• Non ci sono risultati.

di Giuseppe Burgio

3. I copioni di genere nel bullismo

Tenuto conto della sovra-rappresentazione dei ragazzi nel bullismo e la strutturazione prevalentemente intra-genere del bullismo maschile, intendo ora utilizzare i gender script al fine di procedere in una lettura di genere del fenomeno della vittimizzazione scolastica. La teoria dei copioni serve cio a sostanziare l’ipotesi a cui lavoro da tempo: che il bullismo funzioni come un dispositivo di costruzione e riproduzione del genere maschile (Burgio, 2017).

Tornando ancora a Gagnon e Simon, sappiamo infatti che

gli scenari culturali forniscono le precondizioni narrative per la messa in scena di un ruolo: uali percorsi collettivamente condivisi un individuo pu intraprendere per entrare in un ruolo, come tale ruolo deve essere mantenuto ed espresso, come lo si

può dismettere o ne si può essere privati. ariazioni emergenti dall’imprevedi-

bile della circostanza s’insinuano nella riproduzione situata dei pi restrittivi tra gli scenari culturali, sulla base, ad esempio, di valutazioni sugli attori sociali di volta in volta coinvolti che, distinguendo il sano dal malato, il superiore dal sottomesso, il

consanguineo dal forestiero modulano l’interazione. La possibilità di uno sco-

stamento dell’interazione dalla guida dello scenario culturale viene risolta al livello del copione interpersonale. Tali improvvisazioni individuali si presentano soli- tamente in modo non casuale . La logica che le guida uella della creazione di

un consenso attorno alla giustezza del ruolo che l’attore vuole mettere in scena (Si-

mon e Gagnon, 2017, p. 86, corsivo mio).

splicitando i corsivi che ho introdotto nella precedente citazione, il bul- lismo nella mia interpretazione funziona come un dispositivo regolativo

fondato su un copione di genere in uanto: 1) crea un dentro e un fuori, un giusto e uno sbagliato in relazione al ruolo sociale che un maschio deve as- sumere, privando le vittime dell’adeguatezza di genere attraverso la denigra- zione e la vittimizzazione 2) distingue la maschilità vera da uelle false, perdenti, abiette 3) crea consenso sociale rispetto al modello corretto di ma- schilità cui un ragazzo deve conformarsi. Nel bullismo intra-maschile pos- siamo infatti rileggere l’articolazione delle figure (divenute ormai tradizio- nali nella letteratura scientifica) del bullo, degli aiutanti, degli spettatori e della vittima, interpretandole come livelli di una gerarchia interna alla ma- schilità: uella tra maschi alfa (aggressivi e dominanti), alfa-supportanti (adulatori e tirapiedi del maschio alfa), beta (anonimi azionisti della Maschi-

lità s.p.a.) e omega (marginali, esclusi e vittimizzati)

(Ruspini e Fagiani,

2011). tale gerarchizzazione appare coerente con uanto Gagnon dice del dispiegamento dei copioni:

tali copioni danno un nome agli attori, descrivono le loro ualità, indicano le moti- vazioni alla base del comportamento dei partecipanti e organizzano la se uenza delle attività appropriate, sia verbali che non verbali (Gagnon, 2017, pp. 42-43).

La costruzione di genere assume per , ovviamente, forme plurali e diffe- renti e per fortuna il bullismo non coinvolge tutti. La stragrande maggio- ranza dei ragazzi si sobbarca infatti la fatica di svolgere i propri compiti di sviluppo, elaborando in modo intrapsichico e relazionale il tema-problema dell’ac uisizione dell’identità maschile e di una reputazione di genere posi- tiva tra i pari. Alcuni invece preferiscono prendere una scorciatoia: anzich trovare i modi per affermare in modo sereno e positivo il proprio valore , il proprio diritto al riconoscimento, scelgono di affermarsi per negazione, op- ponendosi all’alterità. Anzich cercare di emergere, sommergono gli altri, abbassandone il prestigio sociale, utilizzandoli come punto di appoggio per innalzare se stessi. Il proprio valore si afferma cos attraverso lo svilimento dell’Altro. Ma su uali basi, seguendo uali direttrici

Una veloce analisi degli insulti che gli studenti si scambiano uotidiana- mente tra loro evidenzia le modalità dell’esclusione dell’alterità. Si tratta, com’ noto, di insulti razzisti, abilisti, sessisti ed eterosessisti. Tali insulti evidenziano una sorta di ideologia della normalità , da cui emerge per contrasto una sola identità non stigmatizzabile: uella del maschio, bianco, eterosessuale, normale dal punto di vista psicofisico. Sottolineo uesto tema perch il concetto di normalità appare strettamente legato al bullismo che, nella mia descrizione, costituisce un vero e proprio dispositivo di nor- mazione e normalizzazione nel gruppo dei pari. Il bullismo attraverso l’uso

abbondante che fa di uesti insulti applica dei modelli culturali (delle sce- neggiature, direbbero i due studiosi cui ci ispiriamo ui) utilizzati per dirsi soggetti appartenenti a un genere (agli altri) e per definire il genere degli altri (rispetto a se stessi) sulla base della gerarchia tra la normalità e le sue de- viazioni. Se autoctonia, bianchezza e abilità concorrono a definire la maschi- lità corretta, fin troppo evidente come uest’ultima si giochi fondamental- mente nella contrapposizione al polo contrario e complementare (rappresen- tato dal femminile), cos come al polo che ne costituisce la contraddizione simmetrica: il gay ( anotti, 2005 alperin, 2013). Non stupisce infatti l’im- portanza centrale che, tra gli adolescenti, giocano gli insulti misogini e omo- fobici: una sorta di mappa che orienta a individuare il maschile per opposi- zione al femminile e con un unico, simultaneo movimento all’omoses- sualità. ssere maschi significa incarnare la virile aggressività dominante che si contrappone all’abiezione di un femminile ridotto a corporalità sessuale, a pura carne, cos come a un’omosessualità maschile che suscita ribrezzo per la sua lubrica disponibilità a lasciarsi penetrare sessualmente dagli altri ma- schi, abdicando in uesto modo al ruolo virile. Il piano simbolico appare in- somma giocarsi tutto nella contrapposizione tra un maschile penetrativo (ma impenetrabile) e un femminile sessualmente accessibile e, perci , incapace di rappresentare una minaccia fallica (anche se il femminile incarnato da un soggetto maschile).

Una conferma di tale impostazione fornita da Messerschmidt che, in un recente articolo, descrive un modello di maschilità popolare rappresentata da ragazzi considerati dei duri , che partecipano a molte feste, con molti amici e molte ragazze, celebrati nel gruppo dei pari che possono arrivare a incarnare una forma maschile egemonica, una modalità cio che afferma la diseguaglianza tra genere maschile e genere femminile, nonch la gerar- chia tra le varie forme di maschilità. Come esempio di uest’ultimo modello, il celebre studioso cita proprio i bulli:

ragazzi popolari e dominanti che costruiscono occasionalmente una mascolinità ege- monica localizzata nella scuola attraverso la pratica del bullismo verso ragazzi al- tri . Le vittime di tale bullismo sono femminilizzate attraverso abusi verbali e fisici, soprattutto se non rispondono al bullismo nel modo che la cultura maschile della scuola impone, cio reagendo fisicamente. Nella breve se uenza di eventi di bulli- smo, uindi, i ragazzi popolari e dominanti costruiscono uella che io chiamo una

mascolinità egemonica effimera e localizzata perch incarnano l’aggressività, l’in- vulnerabilità e la capacità di esercitare violenza fisica ( ualità culturalmente ma- schili), mentre i ragazzi vittime di bullismo incarnano la passività, la vulnerabilità e l’incapacità di esercitare violenza fisica ( ualità culturalmente femminili) (Messer- schmidt, 2019, p. 18, trad. mia).

La capacità di esercitare la forza appare centrale nella rappresentazione della maschilità egemonica, irrinunciabile dal punto di vista simbolico, dato che la violenza si accompagna strutturalmente a uel modello di maschilità corretta che, ancora oggi, si fonda sulla figura dell’eroe guerriero (Berret- toni, 2002, p. 213). Forza e aggressività sono infatti le prime caratteristiche che ci vengono in mente pensando al concetto di virilità. la violenza costi- tuisce allora un terreno da attraversare necessariamente nel percorso di co- struzione del maschile: non solo essa costituisce un monopolio maschile

uasi esclusivo, ma serve anche a definire la virilità stessa ( hrenreich, 1998, p. 119). Nella narrazione dell’eroe virile, insomma, «la guerra e la virilità aggressiva sono due istanze culturali che si rinforzano a vicenda: per fare la guerra occorrono guerrieri, cio veri uomini , e per fare dei guerrieri oc- corre la guerra» ( hrenreich, 1998, p. 122). Anche se si tratta di una guerra contro i propri compagni di scuola...

Se il copione di genere intra-maschile appena descritto appare nelle sue varie declinazioni uello pi evidente e diffuso a scuola, l’approccio che propongo come lente interpretativa del bullismo deve mostrarsi potenzial- mente utile anche in relazione ad altre dinamiche di vittimizzazione. Pur non essendo ovviamente possibile, in ueste poche pagine, approfondire ogni modalità di dispiegamento del bullismo, possiamo per fornire alcune prime indicazioni.

Nel (meno diffuso) bullismo agito da ragazzi su ragazze sembra mettersi in scena una sceneggiatura culturale basata sul maschilismo patriarcale, sul dominio maschile (che abitualmente comprende abusi e violenze di genere) e su una concezione della femminilità come oggetto da consumare (se ses- sualmente appetibile) o da disprezzare se esula dai canoni condivisi di fem- minilità corretta (la cozza, la figa-di-legno). L’interesse degli adolescenti verso l’omosessualità femminile appare ridotto rispetto a uello nei riguardi dei gay (lesbica, ad esempio, non sembra un insulto usato in modo statisti- camente significativo), anche se esistono anche casi di odiosa vittimizza- zione lesbofobica a opera di ragazzi. In uesti casi, il copione eteronormativo sembra articolarsi per contro l’indisponibilità sessuale delle lesbiche nei confronti dei ragazzi e, conseguentemente, contro il fatto che esse sembrano ridimensionare la centralità simbolica del pene, a dispetto di un orizzonte sociale della sessualità caratterizzato dal fallocentrismo.

Nel bullismo intra-femminile per il uale la ricerca italiana , per , an- cora in una fase pionieristica (Burgio, 2018) sembrerebbero agire altri co- pioni di genere. Attraverso l’esclusione della compagna poco femminile , malvestita, priva di accessori di moda, la vittimizzazione di uella troppo leziosa e fashion victim, la marginalizzazione della compagna che poco attira

lo sguardo maschile o al contrario di uella troppo interessata ai ragazzi, si afferma una rappresentazione sociale della femminilità corretta. Persino la modalità indiretta, relazionale, psicologica con cui viene tradizional- mente rappresentato il bullismo femminile appare debitrice di diffuse narra- zioni culturali relative al genere, come la perfidia della pettegola invidiosa o la competizione spietata dell’arrivista che ricerca il successo personale cal- pestando le altre.

Consapevole certo di non aver con ueste prime, poche indicazioni esaurito la uestione, ma con la speranza di aver suggerito la fertilità poten- ziale di un approccio basato sui copioni di genere, intendo ora concentrarmi sull’oggetto specifico di ueste pagine: il bullismo omofobico tra maschi.