CAPITOLO III: LA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA COME DEMOCRAZIA POSSIBILE: MARINALEDA
3.3 CENNI STORIC
3.3.3 L’INIZIO DELLE LOTTE E LE PRIME OCCUPAZION
Immediatamente, a seguito della fondazione del S.O.C., arrivano le
prime e rumorose rivendicazioni: occupazioni, manifestazioni, cortei.
Finché un giorno, il 12 luglio del 1978, l’occupazione della terra della finca de Aparicio di Osuna. Protagoniste – inedite – le donne, che fin dal primo momento hanno giocato un ruolo decisivo: le madri di
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famiglia, che sanno quanto è dura sopravvivere in un contesto simile
senza una rendita; le donne più giovani, che iniziano a crearsi da sé
una prospettiva per un futuro diverso. Per il 12 e 13 di luglio infatti il
S.O.C. aveva indetto una giornata di lotta con annessa l’occupazione di una tenuta. Nella Sierra Sur è presente una zona montana di circa
ottomila ettari, situata tra i centri di Osuna, El Saucejo e Los Corrales,
e dato che uno dei punti salienti del programma politico era la
riforestazione delle aree circostanti, proprio questa terra fu il punto di
partenza delle occupazioni.
La sera dell’11 luglio fu indetta un’assemblea straordinaria per stabilire i dettagli dell’azione, che non era attuabile facilmente e
presentava diversi rischi e limitazioni, tra cui la tempistica: per quanto
si sarebbe potuto occupare prima di essere allontanati ? Nonostante la
difficoltà dell’operazione, i partecipanti all’assemblea si offrirono come volontari, superando di gran lunga l’esiguo numero di 30 o 35 persone che si sperava di raggiungere.
La mattina dopo diversi autobus si misero in marcia, non solo da
Marinaleda ma anche da Marchena, Osuna, Los Corrales, Morón de la
Frontera, e una volta arrivati, i militanti si divisero in gruppi operativi:
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che il luogo per cui si richiedeva la ripopolazione della foresta; un
altro ancora la finca de Aparicio, che comprendeva un vasto terreno
per la coltivazione degli ulivi, ma che da più di cinque anni non
vedeva l’ombra di un’oliva, e che per questo doveva essere espropriata e ridistribuita tra i contadini senza lavoro delle contrade
circostanti.
La prima cosa da fare era dimostrare che si chiedevano terre per
lavorare. E questo fu quindi il primo passo: lavorare quella stessa terra
appena occupata. In questo modo alcuni si dedicavano alla semina
degli ulivi, altri, dall’altro lato della strada, si occupavano della pulizia e della manutenzione della zona collinare. I lavori andarono avanti fin
quando giunse la guardia civile ad intimare agli occupanti di liberare
la terre, ma i jornaleros non erano disposti a darsi per vinti fino a
quando il Governo non avesse dato loro una risposta concreta. Nel
frattempo, poco a poco, i contadini senza lavoro della regione
iniziarono a confluire nelle terre occupate, contribuendo alla solidità
dell’azione e al sentimento di solidarietà e rivendicazione.
Il rimpinguarsi del numero degli occupanti rese anche molto più facili
le operazioni notturne di sorveglianza, ed era la prima volta, dopo il
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di solidarietà e partecipazione arrivavano da tutta la regione, e da
Marinaleda giunsero quasi tutti: uomini, donne e anche bambini e
anziani. Marinaleda era praticamente quasi deserta.
La guardia civile si ripresentò con l’obbligo di condurre Juan Manuel Sanchez Gordillo, esponente di primo grado, presso la caserma di
Osuna. Dopo le prime resistenze, si giunse ad un accordo: Gordillo si
sarebbe recato ad Osuna con la clausola di non essere trattenuto lì per
più di due ore. Una volta arrivato in caserma, il capitano della guardia
civile intimò ancora, con più forza, di abbandonare il progetto
dell’occupazione e le terre, perché “la tensione è alta ed io preferisco non intervenire”. Ma questa decisione non spettava al solo Gordillo, bensì all’Assemblea degli occupanti. Era oramai chiaro che la faccenda delle occupazioni della terra era una cosa seria. Ed ecco,
poco dopo, uno spiraglio: la proposta di scendere in pianura con l’accordo di non avvertire il governo, e cercare così di aprire un dialogo attraverso altri mezzi. Con questa proposta Gordillo marciò di
nuovo verso la tenuta Aparicio, dove durante l’assemblea indetta per
l’occasione, gli occupanti la rifiutarono all’unanimità, disposti a restare lì tutto il tempo necessario.
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Ma una sera, verso le nove, l’inevitabile intervento delle forze di polizia: lo sgombero avvenne tra grida e isterismo, solo il caso ha
voluto che quella notte non ci fossero stati morti. A seguito
dell’operazione di sgombero furono trattenuti paco Casero, segretario generale del S.O.C., José Antonio Gutiérrez, presidente del S.O.C. di
Osuna, Pepe Taranto, de Moron e lo stesso Gordillo, prima presso la
casera di Osuna, poi trasferiti presso il centro di detenzione di
Siviglia, dove furono trattenuti fino a rilascio da stabilire.
Nel frattempo, lo sciopero generale della fame si estendeva in ogni
angolo dell’Andalusia, fino alle più ristrette cittadine della provincia di Siviglia, Cadice e Cordova.
Per ora, l’occupazione della terra era terminata, ma non anche la tenacia dei protagonisti. Secondo alcuni questa fu “un’azione di grandissima portata, perché segnalava l’inizio del cammino di ritorno
alla terra; perché prima nessuno in Andalusia si era occupato della
questione della terra. Ora, invece è nell’aria una Ley de Fincas Manifiestamente Mejorables, e tutto il mondo parla di riforma agraria. Questa azione deve continuare, perché i jornaleros hanno solo due
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possibilità: avere a disposizione terre da lavorare oppure soffrire la
fame”57
(traduzione mia).
Tierra y libertad, murales
57 J. M. Sànchez Gordillo, Marinaleda. Andaluces, levantaos, Editorial Aljibe, Granada, 2013,
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