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I lavoratori immigrati nel mercato del lavoro italiano

Management interculturale nell'impresa che fa la differenza

5.1 I lavoratori immigrati nel mercato del lavoro italiano

Dalle fonti statistiche dell'Istat agli inizi del 2016 la popolazione di origine straniera residente sul territorio italiano ha superato i 5 milioni di persone. La percezione di tale presenza incrementata negli anni viene consolidata ormai quotidianamente soprattutto dalle notizie diffuse dai media, che raccontano di un fenomeno migratorio in ascesa e bisognoso di interventi pubblici, spesso facendolo coincidere quasi totalmente con la questione dell'accoglienza dei poveri disperati e dei richiedenti asilo. L'idea approssimativa dei flussi migratori si alimenta infatti quasi ogni giorno con le immagini dei soccorsi nel Mediterraneo, dove vengono raggiunti barconi colmi di persone che hanno riposto nelle acque del mare il loro desiderio di vivere dignitosamente, non potendo più farlo nella terra di origine. Ponendo però l'accento sul carattere emergenziale dell'immigrazione, per chi non è disposto ad approfondire l'argomento e a comprendere la complessità dei fatti tale realtà prende esclusivamente i connotati di una situazione allarmistica, di difficile gestione e che addirittura può rappresentare una minaccia per la stabilità sociale ed economica del Paese. Accanto al clamore dei fatti di cronaca che riportano eventi drammatici e casi di “scontro tra culture” manca un corrispondente uguale interesse a mostrare invece quanto

l'immigrazione sia oggi un elemento strutturale e in grado di supportare positivamente l'intero sistema nazionale.

L'immigrazione contemporanea che coinvolge l'Italia è caratterizzata da una popolazione di uomini e donne in larga parte di giovane età con differenti origini nazionali, comunitarie e non. L'intenzione dei più è di portare a termine l'iter burocratico che consente loro la permanenza regolare nel territorio assieme alla libertà di stabilizzarsi economicamente e in questo il lavoro rimane una delle più importanti chiavi di accesso alla nuova vita. Sul totale dei 5 milioni di residenti con origini straniere quasi 3,5 milioni sono contribuenti, con una stima di sostegno al PIL italiano di circa 125 miliardi di euro48. Nel confronto tra spesa pubblica in entrata e in uscita, in tema di immigrazione il saldo risulta positivo: 16,5 miliardi di contributi e di gettito fiscale contro i 12,6 miliardi del costo dei servizi e delle spese ministeriali a loro destinate. Tutto questo dimostra oggettivamente quanto l'immigrazione costituisca una risorsa per la crescita economica del Paese, soprattutto se si tiene in conto anche l'attuale progressivo processo di invecchiamento demografico nazionale e le conseguenti future ripercussioni sul mercato del lavoro. Perciò la differenza tra il fatto che la presenza straniera nel territorio risulti un elemento positivo o negativo per il Paese non dipende tanto dal fenomeno migratorio di per sé, quanto piuttosto dalla disponibilità e dalla capacità della struttura politica, sociale ed economica ospitante di saper includere nel proprio assetto il nuovo potenziale, in una relazione d'integrazione reciproca.

L'occupazione straniera nel mercato del lavoro italiano mostra uno scenario diversificato a livello regionale, con una maggiore concentrazione nel Nord Italia, e profondamente segmentato in relazione ai settori economici interessati, tanto da rilevare in alcuni casi addirittura una sorta di etnicizzazione di determinate posizioni lavorative in base alla nazionalità, come accade per esempio per l'assistenza domiciliare agli anziani svolta in prevalenza dalla componente immigrata femminile proveniente dall'Europa dell'Est. In gran parte i lavoratori immigrati sono concentrati

48 I dati relativi al contributo economico della forza lavoro straniera derivano dagli atti del convegno di presentazione a Roma, il 22 ottobre 2015, del Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione.

Stranieri in Italia attori dello sviluppo (Edizione 2015), prodotto della Fondazione Leone Moressa.

http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/wp-content/uploads/2015/11/Atti- convegno_Rapporto-20151.pdf. Agg. 07.2016.

numericamente soprattutto nell'industria manifatturiera, nella ristorazione e nell'edilizia, settori particolarmente colpiti dalla crisi economica. Oltre a questi ambiti, molto attiva è anche la loro presenza nei servizi domestici e di cura e nelle attività agricole. In tutti questi settori la maggior parte dei dipendenti immigrati ricopre ruoli generalmente di basso livello e tendenzialmente dequalificati, talvolta anche rispetto alla loro alta formazione. I motivi rintracciabili per dare una spiegazione a tale immobilità e sottostima professionale possono essere vari. Si può ritenere come ragione plausibile l'uso di pratiche di inserimento lavorativo spesso informali tra gli immigrati, con catene parentali e di conoscenze che tracciano un unico binario professionale facilitato tendente a riproporsi invariato nel tempo, oppure la grossa difficoltà incontrata nel riuscire a farsi riconoscere nel nuovo Paese di residenza la propria qualifica professionale e il personale percorso di formazione. Ma tutti i tentativi di formulazione di una risposta credibile possono essere riassunti semplicemente nello stato di totale vulnerabilità vissuta dai lavoratori immigrati, mantenuti dal sistema in una condizione di costante incertezza e precarietà. La labilità della propria permanenza nel territorio, condizionata dalla richiesta di possedere stabilmente rigidi requisiti, tra cui una sicura fonte di reddito regolare (oggi a rischio anche per chi è italiano dalla nascita) fa sì che le persone immigrate siano maggiormente disposte ad accettare anche lavori di basso livello, sottopagati e magari addirittura privi di tutele per la loro incolumità.

Quest'ultimo aspetto lo ritrova ad esempio chi viene impiegato nella realtà del lavoro sommerso, fonte di guadagno irregolare che non sembra conoscere crisi. Assumendo personale straniero in prestazioni lavorative non dichiarate pubblicamente il datore sfrutta illegalmente la situazione precaria della forza lavoro immigrata per propri fini produttivi senza pagare imposte e con una totale assenza di garanzie e di tutele per il personale impiegato. Da parte sua il lavoratore immigrato accetta tale condizione dalla quale può ricevere uno stipendio al netto, in alcuni casi mosso anche dall'incertezza di riuscire a raggiungere quei criteri previdenziali necessari per il riconoscimento finale dei contributi versati nel passato lavorativo in Italia.

Per completare il quadro sul sostegno dato all'economia italiana dalla presenza immigrata è necessario considerare anche l'incremento negli ultimi anni delle attività autonome di imprenditorialità straniera. Nonostante la maggiore complessità per

ottenere il nulla osta per il lavoro autonomo, l'attività economica gestita da imprenditori stranieri ha superato il mezzo milione. I settori coinvolti sono soprattutto quelli del commercio al dettaglio, delle costruzioni, delle pulizie e della ristorazione. L'avvio di un'attività in proprio consente a livello personale di raggiungere un maggior grado di autorealizzazione e allo stesso tempo permette di mostrare su scala locale il valore economico della presenza immigrata.