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Muovendo dall’analisi della tradizione manoscritta oraziana, tre codici appartenuti al Lambino ed uno di quelli del Cruquius registrano la lezione Quirino, dativo accordato con populo, mentre notevolmente superiore sarebbe il numero dei codici a favore del genitivo Quirini.130

A propendere per la prima delle suddette forme furono Nicolaus Heinsius, nel commentare Ovid., Fast. IV, 375, ed il Broukhusius, in nota a Propert., IV,10, non essendo del resto inconsueti sintagmi come Gens Romula, Venena Colcha, Sulpicia horrea.

Per difendere, però, la lezione Quirini, appare utile un dato intratestuale della produzione oraziana, desunto dall’epistola indirizzata a Floro.

Nel riferirsi a quanti lo cercano, il Venosino, infatti, così scrive in : Horat., Ep.II, 2,68

cubat hic in colle Quirini, hic estremo in Aventino

Ebbene, annotò il Bentley, lo Heinsius avrebbe volentieri scritto anche qui “Quirino”, senza, però, alcun sostegno codicologico.

La scelta di tale lezione si rivelerebbe, inoltre, per il filologo inglese, poco felice anche dal punto di vista della resa fonica del testo.

130 La copiosità dei manoscritti a favore della lezione Quirino, cui il Bentley mostrerà di aderire, “ certe magno

La critica del testo oraziano, nel prosieguo della nota bentleyana ad locum , si incrocia, poi, con dei loci ovidiani, come:

Ovid., Metam. XIV, 836

Coniunx nunc esse Quirini: Siste tuos fletus, et si tibi cura videndi

coniugis est; duce me lucum pete, colle Quirino, qui viret…

Anche in questo caso Heinsius, pur annotando la prevalenza nei codici della forma Quirini, scelse, sulla base di un numero più ristretto di codici, la forma

Quirino guadagnando, però, stavolta il consenso del Bentley, sempre alquanto

insofferente ad ogni forma di geminatio.

La predilezione dello Heinsius per la forma Quirino apparirebbe, però, quasi un ossessivo e cronico vitium del filologo che nel commentare:

Ovid., Fast. IV, 375

Qui dicet, quondam, sacrata est colle Quirini Hac fortuna die Publica, verus erit

nonostante il pieno supporto codicologico, sostituì la lezione comunemente tradita con la forma Quirino, stavolta però, stigmatizzò il Bentley, “frustra”.

Del resto le forme di genitivo Quirini sono ampiamente testimoniate anche in:

Iuven. II, 133

Officium cras

Primo sole mihi peragendum in colle Quirini

Ovid., Trist., I, 3, 33

Ovid., Trist. I, 8, 37131

Non ego te placida genitum reor Urbe Quirini

Nei due loci ovidiani la lezione Quirina appare ancora più facilmente eludibile, in quanto un’ulteriore forma attributiva è escludibile in partenza per la presenza già degli epiteti alta e placida.

A sostegno della lezione Quirini, sono utilizzabili altri dati intratestuali, in quanto essa risulta alquanto comune nella tradizione ovidiana, come si evince da:

Ovid., Pont. I, 5, 73

Dividimur caelo, quaeque est procul urbe Quirini

Ovid., Fast., I, 69

Dexter ades, Patribusque tuis, populoque Quirini

Ovid., Metam. XV, 572

Seu laetum est, patriae laetum populoque Quirini

Ovid., Metam., XV, 756

Cynyphiumque Iubam populo adiecisse Quirini

L’ampio consenso codicologico mi indurrebbe, effettivamente, a non mettere in discussione una lezione per di più tante volte accolta, essendo indiscutibile il legame del popolo Romano con il dio Quirinus, spesso personificato.132

131 Il citato riferimento ovidiano appare controverso in quanto sarebbe a Ovid., Trist., I, 7, 37 come in:

Richardi Bentleii, Notae atque emendationes in Q. Horatium Flaccum integrae, curante Friderico Sachse, Quedlinburgi et Lipsiae, sumptibus Godofredi Bassi, MDCCCXV

Quirino, quale dio protettore del sito di Roma, presiedeva all’insieme di curiae, per cui non sarebbe assegnabile all’età pre-urbana, in cui tutt’al più esistevano vici, come dimostra l’antichissimo culto per la dea Vica Pota.

Etimologicamente Quirino deriverebbe da * Co-virino, Quirites da *Co- viriti,curia da *Ko-vir-ia.133 I nomi stessi di Quirino e Quirinale confermano la presenza sui colles di una formazione proto-urbana, per cui lo stesso Romolo verrà, nella tradizione, assimilato a Quirino, quale divinità fondatrice, il cui culto sarà ospitato sul suddetto colle.

Un’altra etimologia collegherebbe Quirino all’aratro, sulla base della radice *Qrs, il che ne farebbe un dio connesso con il Palatino ed il solco primigenio134, ipotesi poco verosimile, data l’assenza del dio nel sistema cultuale della Regia.

Il culto di Quirino si lega al populus dei Latinienses, per cui si tratta sicuramente di una divinità locale, dal culto difficilmente importato dai Sabini provenienti da Cures.

Quirinus era anche un appellativo di Giano , dio indigeno per eccellenza, più di Marte, come dimostra il culto per Ianus Quirinus Indiges, fondatore e protettore del primo abitato pre-urbano di Roma.

Romolo, quale rifondatore, integratore ev riformulatore delle curie di Roma ripeterà le gesta di Quirino, a livello dello stato e urbano, sarà assimilato facilmente al mitico modello. Quirino appare distinto da Marte anche nella triade arcaica di Roma, composta da Giove, Marte e Quirino.135

133 Cfr. P. Kretschmer, Lat. quirites und quiritare, “Glotta”, X, 1919, pp. 147 sgg.; J. C. Richard, Variations

sur le theme de la citoyenneté à l’ époque royale, “Ktèma”, VI, 1981, pp.89 sgg.

134 Il rito etrusco del solco primigenio deriverebbe da antichissime arature di aree sacre, come quella presso

Aosta attribuibile addirittura all’Eneolitico. Tra i fondatori di città, come dissodatori di terre, figurano Tarconte, per l’Etruria, Giasone, Trittolemo ed Eretteo per il mondo greco. Cfr. U. Pestalozza, Le Tharghelie ateniesi (parte I), “Studi e materiali di storia delle religioni”, VI, 1930, pp.232 sgg., Idem, Le Tharghelie ateniesi (parte II), “Studi e materiali di storia delle religioni”, VII, 1931, pp.59 sgg..

Riguardo alla fondazione con aratro di Tebe e sulle arature sacre lungo il pendio dell’Acropoli di Atene si rinvia a: A. Brelich, Introduzione allo studio dei calendari festivi, parte II, 1954-55, Edizioni dell’Ateneo, Roma.

Assimilabile al Vofiono di Gubbio, la cui radice *Leudhion sta ad indicare il “dio della comunità”, Quirino appare il dio locale della comunità del sito di Roma ( Ianus) articolato in curie (Quirinus), essendo inoltre senza senso che Romolo, quale figlio di Marte, venisse da morto assimilato alla stessa divinità.136

136 Per un esame più approfondito della questione si rinvia a: G. Dumézil , L’ héritage indo-européen a Rome,

Paris, 1949; G. Radke, “Quirinalis Collis”, in G. Wissowa, Paulys Real- Encyclopadie der Classichen

Altertumwissenschaft ,, XXIV/ 1963 coll. 1295 sgg.; A.L. Prosdocimi, Le religioni degli Italici, in Italia omnium terrarum parens, Milano, 1947, pp. 477sgg.

III Sic te diva potens Cypri, sic fratres Helenae, lucida sidera, ventorumque regat pater, obstrictis aliis praeter Iapyga,

navis, quae tibi creditum 5 debes Vergilium, finibus Atticis;

reddas incolumem precor, et serves animae dimidium meae. Illi robur et aes triplex

Circa pectus erat, qui fragilem truci 10 commisit pelago ratem

primus, nec timuit praecipitem Africum decertantem Aquilonibus,

nec tristes Hiadas, nec rabiem Noti,rum

quo non arbiter Hadriae 15 maior, tollere seu ponere vult freta.

Quem mortis timuit gradum, qui siccis oculis137 monstra natantia, qui vidit mare turbidum138 et

137 Rectis oculis ( Bentleius) : vulg. Siccis oculis 138 Turbidum A E R var. λ l V: turgidum R Ψσχ

infames scopulos Acroceraunia139? 20 Nequiquam deus abscidit

Prudens Oceano dissociabili140 Terras, si tamen impiae Non tangenda rates transiliunt vada.

Audax omnia perpeti 25 Gens humana ruit per vetitum nefas.

Audax Iapeti genus

Ignem fraude mala gentibus intulit. Post ignem aetheria domo

Subductum macies et nova febrium 30 Terris incubuit cohors,

Semotique prius tarda necessitas Leti corripuit gradum. Expertus vacuum Daedalus aera

Pennis non homini datis: 35 Perrupit Acheronta Herculeus labor.

Nil mortalibus ardui141 est. Caelum ipsum petimus stultitia, neque

Per nostrum patimur scelus

Iracunda Iovem ponere fulmina. 40

[Horat. Carm.I, 3 ed. Wickam-Garrod]

139 Acroceraunia M A E u O / acrocerauniae R F L δ p 140 Dissociabilis Gualterius, Bentleius/dissociabili codd. 141 Ardui (Bentleius) M V A D F L δ p u / arduum E R

Che la dea imperante su Cipro, che i fratelli d’Elena, astri sfolgoranti, e il padre dei venti ( imbrigliatili tutti , tranne lo Iàpige) ti guidino,

nave che, prendendo in consegna 5 Virgilio, t’impegnasti a sbarcarlo in Attica;

fa che ritorni incolume, ti prego, serbami intatta la metà dell’anima mia.

Legno di quercia aveva intorno al cuore,

ed un triplice stato di bronzo, chi primo 10 al livido mare affidò una fragile

carena: incurante del libeccio turbinoso in lotta con le raffiche da nord, delle Iadi funeste, del ruvido scirocco

che governa l’Adriatico, tiranno incontrastato, 15 sia nel sollevare sia nello spianare i flutti.

Poteva forse temere l’appressarsi della Morte un uomo capace di guardare senza turbamento

mostruose creature equoree, mari tempestosi e Le famigerate scogliere acroceraunie? 20 A che servì, da parte di un dio saggio,

inconciliabile, se adesso le navi varcano ugualmente distese ch’è sacrilego violare?

Risoluta a tutto osare e sopportare, 25 l’umana razza corre sull’infame china dei divieti.

Risoluto, il figlio di Giàpeto

fornì agli umani, con perversa frode, il fuoco. Una volta trafugato il fuoco dal palazzo

celeste, sulla terra piombò l’estenuazione, 30 e ignote epidemie di febbri;

necessità remota, fino allora, e tarda, la morte accellerò il cammino.

Munito d’ali non concesse all’uomo, Dedalo

lanciò la sfida al vuoto, all’aria; 35 a una fatica d’Ercole cedette l’Acheronte.

Niente c’è di insormontabile ai mortali: siamo così stolti che aspiriamo al cielo stesso, e la nostra nequizia non consente

a Giove di posare i suoi fulmini adirati. 40 ( traduz.M.Boeck )