., 446

Aetate fruere: mobili cursu fugit

Seneca, Hyppol., 1141

volat ambiguis mobilis alis hora

Mobilis è anche tutto ciò che è caduco nel tempo stesso come in:

97 In merito all’idea oraziana di labilità del tempo si rinvia alla recente monografia di G. Broccia, La

Cic, Dom. 58, 146

Bona fortunae caduca semper et mobilia esse duxi

Sall., Jug., 96

Res humanae fluxae et mobiles

In senso traslato, mobilis è tutto ciò che è flessibile, mutevole, variabile , con risvolti, dal punto di vista morale, di tipo negativo, come in:

Virg., Georg.,3, 165

Dum faciles animi iuvenum, dum mobilis aetas

Lo stesso Venosino propose tale accezione dell’aggettivo in riferimento al mutamento del carattere in seguito all’avanzare degli anni:

Horat., Ars poet.,156

Aetatis cuiusque notandi sunt tibi mores

Mobilibusque decor naturis dandus et annis

Mobilis può essere utilizzato anche per indicare una particolare inclinazione come in:

Liv. 6.6

Populus mobilior ad cupiditatem agri

In senso morale, mobilis è riferibile, in negativo, a chi è volubile, incostante come in:

Cic. 5, Fam. 2 ad fin.

Caes. 4, B.G.5

Galli sunt in consiliis capiendis mobiles, et novis plerumque rebus student.

Sall., Jug. 50

Mobile ingenio esse

Liv. 29.3 ad fin.

Gens ad omnem auram spei mobilis atque infida

L’epiteto “mobilium”, nell’ode oraziana in questione, mi sembra effettivamente ben sottolineare proprio quella leggerezza e volubilità del volgo nell’attribuire le cariche attraverso i propri voti,stigmatizzate dal Venosino anche in:

Horat., Epist, I, 19, 37

Non ego ventosae plebis suffragia venor

Testimonianze letterarie della volubilità del popolo ritornano, del resto, anche in:

Statius, Silv. II, 2, 123-124

Quem non ambigui fasces, non mobile vulgus Non leges, non castra tenent

Seneca, Herc. Fur., 168-170

Illum populi favor attonitum Fluctuque magis mobile98 vulgus Aura tumidum tollit inani

98 La volubilità del popolo è idea già attestata anche in loci della letteratura greca, come Dem., 19, 136 : οJ μεν

δη`μός εστιν αjσταθμητότατον πρα'γμα τω'ν πάντων και; αjσυνθετώτατον w{σπερ εjν θαλάττη κυμ’ αjκατάστατον ωJς a[ν

3) Horat., Carm. I, 1, 16

Sulla base della congettura di Valente di Acidalia99 presente nelle Note a Velleio Patercolo II, 110 il testo oraziano viene così riprodotto:

Luctantem Icariis fluctibus Africum Mercator metuens, otium et oppidi Laudat tuta sui: mox reficit rates Quassas, indocilis pauperiem pati.

A tale congettura si mostrò sensibile Gronovius100 il quale in Observ. Eccles. c.X, p.101, riprese proprio l’intervento sul testo di Valente, emendando, così, un carme di Paolino:

Repetitque portum, et terreae tuto viae Praevertit intutum maris

99 Valens o Valentinus Acidalius ( 1567-1595) fu anche autore delle “In M.Manilii Astronomicon libros

quinque Animadversiones”, pubblicate da M.D.Reeve e contenute nel ms.Marshall 140 della Bodleian Library.

Di Manilio, come è noto, si occupò ampiamente anche il Bentley. Cfr..”M.Manilii Astronomicon ex recensione

et cum notis R. Bentleii”, Londini, 1739

100 Johann Friedrich Gronov nacque ad Amburgo l’ 8 settembre 1613. Già professore di retorica e storia a

Deventer dal 1643, nel 1658 ottenne l’insegnamento di letteratura greca a Leiden sul posto resosi vacante per la morte di Daniel Heinsius. Editore delle opere di Plauto, Stazio, Livio, Tacito, Gellio e del Seneca tragico, scrisse nel 1651 un

Monobiblos Ecclesiasticarum Observationum, cui seguirono nel 1662 gli Obserevationum, libri tres, editio secunda priori emendatior et altera tanto auctior.Morì a Leyden, lì dove il figlio James Gronoovius ( 1645-1716) ebbe modo

di approfondire sia gli studi classici che quelli di diritto civile, tenendosi in contatto con illustri letterati cone John Pearson e Meric Casaubon. Noto editore del Thesaurus antiquitatum Graecarum in 13 volumi, a Leyden pubblicò un’ edizione di di Macrobio e di Polibio, riuscendo ad affermarsi nalla carriera accademica in Italia, dove insegnò per due anni a Pisa. In polemica con il Bentley , scrisse nel 1710 “Infamia Emendationum in Menandri nuper editarum. Trajecti

ad Rhenum, auctore Phileleleuterus Lipsiensis”. Riuscì, inoltre a correggere un frammento di Callimaco lì ove Bentley

non era riuscito per cui ebbe una violenta polemica con lo studioso che non esitò a definirlo un “homunculus eruditione

Lo stesso Gronovio ribadì l’impronta oraziana del testo quando precisa: ”Tutum viae: ut Horatio,

…otium et oppidi Laudat Tuta sui

Il Bentley non nascose la sua ammirazione sia per Valente che per Gronovio che riconobbe come sagacissimi viri anche perché, pur accogliendo a testo la comunemente tradita lezione rura , il letterato inglese, sempre sensibile a senso e stile, riconobbe come più adatta al contesto e più bella l’ “oppositio hinc metuens illine tuta”, ossia quel contrasto tra la vita sicura dell’agricoltore e quella incerta del navigante. Exempla a dimostrazione della forma nominale tuta usata assolutamente sono:

Tacitus, Ann. I, 2

Ac novis ex rebus aucti tuta et praesentia, quam vetera et pericolosa mallent.

Tacitus, Ann. XV, 29

Exin Romanus laudat iuvenem, omissis praecipitibus tuta et salutaria capessentem.

Non mancano, poi, testimonianze letterarie del sintagma tuta+genitivo come in:

Virgilius, Aen., XI, 882

Moenibus in patriis atque inter tuta domorum

I termini otium e tuta, dunque, si accosterebbero a senso e convenientemente, come si evince da:

Martialis, XII, 5

Plura legant vacui, quibus otia tuta dedisti

Martialis, III, 67

Virgil., Georg. III, 376

Secura sub alta

Otia agunt terra

Alquanto usuale risulta lo stesso tema del laudare tuta, ancor più nella produzione oraziana, come dimostrerebbero due loci del Venosino:

Horat., Epist. I, 15,42

Nimirum hic ego sum: nam tuta101 et parvula laudo.

Horat., Serm. I, 1, 30

Nautaeque per omne

Audaces qui mare currunt, hac mente laborem Sese ferre, senes ut in otia tuta recedant

Il secondo locus sarebbe ulteriore conferma di quanto sia soprattutto il mercator a desiderare, esponendosi quotidianamente ai pericoli, “supremis sibi votis

tuta otia”. L’aggettivo tutus, del resto, ricorre in Orazio ben 20 volte in Orazio,

senza contare le 14 occorrenze di altri termini ascrivibili al verbo tueor, spia lessicale dell’ossessione di sicurezza presente nella produzione letteraria del Venosino.102

Ritengo giusto precisare che lo scetticismo sulla vulgata lectio “rura sui” avanzato dal Bentley non trova, però, riscontri nella tradizione manoscritta del testo al punto che lo stesso critico dovette affermare di non aver memoria di aver letto rura oppidi o qualcosa di simile.

101 Cfr. F. Citti, Studi oraziani. Tematica e intertestualità, Bologna, 2000 , pp.87-91.

102 Sulla condizione psicologica del mercator metuens, felice allitterazione oraziana, (Horat., Carm.I, 1, 16) la

cui vita resta caratterizzata da una sostanziale irrequietezza ha scritto sempre F. Citti, nell’analizzare il lessico tematico del timore nella poesia oraziana. Cfr. F. Citti, op.cit. , pp. 20-21

II

Ad Augustum Iam satis terris nivis atque dirae

Grandinis misit Pater, et rubente Dextera sacras iaculatus arces Terruit Urbem,

Terruit gentis, grave ne rediret 5 Saeculum Pyrrae nova mostra questae:

omne cum Proteus pecus egit altos Visere montes,

Piscium et summa genus haesit ulmo,

Nota quae sedes fuerat columbis103; 10 Et superiecto pavidae natarunt

Aequore dammae.

103 Columbis codd. Omn. / palumbis π ( Parisinus lat. 10310) corr.P (Porphyrionis cod. Vaticanus 3314-

Vidimus flavum Tiberim, retortis Litore Etrusco violenter undis,

Ire deiectum monumenta regis, 15 Templaque Vestae,

Iliae dum se nimium querenti Iactat ultorem, vagus et sinistra Labitur ripa, Iove non probante,u-

xorius amnis. 20 Audiet cives acuisse ferrum

Quo graves Persae melius perirent; Audiet pugnas vitio parentum Rara iuventus.

Quem vocet Divum populus ruentis 25 Imperi rebus? Prece qua fatigent

Virgines sanctae minus audientem Carmina Vestam?

Cui dabit partes scelus expiandi

Iuppiter? Tandem venias precamur 30 Nube candentes104 umeros amictus

Augur Apollo:

Sive tu mavis, Erycina ridens, Quam Iocus circumvolat et Cupido:

Sive neglectum genus et nepotes 35 Respicis auctor,

Heu nimis longo satiate ludo,

Quem iuvat clamor, galeaeque leves, Acer et Mauri105 peditis cruentum

Vultus in hostem; 40 Sive mutata iuvenum figura

Ales in terris imitaris almae Filius Maiae patiens vocari Caesaris ultor

Serus in caelum redeas, diuque 45 Laetus intersis populo Quirini106:

Neve te nostris vitiis iniquum Ocior aura

Tollat: hic magnos potius triumphos,

Hic ames dici Pater atque Princeps: 50 Neu sinas Medos equitare inultos

Te duce, Caesar.

[Horat. Carm.I,2 ed. Wickam-Garrod]

105 Marsi Faber (Bentleius): Mauri codd.P Maurum peditis cruenti Wodrig 106 Quirini/Quirino

Già abbastanza il Padre ha flagellato il suolo

con tempeste di neve, di grandine battente, e la sua mano, rutilante di folgori, ha infierito sulle sacre rocche

spaventando la Città,

spaventando il mondo: stava dunque per tornare 5 l’era lugubre di Pirra, che patì prodigi insoliti

( quando Proteo condusse a pascolare su pendii montani Tutto il suo gregge,

e branchi di pesci rimasero invischiati in cima agli olmi, dimora in precedenza familiare alle colombe, 10 e daini nuotarono, smarriti, in mezzo al mare

straripato sulle terre) ?

Sotto i nostri occhi, il Tevere fangoso, dalla riva etrusca richiamata con violenza la corrente,

venne a infrangersi contro l’edificio della Reggia 15 e il tempio dedicato a Vesta,

ergendosi a vindice - fin troppo furibondo- d’ Ilia, delle sue lagnanze, e traboccando sino a scorrere sull’argine sinistro: fiume ribelle a Giove,

ma supino nei confronti della sposa. 20

Diradata dai misfatti dei suoi padri, udrà La gioventù d’armi affilate tra concittadini, invece che brandite e uccidere i temibili Persiani: udrà di simili battaglie.

Quale degli dei potrebbe il popolo invocare 25 a sostegno dello Stato vacillante? Con quali suppliche le vergini incalzare Vesta, cui sono consacrate

ma che ignora i loro appelli?

Chi sarà da Giove delegato a cancellare ritualmente

Quel delitto? Vieni infine tu ( esaudisci la preghiera!), 30 le spalle luminose cinte da un mantello di nubi,

Apollo, dio-profeta;

o, se preferisci, tu dea del sorriso, Venere Ericina, col Divertimento e il Desiderio, tua volante scorta;

oppure, se non più trascuri la tua stirpe, e ti volgi, 35 padre, ai discendenti,

stanco ormai di questo lungo, troppo lungo gioco, tu, che ami il grido di battaglia, gli elmi levigati e il truce sguardo del soldato mauritano

o ancora, assumendo sulla terra l’aspetto d’un giovane, sii tu, alato figlio di Maia, la benigna, ad accettare che, rispetto a Cesare, vendicatore ti si chiami:

non affrettarti a risalire al cielo, rimani 45 a lungo e volentieri in mezzo al popolo quirite,

non lasciare che un soffio troppo rapido di vento via ti trascini, indignato

delle nostre colpe; opta invece, qui, per i nobili trionfi; opta per l’epiteto di padre, per il titolo di principe; 50 e non permettere che i Parti galoppino impuniti

con te, con Cesare, al potere.