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Horat Carm I, 2, 31.

Riprendendo il tessuto narrativo di Horat. Carm.1, 2, vi è, poi, il “tandem venias” del v. 20 che rientra nel motivo di quell’auspicata teoria dei numi che possa restituire dignità al popolo romano.

Tra gli auspicati interventi divini che potrebbero risollevare le sorti di Roma vi è quello di Apollo, invocato quale augur, quasi a custode dei destini e presentato, citando il testo accolto da Shackleton Bailey, “nube candentis humeros amictus”.

A riguardo, però, un’osservazione dello Pseudo-Acrone recita così: “melius nube candenti quam candentis humeros”.

Le due varianti testuali sarebbero state, nel complesso, trattate entrambe con una certa indifferenza nel corso della storia della tradizione del testo oraziano, facilitando una conseguente incertezza nella scelta della lezione più valida.

“Tam suspenso pede- disse il Bentley dei commentatori a lui precedenti- leviterque rem transeunt, ut nescias cui magis lectione faveant”.

Il filologo inglese, nel fare riferimento a letture autottiche dei codici, sostenne di non aver mai visto in alcun codice degno di miglior nota la lezione candenti, eccezion fatta del Graevianus dove, però, la lettera S sarebbe stata mal cancellata , al punto da essere per Bentley, comunque, ancora leggibile.

Ne deriverebbe, dal punto di vista fonico, uno iato che il Bentley giudicò introvabile e irripetibile nell’intera produzione oraziana e che lo scrittore venosino avrebbe teso ad eliminare.

Vi sarebbe, inoltre, la tendenza da parte del Venosino a far terminare gli ablativi dei participi in –TE e non in – TI, come dimostrano le altre occorrenze presenti nel carme in questione ( rubente dextera in posizione di enjambement ai vv.2-3, Iove non probante al v.18).

Il caput della questione risiederebbe, però, nel fatto che il “nube candenti” risulterebbe non solo non adatto al senso della frase, quanto piuttosto il contrario della situazione richiesta nel luogo in questione, in quanto il dio Apollo, quale referente dell’urgente richiesta di teoria divina presente nel carme, non deve affatto nascondersi dietro una nube, per non farsi riconoscere tra i mortali, come accade invece in:

Hom. Il.V, 185-186

…αjλλά τις a[γχι

e{στηκ̀ ajθανάτων, νεφέλη/ eijλυμένος w[μους

Hom. Il.V, 344-345

Και; το;ν με;ν μετα; χερσι;ν εjρύσατο Φοi'βος ̉Απόλλων Κυανέη/ νεφέλη/, μή τις Δαναω`ν ταχυπώλων

Tetra, poi, è la nube che circonda Venere, intenta a portare il dittamo per alleviare il dolore del vecchio Iapige in:

Verg. Aen. XII, 416

Hoc Venus obscuro facies circumdata nimbo Detulit;…

Non vanno poi trascurati altri exempla estraibili, stavolta, dal primo libro dell’Eneide:

Verg., Aen. I, 411-413

At Venus obscuro gradientis aere sepsit Et multo nebulare circum Dea fudit Amictu Cernere ne quis eos, neu quis contingere posset

Verg., Aen. I, 516

Dissimulant et nube cava speculantur amicti

Appare respingibile, dunque, l’idea che una divinità possa manifestarsi celata dal candore di una nube, per di più, in modo inopportuno e privo di utilità rispetto alla trama narrativa del carme, come invece non accade in nessuno degli exempla addotti.

La preferenza tra le suddette forme testuali andrebbe, ritengo, al candentis humeros, lezione, del resto , presente in codici più antichi.

Dalla consultazione dell’apparato critico apposto al testo oraziano nell’edizione di Borzsak risulta, infatti, che la lezione candenti è attestata in codici più tardi come il

Gli aggettivi candens, nitens, fulgens appaiono, inoltre, frequenti epiteti116 delle spalle, come si evince da:

Stat. Silv. III,4, 29-30

… Sed non erat illi arcus et ex humeris Nullae fulgentibus umbrae

Stat. Silv. III, 487

… Humerosque manu nudare nitentes

Tibullus, I, 8, 33

Huic tu candentes humero suppone lacertos

116 Per epiteto ( ejpivqeton, adiectivun) si intende ogni parola che qualifica un sostantivo, in funzione attributiva,

predicativa o di predicato nominale. Il Bo, nell’opera poetica di Orazio, ha individuato 1781 diversi aggettivi con funzione di epiteti con 7720 occorrenze, tutte per lo più disposte con ordo verborum, secondo procedimenti stilistici di antitesi ed ossimoro, con sicuri effetti di potenziamento semantico. Cfr. D. Bo, Gli epiteti della lirica oraziana in

relazione a quelli dei modelli greci, RIL 77, 1943, pp.233-258.

Studiosi come Buchner, Pearce e Kollmann hanno, invece, evidenziato la frequente dislocazione di sostantivo ed epiteto corrispondente , tramite enjambement in cui l’epiteto, per lo più, precede il sostantivo, con frapposizione di alcune parole. Cfr. K. Buchner , Studien zur romischen Literatur III Horaz, Wiesbaden, 1962; T. E. V. Pearce, A

Pattern of Word Order in Latin Poetry, CQ n.s. 18, 1968, pp. 334-354; E. D. Kollmann, Zum Enjambement in der lateinischen Hexameterdichtung , RhM 125, 1982, pp. 117-134..

Se il Goldschmith ha rilevato nei primi tre libri dei Carmina una maggiore presenza di epitheta ornantia, quale eredità epica, specificamente omerica, il La Penna si è rivelato convinto di una sostanziale ieiunitas, con ricorso ad aggettivazione ridondante solo in alcune liriche di tono particolarmente alto. Cfr. A. Goldscmith, Der Gebrauch der

Adjektiva bei Horaz, PhW 49, 1929, pp. 229-238; A. La Penna, Orazio e la morale mondana europea,in E. Cetrangolo

( a cura di), Q. Orazio Flacco. Tutte le opere, Firenze, 1968, CXXXI- CXXXVI..

Per una più dettagliata rassegna sulla questione si rinvia a C. Di Giovine, Epiteti in Enciclopedia Oraziana ci.t,

Per suggellare il ragionamento, mi sembra poi, opportuno il confronto intertestuale con altri due loci dei Carmina, come:

Horat. Carm. I,13, 9

Uror, seu tibi candidos turparunt humeros

Horat. Carm. II, 5, 18

Non Chloris albo sic humero nitens

Se nei citati passi, il candere è riconoscibile come virtù delle spalle di comuni mortali come le stesse Lydia e Chloris di oraziana memoria, a maggior ragione, mi sembra che questo attributo spetti ad Apollo che, nella tradizione letteraria, più volte, appare risplendente della sua luce divina, come dimostra il seguente locus virgiliano:

Verg. Aen.VIII, 720-721

Ipse sedens niveo candentis limine Phoebi Dona recognoscit populorum…