CAPITOLO III: LA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA COME DEMOCRAZIA POSSIBILE: MARINALEDA
3.4 LA HUELGA DE HAMBRE DEL 1980: LE RIVENDICAZIONI DEI LAVORATOR
La situazione rimaneva comunque molto difficile per il settore dei
jornaleros e per centri rurali come Marinaleda e Matarredonda, la cui nascita era dovuta in primo luogo all’abbondante mano d’opera che nei secoli passati era richiesta per lavorare nei latifondi. La
manodopera era inizialmente sottopagata e costretta a lavorare per
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a lungo. I jornaleros, stanchi di essere sfruttati, sempre più
consapevoli di quanto valesse il loro lavoro, iniziarono a chiedere
meno ore lavorative ed una ricompensa maggiore, richieste, queste,
rese ancora più urgenti dall’esigenza di contrastare i proprietari terrieri, pronti a fare dei campi un perfetto meccanismo industriale.
L’Empleo Comunitario inoltre veniva gestito dai governanti in modo tutt’altro che imparziale, molti lavoratori si sono dovuti piegare al sistema ed eseguire lavori demotivanti e poco utili per la comunità. I
disoccupati aumentano proprio a causa del boom della
meccanizzazione e a causa di un rifiuto sempre maggiore alla
"elemosina" – che assume quasi le sembianze di un premio di
consolazione – concessa dall’Empleo Comunitario. Il tutto era
rafforzato da un quadro democratico altamente instabile, che generò
un clima di protesta e rivendicazione, fino a culminare nella
mobilitazione del SOC che stabilì, a seguito di altre vicende di seguito
raccontate, di condurre uno sciopero della fame nel mese di agosto del
1980.
Madrid non dava peso agli avvenimenti nelle campagne Andaluse e
temporeggiava nel fornire risposte concrete. Ma la fame non aspetta,
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a confluire in un grande corteo sull’autostrada che collega Siviglia e Malaga, passando per Osuna, Aguadulce e La Roda. Il corteo non
ebbe ripercussioni notevoli se non brevi trafiletti nei giornali. E
ancora, silenzio dal Governo e da Madrid. Quella stessa sera, gli
abitanti di Marinaleda si riunirono in assemblea, cui presero parte non
solo i contadini disoccupati, ma anche gli operai, i negozianti, e molti
migranti. Tra le varie proposte, quella che fu approvata all’unanimità
fu quella di condurre un grande sciopero della fame, per far sì che una
volta per tutte l’attenzione dei media e del governo si focalizzi su quello che sta succedendo in Andalusia, da anni soggetta a soffrire
dinanzi all’indifferenza generale. Lo sciopero poteva cominciare.
La huelga, nelle parole dello stesso Gordillo, “è una ribellione contro gli abusi. È rabbia antica, accumulata e che ha bisogno di essere
espressa. [Lo sciopero della fame] dimostra la bravura di un popolo
disposto a fare quello che serve per uscire da uno stato di
sottomissione costante. È l’Andalusia che distrugge il suo bavaglio”.59
59 J.M.Sanchez Gordillo, Marinaleda. Andaluces, levantaos, pag 71: “La huelga que se va a iniciar
es una rebeliòn frente al atropello. Es la vieja rabia acumulada que necesita un escape. Es la bravura de un pueblo, dispuesto a lo que haga falta por no seguir sometido. Es Andalucìa que rompe su mordaza”.
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Lo sciopero della fame, che vide coinvolte ben 700 persone, durò per
tredici lunghi giorni, durante i quali i militanti del SOC si barricarono
nella sede del sindacato a Marinaleda. La petizione conteneva
essenzialmente sei tra indicazioni e richieste:
- Fondi dell’Empleo Comunitario sufficienti – “almeno per
mangiare” - fino a dicembre, quando si sarebbe aperta la stagione della raccolta delle olive nere;
- Un permesso di coltivazione e utilizzo della zona compresa tra
Herrera ed Ecija, comprensiva di 23.000 ettari di terra utilizzati
per la semina di grano e girasoli, coltivazioni che danno poco
lavoro. Si chiede espressamente che questa terra venga utilizzata per coltivazioni “sociali”, che diano lavoro, come per esempio il tabacco da fiuto, il cotone e la barbabietola. Questo
cambiamento avrebbe potuto comportare la diminuzione della
disoccupazione della regione di circa il 30%.
- La ripopolazione delle foreste. Nel territorio che ingloba
Osuna, El Saucejo e Los Corrales si sarebbero povuti piantare
pini per una copertura di circa ottomila ettari;
- La costruzione di un bacino artificiale, costruito generalmente
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l’acqua di un fiume (in questo caso del rio Genil) o della pioggia in modo da utilizzarla per le irrigazioni e per le scorte
d’acqua dei comuni. Il bacino avrebbe potuto provvedere all’irrigazione di circa 50mila ettari;
- La costruzione di industrie per i prodotti del campo e di una
relativa rete di commercio sufficientemente ampia;
- La redistribuzione della terra, che deve essere adoperata per
finalità sociali e che deve garantire benessere e sicurezza alla
totalità della popolazione contadina; un numero fisso di
lavoratori per ettaro di terreno; un cambio strutturale nelle
modalità di gestione della terra, quindi una riforma agraria.
Gli abitanti di Marinaleda sapevano che questa lotta sarebbe stata
diversa da tutte le altre, la speranza e la convinzione crescevano.
Sanchez Gordillo comunicò alla stampa la situazione: lo sciopero sarebbe continuato. L’operaio lavorava sulle impalcature, tra i suoi strumenti di lavoro, ma a mezzogiorno non si recava a casa per
pranzo, perché era in sciopero. Il negoziante apriva la sua attività,
vendeva, contrattava, ma non si fermava per pranzo, perché era in
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risvegliava ancora affamata. “El Hambre total frente al hambre”,60
scrive Gordillo.
Durante i giorni dello sciopero, resi più ardui da una calura estiva
insostenibile, si indissero varie assemblee, cui iniziarono a prendere
parte anche vicini che prima mai avevano partecipato e che erano
mossi da una incredibile curiosità, e si cercò più volte di contattare
telefonicamente la sede del Governo Civile, senza successo.
Il Governo probabilmente credeva di aver sanato la situazione
inviando a Marinaleda la corresponsione di quattrocentomila pesetas
in base ai dettami dell’Empleo Comunitario. Ma quattrocentomila
pesetas da distribuire a trecento disoccupati corrispondono ad un solo giorno lavorativo.
Intellettuali, artisti e politici impegnati di sinistra non restano
indifferenti a questa prova, e si recano sul luogo per esprimere
sostegno e solidarietà. Per la prima volta, una mobilitazione portata
avanti da lavoratori conquista le copertine delle maggiori testate
giornalistiche. Antonio-Miguel Bernal, docente di Storia economica
presso l’Università di Siviglia, nel 1980 così commenta la vicenda per El Paìs: “Gli agricoltori stanno morendo di fame. Ancora una volta.
60 J. M. Sanchez Gordillo, Op. Cit.
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Ancora una volta, in un remoto angolo dell’Andalusia, un villaggio –
come Marinaleda – diventa lo specchio di una situazione insostenibile
e, ancora una volta, è un sentimento che in qualsiasi momento può far
rinascere la scintilla della consapevolezza, riscoprendo la dimensione
tragica del problema andaluso. […] Ben poco è riuscita a modificare
la storia, allorché quello che si presenta ai nostri occhi oggi è uno
scenario identico a quello passato: un latifondismo irrobustitosi
durante gli anni della dittatura franchista, un processo di
concentrazione della proprietà terriera molto simile a quello del XIX
secolo. In questo ripetersi di attitudini e comportamenti, possiamo
riconoscere il marchio della nostra storia. […] Ancora oggi, infatti, esistono espressioni e locuzioni considerate tabù in questa società,
come la Riforma agraria, accompagnata da un lessico criptico
utilizzato dai governanti di oggi per dare risposte a problemi che
arrivano da un tempo passato e che hanno una sola conseguenza:
Marinaleda. La risposta immaginosa di questa piccola comunità per
concentrare su di sé l’attenzione dell’opinione pubblica e delle forze politiche ci dice molto sull’instancabilità della speranza collettiva,
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costretta a misurarsi con istituzioni fallaci e inefficaci.” (traduzione
mia)61.
Ancora El Pais, il 17 agosto, riporta le parole di Sánchez Gordillo:
"noi non ci fermeremo fino a quando non si saprà che l’Andalusia è
affamata”62
.
Quello che si rivendica è quindi l’ideazione di un Piano urgente per l’Andalusia, che crei i presupposti per un posto di lavoro stabile per i jornaleros e che metta a disposizione fondi comunitari per un periodo
di tre mesi.63
Lo sciopero della fame, dopo tredici giorni, dà i suoi frutti: Sànchez
Gordillo, segretario locale del SOC di Marinaleda e sindaco della
comunità, a seguito di una riunione con il Ministro del lavoro –Teràn
61A.M. Bernal, Marinaleda: los campesion pasan hambre, El Paìs, 24 agosto 1980: “Los
campesinos pasan hambre. Otra vez. De nuevo, en un rincón perdido de Andalucía, un pueblecito, como Marinaleda, se convierte en expresión desgarrada de una situación insostenible y, una vez más, se presiente que, en cualquier momento, como antaño, pueda saltar la chispa que dé dimensiones trágicas al problema andaluz. […]pocas cosas han cambiado: de fondo, el mismo escenario, el de un latifundismo que ha salido fortalecido de la larga etapa política del franquismo, conociendo entonces la propiedad de la tierra un proceso de concentración muy similar a los que se dieran en el siglo XIX. Y sobre este escenario están volviendo a repetirse unas actitudes y comportamientos de sobra conocidos en nuestra historia. […]todavía hay expresiones que siguen siendo tabú, como la de reforma agraria, y el lenguaje críptico empleado por los políticos de hoy para problemas que vienen del ayer tienen una sola consecuencia: Marinaleda. La respuesta imaginativa de esta pequeña colectividad para atraer la atención de los poderes públicos y demás fuerzas políticas parlamentarias dice mucho de la desesperanza colectiva ante la ineficacia institucíonalizada.”
62 P. del Rio, “Seguiremos hasta que sepan que en Andalucìa hay hambre” asegura el alcade de
Marinaleda”, El Paìs, 17 agosto 1980.
63 J. Aguilar, Los jornaleros andaluces se entrevistan hoy con Rafael Calvo, El Paìs, 10 aprile
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all’epoca – riesce ad ottenere i fondi necessari per dare lavoro agli agricoltori per quattro giorni la settimana.
3.5 L’EMPLEO COMUNITARIO: UNA RIFORMA AGRARIA